Skip to main content

Mese: Dicembre 2018

Daddy G. (Massive Attack) Dj Set @ Rimini

[vc_row][vc_column][vc_column_text]

• Daddy G. (Massive Attack) Dj Set •

Piazza Cavour (Rimini) // 30 Dicembre 2018

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

Foto: Michele Morri

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1503314301745{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 11px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”10499,10501,10503,10502,10491,10497,10504,10492,10494,10489,10498,10493,10490,10500,10496,10488,10495″][/vc_column][/vc_row]

Måneskin @ Deejay On Ice

[vc_row][vc_column][vc_column_text]

• Måneskin •

Deejay On Ice (Riccione) // 30 Dicembre 2018

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Data extra de Il Ballo Della Vita Tour per i Måneskin, che hanno scaldato il pubblico di Riccione!

DEEJAY On Ice è il capodanno di Riccione.

Tre giornate di musica, spettacoli, performance!
Domenica 30, Riccione ha ospitato i Måneskin la band rivelazione del momento.
La sera di San Silvestro, festa diffusa su tre location (viale Ceccarini, piazzale Ceccarini, ponte sul portocanale di viale Dante) e tre palchi, per poi darsi appuntamento su quello principale in piazzale Ceccarini per salutare insieme il passaggio al nuovo anno con la musica live dei Qluedo, la performance di Antonio Mezzancella, la voce di Alessio Bernabei, giochi e dj set, con la conduzione di Rudy Zerbi e la partecipazione di Chicco Giuliani e I Vitiello.

Il primo gennaio (ore 16.00) sempre in compagnia di Rudy Zerbi, saranno sul palco di piazzale Ceccarini Irama, The Kolors, il rapper Fasma e il vincitore di DEEJAY On Stage Matteo Sica, per un pomeriggio di musica e divertimento che si concluderà con uno show pirotecnico dalla terrazza del Palazzo del Turismo.

Tutti gli appuntamenti sono a ingresso libero.

www.riccione.it

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1503314301745{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 11px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”10456,10457,10460,10479,10468,10485,10481,10471,10462,10466,10475,10484,10480,10483,10461,10459,10470,10467,10482,10472,10477,10465,10474,10463,10478,10464,10469,10476,10473″][/vc_column][/vc_row]

Ernia @ Vidia_Club

[vc_row][vc_column][vc_column_text]

• Ernia •

Vidia Club (Cesena) // 29 Dicembre 2018

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Matteo Professione, in arte Ernia, è tra i più apprezzati e promettenti rapper della nuova generazione.

Sulla scia dell’ottimo riscontro ottenuto con Come uccidere un usignolo / 67 (certificato disco d’oro) è tornato sulle scene musicali con 68 l’attesissimo nuovo album uscito per Island Records (Universal) il 7 settembre.

A metà strada tra la profondità tipica del rap conscious e la sfrontatezza che contraddistingue la maggior parte degli interpreti nazionali, Ernia sembra mostrare un nuovo volto della trap italiana, più cupo e riflessivo dove le sue canzoni sono contraddistinte da testi complessi.

Il suo 68 Tour ha chiuso col botto il 2018 del Vidia Club di Cesena!

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1503314301745{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 11px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”10422,10434,10426,10428,10442,10424,10427,10423,10441,10425,10444,10446,10447,10429,10430,10439,10435,10431,10436,10438,10432,10437,10440,10443,10433,10445″][/vc_column][/vc_row]

Un anno di VEZ musica

Ogni anno mi trovo nei giorni che precedono il Natale a pensare alla classifica delle migliori canzoni che ho ascoltato nell’anno che sta volgendo al termine.

Mi rendo conto che, soprattutto recentemente, è molto difficile come operazione perché escono sempre meno dischi leggendari, cosa che porta di conseguenza alla malinconia degli anni passati.

Una malinconia che non è solo tale dal punto di vista musicale, a mio avviso.

Ma la musica, così come la vita va avanti.

La musica come procede, però?

La musica, attraverso nuove forme di espressione e mediazione rimane sempre la compagna della nostra vita e così come la tecnologia, cambia anche la modalità di fruizione.

 

Si dice poi che si comprano sempre meno dischi e si ascolta molta meno musica nuova. Tutto questo nonostante la musica sia gratis e facilmente raggiungibile per tutti.

Ma è proprio vero?

Vorrei con questo articolo, smentire il luogo comune ormai diffuso che vede additare la musica attuale come una produzione di scarsa qualità, perché penso che di buona musica ne esca ancora. Basta cercarla.

C’è chi per voi qualcosina ne ha scovata, perché se una volta si andava dal negoziante di musica per chiedere dei consigli, oggi il vostro “genius” si chiama VEZ Magazine.

Quando ho pensato a questo articolo mi sono chiesto: “ma faccio la solita classifica o cerco di coinvolgere tutti i collaboratori di VEZ?”

Lo sport e la vita mi hanno insegnato che è sempre meglio condividere le proprie emozioni per cercare di poter migliorare me stesso e chi mi sta a fianco.

Tutto questo ha portato ad un articolo che sembra banale ma che alla fine reputo un grosso lavoro di squadra.

Il bello di lavorare per una rivista come VEZ è quello di vivere tra tante teste pensanti con diversi gusti dal punto di vista musicale.

Il mio lavoro è stato solo quello di unire tutte le forze del gruppo per estrapolare una compilation molto varia in modo da esprimere in musica l’anno che è stato per VEZ .

Non ci sono spiegazioni per l’inserimento di una canzone rispetto ad un’altra, la musica parla da se.

Ogni canzone di questa playlist rappresenta un momento ben preciso del 2018 per tutti noi.

Questo è il nostro modo di dirvi grazie per tutto il sostegno che ci date e che ci permette di crescere e migliorare.

In questo periodo di festa spero possiate trovare un momento per ascoltare questa Playlist, da soli o in compagnia, magari in viaggio.

Vi propongo un estratto da un film che spiega in pieno il mio pensiero su cosa deve essere una playlist perfetta.

 

Non mi dire che non hai mai fatto un viaggio da solo in macchina! Ma dai, tutti quanti dovrebbero fare un viaggio da soli almeno una volta nella vita! Solo tu e un po’ di musica!”

