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Tag: fontaines dc

VEZ5_2022: Andrea Riscossa

A dicembre scorso, mentre pubblicavamo per il secondo anno di fila le personali top 5 della redazione e degli amici di VEZ, ci eravamo augurati come buon proposito per l’anno nuovo di tornare il prima possibile e in modo più normale possibile ad ascoltare la musica nel suo habitat naturale: sotto palco.
Nel 2022 tutto sommato possiamo dire di esserci riusciti, tra palazzetti di nuovo pieni e festival estivi senza né sedie né distanziamenti. Però ormai ci siamo affezionati a questo format-resoconto per tirare le somme, quindi ecco anche quest’anno le VEZ5 per i dischi del 2022.

 

Fontaines D.C. Skinty Fia

Il disco esce ad aprile, nel 2022 sono sotto il loro palco per tre volte. Ho ufficialmente una relazione amorosa con la band di Dublino, quindi sarò partigiano.
Miglior opening track degli ultimi anni, a mani basse. Semplicemente una canzone che al minuto 2:20 diventa una promessa che viene mantenuta fino all’ultima canzone del disco.
Fatico a trovarci difetti, ed è un luogo in cui torno spesso, che, poi, è quello che cerco in un album.
I Fontaines in esilio londinese cantano la loro saudade ungulata, e suona benissimo

Traccia da non perdere: In ár gCroíthe go deo

 

Black Country New Road Ants From Up There

È un disco di una bellezza accecante, commovente e allo stesso tempo viscerale e cerebrale.
Mi auto copio-incollo: è un dialogo senza regole tra strumenti, che diventano attori di un racconto e che entrano in scena con urgenza, per mostrare un punto di vista, a costo di farlo fuori tempo.
Un Satie con la sindrome di Tourette.
Perché loro sono minimali e orchestrali. Sono emozioni a dimensione variabile. Sanno essere oscuri ed entusiasti, attraverso flussi disordinati esplodono in ubriacature di suoni, sanno essere solitari e sanno suonare “in grande”.

Traccia da non perdere: Concorde

 

Wet Leg Wet Leg

Se la vostra band nasce su una ruota panoramica durante un festival e sul palco in quel preciso istante ci sono gli IDLES, il vostro destino è segnato, almeno per le stelle. Le Wet Leg hanno macinato più concerti che ore in sala di registrazione, hanno singoli da milioni di stream e dal vivo sono proprio un bel giocattolino. Il disco è cafone, sboccato, sfrontato ed è proprio divertente.
È un disco che contiene sentenze. Sentenze sui denti. Ciò non impedisce di sorridere coi buchi.

Traccia da non perdere: Wet Dream

 

Dry Cleaning Stumpwork

Mani avanti: è sicuramente un disco inferiore al suo predecessore, ma l’asticella rimane alta, altissima. Siamo nuovamente di fronte a un flusso di coscienza musicato, in un lockdown mentale e forse ancora un po’ materiale, forse autoindotto, forse di comodo. Il tutto condito da riff mai troppo puliti, slow-core, lo-fi.
Per la recensione mi sono costati un viaggio verso le montagne di casa, perché è macinando chilometri in loro compagnia che sono arrivato alla messa a fuoco di questo lavoro. 

Traccia da non perdere: Gary Ashby

 

Porridge Radio Waterslide, Diving Board, Ladder To The Sky

Mea culpa, il disco che avrei voluto recensire e che mi sono perso. Almeno all’inizio. Perché le Porridge Radio sono entrate di prepotenza negli ascolti seriali estivi. E poi mi sono perso nella voce di Dana Margolin che enuncia tremando, ti sbatte in faccia piccole verità senza guardarti negli occhi. Una tazza di tè tra un attacco di panico e una sbronza. Trema tutto, è tutto instabile, ma è pieno di colori.
Sottotitolo: tastiere per chitarre, forse non un piccolo capolavoro come l’album precedente, ma sicuramente sono le mie guilty pleasure del 2022.

Traccia da non perdere: Back to the Radio

 

Honorable mentions 

Kae Tempest The Line Is a Curve  – Lei è un gradino sopra tutti. Ma anche di lato, quindi categoria a parte, meritevole di podi che al posto dei numeri abbiano spiegazioni un po’ più articolate. 

Yard Act The Overload  – Fuori top 5 perché mi risultano sempre troppo paraculi. Sarà questione di pelle, sarà un tasso di innovazione non comparabile con i soci di oltremanica già citati, o sarà perché sono troppo bravi anche loro. Però ricordiamoli, che valgono.

DEHD Blue Skies – Visti su un live di KEXP (cheiddioliabbiaingloria), è stato amore alla prima nota. Nulla di che, gli voglio bene. Canzone (Bad Love) sempre in playlist, da luglio in avanti. 

