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Tag: marta massardo

Ministri @ Balena Festival

Arena del Mare (Genova) // 18 Luglio 2021

 

Due anni esatti prima del concerto dei Ministri (Davide “Divi” Autelitano, Federico Dragogna e Michele “Michelino” Esposito), io mi trovavo all’Arena del Mare. Ero in piedi e, con scarso successo, mi muovevo seguendo il ritmo delle canzoni dei Fast Animals and Slow Kids. All’epoca non potevo sapere che avremmo vissuto una pandemia e che avrei sentito la mancanza della calca, del caldo asfissiante e dei capelli ricci sudati che mi bagnano il collo fino a che non li lego.

I Ministri vengono da Milano e amano Genova, lo hanno voluto ricordare sul loro account di Instagram nei giorni precedenti al concerto che si è tenuto nell’ultima serata del Balena Festival. L’ansia dell’attesa era più forte che mai e ho ripassato le canzoni della scaletta: volevo essere pronta per il mio ritorno ai live. 

In apertura si è esibito Pablo America, che ha scaldato il pubblico agitando la sua imponente massa di capelli ricci, neri e crespi che sembravano perfetti per la sua personalità. Dopo aver cantato alcuni suoi brani, come Noi non siamo il punk, Ascoltavo i Nirvana e Arianna, è iniziata un’attesa di mezz’ora che si è conclusa con l’arrivo dei Ministri sul palco e Tempi Bui. “Veramente vivo in tempi bui”: un inizio azzeccato.

Da subito, ho percepito un senso di stranezza che mi ha accompagnato per tutto il concerto: le sedie e il distanziamento non si adattavano al rock dei Ministri. Come ha detto lo stesso Divi: “Voi siete obbligati a stare seduti e noi siamo obbligati a vedervi così”. Negli intermezzi erano di poche parole, ma perfette. Più volte ci hanno invitato a farci un applauso e ricordarci che, nonostante tutto, ci stavamo portando a casa un concerto e andava bene così. Percepivamo un profondo senso di gratitudine.

Anche sul palco, la band ha ribadito in più momenti il forte legame con Genova e ha ricordato le sofferenze che la città ha vissuto e provato a superare. Avevo cinque anni, ero in vacanza, riconoscevo le mie strade nelle immagini dei telegiornali e non capivo come mai avessi paura. “Venti anni esatti fa, qua a Genova, è stato sospeso lo stato di diritto e noi ci abbiamo scritto una canzone”. La Piazza è uno dei tanti brani da pelle d’oca dei Ministri, ma ascoltarla nei giorni di commemorazione dei fatti del G8 ha tutto un altro sapore.

Abbiamo “ballato” sulle note dell’ultimo EP Cronaca Nera e Musica Leggera e di altri brani come Comunque e Gli Alberi e ci siamo emozionati sul tributo a Franco Battiato con Alexander Platz. Faceva più caldo rispetto alle sere delle settimane precedenti e tra le facce sudate del pubblico, un ragazzo ha guardato il suo smart watch e ha urlato di aver fatto molto più movimento del solito. Ho guardato anche io il mio: finalmente qualcosa ricordava la normalità.

Uno dei momenti più significativi del concerto, è stato quando Divi è sceso dal palco e ha iniziato a cantare e suonare il basso girando tra il pubblico e guardandoci negli occhi, manifestando la voglia di tutto il gruppo di ricominciare a stare in mezzo alla gente. 

Anche la chiusura è stata azzeccata e tra qualche lacrima, abbiamo iniziato a intonare Una Palude insieme ai Ministri. “Non è un segreto che la terra sia una palude senza di te” è una delle frasi migliori per salutare il pubblico che è tornato ad assistere ai concerti. Quando il gruppo ha lasciato il palco si percepiva già la nostalgia e dalle sedie delle ultime file è partito un coro che cantava Abituarsi alla Fine (in una versione più da stadio), un brano che non era nella scaletta. Tutti speravamo che la band tornasse per un ultimo pezzo. 

Poi è arrivato il momento di lasciare l’Arena del Mare, con la consapevolezza che non ci abitueremo mai alla fine dei concerti, ma c’è un pensiero che mi ha consolato mentre raggiungevo il parcheggio con i capelli finalmente legati: quello che ci mancava sta tornando. 

