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DUA LIPA: la data italiana è riprogrammata il 10 febbraio 2021 al Mediolanum Forum di Milano. Il nuovo album “Future Nostalgia” esce questo venerdì

DUA LIPA 
‘FUTURE NOSTALGIA’
IL NUOVO ALBUM ESCE
VENERDÌ 27 MARZO 2020

IL TOUR È SPOSTATO ALL’ANNO PROSSIMO
LA DATA IN ITALIA È RIPROGRAMMATA
IL 10 FEBBRAIO 2021
A MILANO (MEDIOLANUM FORUM)

 

L’attesissimo nuovo album di Dua Lipa, Future Nostalgia, ha ora una nuova data di uscita: venerdì 27 marzo. L’album contiene la hit in testa alle classifiche di tutto il mondo “Don’t Start Now” ed il nuovo singolo “Physical”. Il disco sarà disponibile per il download su tutte le piattaforme digitali e in diversi formati fisici: vinile pink neon, CD, picture disc, gold cassette e deluxe box set.  Tutti acquistabili qui: https://dualipa.co/official

Ho alcune buone notizie per voi – Ho deciso di pubblicare questo venerdì 27 marzo il mio nuovo disco e non vedo l’ora di condividerlo con voi” – ha rivelato Dua. “Ora sono molto più sicura di me stessa rispetto al passato, non ho più paura di buttarmi, sperimentare e provare nuove cose” – ha raccontato la popstar.
L’artista ha anche ricordato il preciso momento in cui ha deciso di intraprendere questa nuova direzione musicale: “ero appena stata ospite ad un programma radiofonico a Las Vegas e mentre camminavo, schiarendomi le idee, ascoltavo la musica degli OutKast e No Doubt e ho pensato al motivo per cui continuavo ad amare questi brani, che non sembravano invecchiare affatto. Volevo incorporare questi sentimenti e suoni nostalgici che hanno caratterizzato la mia infanzia e il mio background musicale in un suono nuovo e moderno.”

Inoltre, il concerto italiano del 30 aprile 2020 è ora riprogrammato il 10 febbraio 2021 al Mediolanum Forum di Milano.
I biglietti precedentemente acquistati resteranno validi per la nuova data.

Dua ha raccontato che posticiperà il suo nuovo tour mondiale: “Sfortunatamente vista la situazione attuale nel mondo, la priorità è tutelare la salute di ciascuno e abbiamo dovuto posticipare le date inglesi ed europee del mio Future Nostalgia Tour. I biglietti precedentemente acquistati rimarranno validi per le nuove date. Annuncerò presto anche nuovi show in tutto il mondo. Voglio esibirmi in tantissimi Paesi!”.

Tracklist:

1. Future Nostalgia
2. Don’t Start Now
3. Cool
4. Physical
5. Levitating
6. Pretty Please
7. Hallucinate
8. Love Again
9. Break My Heart
10. Good In Bed
11. Boys Will Be Boys

Scarica le foto ad uso stampa qui: https://bit.ly/2JbuUT3

La fine del 2019 ha visto Dua esibirsi sulle note di “Don’t Start Now” agli MTV EMA, ARIAs, AMA’s e all’ultimo Festival di Sanremo. “Don’t Start Now” è stato certificato disco Platino in Italia.
Dua Lipa ha venduto 4 milioni di copie con il suo album di debutto nel 2015 e oltre 60 milioni di dischi con i suoi singoli (inclusi i 500 milioni di stream di “Don’t Start Now”). Il suo album di debutto è stato l’album più ascoltato su Spotify per un’artista femminile solista. Dua è stata inoltre l’artista femminile solista più giovane ad accumulare oltre 1 miliardo di visualizzazioni su YouTube.

VIOLENT SOHO • Nuovo singolo + video “PICK IT UP AGAIN”

IL NUOVO ALBUM EVERYTHING IS A-OK FUORI IL 3 APRILE 2020 VIA PURE NOISE RECORDS

 

 

La rock band australiana, Violent Soho, è in anteprima esclusiva con il loro nuovo singolo e video, Pick It Up Again, tramite Brooklyn Vegan. Guarda qui.

Nel video, il cantante / chitarrista Luke Boerdam condivide “Abbiamo avuto l’idea di scherzare e ogni membro della band ha davvero ” bussato alle porte “, quindi abbiamo pensato che sarebbe stato divertente portare il nostro disco porta a porta. Sembra che ci sia una grande disconnessione con il modo in cui interagiamo con la musica in questi giorni, quindi è stato abbastanza bello suonare nelle case di alcune persone. Sono stato sorpreso di non avere più porte sbattute in faccia! Probabilmente il video più divertente che abbiamo mai realizzato. ”

Questo segue le uscite dei singoli A-OK, Vacation Forever e Lying On The Floor, tutti e quattro i quali escono dal prossimo quinto album in studio della band, Everything Is A-OK, in uscita il 3 aprile 2020 tramite la loro nuova etichetta, Pure Noise Records. L’album è disponibile per il preordine fisico qui.

 

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I Violent Soho sono Luke Boerdam (voce / chitarra), James Tidswell (chitarra), Luke Henery (basso) e Michael Richards (batteria).

