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Tag: iosonouncane

VEZ5_2021: Alberto Adustini

Quando l’anno scorso avevamo pensato alle VEZ5, l’avevamo fatto perché ci sembrava un buon modo per tirare le nostre personali somme musicali dopo un anno particolare in cui la musica era stata contemporaneamente conforto e nostalgia. Per quanto non abbia raggiunto gli stessi livelli — anche se ci ha provato — il 2021 si è mantenuto un po’ sulla stessa scia del suo predecessore, quindi eccoci di nuovo qua, anche quest’anno, a tirare le nostre fila nella speranza di riuscire a tornare il prima possibile e in modo più normale possibile sotto un palco.

 

Springtime Springtime

Il mio disco del 2021 è uscito quasi sul suono della sirena. Un terzetto d’assi che ha sfornato una piccola gemma che spazia dal cantautorato all’improvvisazione, con tinte darkeggianti e infinite pennellate di genio.

Traccia da non perdere: Will to Power

 

Julien Baker Little Oblivions

Dare un seguito a quella meraviglia chiamata Turn Out The Lights non era affatto semplice, ma Julien Baker ha la stoffa delle grandissime. Provare per credere questo nuovo Little Oblivions.

Traccia da non perdere: Song in E

 

Black Country, New Road For the First Time

Ok potrebbero ricordare Spiderland, e allora? Che c’è di male nel prendere ispirazione dal miglior disco della storia del rock?

Traccia da non perdere: Opus

 

Godspeed You! Black Emperor G_d’s Pee AT STATE’S END!

Impossibile trovare un disco brutto nella discografia della band canadese, ma qui torniamo ai livelli di eccellenza che forse mancavano dai tempi di Lift.

Traccia da non perdere: First of the Last Glaciers

 

Dry Cleaning New Long Leg

La mia quota post punk per quest’anno è tutta loro. Disco spettacolare.

Traccia da non perdere: Unsmart Lady

 

Honorable mentions 

Little Simz Sometimes I Might Be Introvert – Infatuato della signorina Simbiatu Abisola Abiola Ajikawo da quando rimasi folgorato da una sua versione di Venom, a sto giro alza vertiginosamente l’asticella. Disco monumentale.

Iosonouncane IRA – Pochi dischi suonano così, mi spiace dirlo. In cuffia Ira è un’esperienza sensazionale.

 

Alberto Adustini

Iosonouncane @ Parco della Musica

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• Iosonouncane •

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Vieri Cervelli Montel

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Parco della Musica (Padova) // 31 Luglio 2021

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1552435940801{margin-bottom: 20px !important;}”][vc_column][vc_empty_space][vc_column_text]Nonostante il maltempo di questi giorni risparmi parzialmente la domenica, con la pioggia, in Veneto, ci si impara a convivere.

Ma quella di Iosonouncane, è stata una pioggia sonica che sembra sceneggiatura presso il Parco della Musica a Padova.

L’evento che muove le moltitudini mi mancava. A un anno e mezzo dall’ultima volta, torno ad assistere a un concerto grande e a posteriori possiamo sentenziarlo anche come un grande concerto… come preferite.

Osservo un pubblico insolitamente tranquillo che ancora sta riprovando i meccanismi ormai persi da troppi mesi, parlando di vivere un concerto.

Tutti stanno aspettando sul palco Jacopo Incani, in arte Iosonouncane, per cui le definizioni generiche, che possono innescare eventuali ilarità, sono sempre inadeguate.

Jacopo, musicista di Buggerru, ha pubblicato da poco il suo terzo album, il monumentale Ira: due ore di musica tra psichedelia, canzone d’autore, elettronica, prog e sperimentazione.

Allora comincio a chiedermi: come suoneranno le sue canzoni? Quali sceglierà? Quanto durerà? Di che umore sarà e soprattutto quante sigarette si fumerà?

Alle 20.30 in punto, ecco il live d’apertura di Cervelli Vieri Motel. Il loro disco uscirà quest’inverno ed è prodotto dallo stesso Jacopo Incani, che li ha voluto fortemente in tour. La loro mezz’ora si palesa con un tradizionale sardo e si conclude con una insolita ma interessante rilettura di Almeno tu nell’universo, forte di un finale con i rumori che arrivano a sconvolgere la melodia originale, un iter apparentemente banale ma audace e ben riuscito. 

Per il resto, i brani si snodano a cavallo tra un Free Jazz e un Post Rock con continue variazioni di dinamica che rendono i brani ancora più affascinanti. Da tenere d’occhio.

Ma arriviamo al dunque. Le 21.30 sono trascorse da poco e Jacopo sale sul palco, accompagnato dai suoi due musicisti Bruno Germano (che ha co prodotto l’album) e Amedeo Perri (che ci ha suonato dentro), con cui forma un trio dai suoni tanto alieni quanto tribali e viscerali. 

