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Sinister Grift

Settima prova in solitaria per Noah Lennox, altresì e maggiormente noto come Panda Bear, in libera uscita dagli Animal Collective, che qui comunque fanno capolino in veste di featuring in diversi momenti.

Sinister Grift, questo il nome del disco, si apre su terreni cari al nostro, territori che ha iniziato ad esplorare e calpestare da quel miracolo chiamato Person Pitch e proseguiti poi in maniera sempre più distintiva su Tomboy, ovvero prendere i Beach Boys, destrutturarli e successivamente ricomporli, aggiungendo tra le componenti elettronica, un pizzico di psichedelia e quel piglio freak/weird che ne è tratto distintivo quando parliamo di Mr. Lennox.

L’impressione generale che lascia questo Sinister Grift è che una parte non indifferente del percorso compositivo l’abbia giocata anche il dove questo disco sia stato pensato, composto e registrato, che nel nostro caso è Lisbona, città dove Panda Bear ormai da qualche anno risiede assieme alla sua compagna Rivka Ravede, membro dei Spirit Of The Beehive

Specialmente nella seconda parte del disco si avverte un calore differente rispetto al passato, lungo i brani la componente relativa alla sperimentazione e alla ricerca lascia il passo ad un approccio più narrativo, meditato, ponderato, più cantautorale, azzardando un pò.

Se l’iniziale Praise è Panda Bear “in purezza”, per come lo abbiamo conosciuto ed amato, la conclusiva Defense ce ne presenta un altro, misurato ai limiti dell’accademico. Alla dolcezza di Anywhere But Here si contrappongono i toni tetri di Elegy For Noah Lou, al pseudo reggae di JustAs Well i ritmi quasi calipso di Ferry Lady, eppure in questa convivenza di stili e approcci diversi c’è una coerenza ed equilibrio indiscutibili.

Panda Bear ci consegna un disco che sa di nuovo. O forse è Sinister Grift che ci consegna un nuovo Panda Bear?

Neil Young til København til juni

NEIL YOUNG AND THE CROME HEARTS ‘LOVE EARTH TOUR’ På TIØREN I KBH. 22. JUNI 2025

24. februar 2025 — I dag annoncerer, neil young and the chrome hearts deres Love Earth World Tour, som finder sted til sommer. Den første del af touren kommer til Europa og UK, og starter den 18. juni i Rattvik, Sverige, Den nordamerikanske del begynder i Charlotte den 8. august inden den slutter i Los Angeles den 15. september.

Billetter er tilgængelige fra i morgen 25. februar via et eksklusivt 48 timer langt presale for medlemmer af Neil Young Archives. Det officielle billetsalg til den danske koncert starter fredag 28. februar kl. 10.00. Se den fulde tourplan herunder. Flere datoer vil blive tilføjet.

Sammen med sit band, the chrome heartsSpooner Oldham (Farfisa orgel), Micah Nelson (guitar og vokal), Corey McCormick (bas og vokal), Anthony LoGerfo (trommer)—Neil Young (guitar og vokal) bringer de Neil Youngs musik og sange, nye som gamle til dig.  Deres seneste single big change” er den første introduktion til hvad der er i vente på Love Earth tour.

Neil Young er stolt af sit samarbejde med Farm Aid (som han var medstifter af i 1985) og bringer HOMEGROWN Concessions med på denne turné, og går foran i forandringen af madudbuddet ved livekoncerter. HOMEGROWN Concessions leverer mad fra familiebrug – produceret bæredygtigt, med en fair pris til landmanden og serveret i komposterbart service – til spillestederne.

Besøg: Neil Young Archives (NYA)

Følg Neil Young: Official | TikTok | YouTube | Press Materials 

• Billetpris/gebyr: Inner circle: 1090 + (55) / GA (stå):  790 + (55) / Kørestol: 790 + (55). Dertil lægges et ordregebyr på 10 kr. per transaktion. 

• Det officielle billetsalg starter fredag 28. februar kl. 10.00 via livenation.dkog ticketmaster.dk.

• Mastercard kortholdere har særlig adgang til presale billetter. Mastercard presale starter torsdag 27. februar kl. 10.00 og slutter fredag 28. februar kl. 09.00. Tjek priceless.com/music for detaljer.

• Live Nation presale starter torsdag 27. februar kl. 10.00 for Live Nation nyhedsbrevsmodtagere og på livenation.dk

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Blindness

Gli anni del revival del post-punk finiranno mai? Sinceramente, spero proprio di no. È vero che la scena è ormai affollata e satura, ma questo non fa che alzare la posta in gioco: per emergere e distinguersi, è necessario impegnarsi ancora di più, creando dischi che non solo colpiscano l’ascoltatore, ma che lo coinvolgano emotivamente, lo turbino e lo lascino con un senso di scomodità che si attacca addosso, proprio come questo album. Un lavoro che non si dimentica facilmente, che ti entra sotto pelle e resta lì, a fare il suo effetto.