 

Carlo Vergani

 

 

Gli auguri di Radio Veronica a tutti i VEZ in giro per l’Italia!

E’ dicembre, anche nello studio di radio Veronica si respira aria di festa.

Siamo alla fine dell’anno e come da “tradizione” si tirano le somme di questo 2018 che sta per terminare da una parte e dall’altra si pensa già ai buoni propositi per l’anno che verrà.

 

Com’è stato questo 2018 per radio Veronica?

[Filippo sorride] “E’ stato un anno molto impegnativo ma con grandissimi risultati, fuori da ogni aspettativa” ci risponde il tecnico e regista che si occupa della produzione del palinsesto dei programmi radio!

 

Cosa ti auguri per il 2019 dal punto di vista radiofonico?!

Mi auguro che Veronica possa avere ciò che merita e che continui ad affermarsi sempre di più come punto di riferimento nel mondo dell’intrattenimento e dello spettacolo.

Vorremmo poter dare sempre quel brivido in più e quella emozione in più a chi ci ascolta!

 

Infatti la radio si conferma il mezzo di comunicazione più “caldo” e più vicino alla gente, ancor di più in un periodo e momento empatico come il Natale.

Lo staff di radio Veronica vi augura un sereno Natale e felice anno nuovo!

Ricordate che con la radio non siete mai soli.

 

Il nostro palinsesto:

8:00 – 9:00 Puoi starne Cerio con Davide Cerio
9:00 – 10:00 Coffee & Soul con Serena Giovanetti
10:00 – 12:00 Twenty Years con Luigi Pansino
12:00 – 14:00 7×4 con Luigi Brecciaroli
14:00 – 15:00 Veronica 2.0 con Volumetrica, Dask & Rage Hoover, Filippo Santori, Ziggy, Analogical Moody e Monika Kiss
15:00 – 18:00 Back Home con Tamara Taylor e Donald Drunk
18:00 – 19:00 Marmellata Sound con Ivana Stjepanovic
19:00 – 20:00 My Generation con Cori & Bicciato

Ogni sabato dalle 10:00 alle 12:00 Non e’ una radio per vecchi la radio fuori dalla radio, in diretta dalle migliori location della tua città con Luigi Pansino, Laura Trebbi, Mari Magi e Corrado Cori

 

FM 92.9 – 92.7 – 101.3
APP Veronica My Radio
www.veronica.it

 

STAY TUNED!

Un Cimini senza filtri. Ma con tanto amore.

8 dicembre 2018.

Prosegue il mio mese preferito, anche se mancano ancora un po’ di giorni a Natale, questo sabato sera ha tutto il sapore di un regalo ricevuto in anticipo. Ho un appuntamento speciale e imbocco la A14, con la mia modalità preferita: me myself and I e con canzone A14 in sottofondo, per arrivare da colui che l’ha scritta.

Che Federico Cimini fosse un ragazzo umile ed estremamente gentile, l’avevo capito ancor prima che ci incontrassimo e ancora prima che gli stringessi la mano. Mi era bastato uno scambio di qualche messaggio e il modo in cui ha immediatamente accolto la mia richiesta di fare un’intervista per Vez magazine, in occasione dell’ultima tappa del suo Tokyo Tour prevista al Locomotiv club di Bologna.

Ho scoperto da poco la sua musica ed è stato amore – al primo ascolto. Questa è stata anche la prima cosa gli ho detto, non appena siamo arrivati in camerino e ci siamo seduti sul divano per fare la nostra chiacchierata.

Più che un primo incontro, mi è sembrato un ritrovo, come se ci fossimo già visti e avessimo già avuto modo di entrare in confidenza, saltando quei passaggi da “primo impatto” sempre un po’ imbarazzante tra due sconosciuti.

Forse perché Federico, attraverso i suoi testi ha la capacità di fare entrare le persone in contatto con il suo mondo e tra buoni “empatici”, così come amiamo definirci entrambi, ce la intendiamo senza aver bisogno di tanto tempo prima di stabilire un contatto umano ed emotivo.

In camerino ci siamo arrivati insieme, perché sia lui che il suo manager Nagni sono stati così gentili da aspettarmi ed accogliermi all’ingresso del locale.

Ne approfitto per ringraziare ancora entrambi, non è un gesto scontato o dovuto, ma sin dall’inizio, nonostante fosse la mia prima intervista da sola, senza nessun supporter, mi sono sentita una loro amica, non una sconosciuta.

Il suo album Ancora meglio è in loop da più di un mese nella mia macchina mentre macino chilometri e nelle mie cuffie mentre cammino per strada. Ho scoperto da poco il suo nome e quando gliel’ho detto, mi ha risposto sorridendo: <<Ne sono felice, meglio tardi che mai>>.

 

Adesso Immaginate questo:

 

Un camerino che sembra un tipico salotto di una tipica “casa-regaz”, un divano con seduta una Claudia alla sua prima intervista da sola, emozionata livello-pro e mezza tremolante con le sue domande scritte a penna e un registratore in mano.

E nel bel mezzo dell’intervista immaginate un alternarsi di personaggi adorabili (membri della band) che a turno, fanno avanti e indietro in questo salotto, chi lavandosi i denti, chi intonando note stonate, chi col filo interdentale, chi venendo a prendere una birra dal frigo.

Come non sentirsi a casa?

Iniziamo così la nostra chiacchierata, in un ambiente con un clima che ho amato e che avevo promesso di descrivere.

 

Ero in macchina con mia madre e ti stavamo ascoltando, ad un certo punto mentre ascoltavamo Fare tardi lei ha detto: “Questo ragazzo sembra Rino Gaetano!”. Ecco, ti senti parte di questo preciso momento storico o magari ti sarebbe piaciuto nascere in un altro periodo e contesto. E quali sono i tuoi artisti preferiti, quelli con i quali sei cresciuto?

Questa è una cosa bella che mi impaurisce sempre un po’. Non credo nel destino ma credo nel caso, quindi se il caso ha voluto che nascessi in questo periodo storico va benissimo così.

Mi piace, nel senso che ho sempre cercato di costruire il mio futuro e il mio presente, adattandomi. Ci si adatta, da “animali” a questo mondo, quindi è giusto che io mi trovi qui. Artisticamente non so quanto io mi riesca a ritrovare, ma ci sono.

