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Mese: Maggio 2023

Tre Domande a: Leo Fulcro

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il tuo modo di fare musica o a cui ti ispiri?

Dico sempre loro: Mac Miller e Kid Cudi. Hanno ispirato migliaia di rapper e artisti, forse è per la sincerità della loro musica. Sicuramente per lo stile. Mac rendeva tutto quello che toccava cool, e Cudi ha veramente anticipato i tempi rispetto al panorama mondiale. Il suo disco Man on the Moon mi ha ispirato per il mio EP Boy on Earth.

Se dovessi riassumere la tua musica con tre parole, quali sceglieresti e perché?

Onesta, profonda, leggera.
Onesta perché se pubblico una canzone la faccio proprio perchè ci credo e sia il testo che la musica sono stati a lungo dibattuti e ponderati sia da me che dai chi collabora alla canzone.
Profonda e leggera può sembrare un ossimoro ma è proprio quello che cerco di fare:  discorsi complessi con immagini semplici.

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Credo sceglierei Gange, perchè esprime perfettamente lo stile happysad sul quale faccio ricerca.

EXTREME: una data a Milano a dicembre

Grande ritorno in Italia per EXTREME, iconica hard rock band americana che pubblicherà il 9 giugno il nuovo album “Six”. Il gruppo guidato dalla chitarra di Nuno Bettencourt e dalla voce di Gary Cherone sarà in concerto all’Alcatraz di Milano sabato 16 dicembre 2023 nell’unica data italiana del “Thicker Than Blood Tour”.
In apertura si esibirà un’altra apprezzatissima rock band contemporanea: The Last Internationale.
 
biglietti per lo show saranno in prevendita esclusiva tramite Metalitalia.com a partire dalle ore 10:00 di domani 23 maggio fino alle ore 18:00 del 25 maggio. Prevendita generale dalle ore 10:00 del 26 maggio su Ticketone. Saranno disponibili VIP Package.

Radiofreccia e Metalitalia sono media partner del concerto.
 
Di seguito i dettagli della data:
EXTREME
+ The Last Internationale
sabato 16 dicembre 2023
Milano, Alcatraz

BIGLIETTI
https://www.ticketone.it/artist/extreme/
Prezzo del biglietto in prevendita: € 40,00 + d.p.
Prezzo del biglietto in cassa la sera dello show: € 46,00
Prezzo di Extreme Soundcheck Experience: € 207,04
Il pacchetto include:
– Biglietto di accesso allo show “Posto unico in piedi”
– Partecipazione al soundcheck
– Poster esclusivo e autografato
– Foto di gruppo davanti al palco con gli Extreme
– Laminato VIP commemorativo*
– Ingresso anticipato
*Il laminato ha solo scopo commemorativo. Non acquisisce o autorizza l’accesso alla Venue, aree VIP o backstage.
 

Pentatonix @ Palasport

Vigevano, 25 Maggio 2023

Ci vuole talento a fare musica suonando e cantando.
Ci vuole ancor più talento a fare musica usando solo la propria voce.

Un dono, una benedizione, un incantesimo: chiamatelo come volete, ma quello che i Pentatonix riescono a fare non si può forse declinare ad una sola definizione. Il modo in cui armonizzano tra loro, si ascoltano e si supportano con le rispettive intonazioni infatti, è pura magia: ed è ancora più mistico osservare dal vivo le loro interazioni ed emozioni prendere vita sul palco.

Dopo tre anni di rinvio, i Pentatonix salgono finalmente sul palco del Palasport di Vigevano per l’unica data italiana del loro tour: fuori piove, il parcheggio è pieno di macchine. Per non rimanere imbottigliata nel traffico, decido di parcheggiare un po’ più fuori, in una via residenziale. “Chi c’è stasera?” Mi chiede il signore che entra nella casa davanti alla quale lascio la macchina. “I Pentatonix, fanno musica a cappella”. Il signore mi guarda confuso, ma mi augura comunque buona serata. Corro verso l’ingresso con un pensiero in testa: come faccio a spiegare a qualcuno l’arte dell’esibirsi a cappella, senza usare quindi strumenti vocali a rinforzo della voce? Come faccio a ridurre l’incredibile carriera dei Pentatonix, gruppo nato nel 2011 dall’unione tra la bravura e la passione per questa particolare forma musicale di Scott Richard Hoying, Kirstin Taylor Maldonado e Mitchell Coby Michael Grassi, completata poi dall’unione al gruppo di Kevin Olusola e Matt Sallee?