Sto parlando di Blindness, il terzo album de The Murder Capital, registrato a Los Angeles con il produttore John Congleton, che lavora con gente del calibro di St Vincent e Angel Olsen.

La giovanissima band post-punk racconta di quanto sia stato complesso il processo creativo che li ha portati fin lì, infatti Blindness è nato durante alcuni momenti cruciali nella loro carriera, un periodo segnato tanto da infinite opportunità quanto da una profonda angoscia. Avevano fatto il loro grande debutto nel 2019 con l’acclamato When I Have Fears che li ha fatti notare al pubblico internazionale, ma il vero successo è arrivato con il loro secondo album, Gigi’s Recovery, uscito nel gennaio del 2023. Il disco ha avuto l’effetto che ci si aspettava: ha aiutato la band a farsi conoscere dal grande pubblico e a suonare in tutto il mondo (hanno aperto anche per Nick Cave, non proprio noccioline insomma),consolidando la band come uno dei live act più intensi della scena. Ma quando il cantante James McGovern riascolta Gigi’s Recovery, non può fare a meno di notare una certa claustrofobia nell’album: “Sento che a volte è un disco sovrascritto. Abbiamo avuto troppo tempo per trovare problemi in brani che non ne avevano. Non stavamo remando nella stessa direzione, è stato un incontro di idee creative troppo distanti. Ma Blindness segna la prima volta che siamo riusciti a far funzionare tutto insieme. Siamo arrivati a un punto in cui tutti spariamo a pieni cilindri, puntando verso lo stesso obiettivo”.

Quindi siamo ad un punto di svolta nella breve seppur sofferta storia della band, e si sente.

Le undici tracce dell’album vengono introdotte dal singolo Words Lost Meaning, un brano che cattura subito l’attenzione con un giro di basso crudo e perentorio, che definisce il tono deciso e senza compromessi del pezzo. La sezione ritmica, asciutta e penetrante, si fonde perfettamente con il testo, che si fa riflessivo e amaro, esplorando un tema tanto universale quanto delicato: l’abuso della parola “ti amo” all’interno di una relazione. La canzone scava nel modo in cui l’uso eccessivo di questa espressione, se svuotata di sincerità, può perdere il suo significato originario e ridursi a una sorta di convenzione vuota. In questo contesto, il “ti amo” diventa una parola che perde forza, si annacqua, fino a diventare un automatismo privo di vera emozione. Un brano che, in modo tanto diretto quanto sottile, mette in luce come l’abitudine e la superficialità possano intaccare la genuinità dei sentimenti, trasformando un’espressione di affetto profondo in un mero luogo comune privo di valore.

Al primo ascolto, tuttavia, il brano che mi ha colpito maggiormente è stato senza dubbio Death of a Giant. McGovern stesso racconta di averlo scritto in seguito alla marcia funebre di Shane McGowan, il leggendario leader de The Pogues, storica band folk punk anglo-irlandese attiva soprattutto negli anni ’80 e ’90. Un vero e proprio tributo sentito e commosso, che si fa carico della tristezza e dell’emozione di un’intera generazione, un commiato a un gigante della musica. La melodia che accompagna il brano è pervasa da un’atmosfera tenebrosa e cupa, riflettendo la pesantezza di quel momento, mentre tutta Dublino si raccoglie per salutare la dipartita di un’icona che ha segnato la cultura musicale del suo tempo. Un altro brano che mi ha particolarmente colpito è Love of Country, che trasuda una miscela di rabbia e patriottismo. La chitarra, lenta e dolorosa, accompagna un testo riflessivo che mette in luce il pericolo insito nel patriottismo quando sfocia, inevitabilmente, in xenofobia. Un pezzo che invita a riflettere sul confine sottile tra l’amore per la propria terra e il rischio di cadere in forme di nazionalismo estremista, alimentando l’odio verso l’altro.

The Murder Capital vengono spesso etichettati come i nuovi Fontaines D.C., ma non hanno davvero nulla da invidiare ai loro colleghi irlandesi. Le similitudini tra i due gruppi sono evidenti, eppure è anche chiaro che la scena post-punk contemporanea è particolarmente affollata. Nonostante questo, The Murder Capital riescono a emergere, dimostrando una padronanza totale del loro suono e un’incredibile capacità di creare un album abrasivo, intenso e mai monotono. I loro brani sono arricchiti da testi crudi e spettrali, che catturano un senso di inquietudine emotiva, trasmettendo un’energia palpabile che non può lasciare indifferenti. Per apprezzare davvero la profondità di questo disco, però, l’esperienza migliore rimane senza dubbio quella dal vivo. The Murder Capital, infatti, brillano particolarmente sul palco, offrendo performance vibranti e potenti che amplificano l’impatto emotivo della loro musica. L’unica data italiana sarà il 5 maggio all’Alcatraz di Milano: un’occasione da non perdere per chi vuole vivere questa band nella sua dimensione più pura e coinvolgente.

