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Sinister Grift

Settima prova in solitaria per Noah Lennox, altresì e maggiormente noto come Panda Bear, in libera uscita dagli Animal Collective, che qui comunque fanno capolino in veste di featuring in diversi momenti.

Sinister Grift, questo il nome del disco, si apre su terreni cari al nostro, territori che ha iniziato ad esplorare e calpestare da quel miracolo chiamato Person Pitch e proseguiti poi in maniera sempre più distintiva su Tomboy, ovvero prendere i Beach Boys, destrutturarli e successivamente ricomporli, aggiungendo tra le componenti elettronica, un pizzico di psichedelia e quel piglio freak/weird che ne è tratto distintivo quando parliamo di Mr. Lennox.

L’impressione generale che lascia questo Sinister Grift è che una parte non indifferente del percorso compositivo l’abbia giocata anche il dove questo disco sia stato pensato, composto e registrato, che nel nostro caso è Lisbona, città dove Panda Bear ormai da qualche anno risiede assieme alla sua compagna Rivka Ravede, membro dei Spirit Of The Beehive

Specialmente nella seconda parte del disco si avverte un calore differente rispetto al passato, lungo i brani la componente relativa alla sperimentazione e alla ricerca lascia il passo ad un approccio più narrativo, meditato, ponderato, più cantautorale, azzardando un pò.

Se l’iniziale Praise è Panda Bear “in purezza”, per come lo abbiamo conosciuto ed amato, la conclusiva Defense ce ne presenta un altro, misurato ai limiti dell’accademico. Alla dolcezza di Anywhere But Here si contrappongono i toni tetri di Elegy For Noah Lou, al pseudo reggae di JustAs Well i ritmi quasi calipso di Ferry Lady, eppure in questa convivenza di stili e approcci diversi c’è una coerenza ed equilibrio indiscutibili.

Panda Bear ci consegna un disco che sa di nuovo. O forse è Sinister Grift che ci consegna un nuovo Panda Bear?

Neil Young til København til juni

NEIL YOUNG AND THE CROME HEARTS ‘LOVE EARTH TOUR’ På TIØREN I KBH. 22. JUNI 2025

24. februar 2025 — I dag annoncerer, neil young and the chrome hearts deres Love Earth World Tour, som finder sted til sommer. Den første del af touren kommer til Europa og UK, og starter den 18. juni i Rattvik, Sverige, Den nordamerikanske del begynder i Charlotte den 8. august inden den slutter i Los Angeles den 15. september.

Billetter er tilgængelige fra i morgen 25. februar via et eksklusivt 48 timer langt presale for medlemmer af Neil Young Archives. Det officielle billetsalg til den danske koncert starter fredag 28. februar kl. 10.00. Se den fulde tourplan herunder. Flere datoer vil blive tilføjet.

Sammen med sit band, the chrome heartsSpooner Oldham (Farfisa orgel), Micah Nelson (guitar og vokal), Corey McCormick (bas og vokal), Anthony LoGerfo (trommer)—Neil Young (guitar og vokal) bringer de Neil Youngs musik og sange, nye som gamle til dig.  Deres seneste single big change” er den første introduktion til hvad der er i vente på Love Earth tour.

Neil Young er stolt af sit samarbejde med Farm Aid (som han var medstifter af i 1985) og bringer HOMEGROWN Concessions med på denne turné, og går foran i forandringen af madudbuddet ved livekoncerter. HOMEGROWN Concessions leverer mad fra familiebrug – produceret bæredygtigt, med en fair pris til landmanden og serveret i komposterbart service – til spillestederne.

Besøg: Neil Young Archives (NYA)

Følg Neil Young: Official | TikTok | YouTube | Press Materials 

• Billetpris/gebyr: Inner circle: 1090 + (55) / GA (stå):  790 + (55) / Kørestol: 790 + (55). Dertil lægges et ordregebyr på 10 kr. per transaktion. 

• Det officielle billetsalg starter fredag 28. februar kl. 10.00 via livenation.dkog ticketmaster.dk.

• Mastercard kortholdere har særlig adgang til presale billetter. Mastercard presale starter torsdag 27. februar kl. 10.00 og slutter fredag 28. februar kl. 09.00. Tjek priceless.com/music for detaljer.

• Live Nation presale starter torsdag 27. februar kl. 10.00 for Live Nation nyhedsbrevsmodtagere og på livenation.dk

Mobile-only billetter

Blindness

Gli anni del revival del post-punk finiranno mai? Sinceramente, spero proprio di no. È vero che la scena è ormai affollata e satura, ma questo non fa che alzare la posta in gioco: per emergere e distinguersi, è necessario impegnarsi ancora di più, creando dischi che non solo colpiscano l’ascoltatore, ma che lo coinvolgano emotivamente, lo turbino e lo lascino con un senso di scomodità che si attacca addosso, proprio come questo album. Un lavoro che non si dimentica facilmente, che ti entra sotto pelle e resta lì, a fare il suo effetto.

Sto parlando di Blindness, il terzo album de The Murder Capital, registrato a Los Angeles con il produttore John Congleton, che lavora con gente del calibro di St Vincent e Angel Olsen.

La giovanissima band post-punk racconta di quanto sia stato complesso il processo creativo che li ha portati fin lì, infatti Blindness è nato durante alcuni momenti cruciali nella loro carriera, un periodo segnato tanto da infinite opportunità quanto da una profonda angoscia. Avevano fatto il loro grande debutto nel 2019 con l’acclamato When I Have Fears che li ha fatti notare al pubblico internazionale, ma il vero successo è arrivato con il loro secondo album, Gigi’s Recovery, uscito nel gennaio del 2023. Il disco ha avuto l’effetto che ci si aspettava: ha aiutato la band a farsi conoscere dal grande pubblico e a suonare in tutto il mondo (hanno aperto anche per Nick Cave, non proprio noccioline insomma),consolidando la band come uno dei live act più intensi della scena. Ma quando il cantante James McGovern riascolta Gigi’s Recovery, non può fare a meno di notare una certa claustrofobia nell’album: “Sento che a volte è un disco sovrascritto. Abbiamo avuto troppo tempo per trovare problemi in brani che non ne avevano. Non stavamo remando nella stessa direzione, è stato un incontro di idee creative troppo distanti. Ma Blindness segna la prima volta che siamo riusciti a far funzionare tutto insieme. Siamo arrivati a un punto in cui tutti spariamo a pieni cilindri, puntando verso lo stesso obiettivo”.