Forse non si può, perché anche qui, ogni definizione sarebbe riduttiva. Penso ai loro tre Grammy Awards, alle loro molteplici cover a cappella di successo. Penso a come li ho scoperti su Youtube ormai sei anni fa proprio grazie ad un titolo in particolare. Penso a tutte queste cose, ma poi non penso più a nulla, perché le luci si abbassano, e i Pentatonix entrano in scena. Non hanno bisogno di nulla se non di loro stessi per regalare al pubblico una serata indimenticabile: in un palco praticamente spoglio, illuminati da giochi di luci che vanno a ritmo con le canzoni, indossano dei look casual sulle tinte del rosa/viola, ed è chiaro fin da subito che sono lì per divertirti, e per far divertire tutti i presenti con loro.

Cinque voci le loro che, come il canto delle sirene, ci trasportano in atmosfere diverse: qualche passo di danza ritmato, l’interludio per farci imparare i versi di una canzone e realizzare così uno dei loro famosi TikTok in cui coinvolgono il pubblico ogni sera in modo diverso, tanta interazione con i presenti e niente altro. Perchè non c’è bisogno di altro: siamo stregati fin dall’inizio, quando intonano Sing e Na Na Na. Scott salta da una parte all’altra del palco, Mitchelll con la sua compostezza raggiunge note celestiali, Kirstin ha una naturalezza incredibile nel destrassi tra generi diversi, Matt fa vibrare l’anima con i suoi bassi e Kevin è “semplicemente” Kevin, che suona il violoncello mentre fa beatboxing (in tutto questo, è pure laureato in medicina a Yale).

La scaletta che propongono è varia: dalle loro canzoni originali (come Love Me When I Don’t) si passa a The Sound of Silence (da pelle d’oca, grazie alle cinque tonalità diverse delle loro voci che confluiscono in maniera magistrale creando un flow unico), Creep e Shallow. Sono cover per la maggior parte, ma sempre interpretate in modo molto personale, creativo e sentimentale: c’è tutta la loro anima in quelle note che si alternano, incontrano e fondono. In tutto ciò, ricordiamo, non c’è mai uno strumento (se non per quei due brani che Kevin ci regala con il violoncello). Ma non se ne sente l’assenza, tutt’altro.

Come possono mancare poi i loro iconici medley? Da quelli rock (con Kevin e Matt a incitare il pubblico a seguirli mentre propongono un mashup tra, ad esempio, Sweet Caroline, I Want It That Way, The Fresh Prince of Bel-Air e We Will Rock You) ai dance anni ’90 (e sì, Boom, Boom, Boom, Boom!!, Every Time We Touch, Blue (Da Ba Dee) stanno benissimo insieme), sembra che una playlist casuale abbia preso vita, dove c’è spazio per tutto e dove tutto ti travolge.

Nel momento in cui intonano Hallelujah, la cover del celebre brando di Leonard Choen con oltre 710 milioni di visualizzazioni su Youtube, quella con cui li ho conosciuti e che mi fa realizzare che sono davvero lì, ad ascoltarla da vivo, condividendo quei rari brividi di emozione con la folla, comprendo che la serata non è un concerto, ma un’esperienza collettiva: tra loro sul palco e noi del pubblico per terra o sugli spalti, è un unico, indimenticabile momento di pura energia, di pura vita. 

“Waited a hundred years to see your face and I would wait a hundred more, If only to be near you, to have you and to hear you, isn’t that what time is for?” Cantano utilizzando solo tre microfoni centrali e circondati da un silenzio rispettoso. “Sì”, vorrei rispondere, “This is what time is for”. Ci lasciano con questa riflessione, prima di travolgerci un’ultima volta con Bohemian Rhapsody.

“Is this the real life? Is this just fantasy?” Non si può esserne veramente sicuri quando si parla del talento dei Pentatonix. Una volta uscita dal Palasport, e mentre sono in macchina per rientrare a Milano, realizzo che forse, in realtà, non voglio nemmeno sapere la risposta. Che siano veri o fantasia, i Pentatonix sono una forza della natura, una forza della musica, da custodire nel cuore e farne tesoro.