Dopo i primi due dischi (We Don’t Belong Here del 2008; omonimo del 2010), i Violent Soho sono tornati con Hungry Ghost del 2013 in una grandinata di riff e “HELL F * CK YEAH” scarabocchiato su braccia, scrivanie e pareti del bagno in tutto il mondo. Il WACO del 2016, nel frattempo – nonostante un debutto in classifica al n. 1, premi ARIA, headliner dei festival e tour sold-out per le più grandi folle della loro carriera – è arrivato in mezzo a sconvolgimenti personali per il batterista Michael Richards, il bassista Luke Henery e il chitarrista James Tidswell.

Ma con Everything Is A-OK, i figli preferiti di Mansfield hanno tracciato una linea metaforica nella sabbia: cinque album nella loro carriera non volevano seguire un libro di regole scritto da altre persone. Questo è tutto ciò che è A-OK: una dichiarazione che QUESTO è chi sono i Violent Soho come band. Come musicisti. Come compagni.

“È onesto”, spiega Boerdam. “Non pretende di essere qualcosa che non è: è apolitico, più lento, cinico e cerca di connettersi con le persone attraverso un’esperienza condivisa nel sottolineare i fallimenti della società e la merda personale che ne consegue.”

A-OK si riflette con una dura riflessione sul modo in cui il mondo è diventato ossessionato dalla creazione di simulacri sui social media in cui ognuno sta ripetendo il proprio “marchio” e in che modo la connessione è fugace e superficiale. Riflette sulle idee di agenzia, emozione e su come vengono vendute per pubblicizzare chi vogliamo che la gente pensi che siamo, non chi siamo realmente. Il produttore Greg Wales (You Am I, Sandpit, tripla J’s Like A Version) ha catturato l’essenza di questo nello studio del New South Wales, The Grove Studios.

Tutto è A-OK uscirà il 3 aprile 2020 tramite Pure Noise Records. Per ulteriori informazioni, visitare: http://www.violentsoho.com/.

 

Everything Is A-OK Tracklisting:

01. Sleep Year
02. Vacation Forever
03. Pick It Up Again
04. Canada
05. Shelf Life
06. Slow Down Sonic
07. Lying On The Floor
08. Easy
09. Pity Jar
10. A-OK

YAEL NAÏM • La cantautrice franco-israeliana pubblica oggi l’album NIGHTSONGS

Ascolta l’album

Guarda la live performance di “Daddyqui

YAEL terrà un concerto dal suo profilo instagram domenica 22 marzo alle 16

 

“Her powerful, operatic voice… steals the show”
(Vogue)

“Ms. Naïm has gone on to a prestigious artistic career” 
(New York Times )

“Anchored in the personal… The songs are sharp, but still playful and poppy”
(ELLE Magazine)

“Yael Naïm is pretty much the textbook definition of a world citizen” 
(Consequence of Sound)

 

La cantautrice, polistrumentista e produttrice franco-israeliana Yael Naïm pubblica oggi, 20 marzo, il nuovo album NightSongs, via Tôt ou tard  e distribuito da Believe.
NightSongs, un album estremamente intimo, libero, quasi etereo, include i singoli ‘How Will I Know’, ‘Shine‘ e ‘She’, a cui si aggiunge oggi il video della live performance di ‘Daddy‘, visibile a questo link.

“A lot of the songs are structured so that they start so we are close to the ear of the listener, almost as if we are whispering things in the dark. Then, suddenly there’s an explosion of music,” spiega Yael. “It’s like moving from pure emotions into the unconscious or a dream-like state where you can fly away somewhere.”.

La perdita del padre Daniel e la nascita del secondo genito sono i temi principali dell’album NightSongs.
Questi due importanti cambiamenti nella sua vita l’hanno condotta verso un nuovo percorso allla scoperta di sè stessa, che ha profondamente modificato il modo di scrivere della cantautrice. I brani, certamente più oscuri e profondi rispetto ai suoi esordi, sono stati interamente scritti, arrangiati e prodotti da Yael. Il risultato è l’album più sorprendente, indifeso e coinvolgente della sua intera carriera.

Dopo il grandissimo successo di “New Soul, volato in cima alle classifiche di Billboard dopo che Steve Jobs lo ha scelto per il lancio del MacBook Air, facendola diventare la prima artista israeliana ad arrivare nella Top Ten americana, e dopo aver vinto diversi premi e riconoscimenti (tra cui Best Female Pop Singer nel 2016) ai Victoires De La Musique – il corrispettivo francese dei Grammy Awards – Yael ha iniziato a scrivere questo album che ha rappresentato un viaggio alla scoperta di sè.
Writing at night, when no one sees you, you can do things that aren’t allowed. I had what I called ‘night feelings’ and songs that I eventually called NightSongs” ha detto spiegando la genesi del disco. “The new album is certainly darker too. But then, I love darkness. Some light can only be heard in the darkness. Some music can only be heard in silence.”

