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Tag: genova

L’ultimodeimieicani tra chitarre prese male e provocazioni

Hanno uno dei nomi più geniali del panorama musicale italiano. L’ultimodeimieicani sono Lorenzo Olcese, Pietro Bonuzzi, Beniamino Parodi, Rachid Bouchabla e Stefano Pulcini e stanno cercando, sia con la loro musica che con il collettivo Pioggia Rossa Dischi, di far capire che la scena genovese è tutt’altro che spenta. 

Abbiamo fatto due chiacchiere con Lorenzo, Pietro e Beniamino, rispettivamente voce, chitarra e basso della band.

 

Sono passati quasi tre anni dal vostro primo EP, In moto senza casco. Vi sentite cambiati in quest’arco di tempo, sia a livello musicale che personale?

Beniamino: “Direi di si da entrambi i punti di vista. Sicuramente a livello personale siamo cresciuti e le nostre storie sono cambiate. Pensa che quando è uscito In Moto Senza Casco nessuno di noi, tranne Pietro, viveva ancora da solo. Adesso invece siamo tutti più indipendenti.”

Lorenzo: “Per quanto riguarda la musica, invece, il nostro primo lavoro non era stato troppo ritoccato. Mattia Cominotto, che l’ha registrato e prodotto, segue una filosofia per cui l’album d’esordio di una band non deve essere toccato da nessuno e quindi ci aveva fatto registrare le canzoni così come le avevamo preparate, senza metterci mano. Ti Voglio Urlare invece è il risultato di uno studio e di un lavoro molto intenso, che è durato circa 40 giorni in studio, quindi c’è per forza una maggiore cura per il dettaglio sia sui testi che sulla musica. Non abbiamo lasciato nulla al caso.”

Doveste riassumere il nuovo album in 3 parole, quali scegliereste?

Pietro: “Sicuramente il titolo, ‘Ti Voglio Urlare, è già un buon riassunto di quello che è effettivamente il disco.”

Beniamino: “Se ‘chitarra elettrica’ vale come una sola parola, io sceglierei innanzitutto quella.”

Lorenzo: “Io direi anche ‘vero’. Ho sempre pensato che questo lavoro, parlando di noi e delle nostre esperienze, fosse molto realistico, autentico. E poi aggiungerei ‘tristezza’, che non ce la facciamo mai mancare.”

Pietro: “Potremmo quasi dire ‘chitarre prese male’.” [ridono]

C’è qualche artista in particolare a cui vi siete ispirati nel creare il sound del disco?

Lorenzo: “Ispirati direttamente no, ma che ci sono delle influenze che arrivano soprattutto da quello che ci piace ascoltare di solito. Tame Impala, Strokes, Phoenix, Radiohead, solo per citarne alcuni…”

Beniamino: “Per quanto riguarda i gruppi italiani, ci piacciono molto i Verdena.”


Com’è nata l’idea dietro al primo singolo Pensione a 20 Anni?

Lorenzo: “Nasce da una provocazione abbastanza palese e cioè di dare a tutti nel momento della formazione le stesse possibilità, una pensione appunto, per poi entrare nel mondo del lavoro con le competenze che abbiamo liberamente scelto di acquisire. Un giorno, mentre stavamo decidendo come promuoverlo per bene, essendo il primo singolo, ci è venuto in mente di trasformarla in una petizione su Change.org e solo dopo la gente ha scoperto che si trattava di una canzone.”

Pietro: “Quando abbiamo iniziato a pensarci era il periodo in cui si sentiva parlare spesso della questione del reddito di cittadinanza, quindi ci piaceva l’idea di presentarla come un’istanza politica reale.”

Beniamino: “Tra l’altro, la petizione ha anche ricevuto una certa attenzione e consenso su internet, anche se era nata come provocazione. Avere la pensione a vent’anni è forse uno dei più grandi paradossi a cui si possa pensare, ma comunque ha dato modo di riflettere a parecchie persone.”


Dato che nel disco parlate molto delle vostre città, che rapporto avete in generale con Genova e con la scena musicale genovese?

Beniamino: “Diciamo che, per quanto mi riguarda, non è dei migliori [ride]. Il nostro rapporto con Genova è sintetizzato bene dalle prime parole di Sirene, anche se in realtà è stata scritta da Lorenzo per Treviso. “Tu che ti presenti così bella, io che vivo così male”, ma in un certo senso anche “che ti vivo così male”, perché c’è un certo distacco tra quello che è Genova, quello che chiede e propone e quello che invece siamo noi. Sicuramente il progetto di Pioggia Rossa Dischi è stato un modo per dar forza a noi e ad altre realtà emergenti locali che purtroppo qui non trovano troppe opportunità per affermarsi. Essendo comunque abbastanza grande, secondo noi Genova dovrebbe avere un posto di rilievo nel panorama musicale, perché c’è tantissimo movimento, ma bisogna trovare dei canali per farlo uscire e Pioggia Rossa vuole fare un po’ questo.”

Lorenzo: “In giro ci sono davvero tanti progetti molto validi, quindi abbiamo deciso di collaborare con i LENIN! [altro gruppo genovese] per creare una serie di occasioni e dare così voce a tutti quelli che riteniamo più interessanti. Oltre a varie serate che organizziamo durante l’anno, insieme ad altre realtà locali abbiamo tirato su il Balena Festival qui in Porto Antico. È un evento ancora giovane, ma sta funzionando bene.”

