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Tre Domande a: De Relitti

Come e quando è nato il tuo progetto?

Ho trovato il mio cognome, De Relitti, su un taccuino del 2021, una storpiatura del nome d’arte di mio nonno.
Il nome che avevo scelto in precedenza non dialogava bene con la musica che stavo facendo, me lo fecero notare senza troppi giri di parole i due co-produttori mentre mixavamo una delle prime canzoni del mio disco d’esordio, AHAHAH (2023, Pioggia Rossa Dischi).
Così – mentre il mix prendeva forma – io mettevo insieme una lista di alternative, sperando di trovare qualcosa di più adatto: a fine giornata, la canzone era chiusa e l’occhio continuava a cadere su quel cognome un po’ altisonante, ma anche strano, praticamente un gioco di parole.
Finito d’ascoltare la canzone completa, mi sono alzato e ho detto una roba del tipo “mi sono trovato”; e i miei co-produttori mi hanno dato ragione, forse perché era decisamente l’ora di andare a casa.
Ad ogni modo, è il caso di dire che sono state le canzoni a fare De Relitti, non il contrario. 

Se dovessi riassumere la tua musica con tre parole, quali sceglieresti e perché?

Non userei tre parole separate, ma le tre che compongono il titolo di una delle canzoni del mio nuovo disco, BLUFF (2025, Grancasino Records/Pioggia Rossa Dischi). La canzone in questione è Niente di serio e il suo titolo può essere interpretato su diversi livelli: si comincia con una chiave di lettura più universale, quella che rimanda alla leggerezza di un’etica musicale “no strings attached”, niente obblighi e costrizioni: faccio la musica che mi pare, come mi pare.
E poi c’è il senso particolare del brano stesso, ma questo lo lascio chiarire alla canzone: spiega decisamente meglio di me. 

Se dovessi scegliere uno solo dei tuoi brani per presentarti, quale sarebbe e perché?

Se non dovessi mantenere un atteggiamento minimamente consono ad un’intervista, I risponderei Il prossimo.
Però non siamo qui a berci un gin tonic, quindi mi tocca prendermi sul serio e risponderti Au revoir, il primo singolo estratto dal disco nuovo. Lo trovo particolarmente rappresentativo perché è un brano chiaro-scuro, come me è denso di contrasti; una sorta di pre-breakup song che nelle strofe si imbriglia in un corto circuito emotivo, per poi esplodere in ritornelli che promettono liberazione e leggerezza anche in luogo di un tristissimo addio.
Io mi sento così: un attimo sono lì a discutere del colpo di stato in Myanmar e l’attimo dopo sono a cantare Smooth di Santana al karaoke. Non ci sono mezzi termini, che cazzo!

BULL BRIGADE: “SOPRA I MURI” IL VIDEO DEL NUOVO SINGOLO

BULL BRIGADE

IL VIDEO DI “SOPRA I MURI”

 IL NUOVO SINGOLO

(Motorcity Produzioni, distr. Tunecore)

PERCHÉ NON SI SA MAI TOUR 2026

6 marzo – TORINO – Hiroshima Mon Amour

14 marzo – BOLOGNA – Estragon Club

20 marzo – RONCADE (TV) – New Age

18 aprile – ROMA – Largo Venue

24 aprile – MILANO – Magazzini Generali

Link alle prevendite: https://www.ticketone.it/artist/bull-brigade/

Link al video su YouTube: https://youtu.be/aCNR2f8guAQ
Online da venerdì 21 novembre, il video di SOPRA I MURI, primo singolo dei BULL BRIGADE pubblicato lo scorso 14 novembre estratto da Perché Non Si Sa Mai, il nuovo album in arrivo il 13 febbraio 2026. Una release, quella del disco, che sarà accompagnata dal “Perché Non Si Sa Mai Tour 2026”, prodotto da Barley Arts: il ritorno della band sui palchi di tutta Italia, con prevendite già disponibili.

