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Il ritorno di Tota, un cantautore in costante evoluzione

Tommaso Tota, di origini umbre, si è avvicinato alla musica negli anni di studio all’università di Bologna, cominciando a scrivere le sue prime canzoni. Dopo una necessaria gavetta fatta di demo caricate sul web e registrazioni chitarra e voce, ha esordito live in apertura ad artisti come Gazzelle, Carl Brave, Franco 126 e Galeffi. A gennaio 2019 è uscito il suo primo album ufficiale per l’etichetta Grifo Dischi, Senzacera , caratterizzato da sonorità elettroniche ma, allo stesso tempo, in grado di rendere onore alla tradizione cantautorale italiana.

Oggi Tota è torna in grande stile, confermando ancora una volta le sue capacità autorali e alzando l’asticella anche in ambito produttivo con Gli Anni Che Ho è il suo nuovo singolo.

Gli Anni Che Ho segna una netta evoluzione sonora rispetto al passato per l’autore, che si è avvalso di una produzione più a fuoco, capace di mostrare ancora più sfaccettature dell’anima artistica dell’autore. Tota dimostra così di aver intrapreso un percorso di evoluzione e cambiamento, mostrando nuovi lati di sè.

Abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con lui per parlare un po’ di questa nuova avventura e per ripercorrere la sua carriera artistica. Ecco cosa ci ha raccontato. 

 

Ciao Tommaso! Innanzitutto ripercorriamo un po’ il tuo percorso: come ti sei avvicinato alla musica e cosa ti ha spinto poi a diventare un cantautore?

Ciao! Mi sono avvicinato alla musica già nel periodo delle superiori e scrivevo testi su delle basi rap, senza però che mi venisse in mente di pubblicare qualcosa. Sono andato, poi, a vivere a Bologna per studiare all’università e un giorno ho voluto imparare a suonare la chitarra. Me la sono fatta prestare dalla mia ex ragazza e ho cominciato ad esercitarmi sempre di più, finché non mi sono venuti degli spunti di scrittura e di canto. Da qui in poi hanno cominciato a nascere delle mini-canzoncine, con accordi molto semplici, finché la scrittura è entrata a far parte della mia quotidianità.

 

Quali sono stati gli ascolti che ti hanno maggiormente influenzato nel corso della tua carriera?

Non vorrei essere banale dicendo che ascolto un po’ di tutto ma sicuramente spazio tra cose molto diverse tra loro. Il mio cantautore di riferimento senza dubbio è il grandissimo Fabrizio De Andrè. Sono comunque capace di passare dal rap a Enrico Ruggeri, da Adriano Celentano ai Beatles, che ultimamente sono diventati un mio ascolto quotidiano. Quindi ho influenze molto varie ma se devo sceglierne solo uno ti posso dire che De Andrè è sicuramente colui che mi ispira di più quando è il momento di scrivere.

 

Oggi esce Gli anni che ho, il tuo nuovo singolo. Ci racconteresti come è nato e di cosa parla?

Il brano è nato quasi tutto in un pomeriggio di malinconia, non dettata da una delusione amorosa, ma frutto di una riflessione sullo scorrere del tempo e degli anni: infatti, ogni giorno mi accorgevo che le giornate trascorrevano inesorabili e mi sto avvicinando anche io ai 30 anni. Dunque il brano è una considerazione sul tempo che passa e sull’eccessiva importanza che diamo alle cose futili rispetto alle vere difficoltà. Quando abbiamo un problema lì per lì a noi sembra enorme per poi accorgerci che in realtà non lo è poi così tanto.

 

Rispetto al tuo primo album è evidente una netta evoluzione nelle sonorità, che qui si fanno ancora più raffinate e mature. Come ti sei approcciato stavolta alla fase di scrittura e di produzione?

Per quanto riguarda la scrittura, avvenuta chitarra e voce, il mio approccio è stato simile a quanto ho sempre fatto. La vera novità sta nella produzione artistica del pezzo e nel lavoro in studio. Per il mio primo album non avevo alle spalle esperienze di registrazioni professionali e, di conseguenza, sembrava tutto bellissimo ed entusiasmante. Avevo anche poca conoscenza di come sarebbe potuto suonare un brano, affrontando il tutto molto genuinamente, mentre in questo caso mi sono approcciato con molta più consapevolezza. Ciò che ha fatto la differenza è stata la scelta di suonare tutto dal vivo, utilizzando anche strumenti “reali” in grado di dare maggiore calore. Nell’album precedente la batteria era totalmente elettronica e programmata al computer, stavolta è suonata e si sente. Anche le chitarre hanno un feeling completamente diverso, molto più naturale, sono quasi grezze e ho, inoltre, cambiato la tonalità del mio cantato rispetto ai lavori precedenti, cercando di osare un po’ di più. 