 

Francesca Di Salvatore

DEPRODUCERS in scena a Genova

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• DEPRODUCERS •

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Teatro della Tosse (Genova) // 2 Novembre 2019

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Un collettivo artistico innovativo e formato da quattro teste di serie del panorama musicale italiano. I DEPRODUCERS sono Vittorio Cosma, Riccardo Sinigallia, Gianni Maroccolo e Max Casacci e compongono musiche per conferenze scientifiche. In altre parole, i loro strumenti accompagnano spiegazioni di argomenti tanto affascinanti quanto complessi come, in questo caso, l’evoluzione della vita sulla Terra.

Al Teatro della Tosse di Genova, più che ad un concerto, abbiamo assistito ad un vero e proprio spettacolo teatrale intitolato DNA, che sta girando l’Italia e la cui tappa genovese è stata inserita nel programma del Festival della Scienza del capoluogo ligure. I DEPRODUCERS hanno portato sul palco un progetto ambizioso che mira a portare quelli che possono essere gli aspetti più misteriosi e affascinanti della scienza ad un pubblico variegato, a dimostrazione che genetica, biologia o filosofia possono interessare anche i non addetti ai lavori.

Lo spettacolo è stato diviso in otto atti che hanno ripercorso la storia della vita sulla Terra. A partire dall’abiogenesi – la nascita della prima cellula organica a partire da materiale inorganico – sono state poi analizzate le varie tappe dell’evoluzione, con un’attenzione particolare verso noi esseri umani, la duplicazione del DNA e le mutazioni genetiche “frutto di caso e necessità”, tra cui anche quelle responsabili del cancro. Non a caso, il progetto è stato realizzato in collaborazione con AIRC, che da decenni si occupa di ricerca in questo campo.

Chitarra, tastiera, basso e batteria si sono fuse insieme su un palco illuminato da luci quasi psichedeliche, creando suoni elettronici e ritmi che diventavano tanto più energici e ipnotici quanto più il progresso si fa rapido. Alle spalle dei musicisti, uno schermo proiettava immagini esplicative per chi di scienza ne sa poco o nulla, in modo da essere catapultati anche noi nel mondo delle cellule. Sembrava di guardare in un microscopio a velocità aumentata e, come è accaduto con i suoni, anche le immagini del DNA che si replica sono risultate ipnotiche e affascinanti. 

Ogni atto dello spettacolo è stato inframezzato da interventi del professor Telmo Pievani, storico della biologia ed esperto di evoluzione dalla capacità oratoria incredibile, in grado di far capire a chiunque in quella sala gremita anche argomenti complessi come il funzionamento del DNA o alcuni meccanismi particolarmente altruisti che regolano le nostre cellule. 

Non sono mancati i momenti toccanti, soprattutto verso la fine. Il penultimo atto – Cancro – è stato suonato completamente al buio, dopo un discorso del professore sull’importanza di non nascondere la testa sotto la sabbia quando si parla tumori. Le luci poi le abbiamo riaccese noi dalla platea per l’ultimo atto, intitolato Serendipità. Ogni nostra torcia voleva rappresentare ogni singolo contributo della ricerca, non solo relativa alla lotta contro il cancro ma alla scienza in generale. Quei contributi che, a detta del professore, sono spesso frutto del caso, o meglio, dei momenti di serendipità, quando cioè si cerca una cosa e lungo il cammino se ne trova un’altra che nemmeno immaginavamo e che spesso ha la stessa importanza.[/vc_column_text][vc_column_text]

Testo: Francesca Di Salvatore 

Foto: Giulia Spinelli

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Grazie a Fleisch Ufficio Stampa[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

Vinci due biglietti per Salmo e Calcutta al Goa Boa Festival!

Quest’anno VEZ Magazine è media partner ufficiale del Goa Boa Festival 2019 che si terrà come sempre a Genova nella bellissima cornice del Porto Antico.

Assieme all’organizzazione del Goa Boa Festival abbiamo pensato a voi, mitici lettori di VEZ Magazine!

In palio ci sono due biglietti per due differenti serate del Festival!

Leggi qui di seguito e Buona fortuna!!!!

 

Calcutta Goa Boa

 

CONTEST NUMERO UNO

 

Vuoi vincere un biglietto per la data di

Calcutta+Mecna+Giovanni Truppi

del 5 luglio al Goa Boa Festival di Genova?

Quello che devi fare è semplice:

 

1) metti like alla nostra pagina facebook

https://www.facebook.com/vezmagazine/

 

2) segui il nostro profilo Instagram

https://www.instagram.com/vezmagazine

 

3) rispondi a questa domanda su Calcutta

In quale centro cittadino Calcutta ha fatto una svastica per non litigare?

 

Inviaci la risposta e i tuoi dati all’indirizzo [email protected] entro il 3 luglio. 

 

Salmo Goa Boa

CONTEST NUMERO DUE

 

Vuoi vincere un biglietto per la data di

Salmo+Quentin40+Dani Faiv+Massimo Pericolo

del 20 luglio al Goa Boa Festival di Genova?

Quello che devi fare è semplice:

 

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3) rispondi a questa domanda su Salmo

Quando ti svegli e non pensi ai soldi vuole dire che…?

 

 

Inviaci la risposta e i tuoi dati all’indirizzo [email protected] entro il 3 luglio. 

Alla fine del contest tra quelli che hanno risposto correttamente verrà sorteggiato un vincitore.

Cosa Aspetti? Partecipa!

