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Tre Domande a: YLYNE

Come stai vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica? 

Per fortuna sembra che l’attività della musica dal vivo sia finalmente ripresa a pieno regime, o quasi. Negli ultimi mesi sto suonando abbastanza in giro, cosa che non avveniva da tanto. Per il resto, ho vissuto questo periodo assurdo dedicandomi alla produzione di musica (mia e di altri musicisti con cui collaboro), studiando parecchio (in particolare chitarra classica e produzione musicale) e insegnando. 

 

Come e quando è nato questo progetto? 

Il progetto YLYNE è nato nei primi anni ‘10 per dare voce ad una parte di me che fino ad allora non aveva trovato espressione: in quel periodo ero immerso nel jazz, ma avendo una forte passione per la musica elettronica, ho deciso di creare un progetto parallelo che esplorasse quel mondo.
Nonostante sia partito inizialmente come DJ, in breve mi sono appassionato alla produzione audio ed ho iniziato a comporre brani originali, portando in giro live-set unicamente strutturati sulla mia musica: è un approccio che sento più coerente rispetto alla mia visione della musica, anche se ho sempre il pallino del DJ set… magari un giorno lo farò.

 

Quanto punti sui social per far conoscere il tuo lavoro? 

Credo di conoscere abbastanza bene il mondo dei social (per vari motivi che non vado ad approfondire, eh eh) e posso dire che per i miei progetti musicali probabilmente punto (troppo?) poco su questo aspetto: ma ho delle motivazioni (oltre la pigrizia).
Il seguito creato unicamente sui social rimane sempre molto (MOOOLTO) meno reale di quello creato “facendosi il mazzo” con i live, andando in giro e confrontandosi con mille faccende concrete, a volte spiacevoli.
Attraverso contenuti accattivanti, sponsorizzate fatte ad hoc e tecniche di marketing varie (più o meno etiche), puoi raggiungere tantissime persone e riuscire ad aumentare i tuoi numeri: per carità, questi mezzi a mio avviso, sono utilissimi, ma devono essere complementari ad una “strategia” di presenza “nella vita reale”.
Purtroppo, è molto più facile spendere 100 euro per sponsorizzare un bel video, stando a casa a guardare i numeri crescere, che andare in giro a suonare in posti vari (non sempre ideali) o passare giornate ad organizzare un tour che, se riuscite a fare, verosimilmente vi permetterà di raggiungere molte meno persone rispetto alla sponsorizzata.
Questa condizione evidentemente sbilanciata, rischia di far cadere nell’illusione che, per “farcela” (?), sia sufficiente investire le proprie risorse sui parametri social, comodamente da casa; magari, sarebbe bellissimo, ma la realtà è ben diversa.
Potrei parlare ore di questo argomento, ma, in sintesi, credo la strategia migliore di promozione oggi sia fatta al 70% nella “vita reale” e 30% sui social.  

The Afghan Whigs “How Do You Burn?” (Royal Cream/BMG, 2022)

Se hai il fuoco dentro, brucia con The Afghan Whigs

Sono passati cinque anni dal loro ultimo lavoro In Spades ma hanno ancora voglia di catturare il pubblico con la loro grinta attraverso la propria musica. Loro sono The Afghan Whigs ed escono ora con How Do You Burn?, che conferma l’appartenenza della band di Cincinnati al rock alternativo con il loro sound ossessionante e straziante. Un disco con una genesi non semplice, perché registrato con ogni componente della band a distanza durante il periodo pandemico. Un disco che è voglia di guardare al futuro, ma anche ricordo e omaggio a Mark Lanegan che ne aveva scelto il titolo.

L’attacco di chitarra elettrica di I’ll Make You See God è subito sferzante e si trasforma in un riff potente che si ripete come in una specie di allucinazione, mentre la voce di Dulli raggiunge timbri al limite dello sguaiato, ma che creano un sottile perfetto equilibrio con la complessità strumentale del brano.  Il disco si sviluppa poi in tracce dove il rock lascia spazio a atmosfere rarefatte di suggestione distopica tra cui domina proprio la chiusura In Flames. Lo spiccato uso del synth e la voce distorta si muovono come fiamme, in modo accattivante e seducente, con quel pizzico di sensazione di pericolo quel tanto che basta a catturarti fino all’ultimo, come se non volesse lasciare andare via l’ascoltatore, trattenerlo e avvolgerlo per “bruciare” con lui fino alla fine. Ed è questa la sensazione che ti accompagna durante l’ascolto, la voglia di rimanere che combatte con quella di andarsene perché in qualche modo il progetto entra dentro alle emozioni e te le fa mettere in gioco, ma non tutti siamo pronti per farlo. Concealer è una canzone dolce che parte in acustico per poi trasformarsi in un rock delicato quasi un abbraccio consolatorio, che ti cattura e ti culla fino a che non chiudi gli occhi. Altrettanto emozioante è The Gateway, che parte con un’atmosfera musicale sospesa per poi svilupparsi in sonorità psichedeliche e un testo non complesso, ma con parole forti che formano un dialogo immaginario tra un io e un tu o voi dove la voce di Dulli si leva in uno spietato “Waiting for the night as I destroy the day”. Attesa, volontà e fatalità riunite in una sola frase che ti prende e non ti lascia più.

