
I Hate My Village @ Locomotiv Club
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• I Hate My Village •
Locomotiv Club (Bologna) // 14 Febbraio 2019
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[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Anche questa sera, senza smentirsi mai, il Locomotiv Club di Bologna apre le porte per proporci suoni underground e d’avanguardia.
Un sipario rosso nasconde il piccolo palco già allestito e ad accoglierci è Stefano Pilia, chitarrista turnista live degli Afterhours, giocoliere di timbriche e di chiaroscuri elettronici. La sua performance è breve, totalmente strumentale e molto, ma molto sperimentale.
Della serie: o la ami, o la odi.
La chitarra è un pennello che disegna architetture sonore, che partorisce campionature improvvisate. Tutto si conclude con un applauso di apprezzamento del pubblico e lo show procede puntualissimo.
Poco prima delle 22.30 infatti entrano, acclamatissimi dal pubblico i fantastici quattro di questo super gruppo italiano, chiamato I hate my Village: Fabio Rondanini (batterista dei Calibro 35 e Afterhours), Adriano Viterbini (chitarrista dei Bud Spencer Blues Explosion), con la collaborazione della voce di Alberto Ferrari (Verdena) e Marco Fasolo al basso (anche curatore della produzione) presentano il loro album new born omonimo.
Potrei raccontarvi dilungandomi inutilmente riguardo la scelta del nome della band o delle palesi influenze della musica africana, ma la verità è che questi quattro talenti non hanno avuto altro intento che far convergere, come in un imbuto di idee, le loro virtù musicali e compositive in totale spontaneità.
Una tavola rotonda di suoni, ritmi, improvvisazioni e tanto divertimento. Un brain storming musicale.
Rito, tradizioni, ancestralità. Forse è proprio questo che Fabio & Co. vogliono andare a ricercare con questi suoni contaminati e innovativi che però non perdono affatto le loro radici, palesemente groove e psichedeliche.
Infatti, dopo tutte le recensioni lette, temevo di ascoltare qualcosa di molto lontano dalle atmosfere rock, blues, a cui le mie orecchie sono abituate. E invece mi sbagliavo: questa perfetta energia sonora è nuova, ma infallibilmente stimolante e per nulla deludente.
Anzi, insegna: insegna che non deve per forza esserci un testo da cantare, una canzone che si apre, che abbia un centro e poi una fine. Ci si sente in preda ad un ritmo tribale, ma psichedelico che scuote, elettrizza e coinvolge.
E tutto questo hanno saputo far trasudare questa sera a noi famelici e curiosi ascoltatori.
Non potrebbero attaccare con brano migliore di Presentiment, durante la quale è più facile muoversi che canticchiare e basta.
Loro suonano e si divertono: e si vede. La voce di Alberto Ferrari canta in lingua inglese e si mescola perfetta e distorta in I ate my Village.
Prima dell’ultimo brano, quasi ci spiazzano attaccando con la cover di Micheal Jackson “Don’t stop til you get enough”, ma a questo punto tutto il Locomotiv sta ballando insieme a loro, la condivisione è totale e l’atmosfera primitiva dei primi brani lascia spazio ad una originalissima ballad senza tempo.
SETLIST
PRESENTIMENT
TRUMP
ACQUARAGIA
FARE UN FUOCO
I ATE MY VILLAGE
ELVIS
FAME
BAHUM
KENNEDY
TONY
COVER (DON’T STOP TIL YOU GET ENOUGH)
TUBI INNOCENTI
Grazie a Fleisch Ufficio Stampa[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo e Foto: Valentina Bellini
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Stefano Pilia
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Bologna, fleisch, i hate my village, Live, locomotiv club, Music