 

Marta Massardo

Foto di Copertina (archivio): Simone Asciutti

La Municipàl e le canzoni per restare uniti, nonostante tutto

Per resistere al tuo fianco è uno di quegli album che ci servono durante una pandemia e La Municipàl, il duo formato dai fratelli Carmine e Isabella Tundo, ce l’ha regalato. Se dovessi dare una definizione alla loro musica, direi che è una costante rielaborazione emotiva cantata e suonata, attraverso la quale riusciamo a capire noi stessi. E oggi ne abbiamo tanto bisogno. 

Per l’occasione, abbiamo chiacchierato con Carmine, che ci ha raccontato il viaggio iniziato nel 2020 con la pubblicazione di doppi singoli rilasciati in digitale e in vinile 45 giri. L’artista, conosciuto anche come Romeus o Diego Rivera, è come mi aspettavo che fosse: con poche parole e una voce sicura, è riuscito a raccontare un’indagine interiore personale e universale.

 

Ciao Carmine! Introduciamo subito l’album: Per resistere al tuo fianco chiude il percorso iniziato con Per resistere alle mode. Com’è andata e come sta andando?

“Sono contento finalmente di aver concluso questo percorso cominciato un anno e mezzo fa. Ovviamente, causa pandemia, è stato un po’ dilatato nei tempi. Però mi sono divertito molto a produrlo, soprattutto sfruttando l’idea di dualismo (lato A e lato B) e poi ho cercato di seguire una sorta di flusso, quindi quasi tutti i brani sono collegati sia dal punto di vista sonoro che come tematiche. Sono abbastanza soddisfatto.”

 

Quindi, qual è l’aspetto che preferisci di quest’ultimo album?

“Sicuramente l’aver potuto lavorare sul dualismo, poi anche il fatto che è una sorta di piccolo concept album. Ascoltandolo dall’inizio alla fine, è come se ci fosse un flusso e fosse tutto collegato.”

 

La prima cosa che si nota è proprio il verbo resistere, quindi anche il concetto di “resistenza”, che ha sempre un bel significato, anche politico. Cosa vuol dire “resistenza” per te?

“È stato un periodo difficile per tutto e per tutti. Sono riuscito a capire quali sono le persone realmente importanti per me, quelle che mi hanno aiutato a sopravvivere, banalmente. È stato qualcosa di collettivo. La resistenza può essere politica e affettiva, il restare uniti nonostante tutto. È un concetto forte che ho cercato di raccontare in tutto l’album.”

 

Infatti, nell’album sono presenti sentimenti che abbiamo provato tutti nell’ultimo anno e mezzo. Cosa vi ha lasciato e cosa vi lascerà questo periodo che stiamo vivendo?

“Sono stato molto fortunato perché vivo in campagna, ho avuto modo di finire un sacco di lavori che avevo in arretrato e il fatto di fare musica mi ha salvato. È stato un periodo in cui ho cercato di trarne dei lati positivi.”

 

Collegamento personale: non so se ti sia capitato di leggere Dizionario inesistente di Stefano Massini. Lui inventa una serie di vocaboli che non esistono nella lingua italiana e crea la parola “bastitudine”, che indica la virtù di saper dire basta quando è necessario. Quando è necessario?

“Io credo a un certo punto quando cresci bisogna guardare in faccia la realtà, accettarsi e accettare gli altri e accettare anche che le cose possano finire. Mollare la presa spesso è qualcosa di necessario per crescere umanamente. Un po’ più giovane tendi a cercare delle risposte, delle soluzioni e a volte ci metti un po’ a lasciare andare.”

 

È vero. Grazie mille!

“Grazie, un abbraccio!”

 

Marta Massardo

 

Mighty Oaks “Mexico” (Howl Records, 2021)

A volte la nostra mente inizia a viaggiare, produce a ruota libera pensieri che sembrerebbero scollegati tra loro e poi, ragionando, riusciamo a trovare il filo rosso. Ascoltando Mexico, il quarto album dei Mighty Oaks, mi sono ritrovata a ripetere nella mia testa che “Il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti”. Ma cosa c’entra la citazione di Mulan? Apparentemente niente e posso solo sperare che il trio rock indie e folk di Ian Hooper, Claudio Donzelli e Craig Saunders abbia visto il film.