Come ogni recensione, anche questa ha una fine, e forse dovrei terminare con i consigli per gli acquisti o qualcosa di simile che la logica di mercato impone. Ma ammetto che la logica non è mai stata il mio forte, perciò vi dico solo di ascoltare How Do You Burn? lasciando aperti quei canali emotivi che permettono alla musica di rovistarci dentro e farne uscire nuove sensazioni o vecchi ricordi, oppure un bel mash up di entrambi. Sì, avete ragione, il rischio è che si può passare dal Nirvana al dolore nascosto in qualcuna delle nostre profondità, ma non è anche questo vivere, o meglio bruciare di vita? Come bruciate? Di fuoco nascosto sotto la cenere della quotidianità in attesa di spegnervi del tutto, oppure come fiamme che sono pronte a vivere in pieno le proprie emozioni? A voi la scelta di premere quel tasto che aiuti la musica a liberare ciò che avete dentro.

 

The Afghan Whigs

How Do You Burn?

Royal Cream/BMG

 

Alma Marlia

Flogging Molly “Anthem” (Rise Records, 2022)

Avete presente Kevin Kline mentre si scatenava sulle note di I Will Survive cantata da Gloria Gaynor impersonando il professore Howard Brackett della commedia In & Out? Ecco quello è l’effetto collaterale, se così possiamo chiamarlo, dell’ascolto di Anthem, il nuovo album dei Flogging Molly pubblicato da Rise Records. Nonostante le origini irlandesi, il gruppo si è formato nel 1997 negli Stati Uniti, e più esattamente a Los Angeles, nel pub dedicato alla figura di Molly Malone, e ha continuato negli anni a seguire il suo stile celtic punk che unisce la tradizione del folk irlandese con la voglia di modernità del punk rock. A distanza di cinque anni dall’uscita di Life Is Good, la band capitanata da Dave King ritorna sulla scena con un nuovo progetto di undici canzoni e un tour mondiale che li ha portati anche in Italia al Bay Fest 2022 di Bellaria Igea Marina. 

Ascoltare l’album per una creatura danzereccia come me non è stato affatto semplice. Non che non sia ascoltabile e godibile, anzi, tutt’altro. L’unico problema è stato cercare di resistere a muovermi e saltare come un grillo ad ogni nota, per concentrarsi sulla tecnica musicale, ma già la canzone di apertura These Times Have Got Me Drinking dal canto iniziale leggermente melanconico si trasforma in un turbinante reel fuso con sonorità rock che trascina via i piedi e tu non puoi fare altro che seguirli. Ed è a passo di danza e un po’ di pogo tra gighe e reel rock che balli per immaginarie strade al sapore di Guinness e giubbotti chiodati, mentre ti scateni sulle note di canzoni come A Song of Liberty e A Road of Mine, dove il violino folk di Bridget Regan è talmente veloce da dare l’impressone di diventare ardente e lanciare fiamme che fanno saltare sempre più in alto, come in una vera danza irlandese, mentre un banjo lontano evoca anche gli spazi aperti delle sonorità country. Non c’è niente da dire, i Flogging Molly con questo lavoro confermano di essere coinvolgenti e divertenti, ma non per questo privi di spessore e profondità, come dimostra la struggente ballata These Are The Days dove il canto diventa a tratti corale ed evocativo, la batteria riecheggia lo spirito di malinconia per uno sguardo spietato verso il passato e il presente miste all’incertezza verso il futuro. Se volete invece sentirvi avvolti dalle luci di Temple Bar a Dublino, fermate il ballo e prendete fiato quell’attimo che basta per cantare a squarciagola The Croppy Boy ’98, praticamente un’ode alle canzoni ribelli irlandesi dove l’esecuzione strumentale e vocale hanno l’intensità che evoca The Pogues, e mentre le liriche hanno il sapore amaro della sconfitta e di una certa fatalità della vita che va avanti nonostante si rimanga un passo indietro perché “Nothing more is what’s left to me”.