GOA BOA festival • 1998 ~2019 XXII EDIZIONE • 5,9 – 17,21 luglio 2019 @ Arena del Mare – Porto Antico, GENOVA

 

GOA BOA festival
1998 ~2019

XXII EDIZIONE
5,9 – 17,21 luglio 2019
@ Arena del Mare – Porto Antico, GENOVA
GOA BOA chiama LUNA:
a 50 anni dal primo passo dell’uomo sul suolo lunare, lo storico festival genovese propone un cast stellare con IZI, CALCUTTA, CARL BRAVE, GAZZELLE, SALMO, MAX GAZZÈ…

E quest’anno nasce GOAZILLA: lo  spin-off dedicato agli “intramontabili” inaugura con STEVE HACKETT e JETHRO TULL

 

 

Luglio 1969 l’uomo muoveva il primo passo sulla Luna.
50 anni dopo, a Luglio 2019, Goa-Boa sventola la bandiera della nuova musica italiana nel cuore del Porto Antico di Genova.Oltre 50 artisti, una manciata di poeti e dj in 9 serate programmate in centro città, giocando a Ping Pong sulla Luna, circondati dal mare.

Nel luglio del 1969, Neil Armstrong compie quel “piccolo passo per l’uomo” che per la prima volta unisce tutta l’umanità – oltre ogni frontiera geografica o ideologica – col fiato sospeso davanti al tubo catodico: l’uomo è sulla Luna!

La Luna. L’unico satellite terrestre, fin dall’antichità oggetto di fascinazione e ispirazione per gli artisti del nostro Pianeta, è la protagonista della 22a edizione del GOA BOA di Genova.  A 50 anni dall’allunaggio dell’Apollo 11, lo storico festival celebra questo importante compleanno ospitando un cast stellare pronto ad atterrare nel cuore del Porto Antico della “Superba” per una festa senza precedenti.

Molte le tappe disegnate sulla mappa intergalattica di questa edizione, a partire dalle due ghiotte anteprime in cui saranno protagonisti Calcutta (5 luglio) e Gazzelle (9 luglio).  Scaldati i motori si decolla seguendo le rotte più avventurose cui ci hanno abituati gli esploratori dell’Associazione Psyco, organizzatori della kermesse genovese sin dal 1998. Ed è così che una miscellanea di coraggiosi artisti, uniti da quella voglia di perlustrare costellazioni musicali sempre nuove, si avvicenderanno dal 17 al 21 luglio: dal rock incediario dei Fast Animals and Slow Kids, alle declinazioni transgenerazionali della canzone nostrana proposte da Carl Brave, Ghemon e Max Gazzè, sino alle commistioni rap di Salmo e IZI, che chiudono Goa Boa 2019 proprio tra il 20 e 21 luglio, gli stessi giorni in cui 50 anni fa gli statunitensi misero piede sull’Astro d’Argento. In mezzo c’è spazio per tutti quegli esponenti del nuovo corso che, con ogni probabilità, saranno le stelle delle prossime stagioni: Dutch Nazari, PriestessLeyla El Abiri, Eugenio in Via Di Gioia Quentin40, Mecna, Alfa sono solo alcune delle sorprese in cartellone.

Ma sul pianeta Goa Boa c’è ancora spazio per le novità ed è così che nasce GOAZILLA, un nuovo format dedicato agli “intramontabili” della storia del rock, un altro tassello che testimonia l’attitudine di chi è capace di guardare sempre avanti mantenendo ben salde le radici nel passato. Goazilla apre ufficialmente i battenti il 14 luglio con Steve Hackett – mitico chitarrista dei Genesis che, per la prima volta in Italia, eseguirà integralmente “Selling England by the Pound”, l’album definitivo della band britannica – e a seguire i leggendari Jethro Tull di Ian Anderson, che il 16 luglio sbarcano a Genova per festeggiare, insieme alla Luna, il prezioso anniversario d’oro.

 

ECCO IL PROGRAMMA COMPLETO

 

venerdì 05 luglio 2019

CALCUTTA
Evergreen Tour”

MECNA

GIOVANNI TRUPPI

Leyla El Albiri

TICKET 05.07.2019

Apertura porte ore 18

biglietti in prevendita: 30€ +dp

 

martedì 09 luglio 2019

GAZZELLE

EUGENIO IN VIA DI GIOIA

FULMINACCI

SEM

TICKET 09.07.2019

Apertura porte ore 18

Bigliettin prevendita:  28€ + dp

 

GOAZILLA 
Gli intramontabili invadono la Superba:

domenica 14 luglio 2019

STEVE HACKETT

“Genesis Rivisited Tour”

TICKET  14.07.2019

martedì 16 luglio 2019

JETHRO TULL

“50th Anniversary Tour”

TICKET 16.07.2019

 

mercoledì 17 luglio 2019

FAST ANIMALS AND SLOW KIDS

RANCORE 

GIORGIO CANALI

I’M NOT A BLONDE

OPHELYA

GIUNGLA

MARTE

TICKET 17.07.2019

Apertura porte ore 17

Biglietti in prevendita: 15€ + dp

 

giovedì 18 luglio 2019

CARL BRAVE

ALFA

DUTCH NAZARI

PNKSAND

GHEMON

DOLA

OLLY

FADI

 TICKET 18.07.2019

Apertura porte ore 17

Biglietti in prevendita: 26€ + dp

 

venerdì 19 luglio 2019

MAX GAZZÈ

On the Road Summer Tour

DIMARTINO

ROVERE

EUGENIA POST MERIDIEM

EMMANUELLE

DELLACASA MALDIVE

+ tba

TICKET 19.07.2019

Apertura porta ore 17

Biglietti in prevendita: 27€ + ddp

 

sabato 20 luglio 2019

SALMO

Playlist Summer Tour

QUENTIN40

MASSIMO PERICOLO

SPERANZA

DANI FAIV

PSICOLOGI

FUERA

TICKET 20.07.2019

Apertura porta ore 17

Biglietti in prevendita: 35€ + ddp

 

domenica 21 luglio 2019

IZI

ERNIA

SIDE BABY

PRIESTESS

MAGGIO

IRBIS37

TAURO BOYS

MATSBY

TICKET 21.07.2019

Apertura porta ore 17

Biglietti in prevendita: 25€ + ddp

 