Far parte del mondo “Indie” non è una scelta personale o voluta, spesso scrivi delle canzoni e ti ritrovi in quel gruppo. Poi ci sono i giornali o il pubblico che hanno bisogno di etichettare, ma sono contento di riuscire a dire la mia facendo parte di questo contesto.

Vivo sempre tutto con alienazione, sono un cantautore, scrivo canzoni e mi fa piacere che possano ascoltarmi sempre più persone possibili a prescindere dal genere a cui appartengo. Gli artisti con i quali sono cresciuto fanno sicuramente parte della produzione italiana storica, per me importante, perché mi ha aiutato tantissimo: da Rino Gaetano appunto, a De Gregori, a Lucio Dalla, a Battiato. Durante l’adolescenza ho avuto il mio periodo Ligabue.

La musica italiana comunque mi ha aiutato tantissimo e la cosa bella adesso è quella di vivere a Bologna, che è un centro musicale assurdo, una città piena di bar e nei bar sai che ci vanno gli artisti. Noi ci troviamo sempre lì, ci sono molti artisti che seguo dello Stato sociale o Calcutta, con i quali ho il piacere di essere amico oltre che un loro fan.

E alla fine si cresce anche un po’ insieme.

 

Come ti immaginavi a trentanni? Momento in cui si tirano un po’ le somme e si fa un giro di boa.

Da bambino mi immaginavo scienziato.  Non avevo un’idea precisa di cosa significasse fare lo scienziato, lo dicevo così, in maniera generica. La musica è stata una passione che mi ha sempre accompagnato, forse a livello naturale mi ci sono ritrovato ed è bellissimo riuscire a lavorare con la propria passione. Poi ho trentanni anni ma non li dimostro (ride) e io confermo.

 

Prima di avere un’etichetta discografica, hai iniziato il tuo percorso auto-producendoti. Sognare non costa nulla, ma quanto costa poi realizzare un sogno e non abbandonarlo prima di chiuderlo nel cassetto?

E’ un investimento e quando si investe, si investono delle forze tra cui il denaro, il tempo, la credibilità, la personalità. Si investono un sacco di cose, quindi il costo non è solo economico, ma è a livello vitale.

Lo fai quando ti rendi conto che la passione che hai è importante. Sono sempre stato un ragazzo determinato, molte passioni che avevo da bambino le ho abbandonate, però poi ho scoperto che mi piaceva scrivere e cantare ed è stato bellissimo e da lì non mi sono più mosso.

Tra le varie passioni poi ce n’è una che puoi davvero sviluppare e può aprirti al mondo del lavoro e da lì ci devi credere.

 

Hai avuto uno stop di un paio d’anni e adesso invece sei reduce da un anno “pieno” quant’è importante allontanarsi da tutto e staccare la spina per stare da soli? La solitudine in sé ti spaventa?

Probabilmente non riesco a stare solo lo ammetto, ed è una critica che mi viene fatta spesso, dalle mie ex magari (ride), però la solitudine è importante. La cosa importante in realtà per me è sentirmi “voluto bene” che forse non è corretto in italiano, ma credo sia chiaro come concetto.

Una volta che so che i miei amici, la mia famiglia e chi mi sta più vicino mi vogliono bene, lì so che sono in pace col mondo, che sto bene e posso prendermi i miei spazi, anzi ho bisogno dei miei momenti di solitudine. Ma ho anche bisogno di quella certezza.

Se dovessi ritrovarmi solo in mezzo alla solitudine invece, mi prenderebbe malissimo.

 

Soffri l’ansia di volere tutto e di non accontentarti mai?

Sì, questa è una verità, cerchiamo sempre quello che non abbiamo ed è una cosa che coinvolge tutti. Io invidio chi riesce a vivere bene accontentandosi di ciò che ha senza cercare altro. Non riuscirei ad essere come loro.

 

Ancora meglio titolo del tuo ultimo album, sei una persona che riesce a godersi la felicità e le soddisfazioni sia personali che artistiche o aspiri sempre a “quell’ancora meglio” e pretendi sempre il massimo da te stesso, senza riuscire a godere molto dei tuoi traguardi?

Cerco di pretendere quello che è meglio per me. Il mio obiettivo di vita è quello di sentirmi soddisfatto, cercare di stare bene. Non dev’essere un’ossessione perché io non canto per popolarità, quella arriva dopo…

Bisogna sapersi accontentare delle cose reali, tutto il resto sono velleità e sono cose che possono trasformare un obiettivo in un’ossessione e così facile poi perdere il controllo.

Mi piace raggiungere i miei obiettivi facendo le cose fatte bene, sennò divento pazzo come molti artisti nel corso della storia.

 

Un’ultima domanda: a chi pensi mentre scrivi?

Penso ai fatti miei, mi isolo, penso a quello che mi succede e a quello che ho bisogno di tirare fuori per sfogarmi.

Mi chiedo se ho bisogno di mandare un messaggio a qualcuno o di esternare qualcosa, ma spesso in realtà penso solo a me stesso.

Infatti canzoni come la Legge di Murphy è una fortuna che siano poi riuscite a toccare altre persone e a farle sentire quasi come protagoniste della canzone stessa.

Mi spiego meglio: alcune testi li ho scritti in momenti non del tutto felici, e perché no, anche in momenti di malessere.

Questi testi però, invece di risultare solo un mio specchio sono finiti per essere anche lo specchio di tante altre persone. E questo è il vero potere della musica.

 

Si conclude così la nostra chiacchierata, con qualche foto insieme, un video di saluti per Vez e un bell’abbraccio.

Questo è Cimini. Umiltà, semplicità e genuinità. Impossibile non amarlo.

Come d’altronde è impossibile non amare i suoi testi, perché lui e i suoi testi sono una cosa sola.

Perché Cimini mostra sé stesso esattamente per com’è: reale e vitale.

E questa si chiama autenticità. Cosa rara.

 

Ho aspettato seduta sul palco l’inizio del live e non potevo concludere in modo migliore il mio 2018, primo anno da e con VEZ.

Trovate il mio report sul nostro sito.