Tre Domande a: Wicked Expectation

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Siamo sempre stati amanti del sound design, quindi in prima battuta ti diremmo la scelta dei suoni, il mix tra strumenti analogici e digitali e la voglia di unire alcuni aspetti della musica elettronica ad altri della musica pop.
Scavando più in profondità, però, ci piacerebbe far immaginare l’ascoltatore. Ci piace scrivere testi interpretabili, in base al momento in cui vengono ascoltati ed allo stato d’animo dell’ascoltatore. Da sempre nutriamo interesse verso il rapporto uomo-natura e le relazioni sociali, prova ne sono gli ultimi due video pubblicati: Moving Clockwise pone l’attenzione verso l’acqua, risorsa preziosa ma che, a causa dell’uomo stesso, si rivela addirittura mortale, prova ne sono gli eventi di questi giorni in Emilia-Romagna. Con l’ultimo video, Ghostly Noise, abbiamo voluto raccontare la solitudine personale, nonostante spesso si viva in ambienti affollati nei quali è facile credersi al centro della scena.

Qual è la cosa che amate di più del fare musica?

Amiamo la commistione di generi che possiamo creare, amalgamando i nostri ascolti e le nostre fantasie. All’interno della band convivono passioni musicali completamente differenti, che influenzano il nostro modo di fare musica.
Inoltre abitiamo in città diverse (Torino e Milano), viviamo contesti differenti che ci aiutano ad avere sempre nuovi stimoli. Grazie alle nuove tecnologie riusciamo spesso a comporre i pezzi a distanza, scambiandoci i progetti e le registrazioni, prima di trovarci in studio ed amalgamare il tutto. 
Probabilmente siamo una band atipica, che non compone grazie alle jam session in sala prove, ma ci è sempre venuto naturale così ed i pezzi del nuovo EP Inner Jungle non fanno eccezione. La novità di questi ultimi brani risiede nella produzione: abbiamo lavorato con il produttore di Sideshape Recordings Alessandro Di Paola, che si è occupato anche del mix finale.

Progetti futuri?

Dopo la pubblicazione del nuovo EP Inner Jungle in digitale e vinile, prevista per il 30 maggio, suoneremo live in alcuni festival e rassegne italiane. Stiamo lavorando per far rendere bene i nuovi pezzi anche dal vivo. Abbiamo costruito un set up che ci consente di suonare live molte parti dei brani, nonostante l’utilizzo di sample lanciati dai nostri controller sul palco durante le canzoni e suonati da noi durante le sessioni di registrazione.
Il calendario è in aggiornamento e sarà presto sul nostro sito e sui nostri social.

Tre Domande a: Cristoforetti

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Sceglierei Ancora Qui, terza traccia dell’omonimo album pubblicato nel 2018: è un brano carico di rabbia, quel tipo di rabbia e forza che si vive quando hai trent’anni. Questo brano mi ha permesso di conoscermi realmente, e grazie a questa diagnosi di potermi aiutare.

Quanto punti sui social per far conoscere il tuo lavoro? Ce n’è uno che usi più di altri?

Punto molto sui social, per fare conoscere quello che faccio e quello che penso. I cantautori non sono scomparsi, è cambiato solo il linguaggio… per il resto nulla di invariato. Uso prevalentemente Instagram e TikTok, li sento molto allineati con quello che è anche il mio approccio: diretto e concettuale.

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

La scrittura è la parte che amo di più, ma la dimensione live diventa poi l’emblema di tutto. Il momento di cui mi ritrovo occhi negli occhi con il pubblico, restiamo attaccati, ci emozioniamo ed eccitiamo insieme, sento che è la manifestazione del nostro rapporto per eccellenza. Vivo la dimensione live anche un momento di rivelazione… il feedback da parte del pubblico mi permette di capire come viene percepito quello che cerco di trasmettere. Infine, adoro conoscere tutta quella gente impavida, con la quale veniamo catapultati in un mondo parallelo fatto di artisti, di tribù di sconclusionati, ma anticonformisti nel sangue.

Film 2 releases Sorge*, a one song LP

Film 2 is a Swiss experimental noise-kraut band forming the vessel of the musical and energetical collaboration between Jonas Albrecht, Elias Bieri and Elischa Heller.

The three young musicians have been playing their way through the Swiss underground, drawing circles between dark cellars and niche festivals like «Bad Bonn Kilbi» for almost a decade. The explosive concerts full of brute emotionality, reaching from 20-minute-highspeed-sets to 4-hour-performances, have always been vital in searching for artistic and social urgency through high-volume sound and collective meditation.