GOA-BOA è realizzato da Associazione Psyco
in collaborazione con Comune di Genova, Regione Liguria, Porto Antico di Genova

INFORMAZIONI AL PUBBLICO:
scopri tutto ciò che c’è da sapere su GOA BOA 2019 > CLICCA QUI

INFOLINE:
+39 377 69 83 574
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Si scrive “pacca”, si legge Banana Joe: il post-grunge rinasce a Genova

Ci sono tanti modi di definire lo stile Banana Joe, ma quello che ormai li caratterizza di più sta, senza ombra di dubbio, in quattro precise lettere: P-A-C-C-A.

Per capire che cosa sia la pacca firmata BJ non è sufficiente ascoltare qualche loro brano in cuffia: bisogna gustarseli sotto il palco, accanto ad una cassa vibrante, nel bel mezzo del pogo.

Ecco che la pacca si manifesta in tutto il suo splendore, sferrandoti il suo schiaffo migliore e lasciando che le tue viscere si schiantino sopra quel muro del suono dal rumore pesante.

I Banana Joe non hanno quasi bisogno di presentazioni: noi di Vez ci siamo affezionati e tra non molto lo sarete anche voi.

In momento storico in cui la discografia sembra perdersi nei meandri dell’Indie e della Trap, c’è finalmente qualcuno che non perde occasione per infuocare le chitarre, rendendo giustizia ad un suono ormai distante dalle radio e dall’immaginario collettivo.

Tre, ma come se fossero 10: Andrea Gnisci (voce e basso), Fulvio Masini (chitarra) ed Emanuele Benenti (batteria), suonano insieme da diversi anni ormai portando in giro il loro stile che oscilla tra sonorità post-grunge e la musica psichedelica degli anni ‘60-’70.

Genovesi, giovani, gasati: le band che piacciono perché sanno come farsi piacere.

Lo scorso ottobre hanno lanciato il loro primo album Supervintage che hanno fatto conoscere su diversi palchi del Nord-Italia, un concentrato di pura energia rock che lascia ben sperare per i nuovi lavori in arrivo. Perché, sì, sono in arrivo nuovi brani: ora ne abbiamo la conferma.

Noi di Vez li abbiamo incontrati, intervistati e anche un po’ umiliati.

Qui l’intervista a cura di Giovanna Vittoria Ghiglione:

 

 

Jess e Lobina – Video intervista

Con il nostro Semprepiùpoveritour facciamo entrare la gente nella nostra musica

 

Però, ad entrare letteralmente in casa delle persone, in verità, sono proprio loro. Si chiamano Chiara Lobina, in arte Lobina e Jessica De Pascale, detta Jess, e sono le protagoniste del nuovo appuntamento con le scoperte artistiche della Liguria.

Ci troviamo a Genova, dove la splendida cornice della Claque – importante teatro e punto di riferimento per la musica genovese – mi ispira e mette in soggezione allo stesso tempo.

Qui le ragazze mi raccontano di loro, della forte passione per la musica e di quella voglia instancabile che le spinge ogni giorno a lottare affinché quella passione diventi un giorno un vero e proprio lavoro a tempo pieno.

Jess e Lobina sono due giovani e talentuose cantautrici genovesi, diverse e simili al contempo. Che non sono un duo, ci tengono a sottolinearlo: “Abbiamo due progetti differenti – racconta Lobina – e continuiamo a portali avanti singolarmente, ma qualche tempo fa, forti della situazione in cui oggi si trovano moltissimi musicisti, abbiamo deciso di unire le forze per trasmettere un messaggio importante. Basta con questa stupida competizione: siamo artisti, facciamo musica, abbiamo bisogno di collaborare e sostenerci a vicenda”.

Ed è proprio quello che, in modo naturale e spontaneo, stanno facendo le due ragazze attraverso la loro musica. “Ci sono tanti artisti che ce l’hanno fatta – mi spiega Jess – e tanti che sono ancora acerbi. Poi, proprio nel mezzo, c’è una grande quantità di persone brave, determinate e con prodotti molto validi che però, per chissà quale motivo, non riesce a fare il salto di qualità. E se da soli è un viaggio troppo difficile da affrontare, perché non farlo insieme?

Ora, tra tanti modi per trasformare una critica sociale in qualcosa di unico e divertente, questo rientra sicuramente tra le genialate dell’anno. Stanche dei locali che vedono gli artisti come dei carillon da salotto, stanche di quella considerazione becera e irrispettosa che tanti hanno nei confronti dei musicisti, Jess e Lobina si sono rimboccate le maniche e hanno deciso – in un certo senso – di boicottare e ribaltare completamente la struttura dello show tradizionale che, ad oggi, si riduce meramente in burocrazia spicciola: Quanto dobbiamo pagarvi? Quanta gente portate? Quanto casino fate? E la migliore, che resta l’evergreen per eccellenza, valida un po’ per tutti gli ambiti artistici, nientepopodimeno che l’intramontabile Ti pago in visibilità. Ma come, non lo sapete? La visibilità è la moneta del futuro. Altro che bitcoin!