TRACKLIST
1) Daddy – 2)She – 3) How Will I Know – 4) The Sun – 5) Shine – 6) Miettes – 7) Back – 8) My Sweetheart – 9) Familiar – 10) Des trous – 11) Watching You – 12) A Bit Of

 

 

 

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IAMX • L’UNICA DATA ITALIANA SI SPOSTA A OTTOBRE

In ottemperanza ai provvedimenti emanati su scala mondiale per contrastare la diffusione del COVID-19, l’Echo Echo Tour di IAMX si sposta all’autunno 2020. Per annunciarlo, IAMX ha voluto dedicare ai suoi fan un accorato messaggio:

 

Hello lovers,
Obviously it is with a heavy heart that the IAMX acoustic European tour has been rescheduled due to the world as we know it collapsing.
But I’m delighted to announce our management and promoters have worked absolute magic to change all the dates to September – November. It’s done.
This means once the chaos blows over I get a chance to see your beautiful faces and hear your beautiful screams once again.
It’s medicine to me and I will miss it over the next months.
In the in-between please stay safe be vigilant but be calm and I can’t wait to be there with you all on the other side.
– CCX

 

L’unica data italiana non si terrà più giovedì 23 aprile alla Santeria Toscana 31, ma giovedì 22 ottobre allo Spazio Teatro 89, sempre a Milano.

I biglietti già emessi sono validi per accedere al concerto; quelli nuovi sono già disponibili sui circuiti di vendita autorizzati Ticketone e Vivaticket.

 

www.iamxmusic.com

 

IAMX

Echo Echo Tour

 

Giovedì 23 Aprile 2020

Nuova data: Giovedì 22 Ottobre 2020

Milano, Santeria Toscana 31 Nuova venue: Spazio Teatro 89 – via Fratelli Zoia, 89

 

Inizio concerti h. 21:00

 

Posto unico a sedere: € 26,00 + prev. / € 30,00 in cassa la sera del concerto

 

Biglietti disponibili su Ticketone e Vivaticket (online e punti vendita). Diffidate dai canali di vendita non ufficiali!

 

Info: www.barleyarts.com         Tel. +39 02 36751937        FB: @BarleyArts          Instagram: @BarleyArtsReal

BUSH • La rock band multi-platino pubblica il video di “Flowers on a grave” secondo estratto dall’album THE KINGDOM in uscita quest’estate via BMG

La rock band multi-platino pubblica il video di
Flowers on a grave
secondo estratto dall’album THE KINGDOM
in uscita quest’estate via BMG

 

In Italia a giugno per due date da non perdere:

20 giugno – MAGAZZINI GENERALI, MILANO
21 giugno – HALL, PADOVA

Prevendite solo su DICE:
Milano https://link.dice.fm/iy0gZg1Mw4
Padova  https://link.dice.fm/0PqK8KnPw4 

Guarda il video di “Flowers on a grave

 

I BUSH, la rock band inglese multi-platino, svela oggi il video della traccia “Flowers on a grave, contenuta nell’album THE KINGDOM, in uscita quest’estate via BMG.
Il video, diretto da Jesse Davey, è un elettrizzante piano sequenza, visibile a questo link.

Link pre oder album: https://bushband.lnk.to/TheKingdomAlbum

Il singolo, co-prodotto da Erik Ron e lo stesso Rossdale, è stato preceduto dall’inedito “Bullet Holes”, rilasciato a maggio del 2019, singolo contenuto nella colonna sonora del film John Wick 3 – Parabellum, il terzo capitolo della saga action con Keanu Reeves. Il brano, prodotto da Tyler Bates (John Wick 1 &2, Guardians of the Galaxy, Deadpool 2) è stato accompagnato dalla pubblicazione del video, diretto da Jesse Davey, visibile a questo link: https://youtu.be/O33FbbArWjU

La band sarà in tour in Italia con RADAR CONCERTI per presentare il nuovo disco dal vivo per due appuntamenti da non perdere: il 20 giugno ai Magazzini Generali di Milano e il 21 giugno all’Hall di Padova.
Le prevendite sono disponibili solo ed esclusivamente su DICE a questo link:
Milano: https://link.dice.fm/iy0gZg1Mw4
Padova: https://link.dice.fm/0PqK8KnPw4 

Pubblicato nel 1994 e contenente i successi “Glycerine,” “Comedown” and “Machinehead,” l’album dei BUSH Sixteen Stone è stato 6 volte disco di platino ed è stato inserito da Rolling Stone nella lista “1994: The 40 Best Records From Mainstream Alternative’s Greatest Year”.

ABOUT BUSH
With a discography that includes such monumental rock albums as 1994’s 6x platinum-selling SIXTEEN STONE, ’96’s triple-platinum-selling RAZORBLADE SUITCASE and ’99’s platinum-selling THE SCIENCE OF THINGS, BUSH has sold close to 20 million records in the U.S. and Canada alone. They’ve also compiled an amazing string of 18 consecutive Top 40 hit singles on the Modern Rock and Mainstream Rock charts. Eleven of those hit the Top 5, six of which shot to No. 1: “Comedown,” “Glycerine,” “Machinehead,” “Swallowed,” “The Chemicals Between Us” and “The Sound of Winter.” The latter made rock radio history as the first self-released song ever to hit No. 1 at Alternative Radio, where it spent 6 weeks perched atop the chart’s top spot. The song appeared on 2011’s “comeback album,” THE SEA OF MEMORIES, which was BUSH’s first studio album in ten years. That year Billboard ran a story about the band under the headline, “Like They Never Left” – a fitting title as the multi-platinum quartet (vocalist/songwriter/guitarist Gavin Rossdale, guitarist Chris Traynor, drummer Robin Goodridge and bassist Corey Britz) promptly picked up where they left off.  They’ve continued to dominate rock radio and play sold-out shows to audiences around the world ever since. The band is currently working on the follow-up to 2017’s Black And White Rainbows, which People magazine hailed as “a triumphant return.”