 

Mi ha colpito molto anche l’artwork del brano, un disegno davvero originale. Come lo hai scelto? 

L’artwork è stato realizzato da Evelyn Furlan, una ragazza molto brava scoperta da Enea di Grifo Dischi, la mia etichetta. Aveva visto queste illustrazioni un po’ strane e particolari, in cui si vedono persone deformate nelle proporzioni del volto, il che è perfetto per accompagnare il tema del brano, il trascorrere degli anni e i conseguenti minimi cambiamenti che nel tempo emergono sulla nostra pelle. C’è una rappresentazione quasi satirica dell’individuo nei suoi lavori e questo mi ha colpito molto. I disegni di Evelyn sono belli e spiazzanti e accompagneranno anche il resto delle mie prossime pubblicazioni future, stiamo lavorando a illustrazioni dedicate ad ogni singola fase, dalle copertine fino a comprendere la scenografia live.

 

Tota Cover

 

Vorrei fare con te una riflessione generale sul panorama musicale indipendente e cantautorale italiano di oggi per quella che è stata la tua esperienza. Quali sono le tue impressioni e com’è fare il cantautore nel mercato odierno?

Quando si parla della musica indipendente che sta avendo successo nell’ultimo periodo io non mi sento di poter essere inserito totalmente in questa categoria. Ho cominciato a pubblicare le mie prime cose quattro anni fa su YouTube, quando gran parte dell’underground oggi diventato popolare si esprimeva lì rimanendo molto più di nicchia, mi viene in mente il primo Gazzelle, ad esempio. Quindi un po’ di gavetta sento di averla fatta, in un periodo in cui mancavano certe strategie di comunicazione che vengono utilizzate oggi. La scena musicale italiana attuale, a mio parere, è composta in parte da persone che lo fanno solo per il successo, cosa che si capisce subito ascoltando i brani, ma anche, fortunatamente, da tante persone sincere. Quando io mi approccio a un pezzo non parto mai con l’intenzione di farlo “indie”, parola che non mi piace molto, invece spesso certi testi sembrano scritti appositamente per essere inseriti nella categoria e non apprezzo questa mancanza di sincerità. La scena per certi versi si sta saturando, artisti che fino a pochi anni fa non erano conosciuti oggi sono arrivati fino ai palasport e adesso è un po’ il nostro turno di far cambiare idea alle persone che pensano che ormai si scriva solo di amori finiti male. In ogni caso se da questo mondo escono cantautori che si esprimono con la propria arte non posso che esserne felice, mi fa piacere vedere che si tratta di un periodo fertile per la musica indipendente. Io sono il primo a non avere un percorso di studi musicali alle spalle, quindi chi sono io per dire “non fatelo”?

 

Che programmi hai per il futuro? Ci puoi anticipare qualcosa sull’album e sui live?

Sicuramente usciranno altre canzoni molto diverse da come il mio pubblico si è abituato, influenzate tutte dal mood presente nell’ultimo singolo. Per quanto riguarda il live ci saranno degli appuntamenti ma non a breve, bisognerà aspettare ancora un po’. Però le cose nuove ci sono, ce le abbiamo pronte e non vediamo l’ora di farle ascoltare a tutti!

 

Filippo Duò

 

IDAYS 2020: i FOO FIGHTERS sono gli headliner della giornata del 14 giugno!

FOO FIGHTERS
DOMENICA 14 GIUGNO 2020 – MILANO
MIND Milano Innovation District (area expo)