Sopra i Muri è una dichiarazione d’intenti: un brano che racchiude l’essenza dei Bull Brigade, capaci come pochi di fondere l’urgenza del punk-rock con una scrittura autentica, diretta e profondamente attuale. Il sound intreccia l’energia ruvida del punk londinese dei primi anni ’80 con una sensibilità più intima e cantautorale, trovando un equilibrio perfetto tra impatto e introspezione. Nel testo, sorretto da un muro di suono compatto e trascinante, la band riflette sul significato della libertà e sull’importanza di restare fedeli a sé stessi, rivendicando con forza la propria assoluta indipendenza.

Raccontano i Bull Brigade: “Alla fine il punk dovrebbe essere libertà. Ma oggi, per essere considerati tali, si finisce intrappolati negli stessi schemi che a 20 anni pensavamo di combattere. Dunque, sì, ora siamo davvero liberi di fare ciò che vogliamo.”

Attivi dal 2006, i Bull Brigade rappresentano una delle realtà più solide e riconosciute della scena punk rock italiana. In quasi vent’anni di attività, la band ha costruito un percorso coerente e appassionato, fatto di dischi, tour e collaborazioni, mantenendo sempre viva la propria identità e il legame con il pubblico.

Il loro sound unisce street punk, punk rock e hardcore in un equilibrio unico, sorretto da una voce ruvida ma capace di grande espressività melodica. A renderli riconoscibili è anche la forza autentica dei testi, che intrecciano poesia e realismo per raccontare la vita di strada, le periferie urbane, la classe operaia, il mondo della tifoseria e le tensioni sociali che attraversano il presente.

Dal suono diretto e abrasivo di Strade Smarrite (2008) alla scrittura più matura e articolata di Vita Libertà (2016), fino alla profondità emotiva e solidità sonora de Il Fuoco Non Si è Spento (2021), i Bull Brigade hanno intrapreso un percorso di costante crescita artistica.

Con Sopra i Muri, la storica band torinese inaugura ufficialmente il cammino che porterà alla pubblicazione del nuovo album, Perché Non Si Sa Mai, in uscita il prossimo 13 febbraio.

Lorde @ Unipol Arena

Bologna, 29 Novembre 2025

Ebbene sì, sono riuscita finalmente a vedere dal vivo Ella, in tutta la sua forza, sensualità e vulnerabilità.

Ella Marija Lani Yelich-O’Connor, in arte Lorde, è semplicemente una delle più precoci e talentuose pop star internazionali degli anni 2010. Di origine neozelandese, mia coetanea e mio idolo indiscusso, non aveva ancora compiuto 17 anni quando pubblicò Royals nel lontano 2013, brano che le valse due Grammy Award.

Raggiungo il parterre con un paio di amici e veniamo accolti da The Japanese House, secondo opener della serata dopo Fabiana Palladino. Le note eteree della cantante britannica invadono il parterre, già considerevolmente gremito da un pubblico eterogeneo: tantissimi stranieri, ragazzine ventenni vestite con i top argentei – colore simbolo dell’ultimo album Virgin e del tour Ultrasound – e noi immancabili millennials. Lorde fa il suo ingresso sulle note di Hammer, addosso una maglietta e pantaloni da ragazza di tutti i giorni, semplice come si pone nel quotidiano, e un sorriso dolcissimo che solo Ella sa rivolgere ai suoi fan. 

La setlist tenta di incastrare a pettine le 11 tracce dell’ultimo disco Virgin, uscito lo scorso 27 giugno, con alcune pietre miliari dei tre album precedenti, pubblicati ognuno a quattro anni di distanza: Pure Heroine (2013), quel capolavoro che è Melodrama (2017) e Solar Power (2021). Con mia grande delusione, a quest’ultimo è stato dedicato un minimo spazio, solo due brani Oceanic Feeling, definita dalla stessa Ella la sua preferita dell’album,e Big Star che riempie l’Arena di luci per uno dei momenti più toccanti del concerto. Ciò rispecchia un po’ quello che si avverte da tempo sulle pagine social della community e dalle stesse interviste di Ella: sembra sia un capitolo in cui non si rispecchia a pieno e che non ha molto a che fare con il tipo di energia che le interessa portare sul palco al momento. Un piccolo lutto per la sottoscritta che invece deve a quell’album tanti ricordi, momenti di conforto e intima gioia. 