Quindi siamo ad un punto di svolta nella breve seppur sofferta storia della band, e si sente.

Le undici tracce dell’album vengono introdotte dal singolo Words Lost Meaning, un brano che cattura subito l’attenzione con un giro di basso crudo e perentorio, che definisce il tono deciso e senza compromessi del pezzo. La sezione ritmica, asciutta e penetrante, si fonde perfettamente con il testo, che si fa riflessivo e amaro, esplorando un tema tanto universale quanto delicato: l’abuso della parola “ti amo” all’interno di una relazione. La canzone scava nel modo in cui l’uso eccessivo di questa espressione, se svuotata di sincerità, può perdere il suo significato originario e ridursi a una sorta di convenzione vuota. In questo contesto, il “ti amo” diventa una parola che perde forza, si annacqua, fino a diventare un automatismo privo di vera emozione. Un brano che, in modo tanto diretto quanto sottile, mette in luce come l’abitudine e la superficialità possano intaccare la genuinità dei sentimenti, trasformando un’espressione di affetto profondo in un mero luogo comune privo di valore.

Al primo ascolto, tuttavia, il brano che mi ha colpito maggiormente è stato senza dubbio Death of a Giant. McGovern stesso racconta di averlo scritto in seguito alla marcia funebre di Shane McGowan, il leggendario leader de The Pogues, storica band folk punk anglo-irlandese attiva soprattutto negli anni ’80 e ’90. Un vero e proprio tributo sentito e commosso, che si fa carico della tristezza e dell’emozione di un’intera generazione, un commiato a un gigante della musica. La melodia che accompagna il brano è pervasa da un’atmosfera tenebrosa e cupa, riflettendo la pesantezza di quel momento, mentre tutta Dublino si raccoglie per salutare la dipartita di un’icona che ha segnato la cultura musicale del suo tempo. Un altro brano che mi ha particolarmente colpito è Love of Country, che trasuda una miscela di rabbia e patriottismo. La chitarra, lenta e dolorosa, accompagna un testo riflessivo che mette in luce il pericolo insito nel patriottismo quando sfocia, inevitabilmente, in xenofobia. Un pezzo che invita a riflettere sul confine sottile tra l’amore per la propria terra e il rischio di cadere in forme di nazionalismo estremista, alimentando l’odio verso l’altro.

The Murder Capital vengono spesso etichettati come i nuovi Fontaines D.C., ma non hanno davvero nulla da invidiare ai loro colleghi irlandesi. Le similitudini tra i due gruppi sono evidenti, eppure è anche chiaro che la scena post-punk contemporanea è particolarmente affollata. Nonostante questo, The Murder Capital riescono a emergere, dimostrando una padronanza totale del loro suono e un’incredibile capacità di creare un album abrasivo, intenso e mai monotono. I loro brani sono arricchiti da testi crudi e spettrali, che catturano un senso di inquietudine emotiva, trasmettendo un’energia palpabile che non può lasciare indifferenti. Per apprezzare davvero la profondità di questo disco, però, l’esperienza migliore rimane senza dubbio quella dal vivo. The Murder Capital, infatti, brillano particolarmente sul palco, offrendo performance vibranti e potenti che amplificano l’impatto emotivo della loro musica. L’unica data italiana sarà il 5 maggio all’Alcatraz di Milano: un’occasione da non perdere per chi vuole vivere questa band nella sua dimensione più pura e coinvolgente.

Tre Domande a: Serpenti

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il vostro modo di fare musica o a cui vi ispirate? 

Forse anche per il nostro lavoro di autori e produttori, siamo molto schizofrenici nei nostri ascolti e abbiamo pochi preconcetti quando si parla di musica. Ci piace scoprire come è nato un determinato pezzo o come è stato registrato (qui entra in gioco anche il super-nerdismo di Luca!).
Quindi, per noi, possono essere fonte di ispirazione Raffaella Carrà, Chappell Roan, St. Vincent o i Blonde Redhead, senza soluzione di continuità.
Se però dobbiamo restringere la cerchia agli artisti che hanno influenzato il percorso di Titani, possiamo dirti che abbiamo ascoltato molto Gesaffelstein, Milky Chance, Bob Moses, Scissor Sisters, Cannons, Goldfrapp, Tiga, Soulwax, Royal Blood e i Chemical Brothers.

⁠Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta? 

Per noi fare musica significa condividere la nostra visione con chi ci ascolta. Siamo persone molto curiose e troviamo spunti di riflessione anche in dettagli apparentemente insignificanti. Siamo abbastanza ossessionati dall’estetica del linguaggio e dai dettagli. Forse per questo siamo un po’ lenti nella nostra produzione artistica, ma ci teniamo che le persone colgano tutto quello che abbiamo “visto ed elaborato”.
Anche dal vivo cerchiamo di offrire un’esperienza che coinvolga non solo l’udito ma anche la vista, con un gioco di luci che segue la musica e le parole.

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Titani. In questa canzone abbiamo raccontato esattamente chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando.
Questo pezzo, che dà il titolo all’intero album, è stato l’ultimo che abbiamo scritto ed è una dedica a noi stessi e a tutte quelle persone che, come noi, fanno della propria passione una ragione di vita. La coltivano e la portano avanti, anche sapendo che probabilmente li porterà a una sconfitta, perché non hanno scelta.
Ci rappresenta molto anche dal punto di vista sonoro, perché mescola rock, glam ed elettronica.

Sleepless Empire

SBAM. 

Una porta si apre violentemente e appare una donna in tenuta ginnica che per sovrastare la musica urla: “C’hai quasi QUARANTANNI e ancora senti questi che urlano? Ma a QUESTA poi, la voce non le va mai via?”.

La donna in questione è mia mamma sessantenne nel fiore della sua ritrovata giovinezza, ero passata a trovarla e lei non c’era, ma i panni da ritirare si. Così, ringraziando la mia sindrome della crocerossina, ho messo della musica mentre piegavo il bucato.

Peccato che la “musica” fosse la discografia di un’immensa band metal italiana, i nemici giurati di mia madre i Lacuna Coil, ed io ero nella fase di preparazione per l’uscita del loro ultimo album Sleepless Empire.

