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Mese: Novembre 2020

Tre Domande a: Floridi

Come stai vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?
“Alti e bassi, sto trovando conforto nello scrivere nuove idee, produrre qualche provino, ma se ripenso a quante date sono saltate e a tutto quello che potevamo fare con l’uscita dell’album prende male… In ogni caso cerco di rimanere positivo. Sono un curioso di natura, adoro viaggiare e spesso sono proprio i viaggi a fornirmi la linfa necessaria, la giusta ispirazione per scrivere canzoni. I miei testi sono spesso l’insieme di tante immagini e dato che adesso siamo impossibilitati a viaggiare, affido alla letteratura e al cinema il compito di fornirmi la giusta dose d’ispirazione. Spero che questo incubo finisca presto e si possa ritornare a suonare dal vivo.”
Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole, quali sceglieresti e perché?
“Vera, Malinconica e Visiva.
Vera perché quando scrivo non utilizzo filtri, il mio approccio è sempre molto istintivo al foglio di carta o alle note vocali (che ultimamente stanno prendendo il sopravvento per praticità), approfitto di quei momenti di estrema concentrazione per ultimare le canzoni che poi revisiono nei giorni seguenti.
Malinconica perché le canzoni rispecchiano il mio carattere e spesso come mi definiscono i miei amici sono un “Malinconico Ottimista”.
Visiva perché attraverso le parole proietto immagini che raccontano le mie esperienze, le mie emozioni.”
C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare?
“Mi piacerebbe scrivere un album con Cesare Cremonini, analizzare il suo approccio alla scrittura, alla composizione. È un artista che stimo e seguo da sempre, ho apprezzato tantissimo la sua evoluzione artistica e sarebbe davvero un sogno poter fare un feat con lui. Voi taggatelo, magari mi risponde!”

Malavedo è il posto, l’artista e lo stato d’animo

Malavedo è la prima uscita e il primo EP per l’omonimo artista. Giorgio Invernizzi, 24 anni, è un giovane artista originario della provincia di Lecco. Luogo da cui vuole fuggire, ma anche luogo in cui si è fermato a scrivere di sensazioni ed emozioni che legano un po’ tutti. Con un passato affezionato alla scena rap e hip-hop, ha sempre mostrato interessi svariati in quanto a melodie e sonorità, creando così un EP di sei brani e una varietà di generi mescolati molto accuratamente tra di loro. 

Il primo approccio al mondo della musica è avvenuto tramite qualche live a Lecco, grazie alla NDP Crew. Malavedo è un progetto che nasce dall’incontro con l’amico producer Dopio Picante (Davide Caldana) più indirizzato verso sonorità più accattivanti. Nel 2019 esce una prima traccia, Mayo. L’ingresso nel progetto del musicista Riccardo M. Colombo ha creato un ulteriore fusione di generi nuovi fino a far risaltare l’attitudine cantautorale e il gusto lo-fi dell’artista. In questo EP l’artista è pronto a far emergere racconti di sensazioni molto intime che si rivoltano contro il senso di oppressione e la voglia di scappare. 

 

Ciao Giorgio, benvenuto. Il 13 novembre è uscito il tuo primo EP. Come mai la scelta di produrre un EP e un album? 

“La scelta di produrre un EP non è a caso. Prima che ci venisse offerto il contratto dall’etichetta avevo quattro tracce già pronte e l’idea era di mantenere il progetto abbastanza compatto in modo che fosse fruibile dall’inizio alla fine, che raccontasse qualcosa. L’alternativa era di produrre un album da 10/15 tracce, ma con il rischio di “perdere” l’attenzione di chi ascolta i brani.”

 

Come mai la scelta del nome Malavedo? 

“Malavedo è il nome del rione di Lecco in cui vivo, ma in realtà è il luogo da cui me ne voglio andare. È una sorta di sentimento da cui voglio scappare, ma poi non ci riesco concretamente. Sentimento che poi in questo album ho tradotto in voglia di amare, ma senza riuscirci. Malavedo è il posto, l’artista e lo stato d’animo.”

 

Parliamo del primo brano, Solo sad song. Trasmette fin dalle prime parole un senso di solitudine e vuoto interiore. Quando hai deciso che era il momento di mettere nero su bianco determinati sentimenti e sensazioni? 

“Solo sad song l’ho scritta circa un anno fa, durante una relazione, tra alti e bassi. Nella canzone cito la macchina, la Polo, perché è proprio lì che l’ho scritta. La solitudine ha preso il sopravvento e l’ho scritta di getto. Al contrario di altri brani sui quali ci impiego più tempo.

 

Il filo conduttore di questo EP è la voglia di scappare, ma allo stesso tempo la confusione. Sei riuscito a descrivere con esattezza la sensazione di apatia dopo una delusione. In un brano in particolare, Che cerchi da me, hai contrapposto questa sofferenza ad una base più energica e grintosa. Come mai questa scelta?

“In questo traccia c’è l’influenza del mio produttore. Infatti la base esisteva già e ho deciso di accostarla a questo brano. La tristezza si trasforma un po’ in rabbia. Ho trovato interessante accostare due generi diversi proprio per riportare un po’ a quella confusione che descrivo nel brano.”

 

In generale tutto l’EP è accompagnato da suoni molto differenti nei vari brani, si percepisce il pop, ma anche l’influenza rap. A chi ti sei ispirato e da cosa nasce questa voglia di sperimentare, mescolando generi?  

“Artisti a cui mi sono ispirato per questo EP sono Frah Quintale e Venerus. In generale sono cresciuto ascoltando più artisti della scena rap: Salmo e Gemitaiz in particolare.”