I-DAYS Milano 2020
si conferma una delle edizioni più belle e attese di sempre!
Dopo i System of A Down e Kornil 12 giugno e Billie Eilish il 17 luglio, ora è la volta dei FOO FIGHTERS. La band americana salirà sul palco del MIND Milano Innovation District (area expo) nella giornata di domenica 14 giugno 2020.I biglietti per la data saranno disponibili per l’acquisto in anteprima a partire dalle ore 10.00 di lunedì 25 novembre 2019 per i possessori di carte Intesa Sanpaolo sul sito www.ticketone.it/intesasanpaolo(per 48 ore). La messa in vendita generale partirà invece dalle ore 11.00 di mercoledì 27 novembre su www.livenation.it, www.ticketmaster.it e www.ticketone.it.Fin dal loro esordio nel 1995, i Foo FightersDave Grohl, Taylor Hawkins, Nate Mendel, Chris Shiflett, Pat Smear e Rami Jaffee – hanno consolidato il loro status come l’ultima grande rock band americana in grado di conquistare le arene e gli stadi di tutto il mondo. Durante la loro carriera hanno vinto 12 Grammy Awards e venduto milioni di dischi in tutto il globo. Sono entrati nella storia della musica grazie a brani come “This Is A Call,” “Everlong,” “Monkey Wrench,” “My Hero,” “Learn To Fly,” “All My Life,” “Times Like These,” “Best Of You,” “The Pretender,” “Walk,” “These Days,” e “The Sky Is A Neighborhood”.
Il catalogo monumentale dei Foo Fighters include gli album “The Colour and the Shape”, “There Is Nothing Left To Lose”, “One By One”, “In Your Honor”, “Echoes, Silence, Patience and Grace”, “Wasting Light” e “Sonic Highways”, che da il titolo anche alla docu-serie targata HBO, diretta dallo stesso Dave Grohl e vincitrice di due Emmy Awards. L’ultimo album risale al 2017, “Concrete and Gold”, che include il brano “Run”, premiato ai Grammy Award come ‘miglior canzone rock’.
Dopo aver completato il loro tour iniziato nel 2017 nei principali stadi, arene e festival di tutto il globo, i Foo Fighters si sono dedicati alle registrazioni del loro nuovo disco, il decimo della loro carriera.I-DAYS 2020 si tiene nello stesso spazio che nelle scorse stagioni ha accolto Eminem, Pearl Jam e Imagine Dragons, al MIND Milano Innovation District – Area Expo, una zona verde specifica attrezzata per i grandi concerti, altamente qualificata e dotata di tutti i servizi: treno e metropolitana che la collegano al centro di Milano, parcheggi, servizi igienici residenti, un’ampia zona food & beverage con una vasta e variegata offerta di cibi e bevande, anche vegetariani e vegani. Un ambiente adeguato per accogliere nel miglior modo il pubblico della musica live internazionale.

Virgin Radio è la radio ufficiale.

Intesa Sanpaolo: nel 2020 la banca offrirà ai propri clienti altre sorprese legate a questo festival, nell’ambito del programma Reward.

Scarica l’APP ufficiale di I-DAYS, disponibile per Android e iOS > hyperurl.co/idaysapp per non perderti nessuna sorpresa!

Per tutte le informazioni sui biglietti e i pacchetti visitare: https://idays.it/it/tickets

www.idays.it

Ufficio Stampa Live Nation Italia:
giacomo.vitali@livenation.it

Per ulteriori informazioni sulla data italiana:
LIVE NATION ITALIA
(TEL. 02.53006501; info@livenation.it)
www.livenation.it

 

Sleeping With Sirens @ Alcatraz

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• Sleeping With Sirens •

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+
SHVPES
Holding Absence
Palisades

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Alcatraz (Milano) // 21 Novembre 2019

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Foto: Elisa Hassert

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Palisades

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Holding Absence

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SHVPES

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Ron Gallo @ Circolo Ohibò

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• Ron Gallo •

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+
Chickpee

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Circolo Ohibò (Milano) // 20 Novembre 2019

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Foto: Annalisa Fasano

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Chickpee

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Backstage

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A EMERGO il live multisensoriale di Mr Everett

Mr Everett rappresenta un elemento di assoluta innovazione e diversità nel panorama italiano e non solo. La sua particolarità è quella di essere un progetto ibrido, dall’identità collettiva che sfugge alla tradizionale definizione di “band elettronica”, identificandosi piuttosto come live show performativo. 

Il concept alla base del progetto ruota attorno alla storia del cyborg Rupert e dei suoi compagni Mr Owl, Mr Fox e Mr Bear, Umanimals un po’ animali e un po’ umani. La compiutezza della loro proposta artistica si raggiunge prendendo parte ad un live: dal vivo sono in grado di creare un’esperienza audiovisiva, sensoriale e immersiva a 360°. L’interazione fisica di Rupert e il pubblico è uno dei momenti più forti e coinvolgenti delle performance. L’impianto scenico del progetto stravolge lo spazio del palco trasformandolo in una vera e propria dimensione parallela, tra il dancefloor del club e lo spettacolo audiovisivo completo di proiezioni, fumo e luci.

Il loro primo lavoro è l’EP Uman, del 2017, dalle sonorità sperimentali e internazionali, dove già possono scorgere i semi del futuro dei Mr Everett. Nel 2018 è uscito il primo album Umanimals, che ha portato avanti il loro racconto visivo e sonoro, ribadito in seguito anche nel nuovo brano Keep Breathing, ideale prosecuzione del disco. 