Mi dispiace mamma, credevi fosse solo una fase ed invece eccoci qua, il tempo ci lascia qualche livido, i capelli bianchi e gli acciacchi, ma certe abitudini (come i Lacuna Coil) sono dure a morire. 

Non si può riassumere in poche righe la storia di questa band milanese che dal 1994 si è fatta strada all’interno della scena musica heavy metal mondiale, per poi arrivare al primo posto della classifica di MTV100 nel 2006 con la reinterpretazione del brano Enjoy The Silence dei Depeche Mode.

Perla nera del heavy metal italiano, hanno riscosso successo in tutto il mondo, tranne che in Italia, dove, nonostante i 31 anni di vita musicale, sono considerati “di nicchia”. 

L’uscita di Sleepless Empireè la testimonianza che con il talento, la perseveranza, lo studio e il cuore si può arrivare dove si vuole. 

Ci hanno fatto venire fame col singolo, Oxygen, 3 minuti e 45 secondi di claustrofobia pura, è come essere intrappolati nelle sabbie mobili, scalciando per la salvezza. Poi ecco che arriva una voce quasi celestiale, è Cristina Scabbia cheper un secondo solleva il tuo corpo verso la salvezza… INVECE NO. La pesantissima e preziosa voce di Andrea Ferro ti ritrascina verso l’oscurità.

L’uso di latinismi è una pratica comune nel mondo heavy metal, e iLacuna Coil sanno esattamente come sfruttare la situa, creando delle ambientazioni surreali ai limiti dell’inquietante, come in Gravity, dovel’aria è densa, la richiesta d’aiuto palese: cos’è giusto cercare aiuto o rintanarsi mentre si tenta di auto-guarire? Purtroppo la risposta non è mai palese quanto la domanda, per questo andiamo a tentativi cercando nel frattempo di non sprecare il tempo che abbiamo in dotazione, è questo il consiglio insito nel testo del brano.

Il growl di Andrea Ferrounito alla poliedrica e camaleontica voce di Cristina Scabbia si rincorrono tra Inferno e Paradiso, tra luce e tenebre come in Hosting The Shadow, che vede la collaborazione di Randy Blythe dei Lambs of God, ci scaraventano nei meandri più oscuri grazie alle sonorità heavy metal e alla voce death, lasciando nelle mani di Cristina Scabbia il ruolo di angelo portatore di luce e salvezza per poi di nuovo catapultarci in questi luoghi desolati e mesti dove impariamo la lezione più importante: senza la caduta nell’oblio non c’è risalita, le avversità si trasformano in momenti di riscatto emotivo e di crescita. L’unico modo per sopravvivere è imparare a gestire l’ombra.

Ma come si sopravvive in una società come la nostra? Dentro questa baraonda di ammassi di carne perennemente incollati al cellulare, preoccupati maggiormente per i like alle foto che per le guerre. Un caos tra vita reale non vissuta e vita social imperante e onnipresente. Annichiliti, omologati e senza uno scopo, questo urlano in Sleepless Empire, il brano da qui l’album prende nome proprio per enfatizzare la denuncia sociale dei Lacuna Coil, che da bravi boomer si trovano a vivere in una realtà totalmente diversa, e non cercano solo di sopravvivere, ma anche di lasciare un messaggio ai posteri: l’evoluzione non sempre è quella che ci saremmo aspettati ma l’umanità questa è, non ci resta che accettarla ma alle nostre condizioni, cioè cambiando quello che possiamo, allontanando le situazioni tossiche, e impegnarsi a trovare il lato positivo delle cose.

(nel mentre puoi sempre urlare le loro canzoni così ti sfoghi)

Questo album si presenta come una terapia di gruppo per esorcizzare il male attraverso la musica, ci aiuta ad affrontare le paure verso noi stessi e quelle verso la società scavando nel più profondo delle cose, accompagnandoci nella la fase successiva al buio, ossia la luce. Prima o poi.

Mobb Deep @ Locomotiv Club

Bologna, 13 Febbraio 2025

Quando rappano gli americani, e soprattutto un gruppo storico come i Mobb Deep, in una città storica per il rap italiano come Bologna, si può solo stare in silenzio e vedere, ascoltare. Ero onestamente preoccupato per il Locomotiv, confidando nelle misure antisismiche del locale, perchè la forza esplosiva del gruppo, ma anche e soprattutto del pubblico sono cose completamente fuori dall’ordinario.

I Mobb Deep presentavano il trentennale dell’album The Infamous, disco storico del genere e sul palco abbiamo Havoc, unico membro effettivo del gruppo perchè Prodigy è deceduto nel 2017, assieme alDJ L.E.S. e Big Noyd, storici collaboratori dei Mobb Deep. 

I rapper sul palco sono completamente infuocati. La scelta di scaletta, a mio avviso, è giusta anche se molto frenetica: un pezzo dopo l’altro, poche parole di stacco tra una canzone e l’altra, tanto movimento durante i pezzi. Anche il Dj partecipa attivamente al live, prendendosi il suo spazio sia prima del live effettivo mixando qualche canzone culto dell’hip hop anni novanta, ma anche partecipando attivamente durante il live doppiando i rapper e incitando il pubblico a saltare e urlare. Chiaramente si riconosce subito l’esperienza e la statura degli artisti da come portano i pezzi sul palco; anni di esperienza condensati in un’unica serata in cui il Locomotiv si è trasformato per due ore in un club del Queens, a New York. Instancabili, inarrestabili, non annoiano e tengono altissima la soglia dell’attenzione sia per la rapida esecuzione dei pezzi che per il coinvolgimento del pubblico.

Ecco, probabilmente lo spettacolo più grande sono stati gli spettatori, e gli artisti erano difficili da superare. Ad ogni ordine di alzare o muovere le mani corrispondeva l’azione con una dedizione senza pari. Certo, sicuramente il pubblico era composto per la stragrande maggioranza da fruitori del genere e appassionati del gruppo, ma una costanza così non si trova in altri posti. Sembrava quasi una singola persona circondata da tanti specchi: tutti si muovevano allo stesso modo, nello stesso momento, con la stessa intensità, generando la stessa grazia di una medusa che nuota dentro un acquario. Probabilmente il pubblico più bello e in forma che abbia mai visto.