 

Questo EP nasce anche dalla collaborazione con altri artisti e produttori (Dopio Picante, Riccardo M. Colombo). Parlaci un po’ di loro e in particole il perché la scelta è ricaduta proprio su di loro.

“Io e Dopio siamo amici da sempre, anche se abbiamo gusti abbastanza differenti riusciamo a prendere spunto l’uno dall’altro. L’EP, oltre che da me e Dopio, è stato prodotto insieme a Riccardo Colombo, chitarrista da molti anni, che ci ha dato una terza opinione per noi fondamentale.”

 

L’ultimo brano dell’EP Wanna u 2 stay racconta emozioni difficili” da scrivere, in modo molto semplice. L’ho ascoltato, non mi dici mai come stai” è la frase che mi fa pensare ad una relazione dove manca la cosa fondamentale, comunicare i propri sentimenti tanto da finire, così da aggrapparti ai ricordi, ma con la voglia di svoltare. Qui la base è come se seguisse il battito cardiaco di ogni singola emozione. È proprio questo che volevi? 

“È molto particolare come brano. È una canzone che sento molto mia. Presenta molto l’incapacità di comunicare, anche di esprimere i propri sentimenti. Per quanto riguarda la parte tecnica è il brano su cui abbiamo lavorato di più, sia sull’espressività del testo, sia sulla struttura della base. È stata una produzione molto curata dove abbiamo cercato di spingere oltre i nostri limiti. Anticipa un po’ quello che verrà.”

 

Domanda un po’ particolare. La musica sta passando un momento veramente complicato senza una via d’uscita. Tu da artista emergente come lo stai vivendo? Come vedi il futuro? 

“Come artista sono dispiaciuto del fatto di non poter promuovere live l’uscita dei brani. Anch’io ho dovuto rinunciare ad organizzare un release party per l’uscita dell’EP. Penso sia una parte fondamentale. Credo che si potranno inventare live con format alternativi nel rispetto delle regole, anche se il calore e l’energia che si crea nei live veri e propri non è paragonabile. La quarantena sicuramente è stata anche un po’ motrice di tanti bei progetti musicali. Anche nel mio caso, la canzone Pensieri notturni è stata scritta e prodotta in quarantena, nonostante fossimo tutti lontani.”

 

A proposito di futuro. Prossimi progetti? Videoclip?

“Ad oggi non ci sono progetti concreti, anche se ci sono nuovi brani già pronti, ma voglio pensare bene a quale strada prendere. A breve uscirà il primo videoclip e il merch. Il merch è stato disegnato da Dopio e lo faremo stampare in una serigrafia artigianale di amici a Milano.”

 

Elvira Cerri

Phoebe Bridgers “Copycat Killer / If We Make It Through December” (Dead Oceans, 2020)

Non mi vergogno a dire di essere arrivato tardi. Capita.

In più sono anche particolarmente orgoglioso di aver superato la mia naturale ritrosia e sofisticatezza nei confronti dei nomi troppo mainstream e inflazionati, come in effetti quello di Phoebe Bridgers potrebbe sembrare.

Tuttavia mi sa che siamo di fronte ad una versione femminile di re Mida, almeno attualmente, perché la ventiseienne californiana continua imperterrita a trasformare in oro tutto ciò che le passa per le mani, vi basti fare un salto su Youtube e cercare Phoebe + Bridgers + Radiohead (poi mi fate sapere).

Ebbene quasi a sorpresa qualche giorno fa la nostra esce con un EP, Copycat Killer, quattro brani, quattro estratti del suo ultimo album, Punisher, rivoltati e scarnificati e ridotti all’osso e poi rivestiti di archi e arrangiamenti che poco avevano da spartire dai precedenti ma che stanno di un bene che sembra siano nati assieme.

Prendi una Kyoto, che il suo incedere à la Belle and Sebastien diventa una dolce confessione su quel mirabile tappeto orchestrale fatto di viole e violini e molto altro, arrangiato dal prodigioso Rob Moose. Così la dolce Savior Complex e le sue chitarre folk e quel malinconico violino assumono toni quasi teatrali, con partiture ariose alternate a pizzicati saltellanti, come pure nella successiva Chinese Satellite. Punisher, scritta assieme al sempre caro Conor Oberst, a chiudere questo quartetto, in maniera molto più che degna questi 13 minuti che valgono tantissimo.

Qualche giorno appena ed ecco un altro EP, If We Make It Through December, altri quattro brani, tra cover e vecchie registrazioni, a tema Natale. Allora risparmiatevi (e risparmiamoci) stucchevoli polemiche o discussioni inutili su questo tipo di operazioni, ok? Me lo sono comprato su Bandcamp, l’ho pagato 5,13 € col cambio, non me ne pento, soprattutto perché è meraviglioso. E a me il Natale piace. E piace anche la buona musica.

Già l’omonima traccia d’apertura, incisa da sua maestà Merle Haggard nel 1973, regala, è proprio il caso di dirlo, emozioni sincere che se non vi si muove qualcosa ad altezza del cuore avete qualche problema mi sa, con la voce di Phoebe che mostra sfumature e colori che non avevo saputo vedere in passato, come quel flebile, talvolta impercettibile tremolo che si palesa, di tanto in tanto.

7 O’Clock News/Silent Night è invece un rifacimento del brano di Simon & Garfunkel (cioè il brano è Silent Night, quello famoso), cantato in coppia con Fiona Apple, con il contributo di Matt Berninger nelle vesti di anchorman a dare le notizie, che piano piano crescono fino a coprire il soave duetto femminile nel celebre motivo natalizio (con le cuffie l’effetto è molto migliore, parer mio). E sono brividi veri. Nuovamente.