 

Claudia Venuti

 

image1

Salmo @ Mediolanum Forum

[vc_row][vc_column][vc_column_text]

• Salmo •

Mediolanum Forum (Milano) // 22 Dicembre 2018

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

Maurizio Pisciottu, in arte Salmo, termina a Milano le tre date che anticipano il Playlist Tour del 2019.
Un Forum, quello di ieri sera, con un Sold Out come non avevo mai visto, dove ogni persona presente ballava o saltava sulle note di ogni singola canzone.
Come i precedenti Show di Vigevano e Roma si parte con 90 MIN, dove dopo pochi secondi il sipario che copre il palco cala e mostra tutto lo spettacolo che Salmo ha preparato per noi.
Il palco simula una vera e propria città, tra graffiti (alcuni anche realizzati in tempo reale durante lo show), bidoni, antenne, ed ovviamente lo skyline in computer grafica di una città, che cambia di canzone in canzone.
Salmo è in compagnia di tutta la band, dal fedelissimo Dj Slait a Dade (basso), Jacopo Volpe (batteria), Frenetik (tastiere e seconda chitarra), Marco Azara (chitarra).
Mette subito le cose in chiaro con Mic Taser e Stai Zitto, poi in successione tutte le maggiori hit del suo repertorio, si diverte e ci fa divertire.
Interagisce tantissimo con il pubblico, che reagisce molto bene.
Lo adorano.
Vi faccio una confessione, non sono mai stato allo stadio, non ho mai visto una partita di calcio e non ho mai visto una Ola, e vorrei vederne una!
Cosi il Mediolanum Forum si trasforma in uno stadio, dove tutti partecipano alla grande Ola, poi il Wall of Love, dove gli abbracci prendono il posto del pogo, ed ovviamente il minuto di silenzio per i fatti successi ad Ancona, terminato con gli applausi.
Sul palco in questa data milanese anche tanti amici, Gemitaiz e Madman (Killer Game e Mob), Nitro (Dispovery Channel), Noyz Narcos (Mic Check), Coez (Sparare alla luna), uno spettacolo nello spettacolo!
Il live si conclude con Il Cielo nella stanza, dove con un piccolo intro cita La canzone che scrivo per te dei Marlene Kuntz.
Salmo dimostra di avere ancora voce (e che voce) e ci fa emozionare con un ultima canzone molto intima, da cantare abbracciati con gli accendini accesi.
Quale cazzo è la vera ricchezza?
Io credo di sapere quale sia la mia.
E’ la musica.
Lei è l’unica cosa che voglio ostentare, rendere invidiabile.
Solo così posso sentirmi l’uomo più ricco della terra, no?
Incalza Salmo in un recente video esclusivo per Vevo.
Ed io sono convinto che con la sua musica abbia fatto sentire ricchi anche tutti noi presenti al Forum.
Personalmente ho fatto il pieno di emozioni positive, sono felice, e la felicità ci rende ricchi.

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

Setlist:

90 min
Mic taser
Stai zitto
Ricchi e morti
Giuda
Io sono qui
Perdonami
L’alba
Cabriolet
Tiè
PxM
Russell Crowe
S.A.L.M.O.
Papparapà
Ora che fai?
Disobey
Lunedì
Dispovery Channel (feat. Nitro)
Ho paura di uscire
K-Hole (rmx BV2)
A volte esagero
Venice Beach
La prima volta (A cappella)
Killer game (feat. Gemitaiz e Madman)
Mob (feat. Gemitaiz e Madman)
Estate Dimmerda
Mic Check (feat. Noyz Narcos)
Sparare alla Luna (feat. Coez)
1984
Il cielo nella stanza

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

Un Grazie speciale ad Andrea Folino, bella bro 😉 e Vivo Concerti

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1503314301745{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 11px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”10355,10371,10362,10369,10376,10364,10360,10378,10368,10363,10377,10359,10379,10356,10373,10372,10380,10375,10358,10374,10366,10370,10361,10367,10365,10357″][/vc_column][/vc_row]

Rimini, il Teatro Galli e la Carmen

Venerdì 4 gennaio, noi di VEZ Magazine siamo stati invitati per assistere alla data della Carmen, l’Opera lirica in quattro atti di Georges Bizet nel nuovo allestimento dell’Associazione Coro Lirico città di Rimini Amintore Galli al debutto sul palco del Teatro Galli il primo giorno di gennaio.

Una data aggiunta dopo il sold out della prima settimana di prevendite per le tre recite previste per martedì 1, giovedì 3 e sabato 5 gennaio.

Oltre 2000 biglietti venduti (circa 700 per ognuna delle tre recite previste), non solo ai tantissimi riminesi che in questi giorni hanno sfidato code e liste d’attesa, ma a tanti appassionati provenienti da diverse parti d’Italia e per lo più dalle città di Bologna, Ravenna, Milano e Firenze.

Occasione unica quindi per tutti, ma anche per noi per assistere al debutto del coro sul Palco fresco di restauro.

Una storia lunghissima quella del Teatro, che inizia nel 1841 con l’incarico al modenese Luigi Poletti (1792-1869) di progettare il teatro secondo il proprio stile neoclassico.

Nel 1843 iniziano i lavori con l’appaltatore Pietro Bellini di Rimini e si concludono nel 1846 le opere murarie. A causa di scarsità di fondi i lavori vengono abbandonati e poi ripresi nel 1854 terminando i lavori nel 1857 con l’inaugurazione della stagione lirica da parte di Giuseppe Verdi (unico caso in Italia) che presenta una nuova opera, l’Aroldo, composta appositamente.

Il teatro Galli infatti 15 maggio 1841, dopo una serie di progetti elaborati da professionisti locali, viene incaricato del progetto per la realizzazione del Nuovo Teatro di Rimini l’architetto Luigi Poletti di Modena (1792-1869), illustre esponente della professione legato alla scuola neoclassica purista romana, avendo studiato nella città eterna, ed elaborando un proprio linguaggio di superamento dello stile purista.

Nel 1859 il Teatro è dedicato a Vittorio Emanuele II.

 

A causa delle lesioni post terremoto del 1923, il teatro viene chiuso e durante i restauri viene installato un impianto elettrico ma nel 1943 a seguito di un bombardamento aereo crolla il tetto della sala.