Tre Domande a: Serpenti

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il vostro modo di fare musica o a cui vi ispirate? 

Forse anche per il nostro lavoro di autori e produttori, siamo molto schizofrenici nei nostri ascolti e abbiamo pochi preconcetti quando si parla di musica. Ci piace scoprire come è nato un determinato pezzo o come è stato registrato (qui entra in gioco anche il super-nerdismo di Luca!).
Quindi, per noi, possono essere fonte di ispirazione Raffaella Carrà, Chappell Roan, St. Vincent o i Blonde Redhead, senza soluzione di continuità.
Se però dobbiamo restringere la cerchia agli artisti che hanno influenzato il percorso di Titani, possiamo dirti che abbiamo ascoltato molto Gesaffelstein, Milky Chance, Bob Moses, Scissor Sisters, Cannons, Goldfrapp, Tiga, Soulwax, Royal Blood e i Chemical Brothers.

⁠Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta? 

Per noi fare musica significa condividere la nostra visione con chi ci ascolta. Siamo persone molto curiose e troviamo spunti di riflessione anche in dettagli apparentemente insignificanti. Siamo abbastanza ossessionati dall’estetica del linguaggio e dai dettagli. Forse per questo siamo un po’ lenti nella nostra produzione artistica, ma ci teniamo che le persone colgano tutto quello che abbiamo “visto ed elaborato”.
Anche dal vivo cerchiamo di offrire un’esperienza che coinvolga non solo l’udito ma anche la vista, con un gioco di luci che segue la musica e le parole.

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Titani. In questa canzone abbiamo raccontato esattamente chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando.
Questo pezzo, che dà il titolo all’intero album, è stato l’ultimo che abbiamo scritto ed è una dedica a noi stessi e a tutte quelle persone che, come noi, fanno della propria passione una ragione di vita. La coltivano e la portano avanti, anche sapendo che probabilmente li porterà a una sconfitta, perché non hanno scelta.
Ci rappresenta molto anche dal punto di vista sonoro, perché mescola rock, glam ed elettronica.

Sleepless Empire

SBAM. 

Una porta si apre violentemente e appare una donna in tenuta ginnica che per sovrastare la musica urla: “C’hai quasi QUARANTANNI e ancora senti questi che urlano? Ma a QUESTA poi, la voce non le va mai via?”.

La donna in questione è mia mamma sessantenne nel fiore della sua ritrovata giovinezza, ero passata a trovarla e lei non c’era, ma i panni da ritirare si. Così, ringraziando la mia sindrome della crocerossina, ho messo della musica mentre piegavo il bucato.

Peccato che la “musica” fosse la discografia di un’immensa band metal italiana, i nemici giurati di mia madre i Lacuna Coil, ed io ero nella fase di preparazione per l’uscita del loro ultimo album Sleepless Empire.

Mi dispiace mamma, credevi fosse solo una fase ed invece eccoci qua, il tempo ci lascia qualche livido, i capelli bianchi e gli acciacchi, ma certe abitudini (come i Lacuna Coil) sono dure a morire. 

Non si può riassumere in poche righe la storia di questa band milanese che dal 1994 si è fatta strada all’interno della scena musica heavy metal mondiale, per poi arrivare al primo posto della classifica di MTV100 nel 2006 con la reinterpretazione del brano Enjoy The Silence dei Depeche Mode.

Perla nera del heavy metal italiano, hanno riscosso successo in tutto il mondo, tranne che in Italia, dove, nonostante i 31 anni di vita musicale, sono considerati “di nicchia”. 

L’uscita di Sleepless Empireè la testimonianza che con il talento, la perseveranza, lo studio e il cuore si può arrivare dove si vuole. 

Ci hanno fatto venire fame col singolo, Oxygen, 3 minuti e 45 secondi di claustrofobia pura, è come essere intrappolati nelle sabbie mobili, scalciando per la salvezza. Poi ecco che arriva una voce quasi celestiale, è Cristina Scabbia cheper un secondo solleva il tuo corpo verso la salvezza… INVECE NO. La pesantissima e preziosa voce di Andrea Ferro ti ritrascina verso l’oscurità.