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MAVI PHOENIX • 12 Inches è il nuovo video che anticipa il debut album BOYS TOYS, in uscita il 3 aprile via LTT Records

12 Inches è il nuovo video
che anticipa il debut album BOYS TOYS,
in uscita il 3 aprile via LTT Records

Guarda “12 Inches” e lavati le mani con MAVI: youtu.be/vAYVSpCuWIo

Pre-order: https://www.hhv.de/shop/en/item/mavi-phoenix-boys-toys-717113

 

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12 Inches è il nuovo video che anticipa il l debut album BOYS TOYS, fuori il 3 aprile per LTT Records.

Guarda il video e lavati le mani con Mavi: https://youtu.be/F7qLrVkiWEs

 

I concept album sono diventati sempre più rari negli ultimi anni. Un disco con una trama continua è già di suo un’affermazione. Non è solo una serie di hit, c’è qualcosa in più su cui discutere, e Mavi Phoenix ha tanto da dire.

“Mavi remains Mavi because Mavi has always been Mavi” afferma un commento su YouTube comparso sotto il video di “Bullet In My Heart” dello scorso luglio, nel quale l’artista austriaco ha parlato della sua disforia di genere per la prima volta. È stato il primo singolo ad anticipare un debut album basato sul concept artistico della ricerca di sè stesso da parte di Mavi Phoenix.

“I’m a trans guy. I go by he/him now. I’m not on testosteron (yet). My artist name stays Mavi Phoenix, as Mavi is both a girls and boys name (which was important to me when i chose it years ago). I lost over 500 followers after coming out as trans and I couldn’t care less. it’s 2020 and it’s all about that new energy I got a fucking album coming out 😊😊😊
Mavi Phoenix

Boys Toys non è solo il titolo dell’album e del secondo singolo a essere pubblicato, è anche il nome di una persona fanciullesca che accompagna Mavi attraverso le dodici canzoni. Boys Toys è un personaggio creato spontaneamente in studio con una voce alienata, che ci rivela i suoi “Scary Thoughts” e che aspetta con ansia il “Weekend”, o che si sente meglio con l’esperienza di solidarietà che sente intonando insieme un inno (“Who I Am”).

 

 

ReCover #6 – The Velvet Underground “The Velvet Underground & Nico”

• La banana sospesa nel tempo •

“È solo l’ennesima provocazione”.

Queste sono le parole di chi cerca una logica nell’opera dell’artista contemporaneo, e anche di chi rimanendone spiazzato rimpiange i bei tempi dell’arte contemplativa, quella “vera”.

Perché qua si tratta solo di una banana decontestualizzata e c’è sempre qualcuno che ripete con sdegno “lo so fare anch’io”.

Un attimo, ma di quale banana sto parlando esattamente? 

Beh, liberi di scegliere il soggetto, visto che nonostante siano passati più di 50 anni il dibattito si ripropone sempre uguale a se stesso.

Lo scorso dicembre Maurizio Cattelan ha esposto Comedian su una parete dello stand di Emmanuel Perrotin ad Art Basel Miami Beach, ovvero un’installazione costituita da una banana incollata alla parete con del nastro adesivo.

Nel marzo del 1967 The Velvet Underground debuttarono con The Velvet Underground & Nico che sarà ricordato come il “banana album” proprio per la sua iconica cover realizzata da Andy Warhol. 

L’album non fu un gran successo al momento dell’uscita, ma si guadagnò un posto nella storia col tempo, e i Velvet Underground furono d’ispirazione per la nascita di generi come il punk, l’alternative rock, la new wave, il noise rock, e molti altri ancora.

Testi irriverenti, tematiche scandalose per l’epoca e le sonorità ben lontane da ciò che si trovava in cima alle classifiche: uno spirito provocatorio che ben si concilia con la cover creata da Warhol, che nelle prime copie in edizione limitata presentava una banana adesiva che poteva essere sbucciata veramente, come invita a fare la scritta “peel slowly and see”, rivelando una banana rosa poco equivocabile.

Purtroppo come spesso succede nei progetti più ambiziosi i costi erano eccessivi, per cui solo i più fortunati possono vantarsi di poter veramente interagire con l’artwork.

È curioso come il re della Pop Art abbia prodotto una band underground, e proprio come con qualsiasi altra sua opera d’arte si sia limitato a metterci una firma sopra, intervenendo il mimino indispensabile: è proprio grazie a questa libertà che il gruppo poté esprimersi appieno, e godere della visibilità data dal proprio mecenate.

Dunque abbiamo un frutto che viaggia nella storia dell’arte, diventa un pezzo d’immaginario collettivo, icona pop, rimando palese ad un tabù e quindi trait d’union fra cultura bassa e alta: un significante estremamente ricco di significati insomma, rivisitato nel corso della storia dell’arte da Botero e De Chirico, per citarne alcuni, e come abbiamo visto il mese scorso particolare folle aggiunto all’illustrazione di Grandville nella copertina di Innuendo dei Queen.

Warhol e Cattelan hanno in comune alcune caratteristiche: entrambi giocano con gli strumenti forniti dai mass media, e sono perfettamente consapevoli della percezione che ne hanno le persone.