Nel 1947 il Teatro, semidistrutto, è dedicato al musicista Amintore Galli (1845-1919), critico musicale e compositore famoso a livello nazionale e mondiale, per il successo del suo inno del lavoratore con il testo scritto da Filippo Turati.

Negli anni si susseguono varie iniziative e finanziamenti per la ristrutturazione del teatro grazie al Ministero dei Beni Culturali la Soprintendenza per i Beni Architettonici di Ravenna e al contributo economico della Regione Emilia-Romagna  – finanziamento Europeo POR FESR.

Nel 28 marzo 2015, conclusi i lavori di restauro iniziati nel 2010,  il Foyer viene consegnato alla città per essere utilizzato come contenitore culturale nell’attesa che si concluda la ricostruzione del Teatro Galli.

Il Teatro ‘Amintore Galli’ di Rimini torna ad alzare il suo sipario: a distanza di 27.333 giorni, 898 mesi, 75 anni il luogo della grande musica è stato restituito a Rimini e alla comunità riminese.

Prosegue quindi ora la prevendita dei biglietti con ulteriori 700 posti disponibili.

I costi dei biglietti vanno dai 10 ai 75 euro.

L’Opera, prodotta dall’associazione Coro Lirico città di Rimini Amintore Galli con il patrocinio e il contributo del Comune di Rimini, avrà la regia di Paolo Panizza e sarà diretta dal Maestro concertatore Massimo Taddia, con la Astral Music Symphony Orchestra delle Marche e il Coro Lirico città di Rimini Amintore Galli preparato dal M° Matteo Salvemini.

L’opera, nella versione originale francese, sarà sottotitolata in italiano.

I solisti

Carmen, Anastasia Boldyreva mezzosoprano; Don Josè, Giuseppe Varano tenore; Escamillo, Daniele Caputo baritono; Micaela, Paola Cigna soprano (1 -5 gennaio) Zeina Barhoum (3 gen) soprano; Frasquita, Elisa Luzi soprano; Mercedes, Laura Brioli mezzosoprano; El Dancairo, Giovanni Mazzei baritono; El Remendado, Roberto Carli tenore; Zuniga, Luca Gallo basso; Morales, Nico Mamone baritono; una venditrice di arance, Chiara Mazzei soprano; un soldato Leonardo Campo baritono; Lillas Pastià, Alessandro Semprini (voce recitante) uno zingaro Riccardo Lasi, una guida Luca Frambosi, Alcalde Giuseppe Lotti.

Con il corpo di ballo Future Company. Direttrice e coreografa Gabriella Graziano

Ballerini: Pietro Mazzotta, Marco Dalia, Alessandro Zavatta, Michela Amati, Elisa Amenta, Alessia Bernardi, Sara Fabbri, Martina Moro, Merilinda Pellegrini.  E il coro a voci bianche “Le Allegre Note” di Riccione. Maestro del coro Fabio Pecci.

 

Carmen Pubblicita

Ed Harcourt – Beyond the end (Point of Departure, 2018)

Per caso, quasi distrattamente, ho letto l’altro giorno che era uscito un nuovo album di Ed Harcourt e incuriosita dal fatto che fosse completamente strumentale, solo pianoforte e archi, me lo sono andata ad ascoltare di filata.

Niente voce, niente parole, solo melodie. E ne sono rimasta completamente rapita dal primo ascolto, rapita e con un gran nodo in gola.

Beyond the end sono quaranta minuti di pura bellezza, emozione in punta di dita e archetto, 12 pezzi che scivolano uno dopo l’altro, uno dentro l’altro, con la grazia che solo un compositore elegante come Harcourt può metterci.

Credo che ci sia qualcosa di primordialmente potente nelle melodie per pianoforte e violino, risvegliano emozioni profonde, e Harcourt in questo album va a toccare delle corde davvero sensibili nell’animo umano, tanto da far venire i brividi lungo la schiena al primo ascolto di Wolves change rivers.

La bellezza. L’unica cosa che riuscivo a pensare mentre venivo trasportata in questa dimensione onirica fatta di atmosfere sfocate ma intense: la bellezza. Ecco, la bellezza suona così.

Il suono è a tratti rovinato come se la musica provenisse da un grammofono polveroso, come in Faded photographs, ma è appunto il suono della polvere che rende magica la melodia: il suono sporco di un grammofono, titoli di chiusura di un film francese proiettato in un vecchio teatro stucchi e velluto consunto…

A chiudere gli occhi è in questi posti che va la mente accompagnata dalla musica di Beyond the end.

Questo album potrebbe essere etichettato come cinematic pop, forse perché ogni traccia inevitabilmente trasporta in una dimensione da film in bianco e nero, un po’ vintage e decadente, ma allo stesso tempo densa di emozioni ed espressività che solo l’assenza di parole riesce a convogliare.

Provate ad ascoltare Empress of the lake a mente sgombra: non vedete davanti ai vostri occhi per caso l’alba nascere riflessa in uno specchio d’acqua, non sentite l’umido della rugiada solleticarvi le caviglie?

E se vi lasciate andare a Whiskey held my sleep to ransom, vedete anche voi una stanza, un tavolo e una bottiglia su cui danza la luce fioca di una candela?

Beyond the end è un piccolo capolavoro di fine anno, che merita di essere assaporato dalla prima all’ultima nota.

Ed Harcourt
Beyond the end
Point of Departure

 

Francesca Garattoni

Quelle Undici Canzoni di Merda con la Pioggia Dentro di Giorgio Canali

Partendo dal presupposto che preferisco raccontare la musica attraverso le immagini piuttosto che a parole, ho voluto scrivere queste righe più per uno sfogo personale che per un mero esercizio di stile.

Prendete quindi ciò che segue come fosse un amico che vi racconta di quella tipa rivista da poco, che gli fa  brillare gli occhi.

Pronti? Via.

La tipa in questione è Giorgio Canali (ex CCCP, ex CSI, ex PGR per chi non fosse sul pezzo, ndr) accompagnato dalla sua band, i Rossofuoco (Luca Martelli, Marco Greco, Stewie Dal Col).

Gli ex li ho nominati per dovere di cronaca, ma ce ne possiamo tranquillamente dimenticare perché Giorgio Canali si racconta benissimo per quello che fa ora, per il presente.

