Il Bronson di Ravenna, familiare e instancabile covo della musica dal vivo romagnola, ospita una delle band più raffinate e affascinanti dell’indie rock dei primi 2000: si tratta de The Veils. Tornano dopo tanti anni e il soldout di Ravenna è solo una delle quattro date che la band neozelandese ha riservato all’Italia per promuovere la loro ultima fatica e settimo album Asphodels.
L’opener non si presenta, pare per motivi di salute, e il locale gremito aspetta in trepidazione da davvero tanto tempo, quando sulle 22 i cinque membri fanno il loro ingresso e Finn Andrews, completo scuro e capello a tesa larga, prende posizione alla tastiera sfoggiando un sorriso emozionato.
Mortal Wound, con le sue prime note al piano, definisce già l’animo evocativo, poetico di questo album e delle performance che ci attendono. Attorno a me i fan storici fremono, cantano a memoria e alzano i telefoni per catturare il ricordo di un esordio intenso.
Le armonizzazioni, delicate ma incisive, sono curate dal bassista e dal violinista, che apportano maggiore forza emotiva alle melodie dolci e drammatiche.
La band mostra versatilità sul palco, sono quasi tutti polistrumentisti: mi balza all’orecchio un suono distorto che sembrerebbe provenire da un sintetizzatore o da una chitarra, ma si rivela essere il violino. Il brano Swimming with Crocodiles porta con sé una ritmica più vivace che scuote il pubblico. Il violinista qui cambia giocattoli e mette mano al tamburello e alla tastiera effettata. Ma già in Everybody Thinks the End is Here passerà alla chitarra acustica.
Poi è il momento della nuova title-track, Asphodels. Il tono si fa più delicato, quasi sussurrato. Una canzone che sembra uscita da un sogno, un viaggio solitario attraverso una campagna desolata, dove ogni parola è un pensiero lontano, trasmesso attraverso la voce calda e avvolgente di Finn Andrews. Il pubblico sembra trattenere il respiro, in una connessione silenziosa con l’artista che non lascia spazio ad alcuna distrazione.
Una nota più blues con percussioni incalzanti e una strabiliante interpretazione vocale giunge con la storica Jesus from the Jugular. Ma è quando Finn, solo sul palco, imbraccia la chitarra acustica per la celebre Lavinia, che la voce risulta davvero al centro. Calda e confortante, non ha bisogno di altro se non di un semplice accompagnamento. Mi sono chiesta per tutta la serata chi mi ricordasse quella voce, ma la verità è che forse non assomiglia a nessuno.
Il resto della band ritorna sul palco e Finn chiede al pubblico come procedere con i brani: viene scelto Axolotl. Qui veniamo inondati dalla furia di Finn, che pare inveire, incazzato, contro gli accordi minacciosi del piano.
La serata si conclude con Nux Vomica, brano che meglio esprime la forza dei cinque membri insieme. Dopo una crescita graduale, una chiusura netta, che non lascia nulla in sospeso, ma che, al contrario, restituisce tutto: la potenza, la poesia e l’intensità di un live che non si dimentica.
Setlist
Mortal Wound
The Dream of Life
The Ladder
O Fortune Teller
Swimming With the Crocodiles
Birds
Not Yet
Here Come the Dead
A Birthday Present
Asphodels
Rings of Saturn
Concrete After Rain
No Limit of Stars
Sit Down by the Fire
Jesus for the Jugular
Encore
Lavinia
The Tide That Left and Never Come Back
Axolotl
Nux Vomica
Lucia Rosso