Anthem è un progetto che fa abbassare le difese di chi alza le sopracciglia superbe e si sente paladino della musica cantautoriale, lo prende per mano e lo induce a ballare, che lo voglia o no. Come vuole la tradizione irlandese, ci racconta che i problemi ci sono, esistono e vanno visti per quello che sono, ma non per questo dobbiamo morire di spirito e corpo, anzi è proprio muovendoci e stando insieme che si combattono le paure, si esorcizzano i fantasmi e possiamo darci coraggio per andare avanti. I Flogging Molly non vogliono svelare chissà quali verità nascoste nella realtà né iniziare una nuova corrente musicale, vogliono solo confermare che due mondi musicali lontani come la musica tradizionale e il punk possono avvicinarsi per creare uno strumento con cui stare insieme per condividere i bei momenti e combattere quelli più difficili, anche solo alzando un boccale di birra. Guinness, naturalmente.

 

Flogging Molly

Anthem

Rise Records

 

Alma Marlia

Fast Animals And Slow Kids @ Ultravox Arena

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• Fast Animals And Slow Kids •

Ultravox Arena (Firenze) // 08 Settembre 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]foto di Letizia Mugri

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Ariete @ Summer Knight

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• Ariete •

Piazza Cavalieri (Pisa) // 08 Settembre 2022

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foto di Diego Bianchi

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Tre Domande a: Antonio Palumbo

Ci sono degli artisti in particolare a cui ti ispiri per i tuoi pezzi?

Musicalmente sono onnivoro e mi lascio ispirare da tutto: shazammo in continuazione pezzi che sento in giro perché magari rimango colpito da una linea di basso, da una progressione armonica, da una particolare soluzione di arrangiamento. Se prima la mia musica aveva dei riferimenti più chiari (Bon Iver, Niccolò Fabi, John Mayer) ora faccio più fatica ad individuare una sola fonte di ispirazione. Ho appena finito di scrivere un intero disco ed è abbastanza variegato: dentro ci sono synth anni ‘80, ritmiche tribali, sonorità contemporanee, suoni acustici. Non so ancora bene dove mi porterà la produzione ma penso sia un lavoro libero, come mai mi è capitato prima. Posso dire quindi di ispirarmi a tutti quegli artisti che fanno della libertà una bandiera.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Ognuno nelle canzoni ci legge ciò che vuole: è una banalità ma credo di averla realmente compresa solo negli ultimi tempi. Quello che spero possa capire chi mi ascolta è quanto per me la musica sia realmente una cosa seria e identitaria: la musica non è la mia fonte di sostentamento primaria ma è la cosa che faccio da più tempo e che penso farò finché mi reggerò in piedi.

 

Progetti futuri?

Due: produrre questo disco che ho tra le mani, per me prezioso perché nato spontaneamente e liberamente. Voglio trovare il produttore con la giusta visione per queste canzoni. E poi trovare formule nuove per tornare a suonare dal vivo: una residency? Una serie di feste? Devo ancora capire cosa funziona meglio per la mia musica e per la mia età, conto di farlo presto.

SHINEDOWN: la data si terrà al Fabrique di Milano

A causa dei ritardi nei lavori di allestimento al Lorenzini District, il concerto di SHINEDOWN + Asking Alexandria + Zero 9:36 previsto il 18 novembre 2022 si sposta al Fabrique di Milano.

I biglietti sono in vendita su Ticketone. I tagliandi già acquistati restano validi per la nuova location.

Radiofreccia è la radio ufficiale del concerto degli Shinedown.

Ecco i dettagli della data:
SHINEDOWN
+ special guest Asking Alexandria
+ Zero 9:36
18 novembre 2022
Milano, Fabrique

ORARI:
Apertura porte ore 17:30
Inizio concerti ore 19:00

BIGLIETTI:
https://www.ticketone.it/artist/shinedown/
Prezzo del biglietto in prevendita: € 40,00 + d.p.
Prezzo del biglietto in cassa la sera dello show: € 46,00

Tre Domande a: The 24 Project

Come e quando è nato questo progetto?

Dopo anni in cui ho suonato come tastierista/pianista in numerosi gruppi avevo la necessità di intraprendere un mio percorso personale in cui potermi esprimere musicalmente al 100%. Già da anni producevo musica strumentale ma solamente nel 2019, con la pubblicazione del mio primo EP Dreamer, nasce The 24 Project.

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui ti ispiri per i tuoi pezzi?

Due artisti che per me sono dei veri pilastri del genere sono Bonobo e Four Tet, fanno entrambi parte della scena della musica elettronica internazionale. Un altro artista che fa parte di quest’ambiente a cui mi ispiro molto è Jon Hopkins. Tuttavia avendo suonato per molto tempo in diverse cover band ho comunque influenze musicali che provengono da molti generi.

 

Progetti futuri?

In questo periodo sto producendo nuova musica che spero di poter farvi ascoltare molto presto, inoltre sto lavorando per portare il mio progetto anche in situazioni live, spero già nella stagione invernale. 

La Sad @ #festa

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• La Sad •

Parco Nord (Bologna) // 04 Settembre 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]foto di Lucia Adele Nanni

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