Il passato è appunto passato. Se qualcuno è a corto di informazioni ed affamato le cerchi sull’internet.

Erano ben 7 anni che non usciva con un album di inediti, l’ultima uscita (Perle ai Porci, 2016) è una raccolta di cover riarrangiate.

Già il titolo del disco è un sunto di quello che verrà: Undici canzoni di merda con la pioggia dentro.

Spumeggiante!

Attenzione, non sto dicendo che ci aspettano undici brani inascoltabili, tutto l’opposto, si tratta di autoironia.

Le prime sei parole del primo brano, Radioattività recitano così: “Che ti aspetti se non nuvole”.

Praticamente la carta d’identità di Giorgio Canali, le impronte digitali, il suo DNA fatto di pessimismo autoironico, nichilismo e fastidio, consapevolezza e critica, romanticismo e saggezza.

Il ritmo a marcia e il cantato, che è in realtà quasi un parlato, introducono perfettamente il mood del disco, fatto appunto di autoconsapevolezza e autoironia, sarcasmo e cinismo.

Messaggi a Nessuno è una ballad meravigliosa , dal ritmo cullante, arpeggi di chitarra e voce tenue ma decisa, che raccontano l’ineluttabilità, il parlare al vento.

Piove, finalmente Piove alza il ritmo e il tiro, inizia a liberare il Canali cinico che auspica un altro diluvio universale, per sommergere, tutto quasi come fosse una liberazione, un sacrificarsi con dignità.

Con Estate torna per un attimo la calma e la tranquillità ma spezzate immediatamente da Emilia Parallela, il pezzo forse più duro dell’album.

Evidente richiamo a quella vena paranoica dei CCCP, il brano è uno sfogo lampante su ciò che ci circonda, in particolare sulla regione in cui vive lo stesso Canali, che poi continua a raccontarla in qualche modo nel pezzo successivo, Aria Fredda del Nord.

Fuochi supplementari è un inno autoironico agli sbagli, ai rimorsi, alle occasioni mancate, ma che immancabilmente si ripetono in loop.

Successivamente si balla con Danza della Pioggia e del Fuoco per poi ritornare aggressivi e sputa-fuoco con l’energica Mille non più di mille, una fotografia spietata della nostra società, quella italiana,

Bostik termina l’album con suoni dilatati e noise di chiusura.

 

Mi sono bastati pochi ascolti per capire che Giorgio Canali ha fatto uscire un gran bell’album in cui mischia sapientemente e senza giri di parole, politica e amore, sociale e sentimenti.

L’attitudine punk-rock spinge le chitarre distorte a mischiarsi con i ritmi serrati e poi lenti che fanno da sfondo ad una voce inconfondibile, che sa essere sia dura, ruvida e urlata, sia morbida, tenue e quasi sussurrata.

Canali vomita un sarcasmo cinico, a volte spietato, che mi ricorda quello di Giorgio Gaber in Io Se Fossi Dio.

Uno sguardo lucido e critico su ciò che ci circonda, su come siamo fatti, un accettarsi e accettare le conseguenze, una foto di questa Italia di oggi, che non cambia mai.

Perché siamo proprio noi a non voler cambiare.

 

Siddharta Mancini

 

Faccia a faccia con gli All But Face

E’ un nebbioso pomeriggio di dicembre e dopo aver attraversato stradine dissestate e aver incrociato un paio di cerbiatti sono finalmente arrivata all’Elfo Studio di Tavernago.

Ad aspettarmi li c’erano gli All But Face, impegnati in una seduta di registrazione per incidere il loro nuovo singolo.

La band piacentina ha accettato di adottarmi per un pomeriggio per permettermi di vedere come lavorano e per fare quattro chiacchiere insieme.

L’atmosfera è la stessa che c’è quando un gruppo di sei amici si riunisce in un bar per bere una birra e parlare del più e del meno: allegra e distesa.

Mi spiegano che durante il pomeriggio avrebbero registrato la parte di Fabio Riccò, il cantante, perché la base musicale l’avevano già incisa nelle sedute precedenti.

Mentre Fabio va nella stanza insonorizzata per registrare l’audio io rimango in sala di registrazione con il resto della band e trascorro li il mio pomeriggio tra una battuta e l’altra.

Il pezzo, che ho ascoltato in anteprima, si chiama Cavehouse e posso garantirvi che è una bomba!

Per chi non li conoscesse gli All But Face sono: Fabio Riccò (voce), Gianluca Bolzoni (chitarra), Andrea Bocelli (batteria), Matteo Losi
(console), Vincenzo Ferrari (basso) e Andrea Chicchi (chitarra).

 

Partiamo dal nome, che è piuttosto singolare, da dove viene?

All But Face deriva da una storia molto stupida. Si parte con una ragazza che si era invaghita del chitarrista che però era un po’ restio a darle corda perché lei era tutta perfetta…a parte la faccia. Quindi gran fisico, simpatica, però la faccia…proprio no. Quindi All but face.

 

Al momento vi appoggiate a qualche etichetta? Cosa ci dite dell’esperienza in sala di registrazione?

Stiamo lavorando con la Tanzan Music, anche se non siamo sotto contratto con loro. Dopo questa esperienza in sala di registrazione oggi siamo più coscienti di quello che vogliamo e come lo vogliamo. Oggi siamo decisamente più preparati rispetto a 5/6 mesi fa. Prima, avevamo meno esperienza e facevamo molta più fatica. Lo studio di registrazione è una grande palestra che ci ha insegnato molto. E’ un qualcosa che ti sbatte in faccia quello che ti manca. Tu vai in studio, pensi di sapere come si fanno le cose e invece, dopo due ore capisci che le cose non vanno, e le devi rifare. E’ stata un’ esperienza molto importante per noi.

 

La formazione è sempre stata quella che ho conosciuto oggi? E come vi siete incontrati?

La composizione del gruppo è un po’ variegata. Fabio è arrivato dopo ma ci siamo conosciuti tutti per passaparola diciamo. Il gruppo si è evoluto nel corso degli anni. Abbiamo avuto diversi nomi e diversi componenti. Questa formazione è stabile da un paio d’anni, da quando è arrivato Fabio. Il gruppo ha questo nome dal 2015 quando sono arrivati Matteo e Andrea. Però comunque ci conoscevamo già anche prima di iniziare a suonare insieme.