Christmas Song mi ha ucciso, letteralmente. Un duetto con Jackson Browne (proprio lui) che ti scava dentro in maniera inesorabile. È una canzone di Natale, ma triste, con quel piano annacquato, “The sadness comes crashing like a brick through the window / And it’s Christmas so no one can fix it”, poi cresce, ma quando finisce continui a ricantarti in testa “You don’t have to be alone to be lonesome”. 

Have yourself a Merry Little Christmas torna nei binari della classicità, senza perdere quel tocco di phoebismo che ormai starete adorando quanto me e se guardate fuori e molto probabilmente, come me, non vedrete la neve, sarete comunque già in pieno clima natalizio. 

Questa è magia.

 

Phoebe Bridgers

Copycat Killer

If We Make It Through December

Dead Oceans

 

Alberto Adustini

Omär: tra amori che ritornano e incertezza

In un mondo dove ogni giorno si lotta per le proprie libertà e contro ogni pregiudizio, Omär ci ricorda quanto sia importante andare oltre ogni apparenza. Si espone con un progetto che affonda le proprie radici nell’incontro tra l’alternative pop e soul, al fine di promuovere la libertà di espressione attraverso la musica. 

“Amori che ritornano come le onde del mare sulla riva” così Omär ci presenta il suo nuovo singolo Ci risiamo, uscito il 30 ottobre in radio e su tutte le piattaforme digitali. L’artista racconta del brano come un “pezzo di vita” ed emozioni difficili da gestire in modo razionale. E’ un brano che parla della difficoltà di uscire da una relazione che in un modo o in un altro cerca di tornare, con tutte le sue fragilità. La base segue la linea del testo con sonorità dark-pop, con un’influenza di altri generi come il pop e il rock ed è stata prodotta da Etta Matters. Queste sonorità così varie tra di loro, non sono altro che l’evoluzione di sperimentazioni, negli anni, di generi musicali. Il 2 ottobre uscirà anche il videoclip ufficiale, girato da Fulvio Bellanzin (Fluo Making). Nell’attesa abbiamo posto qualche domanda alla nostra artista.

 

Ciao Omär, il 30 ottobre è uscito il tuo nuovo singolo. Immagino però tu stia lavorando a questo progetto da molto più tempo: raccontaci un po’ come è nato.

“Ciao a voi! Sì, il progetto Omär è online solo da aprile, ma ci sto lavorando da almeno un annetto. Ho deciso di intraprendere questo percorso perché avevo bisogno di esprimermi in qualcosa di autentico e di mio, senza dover pensare a cosa potrebbe piacere o a cosa sia vendibile e commerciale. Per ora il fine del progetto è rimasto invariato, mi aiuta a scrivere quello che voglio e come voglio.”

 

La scelta di rimanere in incognito è stata dettata da una sorta di “paura” ad esporsi o proprio per lasciare un pizzico di curiosità in chi ti segue?

“In realtà mi piaceva l’idea di parlare solo con la musica; essendo una ragazza spesso il focus nel mondo musicale si sposta su altro e per la verità volevo solamente evitare questo tipo di esposizione mediatica. Per quanto sembri una cosa “furba” il fatto di non farsi vedere in realtà mi crea non pochi disagi sui social, non è facile comunicare come quando ci metti la faccia.”

 

Parliamo del singolo, che hai dichiarato essere “un pezzo della tua vita”. Come ti sei sentita ad aver aperto una “porta” così grande a chi ti ascolta?

“È stato in verità liberatorio. Ci sono momenti in cui è bello condividere finalmente qualcosa che magari hai custodito gelosamente per molto tempo.”

 

Nel brano scrivi “avevo un uragano dentro”. Si percepisce la confusione e la poca lucidità data dalla sofferenza del momento. Quando hai deciso che era il momento di liberare questo uragano?

“Credo proprio di averlo esorcizzato con la scrittura di questo brano. Ti senti più leggero una volta che vedi tutto nero su bianco, è come se chiudessi un capitolo per iniziarne di nuovi.”

 

La base creata con sonorità dark-pop si fonde perfettamente con il significato del testo. Trasmette la fragilità e la difficoltà di prendere una scelta. Sappiamo che è stata prodotta in collaborazione con Etta Matters. Come mai la scelta è ricaduta proprio su Etta? Avevate già collaborato?

“Etta è un mio carissimo amico ed è una persona di cui mi fido ciecamente dal punto di vista musicale. Lavoriamo insieme da qualche anno e abbiamo avuto modo di influenzarci a vicenda a tal punto da aver sviluppato una specie di linguaggio musicale comune. Ha uno splendido gusto e soprattutto è stato uno dei primi ad ascoltare sul serio la mia visione del progetto.”

 

A breve uscirà anche il videoclip. Ti ritieni soddisfatta del lavoro eseguito? Pensi che riuscirà a trasmettere l’essenza del brano stesso?

“Credo che il videoclip completi in qualche modo il brano stesso, molti amici mi hanno detto di aver capito ancor più profondamente il significato di Ci risiamo, dopo averlo visionato.”

 

In questo particolare periodo storico, in cui il mondo della musica ne sta risentendo molto, qual è il tuo punto di vista da artista? Credi si potrà trovare una soluzione per “salvare” ciò che è stato perso in questo anno di buio totale?

