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BAY FEST • DAY 1

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BAY FEST
12•13•14 August 2018
Parco Pavese | Beky Bay | Bellaria Igea Marina (RN)

 

DAY 1

Lagwagon

Mad Caddies

The Lillingtons

BeerBongofficial

Forty Winks

Duracel

Why Everyone Left

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]La rassegna ritrova slancio e stimolo rinnovato. La partecipazione sui social dei fans è una pentola che bolle, pronta letteralmente ad esplodere in un delirio di Punk Rock e goliardia. L’entusiasmo si sente, si tocca, anche per chi, di certe band nel corso degli anni ne ha davvero fatto avide scorpacciate.

Il Day 1 parte con il clima degno della migliore estate adriatica.

La California catapultata in Romagna, le vecchie compagnie si ritrovano per l’evento dell’anno, i fegati mettono elmetti e scudi, i ragazzi di “Adottare soluzioni punk per sopravvivere” sono la stella cometa sopra un presepe targato Bay Fest!

Ore 18:30, si parte, fuoco alle polveri.
Molto bene il poker italiano Why Everyone Left giovani e convinti, idee chiare e sorriso spensierato, sognando grandi traguardi tengono bene il palco e la pressione nell’aprire il festival.

I Duracel oramai non si nascondono dietro l’etichetta di giovane promessa, anzi, la compattezza e la solidità nel tenere la scena è davvero arrivata alla maturità piena. Freschi del nuovo disco Supermarket chiudono in grande stile con Branca Day dei Derozer col guest Spazza alla chitarra.

Per i Forty Winks ho avuto diversi vecchi flash, vecchie memorie e vecchie scorribande notturne. Nella mia testa vagano le compilation di PuNK e Rock Sound, riaffiorano sonorità punk, blues, psichedelia, innovazione e strette di mano alle radici della musica. Un bel “sentire” insomma. Dopo anni i ragazzi di Bologna rendono onore e amplificano l’entusiasmo del mio ricordo e non solo.

I Beer Bong catapultano il crocevia italiano al passo coi contenuti esteri. Intensità e dedizione alla metrica più esigente, niente di nuovo per chi aveva già dimostrato di sapere suonare bene 15 anni fa.

Mi defilo per decomprimere fino al momento dei Mad Caddies. Dentro questa alchimia di fenomeni ci vive tutta l’esperienza e la qualità del firmamento new school. Perché mescolare e tenere diversificati svariati stili non è cosa da poco e ci hanno provato in diversi.

In molti, per l’esattezza, senza avere l’impatto, la spinta e la poliedria che i ragazzoni di Santa Barbara tengono saldamente in pugno. Chi si aspetta però uno show devoto alle influenze reggae con conseguente trasporto mistico viene smentito.

La scaletta è un giro sulle reti elastiche: pogo, danza, respiro, sorriso, rabbia, pirati, ska, reggae, birre e occhiali da sole!

Semplicemente Magia.

Chiude il Day1 la leggenda del punk rock californiano.

Targati 1990 i Lagwagon mi emozionano come la prima volta, la montagna russa di intenti e melodie si assorbe tutta, non solo nella smisurata differenza d’altezza che divide Chris (chitarra) e Joey Cape.

Scaletta “quasi ” infallibile con tutto il sound, la storia, la memoria e l’attitudine di un colosso. I Lagwagon tracciano un’altro segno chiaro sul cielo della Romagna e che se ne voglia dire… questi più invecchiano e più fanno innamorare.

 

Testo: Vasco Abbondanza

Foto: Daniele Angeli

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BAY FEST • DAY 3

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BAY FEST
12•13•14 August 2018
Parco Pavese | Beky Bay | Bellaria Igea Marina (RN)

 

DAY 3

SUICIDAL TENDENCIES – OFFICIAL

Bad Religion

Millencolin

Nothington

Senzabenza

Edward in Venice

Sunset Radio

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Testo: Vasco Abbondanza

Foto: Daniele Angeli

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BAY FEST • DAY 2

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BAY FEST
12•13•14 August 2018
Parco Pavese | Beky Bay | Bellaria Igea Marina (RN)

 

DAY 2

Dropkick Murphys

Agnostic Front

Booze & Glory

Second Youth

Inarrestabili

TOTALE APATIA

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Testo: Vasco Abbondanza

Foto: Daniele Angeli

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Damien Rice – Wood Water Wind Tour – 22 luglio 2018 – Teatro Romano di Ostia Antica

Damien Simona Panzini

Damien 3 Simona Panzini

 

Un sabato mattina, mentre andavo in spiaggia, ho ricevuto un messaggio che citava: “il tuo accredito stampa per Damien Rice di domani sera a Roma è stato accettato”. Superati i 30 anni, non mi succede spesso di lasciare che il fan boy che vive in me abbia la meglio sull’anziano stanco e voglioso di mare, ma Damien Rice è una delle mie bestie nere, non ero mai riuscito a vederlo e nelle mie dita non c’era più spazio per legarsene un’altra.