Il 27 novembre si esibiranno con Daykoda e Venerus nell’ultima giornata di EMERGO – Correnti per cambiare rotta, festival di installazioni, performance artistiche e musica che si terrà a Cesena nel corso di tutto il mese di novembre. EMERGO vuole dare la possibilità di organizzare attività culturali, di esplorare luoghi e spazi in apparenza decadenti o, al contrario, percepiti come inviolabili, un’attività intergenerazionale per cercare nuove rotte o, almeno, abbandonare un porto sicuro, non troppo al largo e guardando sempre il proprio faro. 

Per l’occasione abbiamo deciso di parlare un po’ con loro, approfondendo l’immaginario alla base del progetto e la loro personalissima idea di live. Ecco cosa ci hanno detto. 

 

Ciao, ci raccontate un po’ come è nato e come si è evoluto il progetto Mr Everett?

“Mr Everett è un progetto performativo a 360 ° che nasce dalla nostra idea comune di raccontare il rapporto tra umano, tecnologia e ambiente circostante (inteso come natura). Tutto è nato dalla macchina: il cyborg Rupert è stato costruito nel 2015 e da li tutto è cominciato. Mr Everett è figlio anche delle nostre esperienze pregresse nella danza, nella musica e nel teatro. Durante questi quattro anni di attività abbiamo collaborato con moltissimi artisti nei campi più disparati: dal design, alla danza contemporanea, all’illustrazione e persino la pittura. Come Mr Everett abbiamo sempre voluto far coesistere i numerosi input che ci dava il rapporto con la tecnologia.”

 

Il vostro immaginario visivo è senza dubbio di forte impatto, cosa lo ha ispirato?

“Gli immaginari visivi di riferimento sono numerosi, ma principalmente legati alle graphic novels: dai manga giapponesi come Ghost in The Shell, Neon Genesis e Akira, ai fumetti di Moebius e Dylan Dog. Non a caso in Umanimal – il nostro primo album – ogni pezzo è accompagnato da una tavola specifica, realizzata da Fabio Iamartino (in collaborazione con Grifo Dischi e Dischirotti), che rappresentava graficamente il racconto del brano. Durante i nostri live, i visuals, curati da Mr Bear sono parte integrante della storia: permettono a Rupert e gli Umanimals di ‘entrare’ in un ambiente diverso per ogni canzone.”

 

L’anno scorso, come avete anticipato, è uscito il vostro primo album, Umanimal, basato su un concept narrativo molto particolare, ce lo spieghereste?

“Umanimal contiene alcuni concetti che vorremmo comunicare come Mr Everett: il rapporto tra umano e natura, come quello tra umano e tecnologia, evitando di mettere l’uomo al centro. I brani parlano del viaggio di Rupert, un cyborg. In un mondo martoriato da un’umanità confusionaria e parassita, il cyborg Rupert viene inviato in un’altra dimensione per scoprire una via alla vita differente. Si risveglia qualche tempo dopo, incontrando gli Umanimals, suoi discendenti diretti, che decidono di riportarlo sulla terra. In questo viaggio Rupert ri-esplora se stesso, la natura umana e la natura terreste, tentando di capire il suo posto nel mondo.”

 

Ascoltando i pezzi è netta la prevalenza di un sound elettronico ma è possibile individuare anche molte varietà stilistiche, come avete lavorato in fase di produzione?

“Ci hanno definiti ‘post-club’: la nostra musica prende le atmosfere da club e le porta da qualche altra parte. Ogni brano ha una sua coscienza stilistica, che sicuramente si basa su delle sonorità elettroniche. Il lavoro è partito principalmente dalla voce, artificiale e umana. Mr Owl e Rupert comunicano con due vocalità apparentemente sconnesse, ma che si arrampicano l’una sull’altra. La maggior parte dei campionamenti che abbiamo utilizzato sono vocalizzi, originali e registrati. Allo stesso modo abbiamo cercato sonorità orientali, che richiamassero l’immaginario visivo dei manga come in Japanese Safari e Gamelan.”

 

Quali sono state le principali influenze sonore alla base del vostro lavoro?

“Numerose, chiaramente. La dolcezza pop di James Blake, la garage contemporanea dei Disclosure, così come FKA Twigs e The XX, dei quali abbiamo pubblicato una cover mash-up.”

 

È uscito da poco il nuovo singolo Keep Breathing: di cosa parla e come è stato realizzato?