C’è sempre una soluzione, l’essere umano si adatta con facilità, nonostante le disgrazie. È stato un anno difficile, spero che però ci porterà ad imparare ad apprezzare di più le cose semplici e i piccoli momenti di serenità. Oltretutto spero vivamente che le enormi lacune che sono venute fuori nel contesto artistico-musicale siano pian piano risanate in qualche modo. Se prima era più facile nasconderle, ora sono chiaramente visibili, spero vivamente che non si torni indietro.

 

Quest’anno è comunque stato molto produttivo per te. Ti va di svelarci qualcosa dei tuoi progetti futuri?

“Per ora ci sono in previsione nuovi singoli e la speranza di poter risalire presto su un palco.”

 

Elvira Cerri

Tre Domande a: Viadellironia

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

“Tutto quello che abbiamo sempre dato per scontato è stato messo in discussione: la certezza di poter fare delle prove, di poter registrare in studio. Ciò che ci sgomenta di più è questo stato di incertezza sul momento in cui potremo suonare live, in un vero live. Pensiamo inoltre che le condizioni di questa sospensione, ovvero lo stato di svilimento in cui versa la cultura, rendano molto difficile impostare una progettualità. È molto difficile provare entusiasmo e scrivere, studiare o proiettarsi in un futuro. Un artista non dovrebbe trovarsi ad operare in queste condizioni, perché sono cieche e claustrofobiche.”

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

“Vogliamo che l’ascoltatore comprenda innanzitutto la narrazione della nostra musica, insieme ai suoi modelli; intendiamo quindi il suo contenuto esplicito. Ma ci preme molto che chi ascolta comprenda gli aspetti più impliciti di quello che facciamo. Infine, quello che davvero preferiamo constatare è quel feedback vivo, live, meno ordinato e apollineo, che risponde quando ci esibiamo. Il live è davvero un soffio vitale su una materia preordinata, e ci manca moltissimo. Fa di una statua un corpo.”

 

Progetti futuri?

“Abbiamo scritto un po’ di cose nuove e cominceremo a lavorarci. Ma non vediamo l’ora di suonare dal vivo il nostro disco d’esordio, quindi la nostra aspettativa è riposta soprattuto nell’esperienza del live e in una condizione creativa più serena.”

The Zen Circus “L’Ultima Casa Accogliente” (Polydor/Universal, 2020)

Negli ultimi mesi abbiamo sentito parecchio parlare di casa, forse troppo e forse nemmeno in modo così accomodante, ma piuttosto senza troppi fronzoli. Però, nel loro nuovo album L’Ultima Casa Accogliente, che arriva dopo un 2019 di festeggiamenti tra i vent’anni di carriera, i dieci del disco Andate Tutti Affanculo, l’omonimo romanzo e il Festival di Sanremo, gli Zen Circus reinseriscono questa parola in un altro paradigma, fuori dall’attualità: la casa diventa il nostro corpo – e prima ancora il corpo di nostra madre — con una marea di immagini che vi ruotano attorno. Un corpo che può essere prigione da cui volersi liberare, come in Catrame, o può essere rifugio e rassicurazione, specie se condiviso con qualcun altro. 

Certamente anche in questo disco si potrebbero trovare dei riferimenti a ciò che stiamo vivendo, ma ridurlo a questo pare un dispetto nei suoi confronti. Perché sì, è facile leggere un po’ di attualità in strofe come “Il cielo è un tetto sopra le case / quindi alla fine non usciamo mai” di Appesi Alla Luna oppure “quanto è difficile da immaginare / come una guerra dove non si muore /o una malattia che non ha sintomi e anche senza cura / non dà dolore” di Come Se Provassi Amore. Eppure, farlo sembra una cattiveria, quasi a togliere a queste canzoni quell’aura di poesia un po’ brutale che le rendono universali e non dovrebbero, quindi, perdere mai.

Già, perché se c’è una cosa che è da sempre parte integrante della discografia degli Zen Circus è la potenza che attribuiscono alle parole. Quella non cambia mai, forse è solo meno cattiva rispetto a dieci anni fa, quando cantavano Gente di Merda, ma resta comunque una forza brutalmente sincera nella sua poeticità.

Resta anche l’impegno, la volontà di far passare un messaggio che vada oltre e scuota un po’ le coscienze. Emblematica è la fine di 2050, che cerca di predire come sarà il mondo tra trent’anni piantando però il seme del dubbio: tutto quello che facciamo spinti dalla voglia di progresso servirà a qualcosa? “Abbiamo fatto tutto / abbiamo fatto niente” recita l’ultima strofa, alla fine di un climax che è un po’ anche il marchio distintivo dell’album. 

È raro infatti che queste canzoni seguano la struttura classica e ripetitiva di strofa e ritornello. Al contrario, e forse contro logica, è molto più facile trovare pezzi in cui tutto è un crescendo, dalla musica alla voce che si fa sempre più carica. C’è poco che si ripete, per lasciare invece spazio ad una sorta di tensione verso l’alto. Già si vedeva nel secondo singolo pubblicato, Catrame, dove le prime frasi sono addirittura cantate a cappella prima di lasciar spazio anche a chitarra e batteria, ma si sente ancora meglio in Non, che inizia con una base di pianoforte, per poi aggiungere gli altri strumenti uno alla volta. Anche la voce diventa sempre più forte, arrivando quasi ad urlare, per poi sfumare alla fine.

Insomma, un album più suonato che pensato, per citare la stessa band. Un racconto eterogeneo dove ogni pezzo ha la sua parte, ma alla fine tutti sono legati da un unico filo conduttore, da tante immagini comuni. 

