[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Matteo Professione, in arte Ernia, è tra i più apprezzati e promettenti rapper della nuova generazione.
Sulla scia dell’ottimo riscontro ottenuto con Come uccidere un usignolo / 67 (certificato disco d’oro) è tornato sulle scene musicali con 68 l’attesissimo nuovo album uscito per Island Records (Universal) il 7 settembre.
A metà strada tra la profondità tipica del rap conscious e la sfrontatezza che contraddistingue la maggior parte degli interpreti nazionali, Ernia sembra mostrare un nuovo volto della trap italiana, più cupo e riflessivo dove le sue canzoni sono contraddistinte da testi complessi.
Il suo 68 Tour ha chiuso col botto il 2018 del Vidia Club di Cesena!
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Apertura affidata al duo Thee Fuzz Warr, il Santo (Chitarra/Voce) e Pinna (Batteria) ci fanno ascoltare il loro Garage/Punk Psichedelico che mi ricorda tantissimo i ’68 fotografati qualche mese fa a Bologna (link qui).
Pezzi ruvidi e sporchi, chitarre effettate e cambi di tempo la fanno da padrona.
Sicuramente questo duo ha incantato le prime persone presenti.
E poi ecco Io e la Tigre, per le quali un live report non è sufficiente.
Dietro alle canzoni, ai testi, alla musica dolce alternata al suono graffiante c’è un mondo fatto di cultura musicale, di conoscenza storica e politica grazie alla quale l’intensità della performance risulta palpabile anche a chi ancora non le conosce bene.
Per questo motivo a breve ci saranno interviste e reportage su questo gruppo che consigliamo vivamente di ascoltare e di approfondirne i testi e le melodie.
E se sul palco ancora non le avete viste, munitevi subito di biglietto al prossimo live, perché non ve ne pentirete.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Sara Alice Ceccarelli
Foto: Luca Ortolani
Grazie a Garrincha[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1503314301745{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 11px !important;}”][vc_column][edgtf_image_gallery type=”masonry” enable_image_shadow=”no” image_behavior=”lightbox” number_of_columns=”three” space_between_items=”tiny” image_size=”full” images=”10132,10131,10126,10123,10139,10141,10121,10127,10128,10129,10124,10125,10130,10142,10138,10140,10133,10122,10135,10134,10136,10137″][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text][/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Sara Alice Ceccarelli
Il lato artistico e musicale di Omar Pedrini non ha bisogno di particolari presentazioni, millantamenti o trampolini. Il lato musicale ed artistico di Omar Pedrini in questo articolo non verrà esposto.
Dico questo perché vorrei dedicare qualche riga in più al lato umano dell’artista bresciano.
L’onestà intellettuale, l’umiltà tipica dei veri figli del popolo sono un regalo e un’eccellenza da conservare come un patrimonio nell’ambito sempre più sterile della musica in Italia.
La fierezza dell’appartenenza, la semplicità dei “grazie” e “per piacere” accompagnati da un sorriso sempre presente come intercalare a ogni battuta.
Il tipico esempio di capitano, di leader moderato che fa parlare le prerogative dell’anima prima di quelle del pentagramma.
Il concerto alla Bombonera a Cesena è un’orgia di personalità ed età diverse, gente arrivata da Brescia, da Firenze, da Parma, da Venezia oltre che da mezza Romagna.
Un concerto onesto che ha riattraversato le fasi embrionali della permanenza di Omar nei Timoria.
Un clima casalingo che a detta dello stesso Omar ha fatto la differenza, a dimostrazione che la crescita artistica di un musicista trova spesso confort nella provincia che può ancora raccontare storie diverse, lontane dai clichè ordinari.
Ad accompagnare il cantautore scopriamo Marco, chitarrista mancino dal talento evidente, in un duetto di chitarre acustiche, accompagnate con costanza dall’incalzante sottofondo del pubblico pronto a seguire ed eseguire ogni passaggio di spicco dei classici marcati fine ’90 primi ’00.
Omar, uomo, cantautore, amico e trascinatore.
Ci fossero artisti come lui, anzi più semplicemente, ci fossero uomini come lui.
Si perché Ghemon ha festeggiato in Romagna il proprio compleanno, il 31 marzo sul palco del Vidia Club di Cesena. Assieme a tutti noi a Mezzanotte, come il titolo del suo ultimo album. E proprio a mezzanotte un boato di auguri dal pubblico e la sua commozione sono stati i protagonisti per 60 secondi. Lo abbiamo intervistato qualche giorno prima del concerto, e già da quello scambio di battute eravamo emozionate e ansiose di assistere per la prima volta al suo live.
Ciao Ghemon. Siamo Sara Alice Ceccarelli e Claudia Venuti di VEZ Magazine. Grazie per aver accettato la nostra richiesta di intervista.
Ma grazie a voi! Mi piaceva tanto il nome quando l’ho letto sul calendario. Ero davvero curioso di parlare con voi.
Il tuo genere musicale è un genere al quale si associano, spesso superficialmente, sempre gli stessi temi. Temi come la droga, la vita di strada, il vivere di espedienti. Il tutto condito da una sorta di autocelebrazione. È un genere nel quale nessuno si mette mai veramente a nudo, mentre tu lo fai ed è un tratto distintivo della tua musica. Quanto è intenzionale questa cosa e quanto ti viene spontanea?