Non ho dovuto ragionarla un secondo ed ho risposto a Sara Alice (direttrice di VezMag) con un vocale di cui ricordo solo un cumulo di almeno dodici sentimenti contrastanti sintetizzati in tre secondi, contenente almeno nove volte la parola .

Tra l’altro Sara Alice ha il dono di saper amplificare le emozioni quindi mi ha chiesto di abbandonare l’idea di un articolo formale e di “lasciar correre la penna” dando spazio a tutto ciò che provavo dal viaggio di andata a quello di ritorno dall’Antico Impero, quindi la lunga introduzione e le future divagazioni di questo “diary report”, passano come scelta redazionale.

Best situation ever.

L’estremo “last-minute mode” della missione, complice la mia goffaggine nell’organizzare viaggi e alloggi, mi ha costretto a fiondarmi subito a casa per trascorrere il poco tempo che restava a fare la valigia e cercare trasporti low-cost. La maledizione della bestia nera non si fa attendere troppo e già nella tratta spiaggia-auto spunta come dal nulla una mattonella dal terreno ed è subito pollicione tagliato [vedi foto 1], scarpe e calzini impossibili da indossare.

 

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[foto 1]

 

Ma se è vero che i centurioni han combattuto in sandali, io qualche chilometro senza gladiatori da sconfiggere io posso farlo. Tra poco parlo di musica, promesso.

Nel weekend del 21 e 22 luglio, è stato semi-confermato uno sciopero nazionale dei trasporti ed il mio viaggio ovviamente inizia con un treno. L’ho già detto che non sono un pro con i trasporti pubblici? Ad ogni modo riesco a prenderlo al volo come nei film ma senza applauso, e sbaglio outfit: la t-shirt dei Say Anything a tema ebreo [vedi foto.2] attira l’attenzione di più di un passeggero e le infradito con cerotto nell’alluce, fanno di me lo zimbello del vagone.

 

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[foto 2]

 

Da non sottovalutare la mia faccia con un sorrisetto demenziale stampato dopo essermi reso conto che forse davvero sarei riuscito a vedere Damien Rice. Scrivo a Sara “non ci credo finché non ce l’ho davanti” e proseguo serenamente il viaggio.

Nonostante i trascorsi, le premesse e la voce che in sottofondo spezzava la tranquillità ribadendo, in ogni mezzo di trasporto, la forte possibilità di disagi dovuti allo sciopero, al Teatro Romano di Ostia Antica ci sono arrivato, puntuale e gasatissimo.

Ero così preso nel risolvere uno alla volta i problemi del viaggio che non avevo pensato a cosa mi avrebbe riservato la location. In effetti, sia il nome del teatro che l’artista in questione mi avrebbero dovuto far riflettere ma niente, ho spalancato gli occhi e dato spazio allo stupore solo una volta passato il cancelletto d’ingresso, viaggiando così indietro nel tempo di un paio di millenni.

Rovine antiche, portici, colonne, pilastri, nicchie ed arcate circondano tutto il percorso che porta all’ingresso del teatro, ed io ho marciato a testa alta, mezzo zoppo e vestito da turista sfigato, come se avessi trionfato in guerra.

Questa volta ci siamo, lo sto per vedere.

Il Teatro Romano è qualcosa di pazzesco, la sua vista toglie inevitabilmente il fiato, con il quel sapore antico, la luna splendente, gli alberi dietro al palco, le luci e l’atmosfera che solo Roma sanno dare, infine quei gradoni e quel palco che il concetto di spettacolo lo hanno visto nascere.

 

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Mentre entro e cerco posto a sedere, si sta esibendo tale Gyda Valtysdottir (difficile da scrivere anche con Google e qualcuno che detta), sola con il suo violoncello e fighissima in quel palco illuminato da ciò che resta del sole alle 20:15, come per dire: cercate posto ma con stile.