E ascoltarlo, in qualche modo, lascia un po’ la sensazione di un ritorno a casa, ma una di quelle che si conoscono bene. In cui ci si sta volentieri. 

 

L’ultima casa accogliente

The Zen Circus

Polydor/Universal

 

Francesca Di Salvatore

Tre Domande a: Vanbasten

Come stai vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

“Non amo le polemiche, cerco si sfruttare questo momento per migliorare, colmare le lacune che mi porto dietro avendo iniziato a suonare tardissimo e poi aspetto, mi preparo in silenzio, sperando che chi occupa le prime linee non pecchi di egocentrismo dando l’esempio ad una società completamente spaesata.” 

 

Come e quando è nato questo progetto?

Vanbasten prima era il nome della mia band, quella fondata con i fratelli di quartiere, fatta di urgenza di esprimersi e rabbia. Adesso invece Vanbasten sono io e mi sento come se portassi un’eredità importante, sono ancora la voce di chi ha creduto in me e la paura di deluderli mi dà tanta forza. Questo progetto, Canzoni che sarebbero dovute uscire tot anni fa il mio disco d’esordio, è un po’ come un film, sono cambiati tanti personaggi, ma la trama centrale non ha mai perso coerenza.”

 

Se doveste riassumere la vostra musica in tre parole, quali scegliereste e perché?

“Popolare: nel senso che sono un uomo del popolo e scrivo solo per lui.
Diretta: Odio le frasi subordinate, mi piacere mettere al centro solo quello che conta, senza orpelli lirici.
Reale: Scrivo solo quello che vedo, solo quello che posso dire di aver vissuto e consumato. Poi in modo onomatopeico vengono le melodie e gli arrangiamenti.”

11|34 – Il nuovo singolo FEELS LIKE THE END è disponibile online.

Il trio torinese, nato dalla chiusura del progetto pop VIKTORY PLAZA, promette di essere una ventata d’aria fresca nel panorama core underground italiano.
La band è ufficialmente uscita con il primo singolo “JUDAS’ FRIENDS” il 10Luglio, ottenendo un’immediata approvazione dal pubblico del web portandoli vicino alle 100k streams.
Approvazione che continua dal pubblico di Spotify, facendo raggiungere il nuovo singolo “FEELS LIKE THE END” a quasi 80K streams in un mese dall’uscita della canzone sulla piattaforma di streaming più utilizzata al momento.
 
Gli 11|34 escono allo scoperto influenzati da molte band mantenendo uno stile loro.
Un look che richiama molto l’era di My Space e di quell’ondata Emo che ha caratterizzato questo genere, ma con un suono moderno, aggressivo.
Una voce a tratti delicata con punti dove uno scream prepotenete e pieno riempie i riff di chitarra.
Un’esclamazione del cantante Lorenzo potrebbe riassumere il concetto musicale e visivo della band
“EMO SI, MA CON QUALCHE CORDA IN PIù”.
Se siete fans dei MY CHEMICAL ROMANCE, MOTIONLESS IN WHITE, SLEEPING WITH SIRENS  e band simili,
questa è una band che non potete assolutamente perdervi.
ASCOLTA QUI:
GUARDA QUI:
 
PROFILI SOCIAL:
11|34 FACEBOOK PROFILE: https://www.facebook.com/1134band
11|34 INSTAGRAM PROFILE:  https://www.instagram.com/p/CCeCFUuKfe-/

Tre Domande a: The Pheromone Syndicate

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

Giada: “È un periodo difficile non solo per la musica ma per la maggior parte delle attività e per i rapporti umani in generale. Questo 2020 ha cambiato tantissime abitudini perdendo quella “normalità” a cui tutti si era abituati. Noi ci reputiamo fortunati perché abbiamo saputo reagire al lockdown di Primavera invece di farci prendere dallo sconforto: ci siamo messi d’impegno sulla nostra musica e sul progetto The Pheromone Syndicate. Abbiamo scritto e pubblicato molti nuovi singoli e anche alcuni video, ovviamente fatti in casa con i mezzi a disposizione. Attendiamo con ansia che si possa tornare a suonare dal vivo ma nel frattempo rendiamo prezioso questo tempo creando ed imparando cose nuove.” 

 

Come e quando è nato questo progetto?

Sandro: “Il progetto The Pheromone Syndicate nacque nel 2017 come solista. Volevo staccarmi dal genere che per avevo suonato per una vita (l’heavy metal) per dedicarmi a quelle che per me erano nuove sonorità. I primi brani ed uscite furono delle sperimentazioni piuttosto lontane da quello che oggi è il nostro vero sound. Sul finire del 2018 conobbi Giada sul set di un videoclip musicale e decidemmo di far uscire un singolo in collaborazione. Ci trovammo molto bene a fare musica assieme e così nell’autunno del 2019 rilanciammo il progetto The Pheromone Syndicate come un duo vero e proprio. Possiamo quindi dire che gli attuali The Pheromone Syndicate ufficialmente siano “neonati” nella scena musicale.”

 

Se doveste riassumere la vostra musica in tre parole, quali scegliereste e perché?

Electro-Pop-Rock: così abbiamo definito il nostro stile musicale. Il massiccio uso di samples e synth e il ritmo dei brani è riconducibile soprattutto alla musica elettronica; le melodie di voce e l’approccio alle lyrics richiama di più la Pop Music (soprattutto di stampo americano) mentre l’attitudine, l’uso della chitarra elettrica e la struttura dei brani sono di stampo Rock. Ci rendiamo conto che in Italia questo genere è qualcosa che ancora mai sentito. Si allontana molto dai canoni del mainstream (a partire dal cantato in inglese). Per quanto ci riguarda questo è per noi un punto di forza e ci rende a nostro modo unici.