 

Chi si occupa di scrivere i testi? E come nascono i vostri brani?

I nostri pezzi sono tutti inediti, scritti da noi, e tutti in inglese. Generalmente si parte con un’idea di elettronica, a cui pensa Matteo. La
seconda fase di arrangiamento e di scrittura, o di completamento avviene in sala prove. Ad ogni modo cerchiamo di riunirci tutti e di confrontarci. All’inizio i testi li scrivevo io (Vincenzo, bassista), invece ora li scrive Fabio.

 

Quali sono le vostre influenze musicali?

La base di partenza è il metal core ma abbiamo anche influenze di elettronica e alternative metal. Il fatto di cantare alcune parti in
melodico ci differenzia dal metal core tradizionale. E’ tutto un ricongiungersi di varie influenze. Gruppi come i Bring Me the Horizon, gli
Architectes, gli Eskimo o gli I See Stars fanno parte del nostro backround. Sono tutti gruppi che come noi mescolano l’elettronica ad altri generi, soprattutto gli ultimi due che abbiamo citato. Forse noi stiamo insistendo ancora di più sul discorso dell’elettronica rispetto a questi gruppi; ma ad ogni modo sono loro che ci hanno fatto da base.

 

A gennaio uscirà il vostro nuovo singolo Dark Angels. Dobbiamo aspettarci qualcosa di diverso da Steel?

Quello che volevamo ottenere con Steel era un impatto forte, con un ritornello orecchiabile suonato a tutto volume e con degli scream
abbastanza accentuati. Dark Angels invece, pur non essendo una ballad, assume toni un po’ più riflessivi. Pur avendo delle componenti di scream e un’elettronica abbastanza forte è un brano più morbido di Steel, con un testo più profondo e più pensato.

 

Vincenzo, visto che sei tu che ti sei occupato dei testi, dove hai trovato l’ispirazione per scriverli?

Si tratta di testi (parliamo di Dark Angels e Steel) che prendono spunto da episodi o da sensazioni che fanno parte del mio passato. Steel per esempio si riferisce a un particolare periodo della mia vita, Dark Angels a un particolare episodio che mi ha colpito, anche se non direttamente. Nonostante questo però io preferisco sempre fare dei testi un po’ generali perché mi piace pensare che chi legge un testo, o ascolta un brano, si possa in qualche modo immedesimare in quello che ho scritto. Per questo li lascio sempre un po’ aperti… Perché ognuno possa vedere qualcosa di suo e quindi non risulti essere una cosa totalmente personale. Anche perché non sono sempre felicissimo nel raccontare certe cose della mia vita, ovviamente.

 

Quali sono i vostri programmi per i prossimi mesi?

Cercheremo di essere più presenti sulle piattaforme come Spotify e YouTube. Cercheremo di essere il più regolari possibili con le pubblicazioni. Il 20 dicembre uscirà Steel su Spotify. E a gennaio, verso la metà del mese, rilasceremo il video di Dark Angels. Con il nuovo anno ci saranno tante novità, anche dal punto di vista del live. La musica va molto in giro su internet ma c’è bisogno di suonare dal vivo, di confrontarsi con il pubblico.

 

Saluto gli All But Face e me ne torno verso casa.

Ricordatevi che il 20 dicembre Steel verrà rilasciato su Spotify.

Io andrei ad ascoltarlo perché questi Vez spaccano davvero!

 

Laura Losi

Bruce Springsteen on Broadway: lo spettacolo del Rock ‘n’ Roll che scuote le anime

Fuori lo sfavillio di Broadway, il traffico di New York, la frenesia dell’America di oggi. Dentro l’eleganza di un teatro, 975 poltroncine, un palco, una chitarra e un pianoforte. E un uomo, vestito di nero. Un grande uomo, un artista inarrivabile.

Bruce Springsteen.

Non va in scena uno spettacolo, non ci sono maschere, né scenografie, né metafore, né giochi di luce. La luce è soltanto una, a tratti soffusa, a tratti decisa ad illuminare l’unico protagonista.

Commedia e tragedia umana che si mescolano, il magic trick del cinismo e dell’illusione, svelato nelle battute finali, per giungere ad una visione di speranza, di presa di coscienza, di responsabilità.

Egli racconta, si racconta e scava così tanto a fondo da toccare le tre molecole fondamentali del suo DNA. La famiglia.

La madre Adele, instancabile lavoratrice, la Legge della casa, lo sguardo della benedizione divina, la donna con la grande passione del ballo, perché quando la vita si fa difficile “troveremo un piccolo rock ‘n’roll bar e ci metteremo a ballare”.

Il padre Douglas, il lavoratore dalla tuta verde, l’uomo che abitava la doppia dimensione, quella della casa e quella del bar… e, quando sedeva al bancone, non voleva essere disturbato. Lui che aveva ribattezzato la chitarra “the fucking guitar”, mai d’accordo sul percorso intrapreso dal figlio.

Il meccanismo inconscio dell’emulazione: << Emuliamo coloro il cui amore desideriamo ma non otteniamo. Scelsi la voce di mio padre perché alle mie orecchie aveva qualcosa di sacro. Mio padre, il mio eroe e il mio peggior nemico. “Vedi quell’uomo sul palco, papà? Sei tu, quello è come ti vedo io” >>.

Il fantasma che per anni ha continuato ad aleggiare sull’esistenza di Bruce uomo e musicista e che si è trasformato in antenato nel momento in cui, alla vigilia della nascita del suo primo nipote, ha confessato le proprie colpe, liberando un futuro padre dalle catene, permettendogli di intraprendere l’avventura di genitore lontano da demoni e rimorsi, suggellando il momento più bello nell’album dei loro ricordi.

Famiglia che sale fisicamente sul palco nella figura di Patti Scialfa, moglie del cantante. La rossa delle cui gambe e della cui voce Springsteen si innamorò quando la vide esibirsi sulle note di Tell Him degli Exciters allo Stone Pony, nel 1984.

Lei ispirazione costante, compagna di vita e di musica. Lei sigillo della fiducia, l’unico valore che conta nella fragilità dell’essere umano e delle relazioni. La resistenza di un legame costruito solidamente, con il tempo e nel tempo.

