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Location: Arena Del Mare (Genova)

Kraftwerk @ Goa Boa

Per l’ultima serata dell’edizione numero 25, il Goa Boa Festival aveva un colpo in canna d’autore già da diverso tempo: i Kraftwerk, il quartetto tedesco che dagli anni ’70 – seppur con formazioni diverse – è una delle colonne portanti della musica elettronica.

E il loro non può essere definito come un concerto in senso stretto. Somiglia più a uno spettacolo di più ampio respiro, in cui non ci si limita ad ascoltare i pezzi, ma al contrario ogni pezzo si vive come se si stessero guardando tanti piccoli cortometraggi. 

Alcuni più astratti e altri più concreti, ma tutti accomunati da una sottile vena surrealista che unisce le (poche) parole dei brani, la musica e le immagini che passano su uno schermo posto dietro il quartetto.

L’inizio dello spettacolo potrebbe lasciare vagamente perplessi: immaginate di essere seduti e di passare i primi 15 minuti a fissare uno schermo rosso su cui si muovono quattro figure pixelate. Sul palco solo le quattro tastiere e nient’altro. I suoni elettronici che arrivano si mischiano con quelli dell’ambiente circostante e delle navi che passano dietro al palco. Passa un quarto d’ora e finalmente il gruppo arriva sul palco.

Da quel momento è un mix di atmosfere ed estetiche diverse ma unite da un fil rouge, che vanno da reminiscenze di Matrix alla tecnologia anni ’80, dalle navicelle spaziali al rapporto tra uomo e macchina, facendo emergere temi via via sempre più complessi.

È come se il gruppo non fosse al centro della performance, ma piuttosto al servizio di quest’ultima, tanto da adattare i colori delle luci delle loro tute a quelli delle immagini che passano sullo schermo per fondersi al meglio. 

Uno show ipnotico e ipnotizzante, nonché probabilmente uno dei concerti più lunghi a cui abbia mai avuto il piacere di assistere: due ore e mezza ininterrotte di musica e immagini.

Alla fine, forse, non erano tanti cortometraggi, quanto piuttosto la cosa più simile a un film di Kubrick che si può vivere nella vita al di fuori dello schermo. 

Francesca Di Salvatore

Peter Hook @ Goa Boa 2023

Per il venticinquesimo anniversario del festival, la location è l’Arena del Mare di Genova, ormai la stessa da qualche anno e sempre suggestiva in questo periodo dell’anno, tra palco vista mare, tramonti sull’acqua e traghetti che passano accanto a cantanti e musicisti.

La seconda serata di questa edizione 2023 ha un headliner decisamente di tutto rispetto: Peter Hook & The Light, ossia il progetto con cui il bassista dei fu Joy Division e New Order porta in giro per il mondo i successi delle due band britanniche che hanno fatto la storia del post-punk e non solo.

La serata si apre con Visconti, che insieme alla sua band “provano a fare post-punk” (citazione sua), e lo fanno abbastanza da far muovere a tempo di musica ginocchia, piedi e teste della platea presente in attesa di Peter Hook. O, meglio, come l’ha definito Visconti stesso, “il capo del post-punk”

Seguono poi i Planet Opal, che virano su un elettronico dalle sonorità ricercate (alcuni pezzi davano l’impressione di stare sott’acqua), e un breve ma intenso reading di Irvine Welsh in occasione del trentennale del romanzo Trainspotting

Insomma, una serata niente male per chi era giovane negli anni ’90 o per chi sogna di esserlo.

Di fronte a una platea quanto mai variegata, arriva poi Peter Hook. 

E lì comincia l’incantesimo. 

Sono in pochi a cantare, ma tutti ondeggiano e ballano. Qualche più coraggioso nelle prime file si sbraccia, specie durante i momenti strumentali e quando la batteria spinge. L’impressione è quella di avere davanti un incantatore di serpenti: impossibile distogliere lo sguardo mentre canta. Non si può non rimanere rapiti di fronte a quest’uomo di 67 anni che probabilmente ha un quadro in soffitta le cui corde vocali e capacità polmonare invecchiano al posto suo.

Per un’ora intera, la band si è esibita senza mai fermarsi, tanto da rendere quasi difficile capire quando finiva un pezzo e ne cominciava un altro. Solo un “grazie” e un “buonanotte” che forse voleva essere un “buonasera” all’inizio. Una breve pausa dopo la prima ora, sempre senza dire una parola, e si sono ripresi il palco per la seconda – pressoché ininterrotta – tranche.

Però, poco dopo mezzanotte, succede qualcosa.

Siamo alle battute finali. La band è di nuovo uscita e ritornata sul palco per gli ultimi pezzi.

E lì Peter Hook ci parla. 

Dedica il concerto non solo a Ian Curtis, ma anche a Andy Rourke, bassista dei The Smiths recentemente scomparso. Poi, comincia a intonare Atmosphere.

In quel momento si rompe la quarta parete tra pubblico e palco, che era rimasta praticamente intonsa fino a quel momento, suscitando forse un certo straniamento. Pezzo dopo pezzo la parete si sgretola sempre di più fino ad arrivare a Love Will Tear Us Apart, dove senza paura il pubblico canta con lui. 

L’incantesimo si è spezzato. La parete è crollata. 

Applausi a scena aperta.

Francesca Di Salvatore