Laserata procede cantando e ballando le colonne sonore della mia adolescenza, Team, e dei miei vent’anni, Perfect Places. È però su Liability che il tempo si ferma: gli accordi al pianoforte creano un tappeto per un discorso che si rivela una confessione ai fan. Ella dice: “La nostra è come una relazione che dura da tanto tempo, è sempre bellissimo incontrarvi, ma a volte non è facile, a volte mettermi a nudo mi spaventa, mi sento vulnerabile”. Poi Ella cede il passo a Lorde, che infligge con la sua voce il momento emotivamente più alto della serata. 

Oltre alle vecchie hit, il concerto vuole celebrare principalmente il ritorno di Lorde al synth pop e a sonorità quasi più tendenzialmente techno come in What Was That, singolo d’esordio dell’ultimo album, diventato subito virale, che, seguito in setlist da Green Light rappresenta uno dei momenti più euforici della serata. Green Light è iniziata due volte: qualcuno nelle prime file ha bisogno di aiutoedElla, senza esitare, si ferma e aspetta la conferma che sia tutto risolto per ricominciare.

Gli ultimi brani prevedono un setting diverso: Ella intona David mentre scende tra la folla fino al B-stage, per una condivisione più intima in mezzo al pubblico. Sopra di lei l’accompagna una sorta di corridoio di luce sospeso a mezz’aria, in cui sembrano generarsi continue nuvole. Lorde ci gioca con le dita e comincia il brano successivo.
Per la prima volta in tutto il tour, Lorde esegue Hard Feelings: dal B-stage riusciamo a vederla meglio, col il suo bomber blu, si muove magnetica e decisa. Ribs chiude la notte con una un’ultimissima esplosione di felicità prima del buio finale.

Quando le luci si riaccendono, ci guardiamo un po’ spaesati cercando di tornare nel mondo reale, ma senza troppa fretta. Forse non vogliamo lasciare andare subito tutte le emozioni che abbiamo vissuto.
Un concerto così non passa. Rimane. E continua a vibrare.

Setlist

Hammer
Royals
Broken Glass
Buzzcut Season
Favourite Daughter
Perfect Places
Shapeshifter
Current Affairs
Supercut
GRWM
400 Lux
The Louvre
Oceanic Feeling
Big Star
Liability
Clearblue
Man of the Year
If She Could See Me Now
Team
What Was That
Green Light
David

Hard Feelings
Ribs

Tre Domande a: Black Wojtyla

Come e quando è nato il vostro progetto?

I Black Wojtyla nascono nel 2009. Lorenzo Tamberi, bassista con un drive funk e un registro che copre anche sonorità da chitarra, e Michele Nastasi, trombettista proveniente dalla classica e dalla progressive, si sono trovati a improvvisare insieme durante un capodanno. È stato amore a prima vista. Il giorno dopo hanno fissato una prova. Lorenzo ha chiamato Andrea Lamberti, batterista roccioso con un passato nel punk e nella patchanka: erano nati i Black Wojtyla. 
Il trio nasce allora e, a parte qualche periodo di inattività, è sempre esistito, e la formazione attuale è ancora quella originale, perché il nostro sound e la vita stessa del gruppo sono indissolubilmente legate alle nostre caratteristiche personali.
La band ha pubblicato il primo LP CMUI diversi anni fa, e due EP, PREIUS e 3MUCH, usciti nel 2023, tutti autoprodotti. Adesso è uscito il nuovo disco CARDIO. I Black Wojtyla sono classificati tra gli emergenti, ma potremmo, piuttosto, avviarci a diventare una band di culto. In un certo senso nell’underground milanese è già un po’ così, ci conoscono e ci hanno sentiti suonare moltissime persone, talvolta anche insospettabili.

Se doveste riassumere la vostra musica con tre parole, quali scegliereste e perché?