Releasing their «Dark Sensual Krautrock» since 2017, their approach to publishing music has become more and more conceptual. Avoiding market-driven streaming-platforms, their 2020 LP «Unbewusste Liebe» is exclusively listenable on the website http://unbewusst.love, where it streams on every sunrise and sundown. With their new album «Sorge*», Film 2 continues this exploration of perceiving and celebrating music furthermore.

Declaring the phenomena of a one-perfect-version as a scam, Film 2 reports back with an album as a piece of meditation, named «Sorge*». Between concern and caution, worrying and caring, it depicts a state of calmness and vibration in midst of an overwhelmingly complex chaos, a gentle good-bye to an outdated home.

The LP consists of a ~40-minute song called «Welt», that has been performed, captured and processed three times in three different contexts, from raw material to collective practice: the same thing in three versions, differently, simultaneously, holistically. No one knows which version of «Sorge*» will end up on the turntable, not the DJ, not the critic, and certainly not the band. It’s an invitation to entangle authorship, work, and original, to challenge intuition, coincidence, and chance. To praise the shared labour on being emotionally precise, to burry perfectionism deep into the ground and let this three-headed dog sweep over it. Howling is healing, and we do it on every new moon and every full moon, when one version of «Sorge*» streams for 12 hours on http://unbewusst.love.

Tre Domande a: The Doormen

Come e quando è nato questo progetto?

Il nome The Doormen è stato rubato da una canzone degli Stereophonics una delle band preferite del nostro primo batterista e correva l’anno 2011 se non sbaglio. La formazione è la classica composta da quattro elementi (voce, chitarra, basso e batteria) anche se attualmente il nuovo disco è stato composto e suonato in due. Ci siamo incontrati nei posti dove si poteva fruire della musica, ai concerti, nei club e nelle sale prove. Abbiamo più o meno tutti lo stesso stile e background musicale che nel corso degli anni si è plasmato ed evoluto durante i quali le esperienze e le vicissitudini sono state numerose, sia dal punto di vista umano che artistico. Lo stare insieme e condividere ad esempio lo stesso furgone per andare in tour, suonare le nostre canzoni in giro sia in Italia che all’estero (Francia, UK) ha fatto sì che potessimo fruire di tutto ciò che ci circondava e trasformarlo in esperienza con il vantaggio di godere allo stesso sia della velocità di quando succedevano le cose e allo stesso tempo rimanere fermi per assaporare e godersi l’intero processo. Ascoltando le nostre prime produzioni possiamo dire che il nostro stile riconduce senz’altro al post-punk degli anni ’80 per poi passare al brit pop degli anni ’90 con qualche sfumatura shoegaze in certe canzoni.

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Senza ombra di dubbio sceglieremmo Glass Factory il primo singolo estratto dal nuovo disco The Truth in a Dark Age uscito lo scorso 5 Maggio su tutte le piattaforme digitali.
Il brano è nato in piena pandemia da un riff di chitarra suonato con il chorus. Il primo approccio è stato quello di creare quel suono sfasato e liquido per poi adattarlo alla traccia di batteria e basso che avevamo in mente. Una progressione di accordi veloce ma allo stesso tempo lenta come se il tempo si fermasse d’improvviso per poi ripartire.
Glass Factory non è altro che una metafora sul rapporto di coppia dove una delle parti ad un certo punto è costretto a prendere una decisione se andare avanti oppure no e per farlo è costretto a trasformarsi in un topo per riuscire ad adattarsi e a districarsi in quel labirinto che è la vita di coppia oppure rimanere un elefante che con le sue movenze e incurante di quello che trova sul suo percorso rischia di distruggere tutto.

 

C’è un evento, un festival – italiano o internazionale -–in particolare a cui vi piacerebbe partecipare?

Uno dei nostri sogni sarebbe suonare al Glastonbury Festival in UK, sono anni che ci proviamo facendo application ma la direzione artistica del festival sceglie solamente band UK. Speriamo che in futuro si presentino altre strade per poterci arrivare ma una cosa è certa, mai mollare.

FRANTIC FEST 2023: aggiunti i DOWNSET

Dopo un’attesa di quasi trent’anni, questa reunion sarà più che speciale. Hellfire Booking Agency annuncia i DOWNSET!