BAY FEST 2025: ANNUNCIATI NUOVI NOMI IN LINE-UP!

NEL 2025 BAY FEST COMPIE DIECI ANNI!

ANNUNCIATE LE DATE E LA LINE-UP

BAY FEST 2025
CON

REFUSED + LAGWAGON + GOB + TURBONEGRO + MAD CADDIES + MADBALL + 

TEENAGE BOTTLEROCKET + CODEFENDANTS + BULL BRIGADE + GRADE 2 + 

THE LAST GANG + DOC ROTTEN 

+ more T.B.A.

29 GIUGNO e 8/9/10 AGOSTO 2025

BELLARIA IGEA MARINA (RIMINI)

Il Bay Fest 2025 prende definitivamente forma!

L’edizione del decennale del festival si svolgerà l’8/9/10 agosto 2025 Bellaria Igea Marina.

Oltre a Refused Turbonegro , principali protagonisti dell’edizione 2025, si aggiungono diverse band al bill del festival punk rock punto di riferimento in Italia!

Biglietti e abbonamenti in vendita su Ticketmaster.

Il Bay Fest 2025 prende definitivamente forma!

Dopo aver svelato la line-up dell’anteprima di giugno e i primi due nomi previsti, Refused (unica e ultima data italiana e tour d’addio) e Turbonegro, oggi il bill del festival prende definitivamente forma con le altre band che si esibiranno nell’edizione del decennale del festival  che si svolgerà nel weekend dell’8,9 e 10 agosto 2025 come di consueto nella splendida cornice

della località balneare di Bellaria Igea Marina.

Sul palco annunciati anche Madball, Codefendants, Grade 2, Doc Rotten, The Last Gang, Bull Brigade e GOB che vanno ad aggiungersi al cartellone di Bay Fest 2025.

Sin dal 2015, il festival si è affermato come il principale punto di riferimento di genere in Italia, è stato capace di attrarre migliaia di appassionati sia da tutta Europa che da tutto il mondo.


Bay Fest, nato dalla collaborazione tra Hub Music Factory e LP Rock Events, ha mosso l’interesse della stampa specializzata e mainstream affermandosi come una della più importanti rassegne musicali d’Europa in una location d’eccezione.
Proprio grazie al connubio tra la proposta musicale alternativa e la location esclusiva, Bay Fest è stato in grado di arricchire la zona di Bellaria Igea Marina con cultura alternativa, buona musica, turismo e tanto divertimento.

LA LINE-UP
Refused sono una delle più influenti band della storia della musica alternativa europea.
Nati come band hardcore ed evolutisi fino ad inglobare tratti che spaziano dall’ambient all’elettronica, i Refused hanno scardinato le porte che limitavano l’evoluzione del punk, dando il via a una sperimentazione artistica senza precedenti.
Il loro iconico album ‘The Shape Of Punk To Come’ è uno dei più importanti album della storia della musica alternativa e ha recentemente visto luce una ristampa-tributo dal titolo ‘The Shape Of Punk To Come Obliterated’ in cui 12 band danno nuova vita alle tracce con cover e remix. Tra gli artisti coinvolti spiccano Quicksand, Touché Amoré, IDLES, Igorrr, Gel e Brutus.
Dopo lo scioglimento e la reunion del 2012, queste date estive – compresa quella al Bay Fest saranno le ultime della storia della band.

Turbonegro sono uno dei gruppi alternativi più importanti degli ultimi 20 anni, considerati da molti come i portabandiera del death punk in Europa. Formatisi alla fine degli anni ’80 come una band hardcore, negli anni si spostano verso un genere che accarezza l’hard rock miscelandolo all’immediatezza e alla potenza che caratterizzano il punk rock.
Un rock ‘n’ roll sempre più serrato, veloce e rumoroso li ha portati – soprattutto a cavallo degli anni 2000 – ad essere considerati tra i principali gruppi rock della Scandinavia.
La loro intensità e il loro acuto senso dell’umorismo nei testi e sul palco hanno contribuito a creare la leggenda dei Turbonegro.

Tra i nomi in cartellone anche GOB; nel corso della loro carriera, che risale al 1993 e comprende un catalogo di sette LP, i membri dei Gob (il cantante/chitarrista Tom Thacker, già membro dei leggendari Sum 41, il cantante/chitarrista Theo Goutzinakis, il batterista Gabe Mantle e il bassista Steven Fairweather) si sono affermati come pionieri del pop punk canadese. Hanno accumulato nomination ai JUNO Awards e decine di tour in tutto il mondo.


Ci saranno poi i MADBALL, da considerare come pilastri del cosiddetto “hardcore newyorkese”, riconosciuti per la loro energia esplosiva e per i testi incisivi, che affrontano temi sociali, resistenza e “unità”. L’album “Set It Off”, pubblicato nel 1994, è una pietra miliare di questo movimento con canzoni come “New York City”, “Down by Law” e “Set It Off”, l’album ha contribuito a consolidare la reputazione del gruppo come uno tra i più autentici e aggressivi dell’hardcore mondiale. NYHC at it’s best!

Spazio anche ad un po’ di California con The Last Gang, punk rock band del circuito Fat Wreck Chords, al Bay Fest presenterà brani estratti dal loro ultimo disco “Obscene Daydreams”. 

Anche per loro un gradito ritorno in Riviera e al festival dopo l’esibizione del 2022.

Sarà interessante vedere on stage anche l’ultima “creatura” di Fat Mike (NOFX): Codefendants, è una boccata d’aria fresca e un crossover di stili influenzati dall’atmosfera della Bay Area, una miscela tra i generi, un incrocio tra hip hop, new-wave, flamenco e Beatles che li ha portati ad incidere il loro primo disco “This is Crime Wave” nel 2023 e che presenteranno al BayFest.


Spazio anche ai Grade 2, inglesi e portatori sani della mentalità punk rock, il loro sound è un omaggio al punk degli esordi e alla scena Oi!. I loro ultimi due dischi sono stati un successo: nel 2019 “Graveyard Island”, registrato e prodotto da Tim Armstrong dei Rancid e mixato da Kevin Bivona dei The Interrupters, li ha portati a diversi tour internazionali, l’ultimo e omonimo nel 2023 li ha portati a suonare con i Guns N’ Roses ad Hyde Park.