Entrambi icone pop che in quanto tali mettono in crisi i concetti stereotipati di arte e artista, proponendo al mercato dell’arte opere che chiunque può trovare al supermercato, e fondendo insieme l’idea di merce con quella di opera.

Entrambi considerati da molti quanto di più lontano e superficiale ci possa essere nel mondo dell’arte, ma entrambi specchio della contemporaneità ed esponenti di un nichilismo totalizzante.

Opere d’arte, esseri viventi, oggetti d’uso comune, animali in tassidermia: tutti simulacri senza referente, tutti allo stesso livello, tutti sospesi nel tempo grazie all’Arte.

È difficile guardarsi allo specchio ed essere sinceri con se stessi, ed è proprio questo che fa la Pop Art: ci descrive senza mezzi termini o censure.

Ma, chi più chi meno, cerchiamo di proteggerci da questo ritratto troppo schietto da digerire, troppo vuoto e senza un fine ultimo. La dismorfofobia è una brutta bestia.

Molto più semplice crearci sopra dei meme, ironizzare sull’assurdità dell’intera vicenda, fuggire dal disagio latente che ci provoca per poi accendere la TV o qualsiasi social, e farci tutti insieme una bella risata: qualcuno su cui ridere si trova sempre, ci fa sentire migliori di quanto sappiamo di non essere realmente.

O come ha fatto l’artista David Datuna, diventato un “meme nel meme”, che ha dato sfogo al desiderio di molti nel mangiare la banana da 120.000 dollari di Cattelan in quella che ha definito una performance artistica, Hungry Artist.

D’altronde si riduce sempre ad una dimostrazione di potere, no?

 

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Comunicato stampa RACCOLTA FONDI: la musica difende lo Spallanzani!

HELLFIRE BOOKING
PRESENTA

LA RACCOLTA FONDI 
“CORONAVIRUS: LA MUSICA DIFENDE LO SPALLANZANI”

LANCIATA A FAVORE DELL’ISTITUTO NAZIONALE MALATTIE INFETTIVE LAZZARO SPALLANZANI DI ROMA, IN SUPPORTO ALLA SUA BATTAGLIA CONTRO IL COVID-19

In questo periodo di profonda angoscia ed incertezza, l’umanità è la cosa più importante che abbiamo. Per questo Hellfire Booking Agency si schiera a sostegno dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive «Lazzaro Spallanzani», dei suoi collaboratori, tecnici, medici, infermieri, che stanno lavorando ininterrottamente, sacrificio dopo sacrificio, per proteggere e curare noi e i nostri cari, scrivendo in prima persona il futuro dell’intera nazione.

Con i complimenti più sentiti del team medico cinese atterrato a Roma pochi giorni fa, l’Istituto Spallanzani ha sempre lottato in prima linea per garantire ad ogni malato le cure e le attenzioni di cui aveva bisogno, ma non può affrontare questa emergenza da solo.

Rocker, metallari, punk, rapper: sosteniamo uno degli istituti per malattie infettive più importanti del Paese nella sua battaglia contro il virus.

Con ogni nostra donazione, aiuteremo lo Spallanzani ad acquistare apparecchiature cliniche diagnostiche necessarie per agevolare le cure dei pazienti e strumenti essenziali per gli operatori, facilitando il loro lavoro e migliorando la qualità di vita d’innumerevoli malati, così come aiuteremo a disinfettare gli ambienti e prevenire i contagi, facilitare trasporti e smaltimenti e, ancora più chiave, riqualificare strutture e protocolli per aiutare quanti più pazienti possibile.

Spettatori, musicisti, fotografi, promoter, tecnici, distributori, rider, agenti: è un momento difficile per tutti noi, ma non perdiamoci d’animo.

Ogni donazione fa una differenza.

Uniamoci e facciamo sì che sia quella buona.

Per donare: gf.me/u/xrgsqb

 Per ulteriori informazioni da Hellfire Booking Agency:
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Gulliver spicca il volo con “Terranova”

Gulliver è il nome che rappresenta il nuovo percorso artistico di un nome già noto ai più: Giò Sada. L’artista ha deciso di presentarsi con una inedita veste sonora, dall’immaginario preciso e ampio, convogliando il tutto nel suo nuovo album Terranova, pubblicato il 28 febbraio scorso. 

Gulliver ha deciso di ripartire da zero, con coraggio e determinazione, facendo scelte estremamente personali e libere da condizionamenti del mercato discografico attuale. Questo lavoro rappresenta un nuovo inizio per il cantautore pugliese che vuole riportare la musica all’esperienza dell’ascolto svincolandola dal legame con l’immagine, l’esteriorità, dal rapporto col pubblico attraverso il “personaggio” e non il contenuto. L’obiettivo è ritornare a una dimensione più autentica, come esperienza di condivisione.

È effettivamente un cambio di rotta, quello fatto da Giò Sada, l’anima rock a cui eravamo stati abituati, infatti, ha lasciato spazio a toni più pacati, dolci, il cui filo comune è la volontà di trovare e dare pace.

Per l’uscita del suo nuovo lavoro non abbiamo potuto esimerci dal fargli qualche domanda, dal chiedere di raccontarci che percorso lo abbia portato a questi nuovi porti.

Ecco cosa ci ha raccontato. 

 

Raccontaci il tuo nuovo album Terranova, focalizzandoti su quelle che secondo te sono le sue “pietre angolari”.

