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Soap&Skin @ Barezzi Festival

Location

Teatro Regio (Parma)

Data

15/11/2025

Un sabato pomeriggio, di novembre, a Parma, piove ed i 1200 posti del Teatro Regiosono in gran parte occupati per il concerto di Soap & Skin al Barezzi Festival. Mi accomodo col mio bel biglietto “da poveri” nel loggione, altresì noto come “piccionaia”, così chiamata per via della rumorosità del pubblico che vi si trovava, a differenza della più nobile ed educata aristocrazia dei palchi e della platea.

Ed invece dalle 18 precise orario di inizio concerto alle 19:30 passate, quando si spengono le ultime note di Boat Turns Towards the Port, il silenzio estasiato del pubblico risulta essere il più chiaro e lampante giudizio sull’esibizione dell’artista austriaca.

Dopo la data di Milanoero uscito con qualche perplessità, a dire il vero, in quanto il live, pur di altissimo livello e ovviamente incentrato per lunga parte sull’ultimo lavoro di sole cover (Torso, NdA), specie nella seconda parte aveva fatto ricorso in misura un po’ troppo invadente di basi, di “non suonato live”, il che mi strideva soprattutto per la presenza sul palco di un quartetto composto da due archi e due ottoni che per il resto del tempo avevano creato vera magia.

Il concerto di ieri invece, nonostante ricalchi quasi fedelmente la scaletta dell’ultima volta, fatta eccezione per l’ordine di alcuni brani e l’assenza di Goodbye, ha dissipato dubbi e perplessità, mi ha mostrato come Anja sia genuinamente se stessa sia quando ti dilania interiormente al piano, come in The Sun (ahimè l’unico brano in scaletta tratto da quel capolavoro che è Lovetune For Vacuum), sia quando fa vorticare nell’aria quelle lunghe braccia, ballando in maniera così sincera e libera Girl Loves Me. Di momenti alti ce ne sono davvero molti, dalla delicatezza di Mystery Of Love, alla poesia di God Yu Tekem Laef Blong Mi, che poi la sua capacità di saltare con assolutamente nessuna fatica dal Tom Waits più puro di Johnsburg, Illinois alla ribaltata Mawal Jamar di Omar Souleyman è una caratteristica che me la fa apprezzare ancora di più, se possibile.

Come se il nostro cuore non fosse già colmo di tanta bellezza sul finire del live la mia austriaca preferita piazza una Pale Blue Eyes molto distante da come era stata realizzata da Reed e compagni, ma alla quale dona un arrangiamento spettacolare, con un crescendo mozzafiato che accompagna l’ormai classica discesa in platea di Anjaa donare fiori a pochi fortunati presenti. Il secondo encore invece parte con Stars, pescato dal repertorio (oltremodo sottovalutato) di Janis Ian e si conclude con l’immancabile Boat Turns Toward The Port, brano di struggente bellezza, sulla cui coda strumentale, eseguita dal resto della band, Anjasi accomoda, schiena poggiata al piano, seduta a terra, a godere di un momento di estatica meraviglia.

Alberto Adustini