“Keep Breathing è una sorta di saluto a Umanimal e un’apertura verso un nuovo corso di Mr Everett. Rupert è più introspettivo, nuota nel ‘wetware’, un ammasso di liquido e dati che rappresenta la sua mente confusa, e tenta di salvarsi continuando a respirare, tenendosi stretto alle cose che crede di sapere. Nel tempo non lineare di Mr Everett, Keep Breathing può trovarsi prima, dopo o persino durante Umanimal, non ha una collocazione storica precisa. Lo abbiamo mixato e masterizzato con Andrea Suriani, all’Alpha Dept Studio di Bologna, con il quale avevamo anche lavorato per Umanimal.”

 

La vostra forza è sicuramente il live: nei concerti create un’esperienza multisensoriale innovativa. Cosa volete comunicare al vostro pubblico?

“Nell’ottica di unione tra umano e altro, l’artista e il pubblico partecipano a Mr Everett. Il nostro viaggio non è soltanto musicale, come già detto, ma anche visivo e performativo. Rupert si muove tra il pubblico, balla con il pubblico e può essere persino suonato dagli spettatori. La danza, i visuals, la performance e la musica collaborano per rendere l’esperienza più coinvolgente.”

 

Quali sono i vostri progetti artistici per il futuro?

“Dopo quasi quattro anni di concerti abbiamo deciso di prenderci un periodo di pausa – uno stop dalle performance live, per ricaricarci e ricaricare Rupert. Non vogliamo svelare i piani futuri, per il momento preferiamo aspettare in silenzio.”

 

Il 27 novembre suonerete a Cesena in occasione del festival EMERGO. Cosa dobbiamo aspettarci da voi?

“Sarà l’ultimo live del 2019 e poi, come detto, ci prenderemo una meritata pausa. Siamo entusiasti di poter condividere il palco con due artisti speciali come Daykoda e Venerus, come siamo contenti di tornare a Cesena, dove abbiamo un rapporto duraturo con i ragazzi del Vista Mare che organizzano EMERGO. I nostri live sono sempre pieni di sorprese, quindi vedere per credere!”

 

Filippo Duò 

The Notwist @ Spazio Diamante

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• The Notwist •

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Spazio Diamante (Roma) // 19 Novembre 2019

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Foto: Simone Asciutti

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Grazie a DNA Concerti

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ReCover #2 – Pink Floyd “The Wall”

• Diario di un fallimento (?) •

Lavorare su un album come The Wall significa soffrire insieme a Pink, il suo protagonista. Una sofferenza che nel mio caso si è dilatata anche per la reinterpretazione della copertina.

Gerald Scarfe è un artista prolifico, in quanto nasce come vignettista e il suo tratto nervoso ne è la prova: graffia la carta creando personaggi folli, l’inchiostro diventa espressione di satira.

Scarfe non era affatto un fan dei Pink Floyd, fino a quando dopo averli visti in concerto a Finsbury Park nel ‘72 per il The Dark Side of the Moon Tour non se ne innamorò.

E così iniziarono a collaborare per video musicali, tournée e animazioni teatrali fino ad approdare a The Wall, il concept album più intimo di Roger Waters in cui si riversavano tematiche sull’isolamento e l’abbandono, e Scarfe sembrava essere la persona più adatta a dare vita all’universo visivo di The Wall creandone una mitologia ben precisa: abbiamo personaggi come la mamma, il maestro, l’ex moglie, il giudice, i martelli che abitano un paesaggio totalmente artificiale e oscuro.

Per contro la cover, definita da lui stesso un doodle, è quasi minimale, il muro di mattoncini bianchi che avvolge l’intero album è sporcato da una scritta aggiunta frettolosamente in via provvisoria solo per le pressioni della produzione, ma che alla fine è rimasta così, diventando iconica. 

Ma Scarfe non si è limitato al booklet: ha espanso questo mondo, che oscilla tra il surreale e il grottesco, occupandosi delle animazioni di Pink Floyd The Wall, il film del 1982 diretto da Alan Parker.

Ed ecco che per me le cose iniziano a complicarsi: come fare a racchiudere in una sola illustrazione tutto questo?

Come rielaborare un panorama visivo già così ricco, di cui è stato già detto tutto?

Come posso approcciarmi ad un animo così lontano dal mio dal punto di vista creativo?

“Is there anybody out there?”

Questa è l’eco che ha risuonato dentro di me per settimane: un vuoto densissimo mi ha paradossalmente imprigionato dentro a The Wall.

Ogni volta che guardo la cover un senso di angoscia mi assale: nell’osservare ogni mattoncino bianco penso a Pink, a come inesorabilmente, brano dopo brano, questi tasselli si siano posati l’uno sull’altro, fino a creare una parete così candida e ordinata da nascondere alla perfezione il mondo corrotto e sofferente in cui vive il protagonista, un ossimoro che ne amplifica la risonanza emotiva.

