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VEZ5_2023: Massimiliano Mattiello

VEZ5_2023: Massimiliano Mattiello

| Massimiliano Mattiello

Il 2023 è stato un anno che non ha affatto tradito le attese (e d’altronde non sapremmo nemmeno perchè avrebbe dovuto), molti i dischi splendidi usciti, sia in Italia che all’estero.
In redazione, anche questa volta, abbiamo preso molto seriamente la nostra tradizionale TOP 5, ripassando mese per mese questo anno in musica, temporeggiando fino all’ultimo per vedere se ci fosse la possibilità di inserire qualche nuova entrata dicembrina.
E quindi ecco qui, i cinque nomi che hanno colto la nostra attenzione mentre eravamo indaffarati a fare altro, quelli che ci hanno più emozionato, o fatto divertire, saltare o riflettere, o perchè no, strapparci un sorriso o farci scendere una lacrima.

Squid O Monolith

La geografia musicale degli Squid è sempre stata poco convenzionale, ma nel loro secondo album, O Monolith, riescono a concepire pezzi in forma canzone e farli suonare come suite d’avanguardia. I paesaggi post-punk psicanalitici del loro sound, contaminati da reminiscenze new jazz, hanno occupato uno territorio unico, strano, affascinante e imponente.
Dopo un EP e un esordio, per usare un eufemismo, sorprendenti, cambiano per rimanere se stessi, in circa 42 minuti di musica che suona come un incubo post-radioheadiano, coerente e concettualmente solido. 
Il loro, lo possiamo considerare a tutti gli effetti un gattopardismo fine ad una continua e costante ricerca.
La loro nevrosi artistica è un flusso vorticoso che passa dal sound apocalittico e schizoide dei Radiohead alle nevrastenie bizzarre dei Talking Heads. Inoltre, non possiamo non notare come qui sia di casa il prog nella sua accezione più artistica, spesso e volentieri nemica dei proghettari più indomiti. Ma non ce ne importa.
La costante rimane l’imprevedibilità poliritmica, vera e propria cifra stilistica della band, che in questo caso (chi l’avrebbe mai detto), va a miscelarsi con frangenti downtempo. Questa coniugazione determina la rotta verso un incastro che sa di dadaismo disciplinato e psichedelia alla King Crimson (non mancano cow bells, vocoder, tastiere, tromba, effetti cibernetici assortiti e altre diavolerie). Ma sopra ad ogni cosa, si avverte un dialogo aperto di musica fatta tra amici, in un’evocazione dell’habitat domestico. Che poi la questione forse non è altro che gli Squid sono ben oltre le banali contaminazioni e le singole parti che compongono il tutto. Sono, con grande evidenza, la somma dell’idea di gruppo nella sua forma piu nobile.  

Traccia da non perdere: Swing (In a Dream)

Radian Distorted Rooms

Il trio ha una visone sonora stratificata definita nei minimi dettagli, ricca di dinamismo e silenzi. La loro musica lavora soprattutto su reiterazioni, microtonalità, effetti sonori e gioca molto con le dinamiche e gli strumenti dello studio di registrazione. Un esempio della loro attitudine è riscontrabile infatti nei gesti più semplici in studio, come l’accensione di un pedale, il rumore dei plettri o l’enfatizzazione del sibilo dell’elettricità statica degli speaker di un amplificatore. Grazie a questa vasta libreria sonora, i pezzi vengono modellati arrangiando e sovraincidendo queste microstrutture.
In queste sei stanze distorte, i tre elaborano suoni spesso anche minimi e manipolano una materia spigolosa e altrettanto nebulosa, sospesa, creando un suono emotivo e imprendibile che va ascoltato prestando la massima attenzione. 
Il titolo del primo brano, Cold Suns, “soli freddi” è un ossimoro che identifica un disco che a primo approccio può essere respingente, ma ad un ascolto paziente può stregare per una musica in filigrana dal suono estremamente raffinato. 
Trattasi di texture che emergono da quando i suoni si fanno particolarmente profondi in atmosfere dubstep, a quando lambiscono ritmi senza peso e quasi sbilenchi che miracolosamente rimangono sempre in piedi. 

Traccia da non perdere: Cold Suns

Algiers Shook

Non c’è nulla di scontato, in Shook, a partire dalla copertina. Il quarto album degli Algiers, tratta ben diciassette brani ed è preceduto da un lavoro di difficile assimilazione. Per non bastare si somma anche la lunga lista di collaborazioni.
Insomma, ci sono tutti i presupposti per avvicinarsi intimoriti e scettici al primo ascolto.
Al contrario invece Shook è un disco più inclusivo che spiazzante, che onora il concetto di collettivo tanto caro alla band e il contributo degli ospiti è funzionale ad un percorso sonoro caratterizzato da riff incandescenti, sample old-school e linee digitali tenebrose.
Il post-punk con influenza soul e filo-industrial del passato amplia il campo ad una violenta narrazione che mette in fila alt-rap, coralità gospel, urban ed elettronica, ma anche intramezzi blues, trip hop, scorie dub, cosmic jazz e influenze arabe.
In questo inatteso festival degli eccessi si esalta, nei testi, la riaffermazione della natura politica della loro musica.
Shook è un disco coraggioso dove versatilità e deflagrazione creativa sono domate alla perfezione dalla band e trovano riscontro in un caleidoscopio di suoni intriganti, ricco di energia, da cui ne ricaviamo un’infinità di suggestioni.