Spalleggiati dalla globalmente rinomata Nuclear Blast, i DOWNSET tornano sul campo con un hardcore old school di titanio, miscela di rap, hardcore punk e heavy metal che ha letteralmente sbaragliato le strade americane prima ancora che il genere esplodesse commercialmente. Con il primo album in otto anni «Maintain» come cavallo di battaglia, i DOWNSET sono pronti alla devastazione.

DOWNSET saranno in Italia per la prima volta in tre decenni questo agosto. Frantic Fest, preparati.

17/18/19 AGOSTO 2023 | FRANTIC FEST, FRANCAVILLA AL MARE
Contrada Valle Anzuca, 66023 Francavilla al Mare (CH)
Evento FB

Prevendite

LUDWIG lancia il nuovo singolo uptempo e sfida i tormentoni dell’estate 2023

LUDWIG

 

lancia il nuovo singolo uptempo

e sfida i tormentoni dell’estate 2023

 

LA STESSA COSA

fuori in radio e in digitale da venerdì 12 maggio

 

Ludwig alza ancora una volta l’asticella e questa volta alle porte della stagione più calda: venerdì 12 maggio esce il nuovo singolo LA STESSA COSA(distribuzione ADA Music Italy) – prodotto da Danuske CELO – che inaugura la nuova stagione live dell’artista romano.

Il brano uptempo, un concentrato di sonorità pop/dance e sfumature rock/punk, strizza l’occhio all’estate 2023 e ha tutte le carte in regola per essere il nuovo tormentone da vibes radio-friendly, che si appresta a scalare le classifiche dei brani più ascoltati nei prossimi mesi.

Tra amori estivi brevi e fugaci, senza romanticismi retorici La Stessa Cosa ci presenta un Ludwig più consapevole delle sue potenzialità musicali, che conferma ancora una volta di essere in grado di mixare suoni e atmosfere con una scrittura fresca e spensierata, per evocare storie di sentimenti liquidi, momenti vissuti a pieno tra notti che non hanno durata, sguardi adrenalinici e relazioni che nascono e svaniscono.

La Stessa Cosa sa di party in riva al mare, di ansie generazionali, di attimi effimeri che esplodono nei club; consapevoli che, al tramonto di un’altra estate, ci sarà un altro treno, un’altra corsa.

Scritto da Ludovico Franchitti, Francesco Sponta, Fabio Pizzoli, Maximilian Dello Preite e composto da Pietro Celona e Daniele Autore, nel brano hanno suonato Daniele Autore (chitarre), Pietro Celona (synth).

Classe ‘92, Ludwig (all’anagrafe Ludovico Franchitti) nasce a Roma, città dove attualmente vive. Inizia ad appassionarsi alla musica elettronica da giovanissimo e in poco tempo riesce a imporsi nello scenario live dei club romani più in voga, come opening e main guest. Nel 2018 è ospite di festival importanti, tra cui il Nameless, entrando nelle line up di rassegne musicali prestigiose in Italia; parallelamente all’attività live, porta avanti vari progetti di beatmaking per altri artisti. A dicembre del 2018 pubblica il suo singolo d’esordio Un po’ de que,conquistando l’attenzione e il supporto di alcuni nomi di spicco della musica attuale: è il suo primo lavoro cantato e prodotto in maniera indipendente, da cui si percepisce la vena creativa e le sonorità non convenzionali.

Il 2019 è l’anno della svolta, con il primo sold out registrato all’Atlantico Live – a cui seguirà poco dopo un altro tutto esaurito allo Spazio900, uno dei più noti locali capitolini – e il primo disco dal titolo “Curioso” (che contiene Un po’ de que e Domani ci passa).

A settembre del 2019 pubblica il singolo Weekend, che ottiene da subito ottimi riscontri dal pubblico, soprattutto su TikTok, conquistando una challenge in home page.

Risale a novembre 2019 la sua prima certificazione Oro dalla FIMI, con il brano Domani Ci Passa (che verrà certificato nel luglio 2020 come Platino dalla FIMI).