Vitale, emotiva, enigmatica. 
Vitale perché è una vera pulsione di cuore e di spinta. I nostri brani sono pieni di energia e i nostri concerti sono potenti, coinvolgenti, il pubblico ascolta, balla e si diverte. 
Emotiva perché nella nostra musica lasciamo spazio alle emozioni, non abbiamo preclusioni rispetto a eccessi melodici e performativi, alle armonizzazioni classiche, alle frasi struggenti, e non abbiamo paura di toccare il pop e di sfiorare il kitsch – credendoci sempre molto ma facendolo con una certa ironia.
Enigmatica perché la nostra è una musica prevalentemente strumentale, che sfugge a una categorizzazione per generi, e il cui significato non è dichiarato, stabilito e stabile. Riteniamo che il nostro compito di artisti non sia quello di confermare verità ovvie, ma di sollevare dubbi non banali. E lo abbiamo fatto sempre, a partire dal nome della band, o dal singolo Giubileo con cui abbiamo lanciato il nuovo album. È un modo di toccare temi sensibili come, ad esempio, quello del cattolicesimo e della sua eredità culturale (soprattutto in Italia, e soprattutto nel campo delle arti e della musica), senza prendere una posizione di elogio o di condanna, ma lasciando che sia la sensibilità del pubblico a dare un significato alla nostra musica. Oggi la musica è spesso puro intrattenimento, non presuppone nessun pensiero da parte dell’ascoltatore. Noi non siamo così. 

Se doveste scegliere uno solo dei vostri brani per presentarvi, quale sarebbe e perché?

I nostri brani sono molto diversi tra loro, per cui sceglierne uno solo significa non rappresentare completamente la varietà sonora e ritmica della band. Dovendoci sottoporre a questa scelta crudele, un brano che oggi ci rappresenta bene è Minimum. 
Siamo molto affezionati a Minimum per la complementarietà tra la potenza dei suoni e la dolcezza delle melodie, tra i pieni e i vuoti, e per l’atmosfera lirica e tragica, cioè del tutto inattuale che lo caratterizza (nonostante in tempi in cui viviamo siano ampiamente dolorosi). Il titolo, anche per contrasto, si riferisce a questo. 
Inoltre in Minimum abbiamo sperimentato delle sonorità per noi inedite, costruite da elementi incidentali, minimi ma sempre molto rifiniti. Nella prima parte, per esempio, i cluster di tromba derivano dall’impossibilità di eseguire, in un loop creato dal vivo, note che si sovrappongano perfettamente, uno sfasamento che tecnicamente è un errore e che qui diventa elemento espressivo. Oppure, nella seconda parte, gli accenti e le legature nelle note di basso in rapida successione creano un andamento proprio, così come fa, armonicamente, la modulazione ascendente del finale. Mescolando influenze molto diverse tra loro, come sempre capita nei nostri brani: rock e metal, elettronica, raggaeton, minimalismo, musica antica, pop italiano, progressive.

Tre Domande a: Den

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il tuo modo di fare musica o a cui ti ispiri?

    Mi ispiro molto a girl in red, Billie Eilish e Sia. Di loro amo la sincerità, quella capacità di trasformare la fragilità in forza. Ascoltandole ho capito che la musica può essere cruda e delicata allo stesso tempo, e che l’onestà emotiva è la cosa più potente che puoi portare in una canzone.

    Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

      Vorrei che a chi mi ascolta arrivasse quello che la musica ha sempre fatto arrivare a me: la sensazione di non essere soli, di sapere che da qualche parte c’è qualcuno che prova le stesse cose. Credo che una canzone, se è vera, possa diventare casa per chi la trova nel momento giusto.

      C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare/condividere il palco?

        Mi piacerebbe collaborare con Vasco Rossi, magari cantare un brano scritto da lui. Ha quella capacità unica di rendere vere anche le parole più semplici. Sul palco, invece, vorrei condividere tutto con girl in red, la sua energia, la sua libertà, il modo in cui riesce a essere se stessa davanti a tutti, mi ispirano tantissimo.