Ogni volta che ho tra le mani l’album mi chiedo da che parte del muro io stia: ma dalle prime note mi è subito chiaro.

La mia testa, piena di stimoli e informazioni, stava per esplodere senza riuscire a produrre alcunché, mentre la scadenza si avvicinava insieme al mio fallimento.

Ogni sketch corrispondeva ad un mio “no”, tutto troppo teatrale, tutto troppo tragico, troppo diverso da me o troppo uguale a ciò che già esisteva. 

Gerald Scarfe, un visionario iper-produttivo mi guardava dall’alto soffrire della sindrome opposta. 

Così mi sono fermata un attimo a pensare a cosa veramente mi è rimasto dentro di The Wall: ed è proprio il misto di impotenza, inquietudine e speranza delle parole “is there anybody out there”. 

Ho pensato allo stato d’animo di Pink che cerca la presenza di qualcuno sebbene sappia di essere solo.

Solo con un se stesso in subbuglio, irriconoscibile sia internamente che esternamente, e che mi ha subito riportato alla mente gli autoritratti di Francis Bacon e Edvard Munch, artisti che hanno esplorato largamente i territori della depressione esistenziale.

E così nella mia mente hanno iniziato a sovrapporsi alle illustrazioni di Scarfe le figure dei due artisti tormentati e le pennellate espressive dei loro dipinti, così come il volto di Pink interpretato da Bob Geldof, e quello di Syd Barrett, che come un fantasma aleggia per tutta la durata dell’ascolto.

La mia illustrazione non rappresenta affatto The Wall nella sua interezza, men che meno ha la pretesa di replicare lo stile di Scarfe: è solo una mia interpretazione di una dalle tante sfaccettature dell’album.

Però credo sia giusto ricordarsi più spesso, di questi tempi così affannosamente sempre di corsa, che fermarsi, talvolta fallire rispetto alle proprie aspettative è umano.

E va bene così.

 

recover 2 the wall

Calcutta @ San Marino

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• Calcutta •

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Tour Europeo 2019

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Teatro Nuovo (RSM) // 19 Novembre 2019

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+
Gregorio Sanchez

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Foto: Luca Ortolani

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Gregorio Sanchez

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Grazie a Fun4All | DNA Concerti

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MÖTLEY CRÜE IS BACK! LA FAMOSISSIMA ROCK BAND FA DECADERE L’ACCORDO DI CESSAZIONE ATTIVITÀ LIVE!

A sei anni dall’accordo che prevedeva la cessata attività live, il contratto è stato ufficialmente annullato, una nuova generazione di Crüeheads ha infatti chiesto insistentemente che la band tornasse sui suoi passi… A questo va poi aggiunto il successo del biopic di NETFLIX THE DIRT”, che ha dato ai Mötley Crüe una nuova audience. E la band, conosciuta per il suo essere costantemente contro le regole ha distrutto il contratto di cessata attività live a modo suo, facendolo esplodere!
Dopo 35 anni passati insieme sui palchi di tutto il mondo e 30 dalla pubblicazione di “Dr. Feelgood”, i membri dei Mötley Crüe non si sono più rivolti parola, fino al Final Show del 31 dicembre 2015. Vince, Nikki, Mick e Tommy non si sono più incrociati fino al 2018, anno in cui diedero il loro apporto alla realizzazione del film THE DIRT, che inaspettatamente li ha avvicinati di nuovo, incluso vederli tornare nello studio di registrazione… La miccia era accesa. 

“Da quando ho interpretato la figura di Tommy Lee in The Dirt, moltissimi dei nostri fan hanno iniziato a chiedere di voler assistere a un vero show dei Mötley Crüespiega Colson Baker (aka Machine Gun Kelly) “Non avrei mai pensato che questo giorno potesse davvero arrivare… Ma i fan hanno parlato e i Mötley hanno ascoltato!”.  

THE DIRT gode attualmente di un punteggio pari al 95% su Rotten Tomatoes. E il suo enorme successo globale all’inizio di quest’anno ha visto la popolarità dei Mötley Crüe arrivare a nuovi massimi, catapultando la musica della band in cima alle classifiche mondiali nella fascia d’età 18-44 che ora rappresenta il 64% della fanbase della band. Inoltre, nei sei mesi successivi al rilascio di THE DIRT, i Mötley Crüe hanno visto un aumento del 300% nei flussi di ascolto via Spotify, passando da 50 milioni a 210 milioni. Stessa situazione per quel che riguarda Apple Music sono aumentati del 384% a 116 milioni (rispetto ai 24 milioni precedenti) nello stesso lasso di tempo. Tuttavia, la maggior parte dei nuovi fan non ha mai visto nessuno dei leggendari spettacoli dal vivo che i Crüeheads hanno gustato per quasi 4 decenni.