Doc Rotten si sono formati a Trenton, nel New Jersey nel 2017, da allora tre EP, un disco omonimo, registrato da Pete Steinkopf (The Bouncing Souls), uscito lo scorso anno e decine di concerti tra Giappone, Europa e Nord America. Doc Rotten potrebbero essere la sorprendente novità del Bay Fest2025.

Bull Brigade nascono nel 2006 a Torino e raggiungono l’interesse degli appassionati già con i primi due dischi “Strade smarrite” e “Vita Libertà” a cui fa seguito il terzo album “Il fuoco non si è spento”.
Nel 2023 la canzone “Sommersi” viene inserita nella colonna sonora della serie animata “Questo mondo non mi renderà cattivo” del fumettista Zerocalcare, in cui la band è stata ritratta sul palco. In questi anni sono diventati probabilmente il massimo punto di riferimento per l’hardcore di casa nostra.



Di seguito i dettagli del festival.

ROAD TO BAY FEST 2025 con

LAGWAGON + MAD CADDIES + TEENAGE BOTTLEROCKET and more t.b.a.

Domenica 29 giugno 2025 – Beky Bay, Bellaria Igea Marina (Rimini)

Biglietti disponibili su Ticketmaster, €35 + d.d.p.


BAY FEST 2025

DAY 1 con

MADBALL + CODEFENDANTS + GRADE 2 + DOC ROTTEN and more t.b.a.

Venerdì 8 agosto 2025 – Bellaria Igea Marina (RN)

Biglietti disponibili su Ticketmaster, €40 + d.d.p.

DAY 2

REFUSED + TURBONEGRO + BULL BRIGADE + THE LAST GANG and more t.b.a.

Sabato 9 agosto 2025 – Bellaria Igea Marina (RN)

Biglietti disponibili su Ticketmaster, €50 + d.d.p.

POOL PARTY

GOB + more t.b.a. + afterparty

Domenica 10 agosto 2025 – Mapo Club, Bellaria Igea Marina (RN)

Biglietti disponibili su Ticketmaster, €30 + d.d.p. 

Salad Days Magazine e Punkadeka sono Media Partner ufficiali del festival.

Per maggiori informazioni www.bayfest.it.

Le Bambole di Pezza: cadere, rialzarsi ed amarsi

Le Bambole di Pezza sono un gruppo punk rock/pop punk italiano storico nel panorama musicale italiano, che nasce nel 2002 per poi passare una fase di stasi e in seguito di trasformazione e riaffermazione negli ultimi anni. La formazione attuale vede Morgana e Dani (componenti storiche del gruppo) alla chitarra, Kaj al basso e tastiere, Xina alla batteria e Cleo come alla voce. Caratterizzate da un suono vivace, melodico e frenetico e da una ensemble unicamente femminile, le Bambole si sono nuovamente imposte con il loro recente nuovo album Wanted, che come filo conduttore ha l’amore, la libertà e la rivolta. Abbiamo avuto il piacere di intervistare Daniela Piccirillo, in arte Dani.

Ciao Dani e benvenuta su VEZ! Le bambole di Pezza sono un impegno continuo a supporto di valori come il femminismo ed equalità che vi contraddistinguono da sempre. Quanto è difficile mettersi in gioco senza sacrificare voi stesse e il messaggio che portate? Quanto costa rimanere fedeli al proprio messaggio senza snaturarsi?

“Le Bambole di Pezza hanno una missione che viene naturale da compiere, essendo cinque ragazze con una certa personalità e soprattutto con dei pensieri individuali, nel momento in cui facciamo gruppo vogliamo portare avanti il nostro messaggio e non ci viene difficile farlo. È un impegno che viene naturale, quindi tendenzialmente non sacrifichiamo mai nulla a livello artistico per il messaggio o viceversa. Noi siamo questo, decliniamo questo messaggio in più forme, il nostro nuovo disco è anche un disco d’amore, e non parliamo solo dell’amore passionale di Wanted, o di quello per la causa del femminismo, può essere anche l’amore nei confronti di sé stesse. Essendo proprio il nostro intento non ci sentiamo snaturate, vogliamo che la nostra musica abbia un valore aggiunto, un valore che noi rintracciamo nell’essere una ragazza che fa musica, con un microfono in mano e degli strumenti a disposizione, di conseguenza ci viene naturale avere qualcosa di nostro da comunicare.”

In un’intervista su YouTube tu e Cleo avete raccontato di quando suonavate e registravate senza etichette o sponsor vari. Come è stato vivere la musica in maniera così intensa, facendo tutto da sole, senza il supporto di agenzie terze? 

“Noi Bambole seguiamo molto la filosofia del “Do it yourself”, la nostra attitudine è proprio quella di rimboccarci le maniche ed essere le prime a metterci la faccia. Sui social, ad esempio, che vengono per intero gestiti da noi, ma anche in tutte le nostre scelte artistiche, non abbiamo un manager che ci dice come rispondere a delle domande o come dobbiamo vestirci o che cosa fare nei prossimi giorni. Siamo come un team di lavoro, composto da noi e da un team più tecnico, con cui condividiamo le nostre opinioni, i nostri pensieri, anche se tutti gli sbattimenti logistici e organizzativi li condividiamo  prima di tutto fra di noi, per tentare di trovare delle soluzioni sagge. Dipende dalle situazioni che affrontiamo, dopodiché ovviamente se non ci arriviamo noi, abbiamo anche il supporto di terzi, ad esempio la nostra agenzia di concerti che ha creduto molto in noi e ci ha aiutato a organizzare il tour nei club di questa primavera, una nostra produzione di cui andiamo fiere. Siamo delle ragazze abbastanza intraprendenti, anche Morgana nella band ha una vena marcatamente manageriale e probabilmente tanti anni di attività nel mondo della musica ci hanno permesso di avere delle opinioni e un paio di linee guida. Siamo ancora abbastanza cani sciolti a volte, perché dietro Le Bambole di Pezza non c’è alcun deus ex machina, ci siamo noi quindi gestiamo oneri e onori. Poi abbiamo chiaramente il supporto della discografica, i produttori che ci hanno aiutato nelle sonorità o come il team di lavoro per l’organizzazione di concerti o il team tecnico per la gestione dei nostri tanti canali durante i live. Lo spirito è sempre quello per cui prima di tutto facciamo noi, se non ce la facciamo valutiamo delle collaborazioni. Secondo me è un buon consiglio per anche altre band che vogliono avere una crescita e capire come migliorare grazie ai propri errori. Sono fondamentali una presa di coscienza e non scaricare su terzi la responsabilità che in primis è della band o dell’artista.”

