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Deerhoof @ Locomotiv Club

Location

Locomotiv Club (Bologna)

Data

13/02/2024

Sono otto, forse dieci gli anni trascorsi dall’ultima visita in Italia dei Deerhoof. O così almeno sostiene Greg Saunier, in una delle sue sortite al microfono, probabilmente un escamotage per “tirare il fiato” tra una sessione e l’altra dalle furibonde scorrazzate dietro alla sua batteria minimale. 

È un Locomotiv pieno ma non pienissimo quello che accoglie la band di San Francisco nella sua tappa bolognese di un intenso tour europeo, a presentare, ma anche no in realtà, il diciannovesimo disco in studio, in quasi trent’anni di carriera. 
E, per inciso, il primo cantato totalmente in giapponese.
Il che fa un po’ strano, essendo Satomi Matsuzaki, voce e basso, nella band praticamente dal giorno zero.

In effetti però di ordinario, prevedibile, canonico, scontato, pronosticabile, nella carriera dei Deerhoof c’è poco o nulla. E dal vivo la sostanza non cambia. Anzi, se possibile si amplifica.

I quattro (oltre ai già citati Greg Saunier e Satomi Matsuzaki ci sono le chitarre di John Dieterich ed Ed Rodriguez) portano sul palco un’ora e mezza letteralmente debordante. Ed il termine non è usato a caso perché veramente il suono dei Deerhoof si fatica a contenerlo, ad indirizzarlo, un profluvio di note, parole, rumori, arpeggi, accordi, ritmi da uscirne pazzi. 
È un tumulto di squilibrio e instabilità, in certi momenti l’impressione è di sentire, racchiuse in un’unica portentosa entità (tipo Goku che si fonde con Vegeta), Captain BeefheartDon Caballero e boh, dico i Boredoms.

Il mio sguardo inebetito dalla bellezza del baccanale che sta andando in scena, si sposta da una parte all’altra del palco, dall’indemoniato Saunier, tarantolato e inesauribile sulla destra, al lato opposto, dove alberga la misura e la compostezza di Satomi.

Nel mezzo Ed e John in una sorta di trance, regalano passaggi di difficoltà clamorosa, ora intrecciando a velocità inimmaginabili scale ed arpeggi ora dedicandosi a feedback e distorsioni prettamente noise.

Difficile trovare qualcosa che non vada in una serata così, ed infatti non c’è.
C’è la gratitudine per esserci stati, quella sì.
E la curiosità per vedere come potrà il prossimo concerto che vedremo essere migliore del precedente.
Che è ciò che anima la nostra voglia di live.

Alberto Adustini