Avevo in mente come sottotitolo per l’album Elogio al naufragio, perché attraverso un naufragio, spesso conseguenza di una scelta azzardata hai la possibilità (se non prevale il solito piangersi addosso) di spingerti oltre quello che la tua immaginazione può concepire e di avventurarti inevitabilmente verso ciò che non conosci e poi il rifiuto di naufragare va a braccetto con il rifiuto di mettersi in gioco che è tutto il contrario di quello che si dovrebbe fare per poter poi raccontare una storia. La seconda pietra è il ritrovarsi, ossia ritrovare la motivazione alla base del viaggio intrapreso, il naufragio passeggero si sgretola e diventa materiale per costruire la propria strada. La terza è continuare a credere ciecamente alla possibilità di poterci immaginare un avvenire migliore della prospettiva decadente che non riusciamo ad abbandonare.

 

Come è cambiato il tuo percorso artistico in questi ultimi anni?

Sono cambiate principalmente le domande che mi faccio, sono cambiati i miei interessi sonori, la ricerca si è spostata da un approccio musicale più istintivo ad uno più attento ai particolari, ho cominciato a dare fiducia alla fragilità e alla delicatezza che fanno parte di me come la capacità di gridare. Avevo ed ho ancora bisogno di sentire e dare pace.

 

Parlando di nomi, come mai la scelta di Gulliver come pseudonimo?

Gulliver è stato scelto perché in me genera dei ricordi esotici, legati alle immagini che accompagnavano i racconti che ho letto da bambino, allegoricamente avendo attraversato mondi sonori molto distanti tra di loro sia musicalmente che a livello organizzativo mi sono sentito come lui quando passo dopo passo si addentra in terre sconosciute e ci resta fino a quando non sente il bisogno di ripartire.

 

Se dovessi trovare 3 canzoni, italiane e non, per descriverti, quali sarebbero?

Dunque, direi: Bandiera Bianca di Franco Battiato; Conquest of Paradise di Vangelis; E se ci diranno di Luigi Tenco.

 

Ci sono stati degli ascolti che ti hanno particolarmente influenzato nella scrittura del disco?

Dato che non sono solo in questo progetto ma c’è anche Marco, che è colui che ha curato tutta la produzione del disco, diciamo che c’è stato un incrocio di gusti abbiamo cercato una chiave tra i nostri ascolti e continueremo a farlo. Ci ha influenzato il mondo delle colonne sonore, del nuovo e del vecchio utilizzo dell’elettronica e il buon cantautorato moderno e passato.

 

Quale è stato il processo creativo e di produzione che ti ha portato a questo album? Svelaci qualche aneddoto dallo studio!

Il processo creativo è partito nel 2017 in seguito all’arrivo di canzoni che, come ho detto all’inizio, sono volute venire allo scoperto attraverso di me a distanza anche di mesi l’una dall’altra, ognuna di queste in seguito a un evento specifico ed ho usato l’attesa e la fiducia per raccoglierle. Il lavoro in studio è stato invece costante e attento, a tratti estenuante. Abbiamo provato vari vestiti per ognuno dei brani ed è stato centrale in questo anche Pasquale Pezzillo, fondatore dei JoyCut, produttore nel disco dell’ultima traccia.

 

Mi ha colpito molto la copertina, l’artwork ha un significato particolare?

Volevo che la copertina fosse molto suggestiva, che spingesse ognuno a credere che quella sagoma in controluce potesse in qualche modo rappresentarli. Una figura umana che si eleva dalle macerie di un mondo in lontananza (inteso principalmente come mondo interiore) per andare verso “Terranova” ossia una nuova idea di se stesso. Più consapevole.

 

gulliver disco

 

Dici che i tuoi testi parlano di “resilienza”, termine molto usato in questi anni, ci spiegheresti il suo significato nelle tue canzoni?

Forse il tema centrale è proprio questo, ogni canzone di questo disco affronta a modo suo la tematica del ritrovare lo slancio nel superare i propri limiti, spesso emotivi, perché se nella realtà abbiamo l’impressione di essere liberi, siamo poi internamente ancora troppo schiavi delle emozioni, che non sono sempre da preservare.

 

Sappiamo del tuo passato rock, come ti identifichi all’interno della scena musicale attuale e cosa ne pensi dei nuovi fenomeni itpop?

Non saprei come definirci come progetto, cantautorato influenzato da vari mondi sonori che ci piacciono, dall’acustico alle colonne sonore più orchestrali, all’elettronica da sintetizzatore modulare diciamo, cantautorato curioso.

 

Cosa dobbiamo aspettarci dal punto di vista live? Puoi anticiparci qualcosa?

Poche parole e un bel viaggio da fare.

 

Mariarita Colicchio e Filippo Duò

Human Impact “Human Impact” (Ipecap Recordings, 2020)

Il 3 agosto del 1530, durante la battaglia di Gavinana, Fabrizio Maramaldo (da cui il termine di uso comune, nonché fonte di incontrollate risa tra i soldati romani di Life Of Brian dei Monty Phyton) venendo meno alle regole della cavalleria, ferì a sangue freddo e trucidò il corpo di Francesco Ferrucci, condottiero per la repubblica di Firenze, gravemente ferito durante il conflitto ed in punto di morte. In questo frangente Ferrucci pronunciò la celeberrima “Vile, tu uccidi un uomo morto!”.