Da qui passo un’ora abbondante a bocca aperta a pensare, scrivere, fotografare, ascoltare e rendermi conto che ce l’ho fatta. Ai 4000 presenti con tanto di sold-out è sembrato tutto più che normale, a me è parso di vincere la lotteria e dire che di concerti rocamboleschi ne ho visti tanti!

Passa velocemente e soavemente anche la mezzora di Mariam The Believer, che mi da il tempo di riflettere e documentarmi sul perché Damien Rice sia sempre contornato da musiciste donne, scoprendo, dopo una veloce ricerca, la sua affinità con l’universo di arte e femminismo (su Instagram ad esempio segue solo 9 persone tra cui la pagina ufficiale di Frida Kahlo, il MoMA e la Tate Gallery, oltre alle artiste che lo accompagnano dal vivo).

Il mio posto è tra primi davanti, parte l’applauso quando si spengono le timidissime luci, ora mi tocca crederci, ce l’ho di fronte. Non mi perdo in presentazioni o note biografiche, ho già esagerato con le premesse e l’aspettativa che ho cercato di creare rischia di non essere all’altezza del risultato.

Niente di più falso, vado dritto al sodo: Damien Rice mette i brividi, pelle d’oca al primo accordo, la voce è perfetta, la chitarra è volutamente impercettibile, si trema. Non sapevo come aspettarmelo dal vivo, sarà depresso? Sarà uno scorbutico irlandese che a causa del cielo nuvoloso e qualche storia d’amore finita tragicamente ha scritto i tre album più tristi della storia?

Qui Damien mi ha spiazzato, è un giocherellone! Intrattiene, fa battute che non ti aspetti tra una canzone e l’altra, improvvisa, chiede sigarette al pubblico, ne esce con battute intelligenti che ti fanno comprendere ed avvicinare al suo modo di comporre quelle canzoni così intese.

Come promesso continuo a parlare di musica: zero momenti di noia nonostante la sua poca varietà nei suoni, per quasi tutto il concerto si esibisce da solo, alternando chitarra e piano, a volte spingendo sulle dita, spesso lasciando la scena alla voce, penetrante come su disco, forse qualcosa di più.

Se ne sta lì, quasi al buio a strappare applausi a scena aperta con canzoni di una tristezza disarmante e col suo fare impacciato, a volte ricominciando la canzone perché (grattandosi la testa): “ops, sono partito dalla seconda strofa!”. Insomma è impossibile non volere un bene dell’anima a uno così!

Nel finale tornano sul palco le sue girls, formando una quintetto con archi, piano e chitarre per sganciare bombe di lacrime come colpi da KO, “9 Crimes” su tutte, per poi concludere con “The Blower’s Daughter” in versione unplugged a contatto col pubblico. Una coltellata fa male uguale.

Una volta riaccese le luci scatta l’effetto cinema, l’universo Damien si dissolve e si torna con i piedi per terra, 5 minuti di applausi.

È sicuramente difficile fare una valutazione oggettiva di questo concerto ma, per fortuna, non mi viene richiesta, quindi mi limito a consigliare vivamente di compare una stecca di fazzoletti e prenotare il posto per un live di Damien Rice.

Per molti può essere una delle esperienze più malinconiche di sempre, per me si è trattato di felicità allo stato brado.

Grazie di tutto Livenation e grazie a Simona Panzini che ci ha gentilmente concesso a pubblicazione di tre dei suoi meravigliosi scatti della serata.

Alla Prossima.

Stefano “Cece” Gardelli

 

Brujeria

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Brujeira @ Circolo Magnolia // August 6, 2018

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Thanks to Hellfire Booking Agency

 

 

 

 

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MR. BIG

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MR. BIG @ Rock Planet // July 31, 2018

+ Fozzy

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MR. BIG

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Fozzy

 

 

 

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 Foto: Luca Ortolani

 

Thanks to Hub Music Factory e Rock Planet

 

 

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Public Image Ltd

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Public Image Ltd @ acieloaperto – Rocca Malatestiana di Cesena // July 29, 2018

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Thanks to DNA Concerti e Retro Pop Live

 

 

 

 

 

 

 [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

Willie Peyote

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Willie Peyote feat. Frank Sativa @ Verucchio Festival // July 27, 2018

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Thanks to Verucchio Festival e Ponderosa Music & Art

 

 

 

 

 

 