Charli XCX @ Fabrique

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• Charli XCX •

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Fabrique (Milano) // 18 Novembre 2019

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Foto: Elisa Hassert

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ZEBRAHEAD A BOLOGNA IL 27 DI GENNAIO!

Hellfire Booking presenta:

Zebrahead
http://www.zebrahead.com/

Che ne direste di rendere gennaio ancora più bollente?
Hellfire Booking ed Erocks Production sono orgogliose di annunciare gli Zebrahead!

13 album in studio, 25 anni di carriera e concerti sold out in tutto il globo: il punk rock degli Zebrahead catapulta tutto ciò che incontra in un’altra dimensione. Con nientedimeno che feature in videogiochi e nel mondo del wrestling, i vocal hip hop di Ali Tabatabaee coronano il sound degli Zebrahead rendendolo ancora più elettrizzante ed imprevedibile, un vortice d’energia assolutamente sconvolgente.

Gli Zebrahead verranno a trovarci per una data a Bologna questo gennaio. Cominciate l’anno nel modo giusto!

27 GENNAIO | LOCOMOTIV CLUB, BOLOGNA
Evento Fb:
 https://www.facebook.com/events/755390871609330/

 

Per informazioni:

www.hellfirebooking.com
info@hellfirebooking.com

Gerolamo Sacco ha fatto un viaggio in Mondi Nuovi

Gerolamo Sacco inizia la sua carriera come DJ a soli 19 anni. Dopo la laurea in Storia della Musica Moderna e Contemporanea fonda nel 2007 Miraloop, la prima casa discografica creata da musicisti. Mondi Nuovi è il suo secondo album da cantautore uscito quest’anno per Miraloop.

 

È uscito il tuo nuovo concept album Mondi Nuovi. Cosa racconta?

Mondi Nuovi è una storia, è un racconto che va dalla prima all’ultima traccia, per questo lo abbiamo definito un concept album. Sono 15 canzoni disposte non casualmente la cui narrazione ha diversi piani di lettura, cosa che tra l’altro si ritrova spesso nei racconti e nei film di fantascienza, e in effetti è la storia del viaggio spaziale di una persona (che chiameremo M). M si trova sulla Terra per le prime tre tracce, vive in una società che è quella che è e i suoi sogni sono molto difficili come anche il rapporto che ha con un’altra persona (che chiameremo N). Infatti, nella terza traccia Momo (Qui), i due si lasciano e M decide di partire con un’astronave e di fare un viaggio per cercare nuove energie nello spazio. Da lì in poi inizierà a scoprire delle cose di sé stesso che non aveva messo in conto e la sua personalità si formerà e cambierà gradualmente. M parte da una situazione in cui c’è un problema, come quello di una storia finita, per cui vuole mollare tutto, però durante il viaggio e grazie ai mondi che scoprirà, arriverà a ricercare la bellezza e la serenità e questo cambierà i suoi valori, i suoi presupposti: quando M sarà nello spazio, incontrerà di nuovo N ed avrà tutta un’altra consapevolezza. Per cui ci sono due narrazioni parallele: una del viaggio di fantascienza e l’altra delle tematiche che vengono raccontate nel disco.  Quello che ho trovato bello è che ogni ascoltatore ci mette del suo, in base alle proprie esperienze e quindi questo album diventa una crescita, un percorso diverso per ogni persona.” 

 

Nel singolo Casa Mia scrivi “E mastico le rime che di notte appaiono”. In effetti molti dei tuoi testi sono in rima o comunque contengono assonanze. C’è un motivo particolare per cui scegli di scrivere in rima? E dunque componi maggiormente di notte?

“Si, compongo maggiormente di notte, non per scelta ma perché di notte mi viene più facile in quanto non ho distrazioni. Con il lavoro che faccio ho tempo di gestirmi le cose come voglio ma durante la giornata è un continuo succedersi di eventi, invece di notte capita che hai delle ore consecutive dove non hai distrazioni. E secondo me la prima condizione che uno deve cercare per essere creativo è l’assenza del tempo e dell’influenza esterna. E questo di notte viene naturale perché si perde un po’ la percezione del tempo. Di notte è più facile.
Per quanto riguarda le rime è una questione musicale. Vado a ricercare la rima perché la trovo bella musicalmente; mi piace quando c’è musicalità e la rima spesso aiuta.” 