I Mighty Oaks si aspettavano di vivere il 2020 impegnati in un tour mondiale a seguito del loro album All Things Go uscito a febbraio dello scorso anno, ma la pandemia ha stravolto i piani. Tuttavia, la band non ha perso tempo e si è impegnata nella scrittura di Mexico, composto da dodici tracce emozionanti. Per Hooper è stato il momento perfetto per realizzare il sogno di lavorare nel suo studio di registrazione casalingo: “È stata la prima volta dal nostro album di debutto in cui ho avuto il tempo di scrivere un sacco di canzoni per questo album”, ha detto il cantautore statunitense. I tre, infatti, hanno deciso di registrare in casa di Hooper, che ha dichiarato: “Registrare in casa mia è stato un colpo alla cieca. […] Erano tutti nervosi, me compreso. Ma alla fine si è rivelata essere la cosa migliore che avremmo potuto fare. C’è qualcosa nel registrare a casa che ci ha fatto ritornare alle origini, quando io e Claudio avevamo iniziato a fare musica nel suo appartamento insieme.”

Il singolo che dà il nome all’album si apre con un eloquente “Oh right now times are hard” e non possiamo che essere d’accordo: i tempi adesso sono difficili. Sin dagli inizi, i brani dei Mighty Oaks sono intimi, rispecchiano le emozioni del trio e di chi ascolta. Le parole arrivano dirette e ci raccontano di noi ed è bello pensare che un gruppo nato a Berlino e formato da persone provenienti da paesi diversi (Stati Uniti, Italia e Regno Unito) riesca a parlare di sentimenti universali. La musica unisce il mondo. Inoltre, è bene ricordare che i tre sono cantanti e polistrumentisti, una ricchezza che è un vero e proprio marchio distintivo.

Ogni album dei Mighty Oaks è più maturo rispetto al precedente, arricchito dalle esperienze di vita dei musicisti. Oggi la nostra forza mentale è messa alla prova, stiamo vivendo una pandemia, nel mondo si parla di razzismo, ambiente, diritti umani, omobitransfobia e femminismi e pensiamo a quanto sarebbe bello scappare in un luogo o in un tempo senza problemi. Citando Land of Broken Dreams, un altro singolo estratto da Mexico: “Go ahead and cry/What makes you bitter, makes you wise/And I hope you’ll try/To see on past the darkest times/Cuz life, it can seem/Like a land of broken dreams/But now those dreams are all you got/Beneath your feet.”.

La quarantena ci ha portato a riflettere sui valori delle nostre vite e sui rapporti che contano, quindi non poteva mancare un brano come By Your Side, che con grande semplicità esprime la volontà di restare accanto a chi amiamo. “You know that I’ll be/Right by your side/If you need me day or night/Oh I’ll be right there for you/For you” è il ritornello della canzone e termina con “La la la la la”, un verso che riesce a essere il vero protagonista del pezzo e rafforzarne il messaggio.

I Mighty Oaks raccontano di loro e di noi e ci hanno regalato un quarto album che raccoglie le riflessioni che ci hanno accompagnato in quest’ultimo anno. Mexico è musica nata in un periodo di avversità e per me l’arte che “sboccia” nelle avversità è la più rara e la più bella di tutte. 

 

Mighty Oaks

Mexico

Howl Records

 

Marta Massardo

About how Mighty Oaks reflect their emotional state into music

Leggi questo articolo in Italiano qui

Mighty Oaks did plan to spend their 2020 touring the globe, but it wasn’t possible: they have therefore conveyed their energies in recording their forth album Mexico (Howl Records), planned for release on May 7. Due to the occasion, we had a chat with Claudio Donzelli, who told us the emotions and the experiences that brings their music to life.

 

Back in February 2020 you released All Things Go and after a bit more than a year you are here again with your new work Mexico. What does it mean to you to bring something new to life while the whole world is on hold?

“The pandemic changed everything, including the typical lifecycle of an album. When the lockdown started in March 2020, we had an incredible plan for the rest of the year, tons of great shows in Europe and US. We were looking forward to touring our third album All Things Go but it soon became clear that such restrictions were going to have a huge impact on our tour schedule. In the impossibility to play any shows at all, we thought that we would best invest the time in writing new material. Nobody knew what was coming but we knew that once this nightmare would be over, we would have been ready with new music to release and perform live. It’s been our way to cope with the lockdown and besides that, it kept us sane and focused during times of uncertainty.”