MOLTHENI: esce oggi “IERI” il primo singolo tratto dal nuovo album “Senza Eredità”.

6 novembre 2020 – A undici anni di distanza dalla raccolta finale “Ingrediente novus” Umberto 
Maria Giardini pubblica un brano inedito a firma Moltheni. La canzone, intitolata “IERI”, è il primo singolo estratto dal nuovo album “Senza eredità” che, in uscita l’11 dicembre per La Tempesta 
Dischi, rappresenta la chiusura di un cerchio, nonché l’ultimo capitolo di uno dei progetti più 
importanti del panorama indipendente italiano.

Moltheni esordisce nel 1999 con Natura in replay (Cyclope), contenente fra gli altri i brani ormai 
cult come “In centro dell’orgoglio” e “Il circuito affascinante”. Grazie a questo primo album il 
musicista marchigiano diventa uno dei più convincenti giovani autori all’interno della scena 
alternativa italiana e condivide presto il palco con alcuni dei massimi esponenti del circuito: 
Afterhours, Verdena, Ginevra di Marco.
Nel 2000 partecipa al Festival di Sanremo (sezione “Giovani”) con il brano Nutriente.
L’anno seguente pubblica il secondo album dal titolo Fiducia nel nulla migliore (Cyclope). 
Registrato negli Stati Uniti, il disco pone le chitarre elettriche in primissimo piano e viene tuttora 
considerato un caposaldo dell’alternative rock italiano.
Nel 2003 contribuisce alla colonna sonora del debutto cinematografico di Franco Battiato “Perduto 
Amor” con il brano Prigioniero del mondo.
Nel 2005 approda a La Tempesta Dischi per cui rilascia il terzo album Splendore Terrore, caratterizzato 
da una svolta verso sonorità legate al folk e alla psichedelia. Alla fine del successivo tour realizza Vinile 
live, raccolta dei suoi brani eseguiti dal vivo. Sempre nel 2005 Nel 2005 partecipa a “Respiriamo liberi”, 
una compilation omaggio a Lucio Battisti, nella quale reinterpreta in acustico “Il tempo di morire”.
Nel 2006, con il quarto album “Toilette memoria” (La Tempesta), arriva la consacrazione definitiva. 
All’album partecipano tra gli altri Franco Battiato, i fratelli Ferrari dei Verdena, Carmelo Pipitone 
dei Marta sui Tubi. Grazie a brani come “Nel futuro potere del legno”, “Eternamente, nell’illusione di 
te” e “L’amore d’alloro” Moltheni mostra la facoltà di reimpostare le coordinate della canzone 
d’autore italiana

ESCE IL 4 DICEMBRE 2020 • “HER DEM AMADE ME – Siamo sempre pronte, siamo sempre pronti” LA COMPILATION IN MEMORIA DI LORENZO ORSETTI

Uscirà il 4 dicembre 2020 “HER DEM AMADE ME – Siamo sempre pronte, siamo sempre pronti”, la raccolta realizzata in memoria di LORENZO ORSETTI, ragazzo fiorentino morto in Siria per mano dell’ISIS il 18 marzo 2019, all’età di 33 anni.

Her dem amade me” è un progetto curato da Lucio Leoni, prodotto da Blackcandy Produzioni in collaborazione con Arci Firenze, Associazione Lorenzo Orso Tekoşer, UIKI Onlus, WJAR- WeqfaJina Azad a Rojava e Bao Publishing.

Si tratta di una raccolta fondi, i cui proventi saranno interamente devoluti al centro Alan’s Rainbow di Kobane per dotarlo di un ambulatorio pediatrico che sarà intitolato a Lorenzo Orsetti Tekoşer, partigiano internazionalista.

Il disco è pre-ordinabile al link a partire dal 5 novembre 2020:

www.blackcandyrecords.bigcartel.com/product/her-dem-amade-me

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Un doppio cd con i brani di 24 Grana, Serena Altavilla, Assalti Frontali, Angela Baraldi, Cesare Basile, Paolo Benvegnù, Giorgio Canali, Pierpaolo Capovilla, Marco Colonna, Vittorio Continelli, Max Collini, Cristiano Crisci, Dagger Moth, Ginevra Di Marco, Er Tempesta, Giancane, La Rappresentate di Lista, Lucio Leoni, Malasuerte, Mokadelic, Nummiriun, Rita Lilith Oberti, Marco Parente, Carmelo Pipitone, Rapper C J  A SAP, Marina Rei, Roncea, Rossofuoco, Tre Allegri Ragazzi Morti, Giovanni Truppi, Margherita Vicario, e il contributo artistico di Zerocalcare, che ha fornito le illustrazioni presenti nel booklet, tratte dal suo fumetto “Macelli”.

MISSION E DESTINAZIONE BENEFICA DEL PROGETTO

Ricordare Lorenzo significa continuare la sua lotta. Tutti i proventi derivati dall’acquisto del supporto fisico e, successivamente, da quelli della pubblicazione dello stesso in digitale saranno destinati alle popolazioni curdo siriane, che, insieme alle minoranze etniche del nord della Siria dal 2012, portano avanti il progetto di costruzione del ConfederalismoDemocratico, ovvero una società che abbia come pilastri fondamentali la democrazia diretta, la solidarietà, l’autodeterminazione delle donne, la laicità delle istituzioni pubbliche, il superamento del concetto di Stato-Nazione, l’ecologismo e lo sviluppo di una economia non capitalista.