Siete una band storica nel panorama musicale italiano, come è cambiata la musica e quello che la circonda negli anni?

“Una cosa che ci tengo moltissimo a sottolineare è che ovviamente il progetto Bambole di Pezza esiste da diversi anni, quindi io che sono tra le fondatrici della band ho visto attraversare vari momenti musicali, anche non tanto belli per la musica rock ad esempio o comunque per la scena alternativa, però allo stesso tempo vorrei porre l’accento sulla trasformazione di questo progetto, stiamo proprio facendo un lavoro di rebrand, con tre nuove componenti nella band ad esempio. Le Bambole di Pezza sono cambiate, quasi radicalmente sia come visione, sia come impegno, sia come progettualità, che come contenuti, che come sonorità, quindi diciamo che se mi guardo indietro ho un trascorso di rock and roll alle spalle, però adesso sento di avere una maturità da professionismo. Questa è la cosa che a mio avviso è più cambiata, nel senso che non prendo più come una volta i concerti così come venivano, in totale vena rock and roll, adesso i pezzi voglio eseguirli in maniera perfetta, faccio le prove con diligenza, mi viene l’ansia prima di suonare perché devo assolutamente ricordarmi bene le parti… cioè è proprio l’aspetto del professionismo quello che personalmente mi ha cambiata, ma come approccio, non ha influito sul divertimento ma è proprio una mentalità nuova, c’è forse più impegno. 

Per quanto riguarda la scena, ho partecipato a una scena di fermento alternativo molto vivace in Italia, dove fino alla metà degli anni 2000 c’era una scena con determinate connotazioni, quindi era musica di etichette indipendenti, che veniva fruita principalmente attraverso i concerti live, non c’era tanto scambio su social network, se non su qualche forum. Adesso la scena è completamente diversa, continuano ad esserci delle band magari alternative, ma si fa più fatica perché l’ambiente musicale italiano ha subito l’influenza dei grandi numeri di Spotify e della musica fruita principalmente attraverso piattaforme di ascolto che forniscono dati sugli stream, su ascoltatori mensili, che ti aiutano a programmare le date. Prima si viveva la musica in base al passaparola e al coinvolgimento delle persone che andavano nei locali specializzati in certi tipi di musica, adesso anche quei locali purtroppo sono sempre meno; le band dopo la seconda metà del 2000 sono diminuite perché è entrata a gamba tesa la scena rap, trap con delle produzioni artistiche da solista. Adesso grazie un po’ forse ai Maneskin c’è stato un ritorno della musica rock italiana, però la cosa che trovo molto cambiata è questa schiavitù dei numeri e dei posti che sono sempre pochi. Io poi conto tanto e confido tanto nei ragazzi, nei giovani che si mettono in gioco, purtroppo però mi scontro sempre con la dura realtà che è “Dove vai a suonare poi per farti sentire? Come fai a farti conoscere?”, perchè i circuiti ovviamente sono cambiati e anche come si cerca la musica è diverso, esiste ancora fortunatamente il passaparola però c’è stato un momento di disamore rispetto alla musica live goduta, complice forse anche il Covid.”

Secondo te è un fenomeno che tenderà ad una crescita?

“Io sono sempre di base ottimista, quindi confido che parecchi ragazzi vogliano imparare a suonare uno strumento e creare una band per esprimersi e magari la scena del panorama mondiale si modificherà anche se nelle varie chart, anche internazionali, si vedono pochissimi esemplari di band che ce la fanno, adesso è tutto incentrato sugli artisti singoli, magari accompagnati dalle band. Anche i Maneskin spero ritornino e non si lancino solo in carriere soliste… è un po’ la logica del mercato, le band discograficamente sono difficili da gestire, non si tratta di un elemento solo. Anche noi ad esempio siamo in cinque, quindi cinque teste con cui girare e rigirare le carte. Ad essere di più si fa fatica, in più facendo una musica che non è proprio in linea con la musica pop manteniamo una vena alternativa che ci rende una minoranza rispetto a come poteva essere negli anni di fermento alternativo che ti accennavo prima, anche se poi oggi comunque ho trovato nuovi stimoli e tante nuove possibilità.”

Il vostro disco è decisamente innovativo e sperimenta più suoni rispetto ai lavori precedenti. Per voi è stato difficile spianarsi la strada verso una nuova ricerca musicale? Quali sono, se ci sono stati, gli input musicali artistici che vi hanno ispirato?

“In realtà il nostro rebranding è stato un procedimento molto naturale perché ovviamente cambiando gli elementi sai di avere colori differenti, delle espressioni e delle possibilità anche artistiche diverse, dei caratteri e delle manifestazioni assolutamente fantastiche e da valorizzare. Se fai parte di questo sistema ben organizzato e ben oliato, dove c’è anche una certa complicità, una sorellanza e una profonda stima e rispetto reciproco, è un processo molto naturale quindi ti viene semplice inserirti e provare a tirare fuori dei pezzi partendo proprio dagli input individuali di ciascuna. Si crea una sinergia nella produzione, anche a livello di sonorità, per cui ad esempio la cantante, Cleo, è sempre attenta al suono e al genere per non farli risultare vecchi, c’è una costante ricerca della contemporaneità. Anche lo sguardo del nostro rebranding ci aiuta a non rimanere ancorate agli anni Novanta e Duemila, mantenendo una vena alternativa ma che risulti contemporanea. Cleo ascolta generi pesanti come il metal ma anche nella scena urban rimane fresca e contemporanea, è brava nei cantati e nelle parti rappate, Xina è orientata sulla scena grunge e stoner, Kaj suona anche con i sintetizzatori e porta avanti una contaminazione sonora e musicale, io ho le mie influenze più garage rock mentre Morgana si orienta anche verso le ballad e gli arpeggi. Abbiamo guardato tante sonorità diverse, nella scena attuale ci piace anche ad esempio Yungblud, che è un esempio di sonorità moderna che può averci ispirato, sia per il suo approccio che per i suoi contenuti, per come si pone nel racconto di sé stesso, partecipando a una scena non convenzionale. Poi ci sono state varie altre influenze, anche di passaggio, abbiamo condiviso della musica che ci sembrava interessante, però non c’era la finalità di rifare uguale quello che ascoltavamo. Poi metti tutto nel calderone e provi un po’ a sperimentare con i suoni e con la produzione stessa e questo è grazie anche alle persone che con un orecchio esterno hanno tirato fuori un’essenza che potesse anche essere moderna.”