La pubblicazione della canzone Dopo Mezzanotte, con la produzione di DJ Matrix, sigla il primo contratto con la Warner Music Italy; un mese dopo esce la hit Courmayeur, in collaborazione con DJ Matrix, Gabry Ponte e Carolina Marquez, successo acclamato che piazza Ludwig tra i nuovi artisti dellaa scena della musica attuale mainstream. Il 2020 viene inaugurato da un altro sold out all’Atlantico Live; a maggio dello stesso anno Ludovico pubblica Boom Boom, hit scritta e prodotta durante la quarantena, dalle sonorità 2000s con i French Affairs My Heart Goes Boom; a luglio il singolo Non Spegnere la Musica, remake di Vamos a la Playa, sempre con DJ Matrix, a cui seguirà Adesso mi diverto, realizzato insieme a Cecilia Cantarano, e Partire, tormentone estivo che anticipa l’EP dal titolo “Neverland”, uscito il 25 Giugno 2021.

​Insieme a Gli Autogol, Arisa e Dj Matrix realizza il brano Coro Azzurro, che accompagna il cammino della nazionale Italiana durante il Campionato europeo di calcio nel 2023 e che viene presentato in diretta su Rai 1 in occasione del programma “Sogno Azzurro”.

Nel 2022 esce Super Cafoni, con Il Pagante e Piotta, remake della hit del 1999 Supercafone, che entra di diritto nella scaletta dei live di “Ludwig Summer Tour”, in Italia e in Europa, che conta oltre 50 date; nel frattempo esce una collaborazione importante: Tropicana, il featuring di Boro Boro, vero tormentone estivo che diventa l’inno dello storico locale di Mykonos, dove Ludwig si esibisce più volte nell’estate 2022. Chiude l’anno pubblicando a dicembre 2022 il suo singolo Ogni volta che ti penso. Attualmente Ludwig sta lavorando a una nuova produzione discografica, in attesa di tornare dal vivo quest’estate, con un fitto calendario di concerti in tutta Italia.

Tre Domande a: Iosonocobalto

Se dovessi riassumere la tua musica con un tre parole, quali sceglieresti e perché?

Insonnia, proprio come il titolo della terza traccia di Non avere paura del buio, perchè il modo in cui scrivo soprattutto i testi dei miei brani è frutto di un flusso di coscenza continuo, che non dorme mai.
Specchio, perchè sono la musica che racconto e la musica che racconti ti rappresenta e anche perchè cerco sempre di raccontare in modo che anche gli altri possano vedere nei miei brani il proprio riflesso.
Quadro, perchè il modo in cui interpreto la musica è prevalentemente immaginifico. Prima di dedicarmi completamente alla musica, dipingevo in senso letterale… Adesso è come se dipingessi con parole e melodie e io stessa fossi la tela bianca.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Se dovessi scegliere una canzone che rappresenta al meglio tutti i miei colori, sceglierei senza dubbio Non avere paura del buio che, non a caso, dà il titolo al mio primo album.

Non avere paura del buio racconta molto bene un tratto un po’ dualistico della mia personalità, nell’essere si leggera e spensierata, ma anche profonda e riflessiva. Racconta quanto io possa essere perseverante, testarda, racconta che sono tendenzialmente pessimista e questo mi porta ad avere delle paure che in realtà non mi appartengono, ed è questa consapevolezza a farmi trovare la forza di andare oltre.

 

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

Non so quale sia la cosa che più amo del fare musica, ma so che amo fare musica, di quel tipo di amore che ti fa sentire la mancanza quando pensi di averla persa o che sia finita. In qualche modo la impersonifico, è come un affetto a cui non posso rinunciare. Fare musica mi culla, mi abbraccia, mi emoziona, mi permette di mettere in ordine pensieri ingarbugliati. Quando sento l’esigenza di scrivere di qualcosa, il fatto di vedere le parole scritte nero su bianco e di dare loro vita per mezzo della melodia, mi dà la sensazione di vederle sotto un altro punto di vista, fuori da me, e mi aiuta a capirmi più a fondo. 