Grazie ai partner con i quali abbiamo collaborato (Associazione Lorenzo Orso Tekoşer, UIKI Onlus, WJAR- Weqfa Jina Azad a Rojava e Arci Firenze APS) abbiamo identificato un progetto specifico che ci proponiamo di finanziare grazie al supporto di tutte e tutti.

L’Alan’s Rainbow è un edificio dove vivono in sicurezza e in un ambiente comunitario fino a 50 bambine e bambini rimasti orfani a seguito dell’occupazione dell’ISIS di Kobanê. Oltre al semplice alloggio, in questa struttura viene offerto anche un sostegno alle bambine e ai bambini per superare le esperienze traumatiche degli attacchi di ISIS e della perdita di uno dei genitori o di entrambi. Grazie al progetto è stata creata una nuova comunità e le bambine e i bambini hanno la possibilità di crescere in un ambiente protetto e comunitario che gli permetta di superare le loro esperienze traumatiche e crearsi nuove prospettive di vita per il loro futuro.

I ricavati dalla vendita del disco saranno interamente devoluti a questo luogo con l’intenzione di dotare la struttura di un ambulatorio medico pediatrico che possa essere un centro di salute per gli ospiti dell’orfanotrofio, per tutti gli studenti e le studentessedel comprensorio formativo e per tutti gli abitanti che vivono nella zona. Per fare questo abbiamo diviso il progetto in due fasi. La prima fase doterà l’ambulatorio pediatrico degli adeguamenti e delle forniture indispensabili per poter entrare in funzione il prima possibile. La seconda fase verrà sviluppata in maniera modulare al termine della prima e dando priorità alle forniture che vengano ritenute necessarie dalla WJAR – Weqfa Jina Azad a Rojava e dall’esperienza maturata durante il primo periodo di funzionamento dell’ambulatorio.

L’ambulatorio pediatrico dell’Alan’s Rainbow sarà intitolato a Lorenzo Orsetti Tekoşer, partigiano internazionalista di Rifredi/Firenze che ha combattuto e dato la vita per la Liberazione dei popoli del Nordest della Siria.

Per ulteriori informazioni sul progetto: www.blackcandy.it/her-dem-amade-me

LA RACCOLTA

Her dem amade mevuole ricordare un uomo, Lorenzo Orsetti, mantenere viva la sua memoria. Allo stesso tempo è una presa di posizione netta determinata dall’urgenza di mantenere alta l’attenzione su quella che è una delle più imbarazzanti sconfitte politiche, umane, sociali e culturali del mondo occidentale contemporaneo: la questione curda, l’abbandono e l’indifferenza del mondo intero nei confronti di un popolo che lotta per libertà propria e quella di tutti ponendosi come ultima linea difensiva nei confronti del fanatismo religioso.

Lorenzo è partito da Rifredi, quartiere di Firenze per combattere al fianco dello YPG ed è caduto a Baghuz, in Siria, mentre combatteva l’ISIS il 18 marzo 2019. Lorenzo era un ragazzo di trentatrè anni.

La compilation è frutto di una direzione artistica collettiva; ogni artista ne ha coinvolto un altro in una catena che solo per motivi tecnici si è dovuta fermare a 24 canzoni. Tra band, collaborazioni e artisti dell’immagine che hanno confezionato il disco le voci coinvolte sono però molte di più.

Artisti che, come dice il titolo, si sono fatti trovare pronti ad alzare la voce in memoria di un uomo e al fianco di un popolo; al fianco, soprattutto, di un’idea diversa di mondo e di società. L’idea ha serpeggiato la penisola a partire dal marzo 2020 e ha preso forma nei mesi successivi grazie alla disponibilità e al lavoro di ciascun artista che in autonomia si è adoperato per produrre un brano, un canto, un’opera da offrire al progetto.

BlackCandy, promotrice dell’idea, fa da collettore e cornice ad un lavoro corale, un respiro simultaneo di musicisti e musiciste, grafici e grafiche, illustratori e illustratrici, autori e autrici che hanno donato il proprio lavoro. Sentitamente grazie ad Arci Firenze per il lavoro di progettazione e la cura dedicata alle riunioni e all’ascolto, a Bao Publishing per il supporto e soprattutto grazie alla famiglia Orsetti: Alessandro, Annalisa e Chiara, che con il loro affetto, il loro amore, hanno saputo aiutarci nel costruire questo piccolo pezzo di noi, che altro non è che un altro pezzo di Lorenzo sparso nel mondo, adesso.

 

CREDITI

Un progetto di Blackcandy Produzioni

Ideato da: Leonardo Giacomelli, Lucio Leoni e Alessandro Orsetti

Direzione Artistica: Collettiva

Coordinamento Artistico: Lucio Leoni & Alessandro Gallicchio

Coordinamento Tecnico: Lorenzo Buzzigoli

Coordinamento del Progetto: Martina Di Loreto

Progetto grafico: Livia Massaccesi

Illustrazioni: di Zerocalcare tratte dal fumetto “Macelli” edizioni Bao Publishing

Si ringraziano GRS Studio Firenze e Tommaso Bianchi e il White sound Studio Mastering Studio

Ufficio Stampa e Promozione: Big Time[email protected]

 

TRACKLIST

 

LATO A

 