La loro idea, dunque, è semplice quanto originale: portare fisicamente all’interno delle case di sconosciuti la propria musica, ma non solo. Un secret live di nicchia, dedicato a pochi, sempre diverso e irripetibile. “Siamo esseri umani – mi spiega Chiara – e come tali vogliamo essere…umani! Vogliamo essere compresi, noi con la nostra musica. Quando entriamo a casa delle persone non vogliamo semplicemente suonare, ma instaurare con quei pochi e intimi ascoltatori un rapporto umano, entrando in sintonia con loro”.

Un tour indoor che racconta la situazione dei musicisti emergenti, pieno di difficoltà ma anche di soddisfazioni, un modo per raccontare la competizione e combatterla – metaforicamente, per carità – a colpi di chitarra. Una musica diversa, umana e autentica, un modo per trascorrere del tempo tra una canzone e un bicchiere di vino e, perché no, qualche confidenza. Nessuna interpretazione, nessun filtro, nessuna messinscena.

Il semprepiùpoveritour è, di fatto, una trovata simpatica per sottolineare in modo intelligente la difficile condizione in cui si trovano oggi molti musicisti: da soli, in un mare di squali assetati di sangue, dove chi prima suonava in una fabbrica abbandonata e ora riempie i palazzetti, allora è un figo. Ebbene, nel 2019 – all’alba di un futuro gestito da intelligenze artificiali, macchine che si guidano da sole, assistenti domestici e Auto-Tune che trasformano i cantanti da doccia in pop-star, siamo ancora al punto di contare. Contare qualsiasi cosa: persone ai concerti, visualizzazioni, ascolti, click, like, cuori, case, libri e fogli di giornale. Ma sticazzi non ce li mettete? Eddai regà.

 

Giovanna Vittoria Ghiglione

 

De André, Genova e l’Italia: il nostro omaggio per l’anniversario

Quando mi è stato chiesto quale fosse il primo argomento di cui volevo scrivere ho avuto paura. Il timore della blank page si univa alla voglia di parlare di qualcosa di importante, di sensato, ma senza prendermi troppo sul serio. Il mese scorso si è celebrato il ventennale della morte di uno dei più grandi cantautori di sempre, e ho pensato di rendergli omaggio raccontando qualcosa di lui.

Ma cosa dire, quando tanto è già stato detto, quando decine di giornalisti affermati e competenti hanno già narrato tutto quanto?

Ho deciso di partire da me, da ciò che ho conosciuto io di Fabrizio De Andrè.

La passione per Faber la devo a mio padre. Da piccola non comprendevo davvero il significato delle sue ballate, ma le tonalità vibranti della sua voce mi toccavano e mi trasportavano lontano. Pezzi dal ritmo incalzante – penso a La ballata della vanità o Volta la carta – hanno accompagnato i miei giochi di bambina, canti di denuncia come quelli di Non al denaro non all’amore né al cielo erano il mezzo con cui sfogavo la rabbia, da adolescente.

Ora, da giovane donna, conto le mie preferite attraverso un po’ tutta la sua produzione artistica, dalle prime degli album giovanili, alle ultime, che faccio ancora fatica ad analizzare totalmente, fatta salva l’inevitabile impossibilità di arrivarne a una lettura univoca e completa.

Fabrizio de André è stato uno dei miei più grandi maestri di vita, un aedo degli ultimi, un poeta sensibile della sua Genova e del Belpaese, cristallizzato nella sua lontana e modernissima epoca, tanto vicina alla nostra da diventarne un riflesso diretto.

De Andrè mi ha insegnato cosa vuol dire essere umili, ma anche come notare ciò che mi sta intorno.

Ho imparato a cogliere il senso della vita nei dettagli più sfuggenti, ho percepito e fatta mia l’urgenza di trattenere con l’inchiostro il tempo, un bene, questo sì, davvero a tempo determinato, che scivola via più veloce della luce.

Ho imparato a non giudicare nessuno dal suo status, anche se a volte può essere difficile combattere i propri pregiudizi. Perchè ne abbiamo tutti, e chi dice il contrario mente a se stesso: siamo il risultato di tutte le nostre esperienze, ci lasciamo forgiare da esse, ed è impossibile diventare adulti senza essersi fatti le proprie idee sul mondo.

Oggi però, grazie ai grandi della letteratura, della musica, della storia so che la realtà cambia dal punto di vista di chi la osserva. Chi sono io, se non lo straniero, l’ incompreso, il diverso, lo strano. Buffa coincidenza, strano e straniero (dal latino extraneus) hanno la stessa radice semantica: un dato su cui riflettere, che mi pare quanto mai d’attualità.

Di lui non so nulla, tolta una manciata di nozioni superficiali recuperate in rete: la data di nascita, il percorso artistico, il rapimento del ‘79, la morte, sopraggiunta vent’anni dopo, al termine della malattia che non è riuscito a sconfiggere.

Eppure, mi pare di conoscerlo da sempre: l’intensità delle sue parole ha fatto breccia nella mia giovane anima da plasmare, e non mi ha mai deluso. La sua musica è una litania antica, ancestrale, già sentita da qualche parte, in un tempo passato, ed è sempre una scoperta.

Scoprire la produzione dialettale mi consentì di ampliare, rivalutare e valorizzare il concetto di “lingua”. I toni, che trasudano una gentilezza senza tempo, ormai dimenticata, svelano l’uomo dietro al cantautore, intento a comporre i versi di quelle che, a mio parere sono vere e proprie poesie, da inserire nei libri di testo dei ragazzi a fianco dei “grandi” della letteratura.