Tre Domande a: Henry Beckett

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Vorrei che chi si sente generalmente solo e in lotta perenne con le sfide necessarie a trovare il proprio posto nel mondo possa trovare la compagnia di una voce che racconta e vive situazioni simili. Lo immagino come un incontro casuale che può avvenire in un viaggio in solitaria mentre si riflette su se stessi ponendosi tante domande ma trovando poche risposte. Incrociare qualcuno con cui condividere alcune delle proprie preoccupazioni può essere un momento per sentirsi meno allo sbando, prendere un profondo respiro e trovare un po’ di forza per proseguire con più decisione. Vorrei che le mie canzoni riuscissero a essere questo anche solo per una persona. Un incontro simile è capitato anche a me quando a quindi anni ho iniziato a drogarmi di musica scoprendo tanti nuovi cantautori. È questo che mi ha portato a produrre la mia.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Some People Get Lost: è la più rappresentativa del mio presente, anche se l’ho scritta tanti anni fa. Parla di come ci si perda nel tentativo di riconoscere e trovare la propria natura e di come si debba sempre trovare la forza di rialzarsi ad ogni caduta, purtroppo inevitabile in questa ricerca. Ha la dimensione che più rispecchia il momento intimo in cui mi siedo a scrivere un pezzo e l’ho cantata come se il microfono fosse il mio orecchio a cui sussurrare di non arrendermi. Inoltre, per questo brano ho prodotto anche un videoclip con il regista Nicola Schito che mette in scena diversi personaggi che metaforicamente cadono e si rialzano. Lo potete trovare sul mio canale YouTube! 

 

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

Domanda molto difficile perché credere e investire in un progetto musicale a volte può portare a un totale esaurimento nervoso! Però se non ho mai smesso un motivo sicuramente c’è. Probabilmente la cosa che più mi carica è scrivere nuovi pezzi, trovando parole e frasi che non avrei mai pensato se non avessi abbracciato la chitarra. Ma anche gli step successivi per me sono magia, come quando entri in uno studio e insieme ad altre menti si arrangia e registra quella canzone, donandole un vestito che potrà indossare solo lei. E infine suonare con i miei musicisti, fare squadra, riuscire a condividere con loro gli alti e bassi e sentire di avere un sostegno su cui poter contare. E ovviamente dimostrare tutto questo sul palco in un live.

Tre Domande a: CATE

Cosa vorresti far arrivare a chi vi ascolta?

Emozioni, sia “belle” che “brutte”, se così sono definibili. Vorrei riuscire a far star malissimo chi ascolta brani come Stracci e La mia generazione, ma, soprattutto nel secondo caso, anche far riflettere chi non ha mai vissuto certe cose e accendere una lucina in fondo al tunnel a chi invece le sta vivendo. Far capire che non si è mai soli. Condividere il dolore. E condividere la gioia, l’amore. SMN ha la capacità di far rivivere a me in primis l’emozione fortissima che provavo prima di vedere la persona che amavo (nel mio caso in stazione) e spero che chi l’ascolta riesca a percepire almeno in parte quell’adrenalina e quella voglia di vivere che solo l’amore, secondo me, riesce a far provare. 

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Tra quelle uscite finora, sicuramente Manchi Tu, perché è la prima che ho scritto, e nonostante sia passato tanto tempo, quattro anni, è quella da cui è nato tutto. Anche per la scelta di pubblicarla piano e voce, che poi è come scrivo la maggiorparte delle volte. Mi ci sento più vera, più nuda, più io, nonostante la mia scrittura sia abbastanza diversa adesso. È la base, le fondamenta della persona e dell’artista che sono oggi. 

 

Quanto punti sui social per far conoscere il tuo lavoro?

La mia musica in realtà è nata sui social. Quando a 14 anni ho scritto la mia prima canzone, Manchi Tu, avevo una fanpage su Ultimo su instagram con un discreto seguito, su cui facevo spesso delle live in cui cantavo e suonavo le sue canzoni. Poi una volta provai a fare, appunto, Manchi Tu, e piacque molto. Da allora fino a quando non ho abbandonato quella pagina, ho sempre cantato e suonato i miei pezzi in live, è stato il mio primo pubblico. Tuttavia, non sono molto social. TikTok non lo so usare, sto iniziando adesso a fare qualcosina ma mi sento molto stupida. Instagram lo uso più per raccontare e condividere che per farmi conoscere. Per quello, parlo con la gente per strada e canto in giro. Letteralmente, fermo i passanti. Se fatto con un minimo di cervello e gentilezza, lo trovo molto carino, mi ha permesso di conoscere un sacco di persone interessanti e di ricevere dei feedback molto diversi. Non capisco quando e perché le persone abbiano smesso di parlarsi (ma questo è un altro discorso). Comunque, per quanto secondo me i social siano il mezzo più potente che abbiamo iniziato questo periodo storico, continuo a preferire la strada.

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