Quindi si è trattato di guardarsi dentro e fare quasi una chiacchierata musicale fra di voi.

“Sì, poi abbiamo cercato di avere molta varietà nel disco però allo stesso tempo quando eravamo quasi a chiusura del disco volevamo che ci fosse quasi un trait d’union tra un pezzo e l’altro, che si sentisse che ci fosse l’anima della band in ogni pezzo. Volevamo coerenza tra un pezzo e l’altro, che ci fossero tanti brani di cui potersi innamorare a seconda della personalità dell’ascoltatore, per avere una molteplicità di sfumature però sempre mantenendo una certa nostra personalità a fuoco, sia come identità sonora che come contenuti.”

Si sente che l’album è vario ma ben incollato, come se fosse un viaggio, un dialogo che racconta tante cose ma con un filo comune. 

“Sì, il dialogo e la collaborazione si vedono anche nella scaletta dell’album, che si apre con Capita, uno dei pezzi nati proprio a partire da una mia linea guida con un certo immaginario a me forse ancora poco chiaro, che ho portato a Cleo e su cui ci siamo confrontate, le ho chiesto di osare e quando ha condiviso quello che aveva scritto ci siamo trovate d’accordo, siamo molto allineate. Poi è uscito il testo, Cleo lo ha cantato con una vena quasi sarcastica e ha dato vita al sottotesto del capita di prenderla in quel posto, grazie all’inserimento del foglietto illustrativo della Vaselina. C’è poi anche una critica al sistema consumistico, un inno moderno che riprende i CCCP e il loroProduci, consuma, crepa. Io ci tenevo molto a questo pezzo e lo avevo scritto per un’eventuale apertura del disco, quindi da lì ci siamo dette che il secondo brano dovesse avere una carica pazzesca ed eravamo fiere di Senza permesso, poi la title track, Wanted, che cambia atmosfera ed è anche il primo featuring, con Jack Out, che parla di questo amore passionale ed è un po’ più country e western come stile. Poi si va avanti con il resto del disco, lo abbiamo ascoltato e pensato proprio secondo una successione delle canzoni. Si arriva per esempio a L’anno del dragone dove canta la bassista  in comunione con i cori di Cleo, che danno ancora più personalità allo stesso brano che è quasi synth pop anni ‘80. Poi c’è la super ballata strappalacrime dell’amore dove si è sommersi dalle lacrime Atlantide, c’è invece la canzone Maledetta che ha un fantastico giro di chitarra ma esalta allo stesso tempo la parte urban del disco. È un disco vario e pensato, mi piace ricordare anche la scelta del titolo in inglese, proprio perché è stato pensato e voluto.”

In Capita, la prima canzone dell’album, è presente una critica alle canzoni che occupano il primo posto nelle classifiche ad oggi: quanto può impattare una canzone su una persona?

“Questo aspetto è interessante da analizzare, ad esempio noi che da donne scriviamo di quello che viviamo, delle nostre riflessioni, ci rendiamo conto che siamo portate solitamente ad ascoltare musica fatta per la maggior parte magari da uomini per poi declinarle al femminile. Quindi la riflessione che fa spesso Cleo è quella di voler rendere la nostra musica declinabile anche al maschile, cioè renderla quasi senza genere per parlare ad un’intera generazione o a persone, quindi indipendentemente dal sesso, che un po’ la vedono e la vivono come noi. Ci sono tante persone che hanno a cuore le nostre stesse tematiche, i nostri stessi valori, anche artistici. È molto facile per altri invece pensare che ascoltando determinata musica si diventi automaticamente “gangster” e duro, magari la trap ti fa sentire più forse accolto anche nel mondo dei ragazzi molto giovani in questo periodo, oppure che magari ti fa sognare un domani di diventare un figo pieno di soldi solo perché ascolti quella determinata musica. Tendenzialmente per me la musica è sempre stata qualcosa che se l’ascolti ti trascina e ti fa allineare anche con i significati, si avvicina più a te e parla a te, quindi il fatto che ciascuno scelga la musica che riesce a parlargli è, a volte, preoccupante perché non è che ci sono delle tematiche che sono così cantabili a squarciagola come inni e come valori, anzi fa molta tristezza. Non penso che influenzi il modo di vivere, di pensare, sai anche la correlazione che si faceva anni fa tra chi ascolta il metal e poi fa le messe sataniche, non per forza deve esserci questa correlazione oggi, però allo stesso tempo il fatto che si ascoltino determinate canzoni che poi diventano delle hit anche se hanno significati veramente poveri, senza alcun valore aggiunto, in cui si inneggia solo a droga, armi e puttane è veramente triste. Anche io ho sempre fatto poco caso ai testi in generale perché sai, ascoltando prevalentemente musica inglese e non essendo madrelingua, per capirne alcuni dovevo andare a leggere il testo. Spotify ci ha avvantaggiati inserendo il testo quindi oggi è più fruibile il contenuto, però oggi lavorando con la band il testo ha assunto un altro significato, è la tua bandiera, ciò che arriva subito alle persone, di conseguenza tu scegli chi vuoi essere, scegli che messaggio voler cantare. Noi vogliamo essere fiere del messaggio perché ci rappresenta, se poi alcuni artisti si sentono rappresentati da quello che cantano è una loro scelta di vita che però è molto lontana dalla mia percezione.”

L’album presenta diverse collaborazioni, tra cui J-Ax, Jack Out, Divi, Mille e Giorgieness. Com’è stato lavorare con tutti questi artisti?

