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I Voina, maestri del Kintsugi per dare valore alle nostre crepe

I Voina, maestri del Kintsugi per dare valore alle nostre crepe

| Alberto Adustini

Sono tornati i Voina, e lo hanno fatto alla grande, con un nuovo disco appena uscito, irruento, diretto, rock e sincero, come è solita essere questa band abruzzese, che dopo oltre dieci anni di carriera ha ancora voglia di portare in giro per l’Italia la sua energia e il suo amore per la musica.

Abbiamo fatto due chiacchiere con Ivo Bucci, voce dei Voina.

Ciao Ivo, innanzitutto grazie della disponibilità. 

“Grazie a voi.”

Allora inizierei subito con una domanda difficile, se sei d’accordo. Cito dalla vostra pagina Facebook sul post di lancio del vostro nuovo disco: “un inno alle cose rotte e a come glorificare i propri errori e incidenti” per cui ti chiedo intanto quali siano le cose rotte alle quali fate riferimento e se alla fine è sempre giusto o necessario ripararle (Kintsugi, il titolo del disco, è letteralmente una tecnica di restauro ideata alla fine del 1400 da ceramisti giapponesi per riparare le tazze in ceramica per la cerimonia del tè, NdA)?

“Beh, le cose rotte sono riferite alle nostre fragilità e insicurezze e diciamo che per il nostro benessere, se non proprio aggiustate, diciamo che vanno trattate, lavorate. Però forse quello che questo disco cerca di spiegare è che queste cose rotte, queste fragilità, sono importanti, sono parti di noi. Viviamo in una società che tendenzialmente cerca di nasconderle, portandoci a voler mettere in mostra solamente la nostra parte bella. Il kintsugi invece è l’opposto, quando noi ci rompiamo e reincolliamo diamo valore proprio alle crepe.”

E nel percorso dei Voina ci sono queste crepe?

“Il disco in effetti è proprio dedicato alla band, non perché siamo passati attraverso a chissà quali tempeste, però se pensi ad una band che nasce in provincia, sotto il segno e il sogno dell’indie vecchia scuola, quello del DIY, attraversare dieci di musica nei quali è cambiato tutto, dal covid alle crescite personali di ciascuno di noi, le difficoltà quindi del far convivere le nostri parti giovanili con quelle adulte, e in questo senso è proprio un voler ogni volta ricostruirsi, mettendo di volta in volta in mostra queste ferite.”

Se volessimo trovare un denominatore comune che possa fungere da unione tra le varie tracce del disco?

“Bah, è difficile. È un disco che segna un po’ un ritorno al passato, in quanto siamo tornati a registrare in presa diretta dopo tanto tempo, disco scritto tutto in sala prove, per cui forse per questo si potrebbe usare il termine maturità.”

Visto che hai toccato l’argomento ti volevo chiedere appunto a livello di registrazione e realizzazione, dato che è il primo disco che fate con Andrea Di Giambattista dietro al mixer, un nuovo studio di registrazione, insomma come è andata la realizzazione di Kintsugi anche in relazione a questo cambio di rotta.

“Guarda ci eravamo accorti già ai tempi in cui abbiamo registrato Ipergigante, grossomodo nel 2020, che ci stavamo abituando a lavorare come si lavora oggi nella musica, ovvero in modo abbastanza solitario, cioè uno scrive qualcosa, la manda a qualcun altro, e invece volevamo tornare un po’ alla base del rock, della sala prove, registrare in presa diretta, è stata proprio una scelta direi stilistica.”

I brani del disco sono tutti recenti o avete anche recuperato qualcosa che avevate lasciato per strada?

“In Abruzzo si dice “del porco non si butta via niente”, per cui sì, per alcuni brani abbiamo recuperato qualcosa, per esempio Mal di Gola è un brano che avevo scritto qualche anno fa e che avrei voluto sempre inserire nel disco ma non trovavamo mai il vestito migliore… che poi si è rivelato essere quello più semplice, chitarra e voce.”

C’è qualche brano del disco che è risultato più ostico da realizzare? E ce n’è uno a cui sei legato in particolar modo?

“Un brano su cui abbiamo lavorato tanto perché non riuscivamo a trovare la quadra è Fortini, che è la ballad, diciamo così. È quello che ci ha dato più problemi ma che adesso in realtà ci sta dando più soddisfazioni. Brani preferiti… probabilmente Mal di Gola, un brano che avevo scritto pianoforte e voce, e ci tenevo a fare in modo che rimanesse molto semplice, e per come è finita nel disco rende l’idea dell’intimità che volevo trasmettere.”

Quanto secondo te in Kintsugi riflette il momento attuale che stiamo passando, politicamente, socialmente, economicamente… voglio dire, è un disco che rispecchia il tempo in cui viviamo o se fosse stato scritto dieci anni fa o tra vent’anni sarebbe suonato uguale?

“Dal punto di vista testuale è un disco che ne risente molto, del momento intendo, e credo sia uno chiaro segnale di maturazione, almeno per quanto mi riguarda. Nei dischi precedenti i testi erano più adolescenziali, più introspettivi. In questo invece non direi che c’è una critica sociale chiara ma il disagio è rivolto verso il fuori.”

Ti dico, avevo avuto questa impressione soprattutto in Che Vita di Merda, il cui testo è molto diretto, forte, e molto bello per altro.

“Sì sì, direi che hai colto sicuramente. È qualcosa che infatti percepisco come un’evoluzione della band, una maturazione.”

Sempre riferito ai testi, normalmente li scrivi dopo aver sentito le parti strumentali o qual è il tuo modus operandi?

“I testi li scrivo anche senza la musica, magari ascoltando anche altra musica, e poi solitamente tiro giù qualche melodia, un riff, che è un punto di partenza sul quale si lavora poi.”

C’è stato qualche ascolto, qualche band, che hai ascoltato di recente che in qualche modo credi possa aver influenzato la tua scrittura?

“Se dovessi dire un nome, credo ti direi i Fontaines D.C. e il disco Skinty Fia, un disco molto bello complesso, e lui (Grian Chatten, NdA) è un autore di altissimo livello.”

Un’ultima domanda in merito al tour, che se non ho letto male è in partenza a breve.

“Sì, iniziamo il 1° Marzo da Pescara, in casa, poi una decina di date abbastanza raccolte e quest’estate sicuramente faremo qualche altra data, però ecco, non possiamo più fare sessanta date sennò mia moglie mi caccia di casa!”

E a ragione! Va bene, io ti ringrazio molto per il tempo che ci hai dedicato, e in bocca al lupo per il tour!

“Grazie a voi, a presto.”