Traccia da non perdere: Irreversible Damage

ANOHNI and the Johnsons My Back Was A Bridge For You To Cross

ANOHNI ci ha abituati a comprenderne la sua toccante universalità e potenza emotiva attraverso la dolcezza e compattezza della sua voce. Parliamo dei suoi cantanti con diversi gradi di astrazione e angelicità, a volte riscontrabili in pezzi affini ad una preghiera laica. La sua musica, il suo modo di interpretare, hanno sempre raccontato una tensione irrisolta tra carne e spirito.
Come in altre occasioni, questo album parla, con il linguaggio della musica soul (un soul malinconico e onirico al tempo stesso), di diritti e identità e del senso di disperazione e smarrimento che attanaglia i nostri giorni, in un mondo ormai ferito e devastato da pregiudizi, violenza, oppressione, abusi e razzismo.
ANOHNI tratta questi temi in modo terribilmente onesto, e forse estremamente spiacevole, facendoci fare i conti con questi problemi mastodontici. Tuttavia in questo disco, l’angoscia non finisce per avere il sopravvento, ma riapre in parte alla speranza, abbracciando con fare consolatorio chi lo ascolta, anche attraverso sonorità più dense e pluridimensionali. Ma il vero miracolo di ANOHNI è di aver trasformato, in questo disco, un tal manifesto ideologico in un coinvolgente insieme di canzoni, probabilmente meno insolite e più canoniche del passato, ma indubbiamente travolgenti nella loro matrice cosmic-soul, jazz e blues.

Traccia da non perdere: Sliver Of Ice

Esben and the Witch Hold Sacred

Hold Sacred è il loro sesto lavoro in studio e arriva cinque anni dopo Nowhere del 2018. 
L’album è un lavoro coraggioso, perché è difficile fare sintesi musicale riuscendo comunque ad esprimere con forza e chiarezza un tormento di fondo. Non è con suoni taglienti che si muovono gli Esben and the Witch, ma bensì con un approccio quasi meditativo, che scorre tra i frangenti più minimali dei Low e Julien Baker
I brani traslano tra lo shoegaze più minimale (A Kaleidoscope), il neo-folk (The Well) e lo slowcore (Fear Not). 
In Hold Sacred, la quasi completa assenza di percussioni viene sostituita da un’ elettronica eterea, chitarre esili e bassi pulsanti. Parliamo di una sorta di esperienza spirituale, come un’immersione in un misterioso prontuario di preghiere. 
Da indiscrezioni di stampa, sembrerebbe che questo possa essere il loro ultimo disco. L’unica cosa certa è che da queste tracce si capisce chiaramente che proteggere ciò che si ritiene sacro per gli Esben and the Witch significa innanzitutto preservare la loro musica. 

Traccia da non perdere: True Mirror

Honorable mentions

Gazelle Twin Black Dog
Non è facile decifrare questo disco in un quadro preciso: suadenti vocalizzi sono ritmati o interrotti dal dispiegarsi di effetti elettronici e suoni che a volte ricamano e arricchiscono a volte distruggono e spiazzano. Ne deriva un affascinante lungo incubo. 

Colin Stetson When We Were That What Wept For The Sea
In When We Were That What Wept For The Sea Colin Stetson riaggiorna, con perizia tecnica inimitabile, le melodie circolari dettate dal ritmo dei tasti del sax. In un alternarsi di pause ed esplosioni, che tengono alta la tensione e l’attenzione, il musicista americano ci regala una musica la cui fisicità è talmente intensa che si manifesta devastante.

Emidio Clementi / Corrado Nuccini Motel Chronicles 
Lontano dal mero didascalismo, in un frangente storico in cui la componente sonora va fondendosi sempre più di frequente con la letteratura, Clementi / Nuccini aggiungono qualcosa in più con Motel Chronicles. Trattasi di un disco ove frammenti di narrazione si trasformano in un’esplosiva esperienza filmica.

SQÜRL Silver Haze
Una grande varietà stilistica che regala sonorità tra post-rock, kraut, ed elettro-ambient su un tappeto di distorsioni.  
“Un viaggio poetico che culla l’ascoltatore con una calda oscillazione tanto delicata quanto devastante allo stesso tempo”.

Daniel Blumberg Gut
Parliamo di un singolo flusso di trenta minuti che racconta la forma sperimentale del disco e ci accompagna in un autentico commovente percorso dentro la psiche di Daniel.