Perché per lui, per Faber, doveva essere proprio così: non c’erano grandi o piccoli. Il testamento di Tito fu un’altra rivelazione: mi ha fatto fare pace con valori che credevo perduti, sottolineandone l’importanza e la verità, una volta cancellata l’arroganza delle prima banali interpretazioni.

Quello descritto da De Andrè non è un mondo perduto, ma un gomitolo di emozioni che impariamo a srotolare pian piano, un caos di momenti e di impressioni che sentiamo ancora nostre a distanza di alcuni decenni, non solo perché le sue canzoni fanno parte della memoria collettiva, ma anche per la loro essenza, che disinnesca il concetto di “bello” inteso tradizionalmente.

Se ci penso, svariati momenti della mia vita, come di quella di tanti suppongo, sono associati all’opera di questo grande maestro. Ma ciò che davvero mi colpisce, ogni volta, è l’urgenza, la verità della sua musica: Fabrizio de André parla di vita quotidiana, quella che accade sotto gli occhi di tutti, di cui nessuno parla, o ha voglia di raccontare.

Quello che possiamo imparare, credo, e continuare a portare avanti, è la voglia di non far passare inosservate le ingiustizie, e lottare, ognuno quanto è come può, per farle cessare.

Credo non serva compiere gesti eroici, metterci in mostra, né guadagnare i titoli dei quotidiani nazionali, per cambiare le cose: basterà sorridere a uno sconosciuto, dare una mano a chi è in difficoltà, offrire il proprio tempo in una delle innumerevoli associazioni culturali, opere di bene, gruppi sociali.

Ma pure, per chi ha la responsabilità di raccontare agli altri, approfondire una storia o una notizia senza farsi abbagliare dalla sensazionalità di informazioni che viaggiano molto più rapidi di noi, pensare a come raccontare un fatto di cronaca rendendo giustizia a tutti gli attori della vicenda.

Basta poco: basta non distogliere lo sguardo, abbassandolo dove normalmente fingiamo di non vedere. Perché, è bene ricordarlo una volta di più, in una società che mette al centro l’estetica e l’apparenza: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.

 

Irene Lodi

 

Genova e la musica: un pomeriggio con i Banana Joe

Il 13 dicembre prossimo al Mikasa di Bologna, suoneranno per la prima volta i Banana Joe, band tutta genovese fresca di secondo posto al Rock Contest 2018.

Noi di VEZ abbiamo già conosciuto i ragazzi e ne abbiamo anche recensito l’album Supervintage (uscito il 26 ottobre, Pioggia Rossa Dischi, ndr), un freschissimo primo lavoro che travolge e talvolta, commuove, per quel sound grunge anni ’90 che, shakerato, non mescolato, fa breccia nel cuore di noi amanti del moderno/passato e della psichedelia dei fantastici sixties.

E poi li abbiamo conosciuti durante il Concerto per Genova quando ci hanno accolto sorridenti a concerto ultimato. Disponibili e gentili, con quell’attitude seria ma rilassata di chi ama seriamente il proprio lavoro e lo fa con passione, ci hanno salutato con la promessa di rivederci presto.

Oggi abbiamo intervistato Andrea, frontman e voce del gruppo.

 

Andrea, una domanda al volo, su due piedi: ma quanti anni avete? Siete davvero giovanissimi!

Beh, io di anni ne ho 25, Emanuele ne ha 30. In verità chi abbassa la media è Fulvio, il nostro chitarrista: ne ha 24.

 

E come vi siete conosciuti?

Fulvio e io ci siamo conosciuti ad una grigliata estiva sulle rive del Varenna a San Carlo di Cese (dei nostri amici ci hanno addirittura scritto sopra una canzone). Una festa dove si è mangiato tanto e si è anche bevuto, diciamo (ride). Abbiamo iniziato a jammare con batteria e chitarra e abbiamo capito che in qualche modo sarebbe stato bello poter lavorare assieme.

Era però il caso di trovare un vero batterista, perché appunto Fulvio suona la chitarra. Abbiamo invitato Lele, che già conoscevamo, al nostro primo live quando abbiamo aperto la data dei Combine, gruppo tedesco di origine iraniana.

E così siamo riusciti ad avere il nostro batterista, mentre prima c’erano solo turnisti.

 

Chi scrive la musica e i testi?

Ogni pezzo ha una scrittura a sé. Talvolta sono io che scrivo la musica e Fulvio magari scrive i testi. Oppure Lele il testo e Fulvio la musica. Oppure è un lavoro fatto assieme, in contemporanea. In realtà è molto difficile capire chi ha scritto cosa.

La risposta giusta sarebbe: “Musica e testi li scrivono i Banana Joe. Assieme”

 

E i Banana Joe, hanno un luogo del cuore, un luogo che amano e dal quale sono ispirati?

Ah per prima cosa i vicoli di Genova. Tutti i vicoletti di Genova.

Girando la movida genovese siamo sempre lì, tra i suoi caruggi e sicuramente questi hanno avuto una grande importanza nella scrittura dei pezzi e dei testi.

La periferia poi riveste per noi un ruolo davvero basilare. Genova Bolzaneto e Genova Sampierdarena sono due quartieri che siamo soliti frequentare poiché il primo è dove abbiamo il nostro studio di registrazione e poi in entrambi ci sono dei piccoli bar che somigliano tanto a quei baretti di periferia che amiamo tanto.

Una menzione in particolare va anche ai Giardini di Plastica, che in realtà si chiamerebbero Giardini Baltimora.