 [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

Punkreas

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Punkreas @ San Marino // July 27, 2018

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Mark Lanegan

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Mark Lanegan @ Verucchio Festival // July 26, 2018

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SETLIST:

 

Death’s Head Tattoo

The Gravedigger’s Song

Hit the City

Sister

Nocturne

Emperor

Deepest Shade
(The Twilight Singers cover)

Bleeding Muddy Water

Riot in My House

One Way Street

Ode to Sad Disco

Harborview Hospital

No Bells on Sunday

Harvest Home

Floor of the Ocean

Come to Me

Death Trip to Tulsa

Encore:
Atmosphere
(Joy Division cover)

 

 

 

 

 

 [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Foto: Francesca Garattoni

 

Thanks to Indipendente Concerti

 

 

 

 

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Black Rebel Motorcycle Club

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Black Rebel Motorcycle Club @ acieloaperto – Cesena // July 23, 2018

+ Queen Kwong

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Queen Kwong

 

 

 

 

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Thanks to Live Nation / Indipendente Concerti e Retro Pop Live

 

 

 

 

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Gogol Bordello

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Gogol Bordello @ Sullasabbia – Beky Bay (Bellaria Igea Marina) // July 20, 2018

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Oggi decido per una “licenza autoconcessa” e mi siedo a scrivere un articolo per un gruppo per il quale ho svolto l’attività di ufficio stampa. In realtà non sono proprio stata parte del loro ufficio stampa, ci ho solo lavorato assieme poiché mi occupo dell’ufficio stampa della LP Rock Events, l’agenzia che ha organizzato il concerto.
Il confine è sottile ma ho comunque deciso che, per una volta, posso comunque concedermi il lusso di scrivere qualcosa a proposito di una serata speciale che in piccola parte ho contribuito a realizzare.
Siamo al Beky Bay a Bellaria Igea Marina e questa sera ci sono i Gogol Bordello in concerto. Anche se chiamarlo concerto è seriamente riduttivo.
Mi permetto anche di patire dalla fine, ringraziando cose e persone, giusto per mantenere un clima da “una tantum”.
Quindi, grazie alla spiaggia e al mare per aver fatto da cornice ad un evento come quello di ieri sera. I concerti al Beky Bay sono sempre magici e tipicamente “profumati” di lieve brezza marina (ma che ne sanno in montagna?).
E grazie anche al tramonto che decide sempre di regalare i suoi colori migliori proprio quando i concerti stanno per iniziare. E poi anche un grazie random per la presa bene generale della situazione.
Tutto questo è ed è stato Sullasabbia, rassegna musicale sulla spiaggia della nostra bellissima Riviera romagnola.
Per inciso, questo non è stato un concerto, piuttosto uno sono show a tutto tondo con otto musicisti sul palco, ognuno con il proprio spazio senza un ingombrante leader che domina la dispoticamente la scena. Durante un concerto dei Gogol Bordello non è insolito infatti vedere la voce principale, Eugene Hütz, nelle retrovie lasciando spazio al violinista e seconda strepitosa voce Sergey Ryabtsev (il mio nuovo idolo, tipo) e alle percussioni e voce di accompagnamento di Elizabeth Chi-Wei Sun. Rispettivamente originari dell’Ucraina, Russia e Scozia.
Assieme a loro anche Pasha Newmer la bielorussa con la fisarmonica, il chitarrista statunitense Michael Bernard Ward, Thomas Gobena dall’Etiopia con un basso da paura (e una simpatia unica), Oliver Francis Charles alla batteria (USA) e Pedro Erazo (Ecuador) alle percussioni.
Invito tutti a leggere qualcosa in più su questo gruppo e ad ascoltare l’intero repertorio.
Seriamente. Fatevi un regalo.
Sul palco con i Gogol c’è il folklore, c’è l’amore per la vita e per ogni cultura del pianeta, in un mix di lingue differenti, di colori e tonalità che in principio spiazzano per poi abbracciarti e farti sentire a casa. Perché appunto i Gogol sono cittadini del mondo e li senti un po’ come dei dirimpettai.
Grazie a Hub Music Factory e LP Rock Events.
E grazie a tutti quelli che erano presenti. Eravamo tanti tanti tanti e l’adrenalina che circolava come fosse una seduta di Reiki di gruppo mi ha reso impossibile addormentarmi fino alle tre del mattino.

Testo: Sara Alice Ceccarelli

Foto: Mattia Celli

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