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Slam Dunk Italy 2025

Location

Kozel Carroponte (Milano)

Data

02/06/2025

Foto di

Luca Ortolani

Appartenenza: in matematica, la relazione che sussiste fra un elemento di un insieme e l’insieme stesso. Appartenenza: da Treccani, far parte di un corpo, un’organizzazione, di una categoria sociale.

Il pubblico dello Slam Dunk significa questo, unirsi una giornata per un festival sotto la stessa musica, sotto le stesse idee, lo stesso abbigliamento. Un paio di vans basse, calzettoni alti, magliette di band (e non è obbligatorio che suonino la stessa sera). Festival del genere, oltre alla musica in sè, servono anche come raduno per sentirsi parte di qualcosa. Il Kozel Carroponte di Milano ha l’atmosfera giusta: industriale, ma con grandi prati verdi che contrastano il gigantesco, appunto, carroponte posto sopra i due palchi. Due palchi su cui si esibiscono dieci band di spessore.

L’evento si apre con una band italiana, gli Hopsidian, che riescono ad introdurre bene il pubblico al festival anche se probabilmente si sarebbero trovati più a loro agio sul palco secondario, considerando la loro poca dinamicità. Ovunque c’è gente che balla, poga, canta, suda, insieme. Ecco che lo Slam Dunk diventa, di nuovo, un luogo sicuro in cui poter essere sé stessi e divertirsi, senza doversi preoccupare di chi è intorno. Non sono sicuramente mancati i moshpit, ovvero cerchi che si creano in mezzo al pubblico dove la gente si scatena, e altri balli di gruppo, in un’atmosfera che diventa sempre più familiare. 

Dopo una breve pausa è il momento dei Neck Deep. Il gruppo, considerato uno dei pionieri del pop punk revival, si esibisce quasi con dolcezza. Fra melodie pop punk distorte e una voce bella e riconoscibile anche i Neck Deep fanno immediatamente breccia nel pubblico. Sul palco secondario, invece, suonano gli Stain the Canvas, seconda e ultima band italiana che grazie ad una bellissima presenza sul palco e ad un’interpretazione metalcore fresca ed originale, tengono il pubblico incollato fino all’ultimo minuto, fra pogo, urla e corna in aria.

Concluso il live degli Stain the Canvas, l’attenzione si sposta sul palco principale con i Landmvrks, gruppo metalcore francese che rinnova le classiche basi metal con influenze di batteria rap e qualche strofa rappata. Il gruppo riesce a portare sul palco un’energia unica, probabilmente grazie anche a testi a tratti violentemente introspettivi, in grado di creare un buco nello stomaco dell’ascoltatore. Forse appartenenza significa anche questo: condividere insieme anche le parti più dolorose.

Gli Ataris, sul palco secondario, infondono un’energia profonda e un dinamismo senza precedenti che ipnotizza il pubblico, soprattutto la vecchia guardia, affezionatissima al gruppo per successi come San Dimas High School Football Rules e So Long, Astoria

Il festival prosegue con The Used sul palco principale: energici ed esplosivi, riescono a far divertire il pubblico, senza però dimenticare spunti di riflessione importanti come l’attenzione ad un mondo più pacifico, senza guerre e conflitti, spostando i riflettori sulla questione palestinese. Forse appartenenza significa anche questo: ricordarsi di chi è meno fortunato, e se possibile, aiutarlo.

Ci si sposta di nuovo sul palco secondario con gli Zebrahead, probabilmente la band più energica e a contatto col pubblico di tutto l’evento: oltre ad un’impeccabile esibizione a livello tecnico, gli Zebrahead parlano col pubblico, li invitano a ballare e a saltare sul palco, lanciano plettri, abbracciano i fan e, in maniera assolutamente tranquilla, mescolano e bevono cocktail da un piccolo bar allestito sul palco.

Dopo i The Used, i due palchi vedono i Caskets, band post hardcore che rapisce il pubblico grazie alle loro melodie impetuose e i New Found Glory, che portano sia i loro classici di repertorio che le loro cover più famose, permettendo a tutti di godersi l’ultima esibizione prima della punta del festival. 

Un live degli A Day To Remember è l’esatto specchio dei loro lavori in studio: dinamico, stravagante, imprevisto, divertente ed emozionante. Chiaramente, in linea con il festival, non è mancato il pogo e balli vari, ma non sono mancate nemmeno lacrime per i più affezionati e sorprese sceniche come coriandoli, fiamme, palloni da spiaggia da far rimbalzare via in mezzo al pubblico e, per quanto surreale, Super Mario sul palco che lancia magliette con una pistola.

Insomma, eventi come questi sono un’occasione in più per appartenere, per sentirsi parte di qualcosa senza forzare nulla; occasioni per essere sé stessi, per essere ancora una volta giubbotto di pelle in un mondo che ti vuole sempre di più camicia.

Riccardo Rinaldini