È uno spazio che dà il nome ad un pezzo che andrà nel nostro prossimo album ed è una zona che ci è rimasta molto impressa. Quando eravamo piccoli era uno spazio degradato anche se in realtà era nato come luogo per far giocare i bambini.

Sai quei parchetti dove le famiglie alla domenica portano i bambini a giocare, e dove appunto ci sono tutti questi giochi in plastica? Ora è in riqualificazione.

 

Noi ci siamo incontrati al Concerto per Genova, esperienza che per me da emiliano-romagnola è stata molto toccante. Come l’avete vissuta questa tragedia da “errore umano” e con che spirito avete partecipato al concerto?

Abito vicino a dove è successo il crollo del ponte (Ponte Morandi, ndr). Ero fuori a fare la spesa, pioveva a dirotto e ho sentito un boato. In quel momento pensi a tutto ma sicuramente non ad una cosa come questa.

All’inizio infatti non ci credevo. Mi sembrava una cosa impossibile. Per andare alle prove ci passavamo sotto ogni giorno. Lele infatti era a 300 metri dal luogo del crollo.

Ogni volga che passiamo di là, perché ora hanno aperto nuovamente la strada, viene un po’ di magone perché non sembra vero. Non vedere più quel ponte è una cosa sulla quale non fai mai l’abitudine.

Suonare a questo evento è stato bello, poiché Genova è una città attiva, ma solo in determinate situazioni. A livello culturale sembra molto provinciale, e questo anche per quanto riguarda la musica e i locali. Sembra quasi chiusa.

In questa circostanza invece abbiamo notato che le persone si sono attivate per far capire che la popolazione c’è. E così ci si rialza dal basso, e si va avanti.

 

Ma parliamo del Rock Contest 2018. Un bel secondo posto….

Sì, bellissimo. Il Rock Contest io l’ho conosciuto tramite il cantante del gruppo Lo straniero, gruppo piemontese di La Tempesta Dischi. È un contest molto ben organizzato e con un livello molto alto delle band in gara.

I live sono gestiti nel migliore dei modi e mi è stato riferito che molte band vogliono partecipare. Delle circa 800 domande pervenute, solo una trentina sono state selezionate.

La finale è stata bellissima e in giuria giudici del calibro di Maria Antonietta e de I Ministri. Presenti anche etichette come Woodworm. Una gran bella vetrina per noi genovesi competitivi e anche se avremmo desiderato il primo posto, siamo davvero orgogliosi.

E scherzi a parte, fosse stato per me avrei fatto vincere tutti. Ottimo livello e ottimi compagni di avventura.

 

Qual è il vostro rapporto con la stampa e più in generale con tutti i media?

Se non ci fosse la stampa non si conoscerebbe la musica.

Noi con i giornalisti ci siamo sempre trovati bene ed è veramente piacevole sapere che ci sono persone interessate a te e che vogliono conoscere la tua storia.

L’informazione in Italia rispetto agli altri paesi è comunque ad un livello piuttosto basso. E per questo va protetta e incentivata, non di certo fermata.

 

Ultimissima domanda, qual è la cosa che amate di più fare quando non vi occupate di musica?

A me piace tanto il cinema, Fulvio si dedica alla cucina perché è un cuoco provetto e di Lele posso dirti che ama tantissimo fare il papà. Ha un figlioletto di 6 anni e quando ne ha tempo, anche lui ama andare al cinema come me.

Una cosa che invece ci lega come gruppo, togliendo appunto la musica, è il fatto che siamo dei cazzoni! No seriamente, le nostre prove in studio sembrano puntate di Zelig. Lavoriamo con impegno e serietà, ma l’umorismo è uno dei nostri collanti principali.

 

7b

Banana Joe & Me, Concerto per Genova, 17 novembre 2018

 

Grazie mille Andrea e grazie ai Banana Joe.

Ci vediamo il 13 al Mikasa di Bologna.

E lì, ci andremo a bere una birra.

 

Sara Alice Ceccarelli

Concerto per Genova

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• Concerto per Genova •

Genova (RDS Stadium) // 17 Novembre 2018

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Il 14 agosto 2018 è iniziato come un giorno tra tanti.

Mi alzo, doccia, colazione e mi preparo per andare al lavoro. Un lavoro di quelli che amo, quelli dove al centro di tutto c’è la musica. Tutto sommato, una bella giornata.

Ore 12:05

“Hai visto cos’è successo a Genova?”.

“No, che è successo?”.

“Meglio che accendi la tv”.

Esco dal bagno. E mi dirigo in salotto. Tv già accesa e il mio collega (Carlo Vergani, ndr) davanti allo schermo.

“Carlo metti il TG, Alessio mi ha detto che è successo qualcosa a Genova”.

“Ah lo so VEZ. Vieni a vedere”.

Questo è il mio primo ricordo di quel giorno.

Un giorno nel quale in un primo momento ho creduto che questa storia potesse essere un po’ come le tragedie successe a L’Aquila nel 2009 oppure come il terremoto dell’Emilia del 2012, per poi rendermi conto che con quel tipo di tragedie, questa non ha nulla a che vedere.

Questa, piuttosto, ricorda il disastro del Vajont del 1963. Un disastro prevenibile.

E se ci fosse qualcosa da dire riguardo al 14 agosto 2018 e al crollo del ponte Morandi, forse, gli abitanti e le vittime potrebbero dire la stessa cosa: tutto era prevedibile e previsto.

Sicuramente la morte di tutte quelle persone poteva essere evitata.