L’uso di latinismi è una pratica comune nel mondo heavy metal, e iLacuna Coil sanno esattamente come sfruttare la situa, creando delle ambientazioni surreali ai limiti dell’inquietante, come in Gravity, dovel’aria è densa, la richiesta d’aiuto palese: cos’è giusto cercare aiuto o rintanarsi mentre si tenta di auto-guarire? Purtroppo la risposta non è mai palese quanto la domanda, per questo andiamo a tentativi cercando nel frattempo di non sprecare il tempo che abbiamo in dotazione, è questo il consiglio insito nel testo del brano.

Il growl di Andrea Ferrounito alla poliedrica e camaleontica voce di Cristina Scabbia si rincorrono tra Inferno e Paradiso, tra luce e tenebre come in Hosting The Shadow, che vede la collaborazione di Randy Blythe dei Lambs of God, ci scaraventano nei meandri più oscuri grazie alle sonorità heavy metal e alla voce death, lasciando nelle mani di Cristina Scabbia il ruolo di angelo portatore di luce e salvezza per poi di nuovo catapultarci in questi luoghi desolati e mesti dove impariamo la lezione più importante: senza la caduta nell’oblio non c’è risalita, le avversità si trasformano in momenti di riscatto emotivo e di crescita. L’unico modo per sopravvivere è imparare a gestire l’ombra.

Ma come si sopravvive in una società come la nostra? Dentro questa baraonda di ammassi di carne perennemente incollati al cellulare, preoccupati maggiormente per i like alle foto che per le guerre. Un caos tra vita reale non vissuta e vita social imperante e onnipresente. Annichiliti, omologati e senza uno scopo, questo urlano in Sleepless Empire, il brano da qui l’album prende nome proprio per enfatizzare la denuncia sociale dei Lacuna Coil, che da bravi boomer si trovano a vivere in una realtà totalmente diversa, e non cercano solo di sopravvivere, ma anche di lasciare un messaggio ai posteri: l’evoluzione non sempre è quella che ci saremmo aspettati ma l’umanità questa è, non ci resta che accettarla ma alle nostre condizioni, cioè cambiando quello che possiamo, allontanando le situazioni tossiche, e impegnarsi a trovare il lato positivo delle cose.

(nel mentre puoi sempre urlare le loro canzoni così ti sfoghi)

Questo album si presenta come una terapia di gruppo per esorcizzare il male attraverso la musica, ci aiuta ad affrontare le paure verso noi stessi e quelle verso la società scavando nel più profondo delle cose, accompagnandoci nella la fase successiva al buio, ossia la luce. Prima o poi.

Mobb Deep @ Locomotiv Club

Bologna, 13 Febbraio 2025

Quando rappano gli americani, e soprattutto un gruppo storico come i Mobb Deep, in una città storica per il rap italiano come Bologna, si può solo stare in silenzio e vedere, ascoltare. Ero onestamente preoccupato per il Locomotiv, confidando nelle misure antisismiche del locale, perchè la forza esplosiva del gruppo, ma anche e soprattutto del pubblico sono cose completamente fuori dall’ordinario.

I Mobb Deep presentavano il trentennale dell’album The Infamous, disco storico del genere e sul palco abbiamo Havoc, unico membro effettivo del gruppo perchè Prodigy è deceduto nel 2017, assieme alDJ L.E.S. e Big Noyd, storici collaboratori dei Mobb Deep. 

I rapper sul palco sono completamente infuocati. La scelta di scaletta, a mio avviso, è giusta anche se molto frenetica: un pezzo dopo l’altro, poche parole di stacco tra una canzone e l’altra, tanto movimento durante i pezzi. Anche il Dj partecipa attivamente al live, prendendosi il suo spazio sia prima del live effettivo mixando qualche canzone culto dell’hip hop anni novanta, ma anche partecipando attivamente durante il live doppiando i rapper e incitando il pubblico a saltare e urlare. Chiaramente si riconosce subito l’esperienza e la statura degli artisti da come portano i pezzi sul palco; anni di esperienza condensati in un’unica serata in cui il Locomotiv si è trasformato per due ore in un club del Queens, a New York. Instancabili, inarrestabili, non annoiano e tengono altissima la soglia dell’attenzione sia per la rapida esecuzione dei pezzi che per il coinvolgimento del pubblico.

Ecco, probabilmente lo spettacolo più grande sono stati gli spettatori, e gli artisti erano difficili da superare. Ad ogni ordine di alzare o muovere le mani corrispondeva l’azione con una dedizione senza pari. Certo, sicuramente il pubblico era composto per la stragrande maggioranza da fruitori del genere e appassionati del gruppo, ma una costanza così non si trova in altri posti. Sembrava quasi una singola persona circondata da tanti specchi: tutti si muovevano allo stesso modo, nello stesso momento, con la stessa intensità, generando la stessa grazia di una medusa che nuota dentro un acquario. Probabilmente il pubblico più bello e in forma che abbia mai visto.