1-MARCO COLONNA, VITTORIO CONTINELLI- FUOCO

2-ROSSOFUOCO Y MAX COLLINI- GUERNICA

3-MARGHERITA VICARIO-QUANDO GLI UOMINI

4-MARCO PARENTE- QUANDO IL MONDO ERA UNA PIUMA

5-CESARE BASILE- FERMA TI LA RUGNU LA PALORA

6-ASSALTI FRONTALI FEAT ER TEMPESTA E NUMMIRIUN- COMPAGNO ORSO

7-GINEVRA DI MARCO- FUOCO A MARE

8-MALASUERTE FI SUD- GAZA

9-CARMELO PIPITONE- IL MIO VECCHIO MONDO

10-DAGGER MOTH- UNLEASHED

11-LA RAPPRESENTATE DI LISTA- AMANDOTI (SEDICENTE COVER)

12-GIANCANE- ADOTTA UN FASCISTA

 

 

 

LATO B

 

1-RITA “LILITH” OBERTI- DON DURITO E L’ORSO

2-PIERPAOLO CAPOVILLA & I CATTIVI MAESTRI- LA CITTA’ DEL SOLE (REVISITED VERSION)

3-24 GRANA- ORSO

4-ANGELA BARALDI- IMMOBILI

5-PAOLO BENVEGNU’- CAUSA ED INFINITO

6-ALTAVILLA, CRISCI, LEONI- MOLISE

7-GIOVANNI TRUPPI- L’UNICA OLTRE L’AMORE

8-RONCEA- LA RAGIONE DELLE COSE

9-TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI- RASOIO, MATTATOIO, PAZZATOIO

10-RAPPER CJ A SAP- THE THUNDERSTORM

11-MARINA REI- CURAMI

12-MOKADELIC, EDDI- UNA GOCCIA

GIUNGLA “Walk On The Ceiling” – il nuovo singolo

“WALK ON THE CEILING” è il NUOVO SINGOLO di GIUNGLA disponibile da giovedì 5 novembre su tutte le principali piattaforme digitali per l’etichetta Factory Flaws / peermusic Italy.

Ascolta qui il singolo.

Il brano nasce a Londra, figlio di una session di registrazione della giovane artista con Andrew Savours (già collaboratore di My Bloody Valentine, The Kills, Goldfrapp, The Horrors) e di nottate trascorse a scrivere nelle note del telefono in una dimensione intima e delicata, con la testa sotto alle coperte e tra le mani soltanto la luce dello schermo.
Il testo è nato esattamente in uno di quei momenti e mi piace pensare a questa luce come fosse una candela da proteggere e da poter donare a qualcuno di speciale. La prospettiva è ribaltata, come se di notte chi rimane sveglio a scrivere fosse in un’altra dimensione, a testa in giù; parla della bellezza di cercare un po’ di mistero e magia anche in un ambiente protetto e domestico, provare ad essere più coraggiosi di come si è durante il giorno. – (Giungla)

L’artwork del singolo è parte di un’opera dell’artista svedese Sophie Westerlind intitolata “Martina’s Flowers (olio su tela, 50 x 40 cm, 2020). Giungla ha scelto questo quadro dai tratti carichi di materia e movimento dopo avere incontrato l’artista nel suo studio alla Giudecca di Venezia, colpita dalla storia che le ha raccontato: Sophie ha iniziato a dipingere fiori per la prima volta durante il lockdown, la lontananza dalla natura aveva trasformato un soggetto che tendiamo a dare per scontato in un oggetto importante. La pittrice le ha raccontato che “dipingerli in studio è stato come fare qualcosa di prezioso e segreto” e Giungla ha trovato un’analogia per l’attitudine con cui ha scritto la propria musica negli ultimi mesi.

GIUNGLA è Emanuela Drei, musicista di base a Milano. Unendo atmosfere elettroniche e chitarra elettrica, a tratti spigolosa e arrogante ma che sa anche sfociare in sonorità più dreamy, la sua musica è un alternative pop pieno di vita come la ‘giungla’ da cui ha preso il proprio nome. Dopo aver lavorato già lavorato con Luke Smith, produttore di Depeche Mode, Foals e Anna Of The North, questa volta è entrata in studio conAndrew Savours (My Bloody Valentine, The Kills, Goldfrapp, The Horrors). Il nuovo lavoro Turbulence è previsto per la primavera 2021 in uscita su Factory Flaws. Armata di sola chitarra elettrica, sampler e la propria voce si è fatta notare velocemente raccogliendo lodi internazionali e quasi un milione di ascolti. Ha diviso il palco con The xx, Foals, Grimes e Battles e ha partecipato ad alcuni tra i più importanti appuntamenti live: SXSW in Texas, Sziget Festival a Budapest e The Great Escape a Brighton.

Factory Flaws è una digital boutique label e publishing italiana nata nel 2016, specializzata nella promozione e distribuzione di artisti italiani con sonorità indirizzate ad un pubblico internazionale.
Con uno sguardo rivolto al mondo della moda e della cultura a 360 gradi, fieramente gender balanced e sostenitrice delle diversità espresse da ciascuno dei propri artisti, fin dagli esordi è riuscita a farsi notare dalle più influenti testate web e tastemaker internazionali, portando i propri progetti su siti come Gorilla Vs Bear, Clash Magazine, Noisey USA, Nylon e COLORS.
In poco più di 4 anni e con un roster selezionatissimo ha macinato più di 10 Milioni di streaming, scalando le playlist mondiali di Spotify e contribuito a far partecipare i propri artisti ai festival internazionali più importanti degli ultimi tempi, fra cui SXSW, Primavera Sound, The Great Escape e Eurosonic. Tra gli artisti del roster HÅN, Giungla, Eugenia Post Meridiem, Iside, Lucia Manca, Tauma e Albert

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