È estremamente spontanea, da subito è stato così, da subito non ne ho potuto fare a meno e ho proseguito su quella strada. Quello che dite è vero. So bene quali sono alcune caratteristiche che riguardano la scrittura del rap o i personaggi che vengono descritti. In qualche modo, tra virgolette, ci sono pure affezionato a livello di utente, perché so come e perché è nato il rap e certe cose hanno fondamenti e basi storiche e artisticamente parlando hanno un senso se vengono scritte in quel modo. Il problema nasce quando chi le scrive e le canta talvolta non è del tutto consapevole di questo background. È un peccato, perché poi si perde l’autenticità. Quindi ho semplicemente pensato di essere me stesso, senza dovermi adattare agli stilemi del genere rap o alle aspettative che si hanno sui temi che di solito vengono trattati. Mi sono detto “questo sono io, con tutti i miei difetti, ed è questo che voglio scrivere” ed è venuto tutto in maniera molto naturale. Se è questo quindi quello che traspare, vi ringrazio di avermelo detto. È un complimento.
In una tua intervista di qualche tempo fa avevi dichiarato di aver vissuto un periodo di isolamento, una sorta di distacco dalla realtà. L’hai fatto per ritrovarti e che impatto ha avuto sulla tua scrittura?
Un ritiro di questo tipo non è facile da vivere, ma lo si fa con le migliori intenzioni, per una crescita. Sicuramente ha avuto un grande impatto sia su di me che sulla mia scrittura, anche perché quando mi prendo del tempo lo faccio appunto tentando di evolvermi, di migliorare la situazione presente nei limiti del possibile, ovviamente. È stata una necessità perché venivo da due anni e mezzo di tour nel quale ho cantato, conosciuto tanta gente, parlato tanto e viso tante cose. Avevo come la necessità di andare in “cantina”, diciamo, di ritirarmi per conto mio. Ogni tanto ho bisogno di silenzio, di partire, e delle volte le persone me lo chiedono se sono vivo o se sono morto.
Abbiamo letto tanto di te. E’ bellissimo l’atteggiamento con cui racconti la tua depressione. Molto spesso noto che si fa fatica a parlarne, invece tu non fai fatica. Tu pensi che parlarne possa servire, utilizzando quindi la propria malattia in maniera propedeutica?
Ne ho iniziato a parlare perché ho visto che su di me funzionava. Mi spiego meglio. Seguo le TV di tutto il mondo, sopra ogni cosa quelle anglosassoni e mi interesso di svariate cose, non solo di musica. A me piace tanto anche lo sport e sui media stranieri ho quindi notato che ormai è una questione di cultura generale parlare di certe problematiche come la depressione. Gli sportivi, i comici, gli attori, i cantanti parlano approfonditamente della propria malattia e sempre senza vittimismi. Da utente quindi ho tratto molto giovamento da questa opera di sensibilizzazione da parte dei media stranieri. Questo, che all’estero ormai avviene da qualche tempo, ha aiutato tanto anche me che li ascolto da lontano, seppur io fossi già ad uno stadio avanzato con la mia terapia con una diagnosi già fatta ormai da tempo. Siccome è stato utile su di me ho pensato che avendo anche io un megafono avrei potuto farlo a mia volta per poter aiutare gli altri. È importante che gli altri capiscano che genere di emozioni si provano e che la accolgano la malattia perché non è una cosa di cui vergognarsi.
Cosa diresti quindi a chi ne soffre e ha paura di affrontarla?
Gli direi che non è un male oscuro. Non è un male da nascondere per mantenere le apparenze, perché altrimenti mostrarsi per come realmente si sta sarebbe sintomo di debolezza. A me questa cosa del mantenere le apparenze rompe particolarmente le scatole. Una volta lo psichiatra mi ha detto “Se una persona ha il diabete non è colpa sua” allo stesso modo quindi, non ci si deve sentire in colpa se si è malati di depressione. Bisogna affrontare la depressione, curarla e imparare a conviverci con tutte le difficoltà del caso e con l’aiuto necessario. La realtà è che la depressione rimane con noi e ci accompagna ogni giorno, tanto vale usarla a nostro favore, per conoscere meglio noi stessi, con impegno. Può essere una risorsa quindi, come dicevate prima, se viene utilizzata in maniera propedeutica. Questa cosa mi sembra che stia molto aiutando. Mi arrivano tantissimi messaggi da persone di tutte le età che mi ringraziano di aver toccato l’argomento. Mi fa piacere perché ho capito di aver toccato una cosa importante. Talvolta mi dicono che ho molto coraggio a espormi in questo modo. In realtà non è così, perché è stato molto più difficile affrontare la depressione e uscirne. Questo non è niente. Parlarne non è niente.
Possiamo venirti a trovare sabato dopo il concerto?
Certamente, non ci sono problemi anzi dovete! Quella di Cesena la prendo come una serata di festa. Per prima cosa perché è la seconda serata quindi la tensione è svanita e poi perché a mezzanotte sarà il mio compleanno. Siete proprio le benvenute. Venite che ci diamo un abbraccio e brindiamo insieme nei camerini del Vidia Club!
Grazie mille Ghemon. Per la tua musica, le tue parole e la tua umanità.