Ebbene in questa fase della mia esistenza, già duramente provata da queste settimane di clausura, con le difese immunitarie (figurate, s’intende) in lieve difficoltà, una psiche che talvolta vacilla, mi pareva di essere in una situazione analoga. Ora lungi da me dare del vile ai quattro ragazzi dei quali a breve scriverò, sia mai, ma ecco, se ti metti ad ascoltare un disco come Human Impact, che è cosa buona e giusta, devi essere consapevole che stai per affrontare un viaggio tutt’altro che semplice e confortevole e che difficilmente ne uscirai totalmente incolume.

È una partenza abrasiva, quella di November, disturbante, affidata a basso, batteria e synth, con la chitarra di Spencer temporaneamente sullo sfondo. Il primo impatto ricorda decisamente più ciò che erano i Cop Shoot Cop rispetto alle altre forze in gioco, anche se il frontman degli Unsane provvede comunque a fornire il suo apporto con la voce, sporca e cattiva come abbiamo imparato ad amarla negli ultimi trent’anni. 

I ritmi impazziti e le urla lancinanti nel finale di E605 sono un’eco nemmeno troppo lontana degli ultimi trascorsi degli Swans del periodo da The Seer in avanti, mentre con la successiva Protester, sincopata e serratissima, torniamo più in zona Spencer/Unsane.

È infatti da queste tre band immortali e imprescindibili, accomunate dalla provenienza (New York City) e dal non aver mai avuto grande pietà per i timpani dei propri fan, che provengono i quattro Human Impact. Tecnicamente credo sia impossibile non parlare di supergruppo in un caso come questo: come già detto Chris Spencer, col suo berretto, voce e chitarra, proveniente dagli Unsane; ai synth ed elettronica provvede Jim Coleman, ex Cop Shoot Cop; il basso è quello di Chris Pravdica, attualmente con gli Swans (ma che lo scorso anno avevo visto in tour assieme agli Xiu Xiu, e dove c’era anche Thor Harris esatto, anch’egli Swans); alla batteria Phil Puleo, fondatore con Coleman dei Cop Shoot Cop ed attualmente dietro alle pelli dei monolitici Swans.

Insomma non i quattro ceffi più raccomandabili sulla faccia della terra, e le cui esperienze, pregresse ed attuali, sommate tra di loro, fanno presagire ad un risultato ben poco rassicurante; vedasi in Portrait, con Spencer che quasi rende omaggio ai sermoni apocalittici di Michael Gira, ma dura poco, perchè le intenzioni collettive sono differenti, e ben più bellicose, qui si vogliono smuovere viscere e interiora, spazzare via ogni tipo di possibile ostacolo.

E a proposito di ostacoli, non mancano gli inciampi o mezzi passi falsi: Respirator sembra un pezzo alternative degli anni ’90 al quale è stato messo su un ritornello recuperato da vecchie registrazioni e che pare non centrare molto con l’insieme, e Cause pare continuare l’andazzo, salvo poi ristabilire l’ordine stabilito piazzando senza tanto pensarci su un finale travolgente, peccato duri troppo poco.

Consequences alza un po’ il tiro e i giri, anche se non riesco a non trovare continui riferimenti e parallelismi con quel power – electro – rock – metal anni ’90 in stile Static X, Powerman 5000. Non so se rendo l’idea.

Consci del fatto che probabilmente stavano un po’ troppo tirando la corda pronti con la travolgente Unstable, una bella cavalcata con basso in spinta continua e poi ecco This Dead Sea, con un’intro che evoca i Korn di Somebody Someone ed una batteria che ora sì ci smuove dall’interno. Sono schianti e tuoni e saette (cit.), Spencer a sparare fuori tutto dalla sua gola e martoriare le sei corde, i sintetizzatori a creare la tensione massima, per un finale di brano, e di disco, di travolgente e tumultuosa bellezza.

 

Human Impact

Human Impact

Ipecap Recordings

 

Alberto Adustini

 

Deap Lips “Deap Lips” (Cooking Vinyl, 2020)