 

Andrea Riscossa

Fontaines D.C. @ Parco della Musica

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• Fontaines D.C. •

Parco della Musica (Padova) // 16 Agosto 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]In un caldissimo post-Ferragosto, il Parco della Musica di Padova si prepara ad accogliere un altro dei live act più attesi dell’estate. Fra coloro che furono decretati come eroi del Primavera Sound, figurano gli irlandesi Fontaines D.C. che con il loro post punk acido e chitarroso fanno parlare di sé da diverso tempo. L’esordio musicale risale al pre-pandemico 2019 con Dogrel, disco che aveva fatto scoprire la formazione dublinese al pubblico dell’underground internazionale. Si intuiva già all’epoca la portata del suono della band, un post punk frastornato, disordinato, giovane ma metodico. Con A Hero’s Death del 2020 che le cose cambiano e i Fontaines raggiungono un “loro suono”, una formula rivisitata di indie rock con virate darkwave, ricca di schitarrate e riff incalzanti. Due anni dopo, Skinty Fia, che in slang irlandese è una specie di maledizione che ha a che fare con i cervi, accompagna la band nel tour 2022 mentre ottiene ottime recensioni sulle maggiori testate. Nonostante ritenga A Hero’s Death il miglior lavoro della band, la prova del nove resta sempre il live e questo ci porta a Padova.

Dall’apertura dei cancelli è tutto un via vai di gente che non vede l’ora di sentire Grian Chatten e i suoi dal vivo: c’è chi li vede per la prima volta, chi li torna a vedere perché “al Primavera sono stati una bomba”, chi li vuole vedere perché ci vede i nuovi Gang Of Four o giù di lì, chi è travolto dall’hype di questi nuovi eventi post-covid e chi i live li segue e basta. L’atmosfera dunque si crea ben prima del concerto e nonostante le lunghe attese per cibi e bevande (vi ricordate quando ci si ammassava tutti insieme appassionatamente per una birra?) il fermento è palpabile.

Non avevo mai visto i Fontaines dal vivo né avevo guardato i video live prima del concerto proprio perché volevo fosse tutto una sorpresa. La cosa che mi lascia un po’ basito è l’allestimento del palco, sopra cui vedo diverse installazioni con decori floreali e la targa con il nome della band che svetta sopra le americane. Per un pregiudizio del tutto positivo aspettavo di trovare un palco più sobrio, più scarno, ma sono fiducioso e non bado ai contorni. Alle nove e mezza, con estrema puntualità, i Fontaines D.C. salgono tutti insieme sul palco accolti dalle grida e dagli applausi dei presenti che nel frattempo si erano ammassati per accaparrarsi il posto più vicino. I cinque ragazzotti irlandesi piacciono subito per la loro aria simil-trasandata e i loro outfit decisamente discutibili ma funzionali allo scopo. L’evoluzione estetica dell’hipster si riassume nel riscoprire i capi in disuso dei propri padri per metterseli addosso senza far caso alle conseguenze degli accostamenti e i Fontaines in questo sono maestri.

Lo show si apre prevedibilmente con la prima traccia dell’ultimo album, In ár gCroíthe go deo, che viene cantata e seguita da tutti. I cinque si destreggiano un po’ goffamente sul palco dove cercano di dimenarsi senza dare troppo nell’occhio. La pecca che fin da subito notiamo è l’equalizzazione del suono dove vengono premiati i bassi mentre l’impatto dei Fontaines spinge tutto negli alti. La folla è comunque molto partecipe e c’è chi si agita, chi urla e chi balla. Neanche a dirlo, da sotto, è il trionfo degli smartphone complice anche la nutrita schiera di fan new-generation presente ma che non è comunque la parte più ampia del pubblico. La scaletta prosegue con una buona scelta fra i pezzi che ottengono tutti un’ottima accoglienza ma mentre seguiamo le chitarre le mille luci ed effetti che provengono dalle installazioni montate sul palco disturbano l’armonia. Che una band divenuta ormai mainstream abbia bisogno di portare sul palco uno show che vada oltre l’abilità musicale è scontato e comprensibile, tuttavia l’accostamento fra il tono musicale dei nostri eroi e le luci da sala giochi (compresa l’insegna Fontaines D.C. che lampeggia) spesso cozzano.

Il concerto risulta gradevole nonostante i ragazzi sul palco non siano delle eccellenze musicali e tantomeno performative, però diamo loro il bonus della gioventù e del primo riconoscimento e successo a livello di performance, per cui li seguiamo e anzi li incoraggiamo come possiamo. I brani vanno e vengono con allegria, Sha Sha Sha dal primo disco, ottiene molti cori e viene subito intonata dalle prime file così come avviene con la successiva Roman Holiday dell’ultimo. Protagonista dello show è il nuovo disco che nonostante i tentennamenti e alcuni attacchi non troppo felici, convince per la portata che ha. Non sempre i Fontaines sono all’altezza di loro stessi su disco ma c’è tempo e le occasioni per migliorarsi non mancano mai.

Con A Hero’s Death, per cui partono le ovazioni, la band ci saluta e lascia il palco per la consueta tradizione che precede l’encore. Fin qui tutto bene se non fosse che l’insegna Fontaines D.C. si illumina con i colori della bandiera italiana, un’idea pacchiana e decisamente fuori luogo. I ragazzi non demordono e nonostante la figuraccia estetica ritornano per suonarci gli ultimi tre pezzi prima di mandarci a letto, nell’ordine Skinty Fia, Boys in the Better Land e la conclusiva I Love You.