 

The trait I prefer out of Mexico is its particular intimacy. What do you like the most of your album? And what is, in your opinion, its uniqueness, that special something that differentiates it from your previous releases?

“I love when an album is a snapshot of where we are individually and as a band at the time of making it. When I know that we managed to reflect our emotional state in the music we make. I think this is the case for Mexico. We lived through unprecedented times, with climate change, racial issues and broken politics. You’ll find some of that in the album, but you’ll also find represented universal traits of the human experience like love, friendship and death. I love the juxtaposition between the two. At the end of the day each of us has to confront his interior world with the exterior world we live in. I think its uniqueness is in the process. We recorded almost everything ourselves in Ian’s home studio. The result is more raw, direct and unfiltered than ever before.” 

 

Ian Hooper said that recording at home felt like going back at the beginning of your career. Is it an experience worth making again?

”Absolutely, and it feels right and very natural to go back to that way of working at this stage of our career. After three albums out and as many EPs it was time to reshuffle the cards and bring some fresh energy in the studio. The same fresh energy that Ian and I were immersed into as we were recording music the first tracks, laying the foundation of the band, in 2010.”

 

You all come from different Countries and the band was born in Germany: how your different origins influence and/or enrich your music?

“First of all, it enriches our experience of working together. Second our music, but it’s really hard for me to say exactly how our cultural background reflects in the music we make and even if we grew up in different places, the music we heard growing up with was not so crazy different. For example, I grew up listening to mostly brit pop and US indie bands in the 90s/00s.
In general, internationality is really part of our nature, even beyond the band: in our team we have professionals from France, Switzerland, Austria, Germany of course and people with Hungarian and Turkish backgrounds. It’s quite common in Berlin as the city became a huge international hub in the past 10 to 20 years.”

 

If I ask you to sum up your artistic journey up to now, what will you tell me?

“Wow, that’s a really hard question! I’ll give it a try! (smiles)
I think we’ve always been interested in finding powerful ways to tell stories that resonate with people. We do that through Ian’s lyrics that are often inspired by autobiographical events. We do that with the music which serves and supports the story. Our artistic journey unfolds in developing, perfecting and experimenting with the craft of songwriting.” 

 

Last but not least, a piece of advice to our readers: which album recently released would you absolutely recommend to listen to?

Earth by EOB (Ed O’Brien, guitarist of Radiohead) has been the best album I’ve heard in while. It really raptured me. It came out during the pandemic last year and it really made me travel without moving when traveling wasn’t allowed. It’s a wonderful multifaceted record with contaminations of different genres and musical flavors.”

 

Marta Massardo

Di come i Mighty Oaks riflettono il loro stato emotivo nella musica

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I Mighty Oaks si aspettavano di vivere il 2020 in tour ma non è stato possibile: hanno quindi convogliato le energie nella realizzazione del quarto album Mexico, in uscita il 7 Maggio per Howl Records. Per l’occasione, abbiamo chiacchierato con Claudio Donzelli, che ci ha raccontato le emozioni e le esperienze che danno vita alla loro musica.

 

A febbraio del 2020 avete pubblicato All Things Go e dopo poco più di un anno tornate con Mexico. Cosa ha significato per voi far nascere qualcosa di nuovo mentre il mondo sembrava fermo?

“La pandemia ha cambiato tutto, incluso il tipico ciclo vitale di un album. Quando il lockdown è iniziato a Marzo 2020, avevamo un piano incredibile per il resto dell’anno, tonnellate di grandi show in Europa e negli Stati Uniti. Non vedevamo l’ora di portare in tour il nostro terzo album All Things Go ma presto diventò chiaro che le restrizioni avrebbero avuto un impatto enorme sul nostro programma. Nell’impossibilità di non poter suonare per niente i nostri concerti, abbiamo pensato che fosse meglio investire il tempo nello scrivere del nuovo materiale. Nessuno sapeva cosa sarebbe successo ma sapevamo che quando l’incubo sarebbe passato, saremmo stati pronti con della nuova musica da pubblicare e da suonare dal vivo. È stato il nostro modo di affrontare il lockdown, ci ha tenuti sani di mente e concentrati durante tempi di incertezza.”

 

L’aspetto che preferisco di Mexico è la sua particolare intimità. Cosa preferite invece voi del vostro album? E qual è il suo tratto distintivo rispetto ai vostri lavori precedenti?