E poi c’è il Rock ‘n’ Roll che ha scosso l’anima di un bambino di Freehold, nel New Jersey, durante una tranquilla domenica estiva del 1956. La routine di casa-compiti-chiesa… e fagiolini, fagiolini e i cazzo di fagiolini… è stata spezzata dalle movenze di un Adone che si agitava in TV, abbracciando una chitarra. Un nuovo genere di uomo che spaccò il mondo in due, “quello sotto la tua cintura e quello sopra il tuo cuore”.

La magia di Elvis Presley, colui che permise di ricavare dal buco nero di Freehold una pagina bianca con un futuro da scrivere. Un destino, quello di chi rischia e mostra il vero se stesso. Da lì, un lavoro continuo: la prima chitarra in affitto, lo show d’esordio a sette anni di fronte ai bambini del quartiere che ridevano di lui perché in realtà faceva tutto tranne che suonare.

Non aveva imparato nulla in due settimane di noiose lezioni. Tuttavia agitava in aria la chitarra, si metteva in posa: << È stata la prima volta in cui sentii l’odore del sangue>>. Da lì, una corsa continua.

Fino al 1971, anno in cui aveva esaurito le esperienze possibili per un musicista nel New Jersey. Aveva suonato a matrimoni, funerali, battesimi, nei bar, nei licei, nelle prigioni, all’ospedale psichiatrico.

No, non poteva fermarsi. Lui era la next big thing. Il tipo che passava la radio non era più bravo di lui, lo sapeva.

E allora imboccò la strada che lo portò lontano da Freehold, la Thunder Road, per seguire, per realizzare il sogno americano. Ma non si fa Rock ‘n’ Roll senza una band. Senza la sua E Street Band, dietro cui è celato un segreto.

Lo confessa, Bruce, in questa occasione privilegiata: << Nel rock esiste un’equazione per cui, quando tutto va bene, 1+1=3. La grandezza del rock dipende dalla grandezza dalla band, è una comunione di anime, è una fratellanza. Non deve essere composta dai migliori musicisti ma dai musicisti giusti. 1+1=2 è l’ordinario, 1+1=3 è quando la tua vita cambia, quando sei folgorato da una visione e ti senti benedetto >>.

La frazione di un istante di silenzio e vola sul palco un altro fantasma, quello del sassofonista Clarence Clemons, scomparso nel 2011. Il Big Man a cui l’artista è stato legato da un’indissolubile amicizia, l’uomo dalla grande risata, dalle grandi mani, dal grande suono che proveniva dal suo strumento.

Una perdita incolmabile. << Perdere lui è stato come perdere la pioggia >> – e aggiunge – << Se credessi nel misticismo, direi che Clarence e io siamo stati compagni di viaggio in vite precedenti. Ci vediamo nella prossima vita, Big Man! >>.

E poi c’è l’America, oggi minacciata da uno spettro pericoloso, dalle tenebre della divisione, dell’odio, della censura della libera stampa.

<< Una situazione che credevo morta e sepolta e pensavo di non rivivere mai più durante la mia esistenza. Troppe vite, troppi uomini giusti si sono sacrificati in nome della democrazia americana >>.

Se per il tema politico vengono intonate The Ghost of Tom Joad e una delle versioni più intense mai eseguite di The Rising come inno alla rinascita, ogni canzone in scaletta è la perfetta colonna sonora degli aneddoti, dei racconti e delle parole pronunciati da quella voce così solenne, così profonda, così spezzata, in alcuni istanti, dall’emozione.

I brani sono quasi “parlati” sulla scia dei monologhi che li introducono. La musica, riarrangiata in chiave acustica, è essenziale, nuda, spogliata di qualsiasi artificio e accompagna le singole tappe del viaggio esistenziale di Bruce Springsteen.

Un viaggio di andate e di ritorni.

Sì, perché oggi la sua casa di trova a dieci minuti da Freehold, nel New Jersey. Una notte è tornato a passeggiare proprio lungo la strada natia. Il grande albero sotto il quale, da piccolo, egli trascorreva l’estate non c’è più. Ricorda che, all’epoca, era stato l’unico fra i suoi coetanei ad arrampicarsi fino alla cima, scorgendo per la prima volta il mondo oltre la città.

Di quell’albero restano le radici ben piantate a terra. Terra fatta scorrere tra le dita mentre, quella notte, si fermò ad ascoltare i suoni, i rumori, ad odorare gli stessi profumi di sempre. Ci sono cose che rimangono intatte. Ci sono anime che vivono in eterno.

C’è Douglas Springsteen a cui il figlio fa visita ogni sera.

C’è la sua mancanza e il desiderio che fosse seduto in quel teatro e vedere tutto ciò.

C’è l’amore per il ballo di Adele, più forte della sua perdita di memoria.

C’è il valore del Rock ‘n’ Roll che è quello di scuotere le anime nello scambio vitale tra l’artista e il pubblico.

Infine, c’è una preghiera che gli torna in mente, quella noiosa che era costretto a recitare più volte al giorno da bambino e che oggi acquista un nuovo significato.

Bruce Springsteen on Broadway si chiude con il Padre Nostro. Una benedizione.

Il recupero di una dimensione quasi ultraterrena, di totale trasporto emotivo in cui è impossibile non immedesimarsi, rintracciando alcuni frammenti della propria storia, sentendosi chiamati in causa, per intraprendere lo stesso viaggio, a ritroso, di recupero dell’Io più autentico.

E non averne paura. Redimere il passato per costruire il futuro, prendendo sul serio il presente.

Su quel palco, in oltre 230 shows dallo scorso 12 ottobre 2017, Bruce Springsteen l’ha fatto, per tutti noi.

(Springsteen on Broadway disponibile ora su Netflix ndr).

 

Testo di Laura Faccenda

Fotografia di copertina di Henry Ruggeri

 

Show Setlist

Growin’ Up
My Hometown
My Father’s House
The Wish
Thunder Road
The Promised Land
Born in the U.S.A.
Tenth Avenue Freeze-Out
Tougher Than the Rest
Brilliant Disguise
The Ghost of Tom Joad
The Rising
Dancing in the Dark
Land of Hope and Dreams
Born to Run