Se escludiamo gli outfit (il cui cattivo gusto si ritrova anche nel merchandising), le tamarrate decorative e una non sempre stabilità musicale, i Fontaines D.C. vengono approvati dal pubblico del Parco della Musica che li saluta come nuovi interpreti del post punk. Si spera abbiano ancora molto da dire ma soprattutto molto da suonare.

 

Fernando G. Maistrello

foto di Siddharta Mancini

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Fontaines DC @ Express Festival 2022

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• Fontaines DC •

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EXPRESS FESTIVAL 2022

Arena Puccini (Bologna) // 07 Giugno 2022

Circolo Magnolia (Milano) // 08 Giugno 2022

 

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Ho più di quarant’anni.
La decisione di fermarsi a tre metri dal palco di un concerto dei Fontaines D.C. dovrebbe essere figlia di una maggiore consapevolezza, una più onesta analisi del proprio stato di forma e di una serena presa di coscienza che non siamo più nel ’98.
Così inizia l’avventura di ieri sera a Milano, presso il Circolo Magnolia, per l’VIII edizione di Unaltrofestival.
Pioggia a rinfrescare e birra per rigenerare, mentre penso che i Fontaines sono i testimoni di un mio personale percorso: ero a Parma, a Novembre, all’interno del Teatro Verdi, comodamente seduto, con mascherina. E fu la folgorazione. Ero a Milano a Marzo, in piedi, ma in ordine, a confermare un’idea, in attesa di un terzo disco. Ero a Milano anche ieri, libero, liberi, come se fosse davvero il primo concerto post pandemia. Mi avrà fregato l’idea che qualcosa fosse cambiato, negli ultimi due anni. E invece dopo due pezzi ero a otto metri dal palco. Finirò il concerto ancora più indietro, ma è giusto così, è giusto che quella parte di prato sia di nuovo una bolgia di teste che saltano, di mani alzate, di sbuffi di fumo più o meno simpatici, di movimento e di sudori alieni. È giusto anche che dei tre concerti ieri io abbia visto il peggiore della triade, vuoi perché tra volumi e qualità del suono non c’è competizione con un teatro, vuoi perché se un soundcheck dura quaranta minuti qualcosa (di sicuro) andrà male. Ero abituato bene. Ieri la musica live si è ripresa la parte più muscolare e viscerale, con i suoi eccessi e la sua maleducazione. Ed è giusto anche questo, “apri tutto” e sfogatevi (a patto di averli già sentiti in altre situazioni più favorevoli).
Scaletta telefonata e prevedibile, Chatten, che per l’occasione si è vestito peggio del solito, ha meno metri quadrati su cui sfogarsi e per la prima volta lo vedo rivolgersi al pubblico. Piaccia o no il suo modo di stare dietro il microfono, è diventato un frontman che sa gestire la sua personale liturgia.
Al settantesimo minuto dei tempi regolamentari grave infortunio nel parterre. Organizzazione in imbarazzo, il concerto viene interrotto da Chatten stesso, e la band ne approfitta per ritirarsi. Sulla natura e gravità dell’accaduto si crea rapidamente una mitologia tra il pubblico, fatto sta che, tornati sul palco, i Fontaines svelano che le sacre regole del Porcocervo impongono una canzone in più per ogni caduto, antica regola in voga al vallo di Adriano. I ragazzi intonano una In ár gCroíthe go deo che conferma ciò che nel disco si poteva intuire: cinque minuti di metafisica applicata, di pulizia e precisione a salire, cinque minuti che mi ricordano perché ho investito in sterline per Skinty Fia in edizione trappista.
Sul palco sembra salita un’altra band. Molto meglio il secondo tempo, i Fontaines sono un diesel. La scaletta prosegue sui binari già noti, i metri che mi dividono dal palco aumentano, mentre penso a cosa fare il 16 agosto. Quasi quasi. A Padova.
Voci di pubblico e pensieri vari a fine serata, in ordine sparso, riportano quanto segue:
• nonostante si sentisse come al festival della trippa di Passerano Marmorito, sono stati comunque bravi.
• Il batterista dei Fontaines DC è come Ament nei Pearl Jam. Sotto sotto è un mostro.
In ár gCroíthe go deo è meglio dello yoga.
Boys in The Better Land è un inno e lo Sha Sha Sha uno stile di vita. 

I ragazzi sono una certezza.
I ragazzi meritano concerti nei club.
Anche se Padova…

 

SETLIST (Milano)

A Lucid Dream

Hurricane Laughter

Sha Sha Sha

Roman Holiday

I Don’t Belong

Chequeless Reckless

Televised Mind

Nabokov

Big Shot

Too Real

In ár gCroíthe go deo

How Cold Love Is

Jackie Down the Line

A Hero’s Death

Skinty Fia

Boys in the Better Land

I Love You

 

Testo (Milano): Andrea Riscossa

Foto (Bologna): Luca Ortolani
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