I tre sono sistemati di fronte a una serie di synth, campionatori e arnesi vari, vestiti completamente di nero, avvolti dal fumo e illuminati solo da qualche luce rossa e blu.

Non una parola, non un saluto, prima di cominciare, ma ci si getta subito nelle stringenti spire di Ira, una scelta di austerità in un climax crescendo, con brani estratti da questo nuovo disco lungo, ordinato e folle.

Nei primi minuti Incani si dimena per ottenere i giusti volumi, poi inizia il viaggio, un viaggio sonoro a tratti inquietante e funereo, che dall’Africa raggiunge i cieli oscuri del nord Europa e altri continenti obliati.I riferimenti artistici possono essere molti: da Andy Stott ad Apparat, da Scott Walker al tribale del Maghreb ma l’impronta è sempre più la sua, personale e intima, lontana dalle convenzioni e rituali, quasi volesse scrivere una nuova grammatica. Una musica labirintica in cui si ha il piacere di smarrirsi ed infine ritrovarsi.

L’attesa è ripagata da un concerto dall’impatto marmoreo e mastodontico, che esplode in un magma sonoro fragoroso che fa strano vivere seduti.

La musica è una liturgia solenne e drammatica, ostile a tratti violenta, caratterizzata da dilatazioni, pause e brusche accelerate. Senza troppi colpi di scena, abbiamo la conferma della bravura di un artista la cui abilità durante i live non è più una sorpresa. 

Difficile, praticamente impossibile sin dall’inizio, ipotizzare una vaga idea di scaletta. Ok lo ammetto, ho ascoltato diverse volte Ira ma ancora non associo i titoli alle canzoni, considerandola quasi una lunghissimo unico paesaggio sonoro. Forse è giusto interpretarlo così.

Le canzoni si lasciano il passo a vicenda, rincorrendosi, guardandosi negli occhi, in una trama di immagini bellissime. 

I pezzi dell’album Ira traslano dalla nevrosi ritmica al lento, per aprirsi a momenti d’improvvisazione. Chiudo gli occhi e decido di abbandonarmi ad un’esperienza immersiva: una sensazione di trance cui abbandonarsi facendosi accompagnare dalla traiettorie imprevedibili del suono.[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_single_image image=”20555″ img_size=”full”][vc_empty_space][vc_column_text]

Apro gli occhi e mi volto verso il pubblico, e attorno a me vedo gambe piegate e corpi seduti rigidi, in ipnosi da suggestioni sonore da ascoltare, immobili.

A tratti voci ancestrali sono spezzate da un dolore innato, mentre le angoscianti trame di synth si levano come a sfidare un ostinato cielo che non vuole saperne di dare tregua.

I pezzi di Ira progrediscono verso l’ossessivo, ma c’è spazio anche per l’esecuzione di Tanca, tratta dall’album Die, uno dei suoi brani più riusciti, che conferma l’entusiasmo di un pubblico ancora molto affezionato al passato. Le teste ondeggiano e solo in questo pezzo si sentono urla entusiaste da hit tanto desiderata in scaletta.

Alcuni, pochi, travolti dall’entusiasmo, provano a riversarsi sui lati per assistere al set in piedi, ma vengono subito riportati a sedere dai più miti consigli dal solerte staff, quasi addestrato dall’artista. 

Nel frattempo la voce di Incani, un inserto momentaneo all’interno di pezzi di lunga durata, assume essa stessa funzione di strumento musicale che ne consente una più facile assimilabilità. 

Degno di nota la facilità con cui passa dall’uso del falsetto a timbri molto bassi, quasi baritonali (con l’uso anche di effetti), che rivelano una crescita importante per Jacopo anche nell’uso del canto. 

La birra, stretta tra le mani, diventa sempre più calda con il passare del tempo e con l’aumentare dell’attenzione che avvolge il viso dei presenti. Così, la lancetta gira in fretta, facendo perdere la cognizione del tempo agli ascoltatori. 

Incani ed i suoi lasciano gli strumenti a concludere da soli l’ultimo loop e i tre si dileguano col favore del buio. 

Sì, se né andato, Jacopo ha finito di stregare Il Parco della Musica di Padova. 

Una zona di convivialità tra tavolini, alimentari e drink ci portano verso una dimensione più rilassata, contornata da fili luccicanti che ci riportano ad un meraviglioso salotto all’aperto.

Sarebbe stato meglio stare in piedi e dimenarsi sotto il palco, ma in attesa di tornare anche a quello, siamo comunque grati per questo meraviglioso e ipnotico momento. Di questi tempi, non è scontato.