Quarantatré persone rimaste vittime dell’incuria e della mancanza di controllo (vittime ricordate qui, sull’articolo di Panorama)

E se L’Aquila e l’Emilia si sono rialzate, così farà anche Genova, ma con una consapevolezza in più: non ripetere più quell’errore e non abbassare mai la guardia, perché i cittadini in prima persona devono occuparsi e preoccuparsi del proprio territorio.

E così tra una fotografia e l’altra e il susseguirsi di artisti che noi di VEZ amiamo, riesco a parlare con il presentatore dell’evento che condivide con noi la rabbia e l’amarezza provata per l’avvenimento che poteva non accadere.

Incontro anche l’organizzazione il Ce.Sto, tra i promotori delle due serate.

Il Ce.Sto nasce più di 30 anni fa nel Centro Storico di Genova, come associazione di volontari laici e cristiani. E’ un contenitore che accoglie obiettivi educativi, creativi e culturali, fornendo percorsi e strumenti per valorizzare e rafforzare il potenziale di ciascuno.

Le attività dell’associazione si focalizzano su educazione minorile, accoglienza di famiglie straniere, integrazione sociale e attività culturali sul territorio con una particolare attenzione al lavoro di rete e alla figura del volontario, che gioca un ruolo fondamentale all’interno dell’Associazione.

Il Ce.Sto ci racconta l’attivismo che da qualche tempo impegna la popolazione e spiega anche il proprio impegno e volontà di creare consapevolezza nei cittadini, i primi interessati al benessere della propria città.

Attivismo in collaborazione con l’altro supporter e organizzatore di queste due serate, l’organizzazione Love What U Love che nasce a Genova nel 20015 e organizza serate di libera espressione e dove quello che ami non ha giudizio.

Live Music, Arte e tutti i nostri cuori al centro della scena allo scopo di creare una rete di artisti locali e non, appoggiandosi all’aiuto dei Giardini Luzzati che si sono mostrati entusiasti dell’idea.

E adesso non resta che rimboccarsi le maniche e fare il più possibile per imparare da quello che è successo, in questo caso per ricordarsi che la vita è una e che curarsi l’uno dell’altro significa vivere e sopravvivere.

Grazie quindi a questi artisti, Ex-Otago, Lo Stato Sociale, Canova, Motta, Willie Peyote, Rezophnic, Francesco Baccini, Era Serenase, Banana Joe, Jess e a tutti gli altri che il giorno dopo, domenica 18, hanno scaldato il palco dell’RDS Stadium di Genova.

 

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Sono contenta di aver partecipato, qui come ad Amiche per l’Abruzzo il 21 giugno 2009, al Concerto per l’Emilia del 25 giugno 2012 e a Italia Loves Emilia del 22 settembre 2012.

Grazie, perché ancora una volta l’arte, la musica e le persone, più di ogni altra cosa sanno unirsi quando ce né più bisogno per mostrarci la via della solidarietà.

E che ci serva da monito, ogni giorno.

Grazie a This is Core per l’organizzazione assieme a Il Ce.Sto e Love What U Love.

Il contributo dei nostri biglietti andrà alle famiglie degli sfollati tramutandoli in buoni spesa e alle attività che sono state toccate sensibilmente dal crollo del ponte Morandi.

Per poter donare invece, l’IBAN di riferimento è del Dopolavoro Ferroviario su cui si appoggia il Comitato degli sfollati

Dopolavoro Ferroviario di Genova Pro Sfollati di Via Porro e Campasso

Numero: IT86Y03359016001000001 61754[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Testo: Sara Alice Ceccarelli

Foto: Alessio Bertelloni | Sara Alice Ceccarelli
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Banana Joe e il loro Supervintage

Aprite il calendario del cellulare o, se siete dei nostalgici come la sottoscritta, tirate fuori l’agenda e segnate come data da ricordare il 26 ottobre.

Questo perché uscirà Supervintage, il cd d’esordio dei Banana Joe.

La band, che prende il nome dal celebre film di Bud Spencer, è composta da tre ragazzi di Genova che, nonostante la giovane età, si sono fatti conoscere suonando al fianco di artisti del calibro di Omar Pedrini e i Punkreas.

Supervintage è un album variegato in cui si intrecciano diverse tonalità appartenenti a generi apparentemente incompatibili ma che vanno a creare un mix sorprendente.

Come si può evincere dal titolo dell’album il cardine che lega insieme le canzoni sono le atmosfere vintage, in particolare quelle un po’ psichedeliche degli anni ’60.

Il tutto però è condito da toni rock e grunge, tipici degli anni ’90, che uniti insieme vanno a creare una sorta di vintage-moderno, se mi passate l’ossimoro.

Otto brani da ascoltare tutti d’un fiato per immergersi in un’atmosfera un po’ d’altri tempi ma anche estremamente attuale perché va a toccare tematiche e situazioni in cui ci siamo ritrovati tutti.

Come succede in Neve, una metafora della vita in cui si riflette su come, con il passare del tempo, cambiamo il modo di percepire le cose.

E quindi la neve che da bambini era una cosa quasi magica con l’arrivo dell’età adulta non è null’altro che una scocciatura.

Abbiamo l’immancabile  canzone d’amore, Polvere, che forse proprio per la semplicità e la linearità del testo ti rimane in testa e ti ritrovi a canticchiare il ritornello.

Per il loro cd d’esordio i Banana Joe hanno provato a mischiare sonorità distorte a groove dal sapore vintage e il risultato è tutto da ascoltare.

Un pugno di canzoni che lasciano il segno, come un cazzotto di Bud Spencer.

 

Laura Losi

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