Una mia vicina di casa aveva un’adorabile dogue de bordeaux.
Era bella, intelligente, stranamente sana (la quadrupede, suvvia). Un bassotto di un amico, sfidando leggi di fisica e natura, riuscì a donarle il proprio patrimonio genetico. I due proprietari decisero di occuparsi dei cuccioli, speranzosi che l’incrocio dei due portasse a un nuovo standard di razza.
Bene.
Dall’alto dei miei studi umanistici posso affermare con assoluta certezza che la genetica segue solo una legge certa, quella di Murphy. Che, vi ricordo, come principio primo recita: “Se qualcosa può andar male, lo farà”.
Fatta questa doverosa premessa e fugato ogni dubbio che la metafora canina sia casuale e non alluda alla qualità delle band di cui parleremo a breve, dovrei e vorrei raccontarvi la storia di un progetto, nato nel 2016 e che oggi vede la luce.
Partiamo dal principio. All’angolo rosso abbiamo le Deap Vally, al secolo Lindsey Troy e Julie Edwards, powerduo femminile piuttosto ruvido che vive in uno stato di tour infinito (hanno fatto da spalla a Muse, Queens of the Stone Age, Red Hot Chili Peppers, passando da Glastonbury al Bonnaroo), mentre all’angolo blu troviamo i pluricampioni The Flaming Lips, vincitori di tre Grammy, con alle spalle qualche milione di dischi venduti in giro per il mondo, portatori sani di psichedelia d’antan, con un brutto problema alla capacità di sintesi quando si tratta di titoli e autori di live pirotecnici. Nel loro palmares spaziano da collaborazioni con Beck, Nick Cave e Miley Cyrus fino all’OST di SpongeBob, il film. 
I gruppi si conoscono nel 2016 ed inizia un lungo corteggiamento fatto di sessioni live in Oklahoma, casa dei Flaming, e di parti registrate a distanza, dato che le due ragazze sono di Los Angeles. Le tracce da tre diventano sei, nasce la voglia di realizzare un disco e così, nel marzo 2020 vede la luce Deap Lips, album di esordio omonimo nato dall’unione dei due gruppi di cui sopra.
Ora, tralasciando per un attimo il fatto del nome (immagino il brain storm che l’ha generata, ma neanche i Monthy Python), questa nuova fusione, questo scambio musical-genetico ha portato a un salto di qualità nella tecnica di ibridazione tra gruppi?
Murphy direbbe no. Io dico che se vi piacciono i dogue de bordeaux alti venti centimetri e/o amate molto i cani state sereni, il prodotto finale vi piacerà. Se invece avete aspettative molto alte, purtroppo ci sono cattive nuove.
Fin dalla prima traccia, Home Thru Hell, si palesa il paradigma dell’album: entrambi i gruppi si snaturano in funzione dell’altro, ed è un peccato, perché le californiane sanno suonare davvero bene quando si tratta di farlo entro certi confini di genere, e gli altri, beh, gli altri sono dei giganti. I Flaming Lips, ad esclusione di Hope Hell High e Motherfuckers Got to Go, prendono in mano la scena, entrando e uscendo dalle trame sonore, ma restando, di fatto, il telaio che regge il tutto, se mi passate la metafora a tappeto. Anzi, il disco intero, col passare delle tracce, sembra scivolare sempre più verso una contaminazione psichedelica che prende il sopravvento sulla parte più garage e blues del duo losangelino.
Ripeto, è un peccato, perché le premesse parevano ottime. All’atto pratico l’ascolto risulta ripetitivo, a tratti forzato, soprattutto nel continuo inserimento di parti e suoni tipicamente “flamingosi”, che inquinano o spezzano onesti riff di chitarra e tentativi di costruire tracce più classiche e meno barocche.
Rimandati, quindi.
Gli ibridi, del resto, non sempre riescono bene al primo tentativo.

 

Deap Lips

Deap Lips

Cooking Vinyl

 

Andrea Riscossa

 

Therapy? “Greatest Hits (The Abbey Road Session)” (Marshall Records, 2020)

30 e non sentirli

 

Era il ’92 quando il mondo conosceva Nurse, il primo disco major dei Therapy?, trio nordirlandese che festeggia nel 2020 i trent’anni di vita.

Da sempre di difficile catalogazione, caratteristica che al giorno d’oggi suona più come un vanto ed una stella al merito, questo Greatest Hits (The Abbey Road Session) intende raccogliere, a mò di Bignami, i dodici brani che Andy Cairns e soci hanno piazzato nella top 40 britannica, decidendo però di risuonarli ad Abbey Road, in una sorta di ritorno al presente, per brani, come appunto l’opening track, Teethgrinder, che faceva bella mostra di sé nel già citato Nurse.

Partenza schizofrenica, con Neil Cooper a mettere a dura prova il rullante, mentre Screamager ci riporta in territori più punk. I giri tornano a salire su Opal Mantra, con fendenti di chitarra taglienti e ficcanti e non puoi non sorprendenti di quanto fresca e attuale suoni una canzone come questa, che di anni ne ha più di venticinque.

Turn è il primo asso calato dai Therapy?, estratto da quel Troublegum, (probabilmente) il loro punto più alto, sicuramente dal punto di vista commerciale, anche se Nowhere non è da meno, anzi (cosa non fa Cooper in sto brano!), e non puoi non percuotere ogni cosa ti capiti a tiro e cantare “going nowheeere”.

Si salta convinti anche con Trigger Inside, durante il quale si apprezza più che altrove lo stato di salute eccellente (no pun intended) della band e l’ottima resa di questo pseudo live.

Die Laughing vede l’ingresso in scena dell’unica guest del disco, James Dean Bradfield, Mr. Manic Street Preachers, per passare poi ai poliritmi sfrenati di Stories, uno dei momenti più alti del disco.

Loose fa da antipasto per rendere omaggio ad uno dei gruppi a cui i Therapy? sono più legati (ed anche il sottoscritto), ovvero gli Hüsker Dü, con una Diane meno disperata ed arresa forse, ma non sfigura affatto.

Il giro mozzafiato di basso di Church of Noise per una tirata in apnea di tre minuti e la cavalcata punk di Lonely, Cryin’, Only suggellano quella che sulla carta ha i crismi di un’antologia (e che antologia!), ma che nella realtà dei fatti ci mostra i Therapy? che prendono la carta d’identità e ce la strappano davanti agli occhi.

 

Therapy?

Greatest Hits (The Abbey Road Session)

Marshall Records

 

Alberto Adustini