“Innanzitutto sono amici, chi di vecchia data, chi di recente conoscenza. Quando scegli di collaborare con un artista lo fai come simbolo di scambio e reciproco sostegno, la cosa che tra questi featuring abbiamo apprezzato è stata anche la disponibilità, ad esempio di J-Ax che seppure vedi come la superstar, si è dimostrato molto collaborativo, presente e veloce nella composizione. Averlo nell’album è stato per noi un bellissimo gesto di stima e di appoggio anche da parte dei big della musica, perché tante volte ti senti sempre un po’ inferiore a tutti gli altri perché hai sempre questo aspetto dell’artista incompreso, sai queste sono le pene di ogni artista che non è mai contento del proprio lavoro. Invece di questo lavoro, anche io che sono molto autocritica sono molto contenta, anche alla luce delle collaborazioni. C’è stato anche Divi, dei Ministri, che ha prestato sia la sua splendida voce che la penna in Pagine, una canzone abbastanza tosta come significato che parla un po’ della critica al mondo comunque social e virtuale, con lo scream di Cleo si è creato un bel connubio di rabbia espressa con la canzone giusta. Jack Out invece è il country italiano quindi siamo felicissime di averci collaborato, è una persona umanamente splendida ed un artista molto collaborativo e propositivo, noi lo sosteniamo e lui sostiene noi. Poi ci sono le arriviamo alle ragazze, Georgieness e Mille, due artiste meravigliose che fanno generi completamente diversi, si rafforza così quello spirito di fare rete sia fra donne ma anche fra gli stessi artisti. Lo scopo di questi featuring è tentare nella scena italiana di fare rete e network più che badare a featuring per lo scambio di ascoltatori, i famosi numeri che in ambito artistico a volte sono molto fastidiosi in argomentazioni romantiche come le mie di adesso. Anche Georgieness e Mille stesse hanno collaborato con la giusta energia e la giusta affinità, nonostante anche loro non facciano il nostro stesso genere, quindi è una cosa che trascende la stessa musicalità ma è proprio una rete di persone che si sostengono reciprocamente, in amicizia prima di tutto e in stima artistica. Come se fosse un incoraggiamento che ti fa dire “Ok, spacchiamo e facciamo ancora meglio”.”

Quindi contano più l’emotività e la creatività che ci sono dietro un pezzo piuttosto che la freddezza del non conoscersi prima come artisti e semplicemente collaborare. 

“Sì perché poi sai dietro ai featuring ci sono tutte quelle cose burocratiche, devi ovviamente poi devi chiedere le autorizzazioni ai manager, pensare all’uscita di questo o di quel pezzo, a quanti ascoltatori mensili hai, se è un featuring primario oppure no, che palle. Invece l’aspetto reale è quello di gente che si conosce, si stima, si vuole bene reciprocamente e dice “Bella storia, ci sono”; quindi a noi basta questo. Poi per il resto vedremo se un domani gli equilibri cambieranno ma nel frattempo siamo contenti di avere questi ospiti nel nostro disco.”

È un album che profuma di amore, tanto nei rapporti umani quanto nei confronti di sé stessi. Secondo te è lo stesso tipo di amore o ci sono diverse sfumature per ogni tipo di rapporto?

“Allora il nostro disco fondamentalmente parla di amore declinato in tante salse, quindi ad esempio Rampicanti, uno dei singoli usciti a novembre prima dell’uscita del disco, parla dell’amore per sé stessi e di abbracciare la parte interiore più fragile ed emotiva, parla anche di autosalvarsi amandosi e accettandosi. Dentro di noi ci può essere quell’anima fragile che ha bisogno poi di quella spinta salvifica che ognuno di noi può trovare dentro sé per dire “No, basta, il fondo l’ho toccato e adesso risalgo”. Questo tipo di messaggio è un po’ dappertutto nell’album, i valori che cerchiamo di comunicare riguardano la possibilità di salvare se stessi e farcela grazie a tutti i talenti che ognuno ha dentro di sé, come in una relazione che ti fa soffrire ma che ti fa diventare più forte per esempio. Penso a Stuntman che parla di una ragazza con il cuore di chi cade ma non si rompe, essere nella vita uno stuntman significa quindi essere qualcuno che sa proteggersi, cadere bene per poi rialzarsi. C’è poi l’amore di Wanted più passionale del cowboy e della cowgirl che si incontrano in uno scambio  passionale ma anche apprezzamento vicendevole, quindi l’amore sano e tossico; c’è la relazione che ti fa soffrire in Atlantide, che ti lascia anche un sapore dolceamaro nel sapere che la relazione è finita, nell’essere sommersa ancora dalle lacrime ma avere uno spiraglio di luce. La nostra tristezza non è mai fine ad essa ma vuole essere di supporto alle persone che non hanno sempre con la giusta rabbia di spaccare tutto, come noi o tanti altri, ma hanno voglia anche di stare male per quel che c’è da star male, per poi ricominciare passando a un’altra canzone e ricaricarsi con altri temi. Lo spirito comunque è quello di alzare la testa ovunque tu sia prima di tutto e rivolgerti sempre alla luce, in vari momenti, sia quando ammiri il paesaggio e sei felice sia quando sei giù e sai che puoi solo risalire.”

In Stuntman si sente tanto lo spirito di rivalsa e rivincita di cui parli. 

“Lo spirito è quello e credo sia un simbolo che appartiene agli umani, per me forse è più una qualità femminile quella di sostenersi a vicenda che si ritrova anche in Fuori di testa con Giorgieness, che parla proprio di rivincita delle ragazze. Questo valore di supportarsi a vicenda e poi di aiutare a trovare delle soluzioni che magari il tuo cuore, i tuoi occhi in quel momento non vedono, ma la musica si, e secondo me aiuta tanto. Tante volte vuoi sentire una canzone che ti aiuti a farti prendere bene la giornata piuttosto che magari ascoltarne una che rispecchi il tuo stato vitale di quel momento, quindi quello di voler piangere e goderti solo la tristezza. Nel nostro album non ci sono pezzi puramente tristi, tentiamo sempre un po’ di girarla come un “Ok, va tutto di merda però so che in qualche maniera ce la farò”. Penso che per i ragazzi sia più difficile fare questo lavoro tra amici, ci si sostiene in maniera diversa, noi ragazze abbiamo molto scambio su questi argomenti emotivi e di sostegno per incoraggiarci con accezioni forse più profonde. Anche tra Bambole noi quando viviamo dei momenti no o dei momenti difficili parliamo molto tra di noi e sentiamo di sostenerci ognuna con il proprio carattere, facendo squadra. Si tratta di sorellanza ecco.”