 

L’amore per gli altri e per sé stessi sembra essere un filo conduttore nelle tracce del tuo album. È l’amore che muove tutto?

“Mmmhhh… Si, è forse la cosa più importante. Non è l’unica tematica, però è un filo. In Deserto, M parte con l’astronave, viene scagliato nel vuoto e la prima cosa che vede è il primo mondo: il deserto, non quello da cui è partito ma il deserto dentro sé stesso. Quella traccia parla per esempio di questo lato dell’amore, quello per una persona e quello per sé stessi, parla della capacità di guardarsi dentro e di accettarsi per quello che si è. In Casa Mia c’è l’amore per la società, nonostante noi umani siamo un disastro, in Stelle Dipinte (che sarà il secondo singolo) c’è l’amore per i sogni e per i rapporti, in Momo (Qui) c’è l’amore per una persona… in ogni traccia c’è un diverso tipo di amore. Non voglio essere banale ma è un po’ come dici tu: l’amore muove tutto se letto in questo modo.” 

 

Ci puoi dire due parole sulle collaborazioni presenti nel disco? Come sono nate?

Virginia Paone ha suonato la chitarra e alcuni testi li ho scritti in collaborazione con Senatore Cirenga che è il progetto cantautorale di Jacopo di Donato. È tutto nato all’interno di Miraloop, infatti con alcuni artisti con cui si lavora, si instaura un rapporto anche creativo. Avevo già sentito Senatore Cirenga dal primo pezzo pubblicato con Miraloop, Il Banco Vince, e ho detto “lui è un genio, facciamo qualcosa insieme”. Avevo già qualche idea sviluppata e lui da linguista mi ha aiutato a scrivere diverse tracce. Oltretutto è la prima volta che mi capita di lavorare sui testi insieme ad un’altra persona.” 

 

Mondi Nuovi è uscito per Miraloop, casa discografica che hai fondato nel 2007 insieme a Niccolò Sacco e Michele Casetti. Com’è farsi da produttore e quanto è importante la libertà di espressione nella musica? 

“La libertà è tutto. È il valore fondante di Miraloop e io lo applico meglio che posso. Secondo me quando fai queste cose, se le fai senza libertà di espressione non vale la pena neanche farle. Quando impari a fare il produttore, bene o male impari a lavorare su ogni genere e a valorizzare tutto. Nel mio progetto mi diverto però a fare qualcosa che è un po’ rischioso ma io lo adoro, e cioè cerco di valorizzare testo e traccia, facendo cose che non ho mai sentito. Forse i Mondi Nuovi lo sono un po’ anche musicalmente. Questo fatto nell’ascoltatore può creare un effetto strano ma ogni pezzo è come se fosse un genere a sé: Cinema è come una traccia di progressive rallentata in italiano, alcune canzoni sono rock anni ’70… Insomma, hanno dei riferimenti ma sempre creando mondi diversi. Da produttore di me stesso mi diverto a giocare su queste cose. La difficoltà è sicuramente l’obiettività, infatti chiedo sempre consigli soprattutto ai non addetti ai lavori perché non mi fido di me stesso.”

 

Dove porterai questo album live? Hai concerti in programma?

“Mi sto preparando e vorrei portarlo live in acustico (chitarra e voce, pianoforte e voce) o alternato alle basi, per dare una visione diversa delle canzoni. Volevo staccare un po’ la parte della produzione del disco su cui ho molto lavorato e portare dal vivo una cosa diversa.” 

 

Curiosità: nella tua pagina Facebook, tra i tuoi interessi si legge “tarocchi”. Puoi dirci qualcosa su questa passione?

“In realtà non sono un appassionato di tarocchi in senso stretto. Mi piace la simbologia che c’è dietro, che è quella dei quattro elementi. Quando è stata fondata Miraloop, abbiamo creato una realtà capace di lavorare su qualsiasi tipo di creatività in quanto vogliamo lasciare libertà di espressione illimitata. Quindi non potevamo fare delle etichette di genere che connotassero in partenza le produzioni. Ho cercato un po’ in giro e ho letto che gli antichi dividevano in quattro qualsiasi cosa dello scibile umano. Per esempio, nei tarocchi ci sono i quattro semi conosciuti che rappresentano quattro modi diversi di vivere e vedere la vita. Per cui abbiamo fatto le etichette di Miraloop secondo questa divisione e ci abbiamo preso; corrispondono ai simboli di istinto, emozioni, ricchezza e bellezza, e sperimentazione. Leggere Jodorowsky mi ha aiutato a delimitare tutte queste cose qua. Quindi l’interesse per questo mondo è molto legato al progetto di Miraloop.”

 

Cecilia Guerra