 

 

[/vc_column_text][vc_column_text]Foto e testo di Massimiliano Mattiello

 

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Vieri Cervelli Montel

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ferrarasottolestelle 2021

Parco Massari (Ferrara) // 30 Giugno – 4 Luglio 2021

 

L’estate è appena iniziata, questa estate 2021 che si vuol scrollare di dosso un anno durissimo, per noi tutti e per la musica in particolare.

L’estate ferrarese, si sa, è rovente, spesso afosa, e gli appuntamenti dello storico festival ferrarasottolestelle, con le sue proposte live di altissima qualità, sono più rinfrescanti che mai.

Quest’anno la location è davvero suggestiva, all’interno di un fantastico giardino, il Parco Massari, cuore verde della città. È da qui, da questo cuore, che tutto ricomincia a pulsare, con più lentezza, quasi timidamente.

Seduti sul prato, connessi con la terra e col mondo, qualcuno ai margini accenna a qualche passo di danza…

 

FSLS 30 giugno Iosonouncane credit Sara Tosi 20
Iosonouncane (foto ©Sara Tosi)

 

La prima serata comincia con l’esibizione dei Vieri Cervelli Montel, che vengono accolti con un applauso, ma l’atmosfera è ancora tranquilla, finché non irrompe il fragore dell’incipit dell’album IRA di Iacopo Incani in arte Iosonouncane, un’esplosione di suoni, una lingua artefatta che diviene essa stessa pura sorprendente sonorità . Il pubblico, a terra, completamente avvolto da questa performance artistica, sembra trasportato in un mondo sconosciuto.

La serata seguente, apre il concerto il gruppo post-punk pesarese Soviet Soviet. Il dover stare seduti nelle proprie postazioni sul prato per rispettare le regole covid stavolta diviene una sensazione scomoda: fino ad un paio di estati fa questa musica ci avrebbe trascinati tutti sotto al palco a pogare e a saltarci addosso, ma adesso, noi tutti, stoici resistiamo…

 

Massimo Volume credit Riccardo Giori 3
Massimo Volume (foto ©Riccardo Giori)

 

Arrivano i Massimo Volume, una certezza nel panorama post-punk italiano, ed i fan li accolgono con molto calore, godendo come sempre delle liriche taglienti di Emidio Clementi e della sua band, che presentano il loro ultimo lavoro Il Nuotatore.

La terza serata è strana, in concomitanza si gioca la partita di Euro 2020 tra Italia e Belgio, ma il pubblico non ha dubbi e sceglie l’ottimo intrattenimento dal vivo che ci portano La rappresentante di Lista e prima, in apertura, una giovane band di origine padovana, i Post Nebbia.

 

la rappresentante di lista credit Riccardo Giori 3
La Rappresentante di Lista (foto ©Riccardo Giori)

 

Il duo di performer porta sul palco note e colori e tantissima fisicità, che viene trasmessa al pubblico attraverso un’atmosfera molto positiva, ed il pubblico reagisce battendo i piedi, cantando insieme, alla ricerca della ritualità collettiva che ancora manca. L’emozione è tanta ed alla fine si catalizza tutta in quella bandiera su cui viene scritta la parola “vita” con una bomboletta spray.

Nella quarta serata, il pubblico è diverso, è molto più giovane. Apre il concerto Generic Animal, e tutti cominciano subito a cantare, arriva Mecna ed esplode l’entusiasmo – tutti seduti a terra, ma le braccia si agitano, le torce dei telefoni si accendono, si canta: ecco il grande rito del live che ritorna!

 

Mecna credit Riccardo Giori 3
Mecna (foto ©Riccardo Giori)

 

Le emoticon della scenografia fanno l’occhiolino ad un pubblico di ragazzi emozionati che chiedono le loro canzoni preferite, e lui concede ovviamente anche il bis.

Alla fine, tutti se ne vanno in modo composto, mentre si odono i primi tuoni dell’imminente temporale.

La serata seguente, in cui avrebbe dovuto esibirsi Venerus, è stata purtroppo annullata a causa del maltempo.

Si conclude così questa edizione di ferrarasottolestelle, rinnovata ed originale, che ha avuto un ottimo successo di pubblico, che si è mostrato molto rispettoso delle regole e che ha potuto sperimentare un modo più rilassato di divertirsi, senza rinunciare alle emozioni, grazie alle proposte di artisti che incontrano i gusti di diverse fasce d’età e ad un’organizzazione impeccabile.

Confesso però che a me sono mancati un po’ i ciottoli di piazza Castello e i piedi doloranti a fine serata… Torneranno? Chissà…

 

Margherita Lambertini

Foto di copertina Riccardo Giori