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Il pop camuffato dei Leatherette

Il pop camuffato dei Leatherette

| Alberto Adustini

Non sono molte le band che sono capaci (o abbastanza folli) da pubblicare due dischi a distanza di un anno uno dall’altro. I Leatherette appartengono a questa categoria, anche se come ci tengono a precisare, col loro nuovo Small Talk hanno cercato soprattutto di sfuggire a qualsiasi tipo di etichetta. 
Li abbiamo raggiunti in quel di Bologna per una chiacchierata dai mille spunti.

Cominciamo subito chiedendovi come mai, dopo un solo anno dal vostro precedente lavoro, avete deciso di tornare in studio? Come mai tutta questa fretta, contro i dettami dell’industria musicale, con i suoi tempi, le sue scadenze? Voi invece ve ne siete fregati e avete sfornato quello che è a tutti gli effetti un “discone”.

“Beh innanzitutto grazie! Poi la rigireremmo così la domanda, ovvero che per noi è passato “addirittura” un anno. La realtà è che ci rompiamo le palle molto rapidamente, siamo un pò incontinenti. No, seri, la realtà è che i pezzi del nostro primo disco, Fiesta, erano piuttosto datati, venivano addirittura prima di quelli dell’EP, per cui avevamo già un sacco di materiale già pronto per cui abbiamo detto tentiamo, dai, non ci andava di stare lì a fingere di dover aspettare qualcosa.”

Ricollegandomi a quello che avete detto vi faccio due domande allora. La prima è se alcuni brani erano già esistenti dai tempi di Fiesta o è tutto materiale praticamente nuovo. La seconda domanda invece è se questa urgenza di uscire col disco nuovo possa essere in qualche modo collegata a questa necessità, a questo desiderio di togliersi di dosso qualche etichetta che vi era stata data.

“Avoja! Hai centrato in pieno il punto. Una delle cose che abbiamo un po’ patito è stato proprio il fatto di ritrovarci diciamo incanalati in un determinato genere, chiamalo post punk. Diciamo che è un’etichetta che ci è stata da subito un po’ stretta e i pezzi nuovi che abbiamo scritto hanno una forza centrifuga che vanno a spaziare al di fuori di questa etichetta. Ci siamo infatti divertiti molto a registrarlo perchè siamo riusciti ad esplorare sonorità diverse, a dare spazio a nuovi tipi di percorsi musicali che non avevamo ancora intrapreso. I pezzi, per tornare alla prima domanda, sono tutti nuovi. Alcuni addirittura li abbiamo arrangiati proprio in studio perché non ce li avevamo ben in mente nemmeno noi. 
E comunque diciamocelo, quando suoni dal vivo molto spesso, alla fine suonare sempre le stesse robe, la stessa scaletta, ti aumenta la voglia di preparare qualcosa di nuovo.”

Trovate sia corretto sostenere che Fiesta e Small Talk siano due dischi profondamente diversi?

“Sì, senza dubbio. Sono stati concepiti in maniera totalmente diversa e crediamo sia quello che risalta di più. Poi c’è da dire anche che Fiesta, nel bene o nel male, non suona come noi ci sentiamo di suonare normalmente dal vivo, quindi questa volta abbiamo deciso di fare in presa diretta e di somigliare un pò di più a noi stessi.”

Com’è il vostro rapporto con la Bronson Recordings e con Cris Angiolini?

“Ci vogliamo bene, è il nostro paparino lui. Ogni tanto ci dice bravi, ogni tanto ci cazzia. Un po’ il bastone e la carota. Però ci crede molto e ci sprona in continuazione.”

Come mai Small Talk?

“Ci credi che questa per assurdo è la domanda che non ci fanno mai, quindi grazie. Diciamo che il processo che ci ha portato a questo titolo è un pò strano. All’inizio eravamo di un’altra idea, da tanto, però poi abbiamo finito per scartarla e quindi ci siamo trovati un pò spaesati. Abbiamo quindi iniziato a ragionare, anche in maniera ironica, su quello che significava questo disco per noi. Se vuoi anche un pò in contrasto con quello che era Fiesta ed il suo stile un pò caciarone, anche graficamente, qui ci siamo accorti di dover in qualche modo diventare grandi, adulti, e ci siamo quindi immaginati come fossimo in un ufficio, quasi fossimo, in maniera autoironica, degli impiegati della musica.”

In una vecchia intervista ci era piaciuto un passaggio che, cito testualmente, “mi piace l’idea del pop sotto mentite spoglie”. 

“Diciamo che è un’idea che ci accomuna un po’ tutti, ovvero quella di scrivere delle canzoni vere e proprie, con delle melodie ed una struttura, e poi in qualche maniera distruggerla, quindi creare quella tensione tra ciò che ha una struttura che viene poi “smaciullata”.”

Entrando più nello specifico delle dodici tracce che compongono Small Talk ci dite come nascono, perchè ci sono due brani chiamati Ronaldinho e Ronaldo?

“Allora Ronaldo è nata per uno stupidissimo gioco di parole, ovvero stavo ascoltando i Cap’n’jazz, quando dicono “Oh, messy life”, quindi vita incasinata ma anche il giocatore e poi perchè comunque siamo dei grandi fan del name dropping! E poi perchè il calcio di suo è una small talk!”

Quali sono i pezzi che preferite del disco?

“Mmm, direi che Ronaldo e Isolation piacciono un po’ a tutti quanti. E poi diciamocelo, son tutte belle!”

Va bene ragazzi, direi che siamo arrivati alla fine. Noi vi ringraziamo della simpatia e della disponibilità, e nell’attesa di vedervi al più presto dal vivo vi salutiamo.

“Ciao a voi e grazie!”

Grazie a Radio Quar per la gentile collaborazione
Foto di copertina: Silvia Violante Rouge