“Mi piace quando un album è un’istantanea di dove siamo individualmente e come gruppo al momento di farlo. Quando so che siamo riusciti a riflettere il nostro stato emotivo nella musica che facciamo. Penso che questo sia il caso per Mexico. Abbiamo vissuto attraverso tempi che non hanno avuto precedenti, il cambiamento climatico, i problemi razziali e una politica disastrata. Troverete qualcosa di tutto questo nell’album, ma troverete anche rappresentati tratti universali dell’esperienza umana come amore, amicizia e morte. Mi piace la giustapposizione tra i due (aspetti, NdR). Alla fine del giorno ognuno di noi deve confrontare il proprio mondo interiore con il mondo esterno in cui viviamo. Penso che la sua unicità sia nel processo. Abbiamo registrato quasi tutto da soli nello studio casalingo di Ian. Il risultato è più grezzo, diretto e non filtrato che mai.”

 

Ian Hooper ha dichiarato che registrare in casa è stato come tornare agli inizi del vostro percorso. È un’esperienza da rifare?

“Assolutamente, ed è sembrato giusto così e molto naturale tornare a quel modo di lavorare in questa fase della nostra carriera. Dopo tre album e altrettanti EP era giunto il momento di mischiare le carte in tavola e portare un po’ di energia fresca in studio. La stessa energia fresca in cui Ian ed io eravamo immersi quando registravamo le prime tracce, gettando le fondamenta per il gruppo, nel 2010.”

 

Voi provenite da paesi diversi e la band è nata in Germania. In che modo le vostre origini influenzano o arricchiscono la vostra musica?

“Innanzi tutto, arricchiscono la nostra esperienza di lavorare insieme. In secondo luogo, la nostra musica, ma è davvero difficile per me dire esattamente come i nostri background culturali si riflettono nella musica che facciamo e anche se siamo cresciuti in posti diversi, la musica che abbiamo ascoltato crescendo non era poi così tanto diversa. Per esempio, io sono cresciuto ascoltando principalmente Brit Pop e gruppi indie americani negli anni ’90/’00.
In generale, l’internazionalità è veramente parte della nostra natura, anche oltre il gruppo: nel nostro team abbiamo professionisti da Francia, Svizzera, Austria, Germania ovviamente e persone con background ungheresi e turchi. È molto comune a Berlino in quanto la città è diventato un enorme hub internazionale negli ultimi 10-20 anni.”

 

Se vi chiedessi di tirare le somme di tutto il vostro percorso artistico fino a oggi?

“Wow, questa è una domanda davvero difficile! Ci provo” (sorride, NdA)
Penso che siamo sempre stati interessati a trovare modi potenti di raccontare storie che risuonano con le persone. Lo facciamo attraverso i testi di Ian che sono spesso ispirati da eventi autobiografici. Lo facciamo con la musica che si mette a servizio e supporta la storia. Il nostro percorso artistico si rivela nello sviluppare, perfezionare e sperimentare con l’arte del songwriting.”

 

Infine, qual è secondo voi un altro album uscito di recente che dobbiamo assolutamente ascoltare?

Earth di EOB (Ed O’Brien, chitarrista dei Radiohead) è stato il miglior album che ho sentito da un pezzo a questa parte. Mi ha letteralmente rapito. È uscito durante la pandemia lo scorso anno e mi ha veramente fatto viaggiare senza muovermi quando viaggiare non era permesso. È un meraviglioso album pieno di sfaccettature con contaminazioni di diversi generi e gusti musicali.”

 

Marta Massardo

Sam Eagle and the need of not repeating himself

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Sam Eagle is an unstoppable force of nature and after only five months from the release of Something Out of Nothing, he’s out again with a new EP She’s So Nice (Cooking Vinyl). To mark the occasion, we had a chat with him and he told us how his songs come to life.

 

You are just 21 but you already have a strong and heterogeneous release history: can you tell us about your artistic journey?

“Sure, well I started out doing solo stuff when I was 16, having only been in bands up to that point. I wanted to make something super simple and just for fun, just to try out the process. I loved it, and haven’t looked back. I have a strict rule that every song has to be unique to itself in my catalogue. So that every song speaks for itself and I don’t repeat myself. This is really important to me as an artist, and if something doesn’t meet that criteria it won’t be released. People say that writing as many songs as you can is the way to go, but I disagree personally — for me I much prefer taking longer to write a song, and just focus on making it the best it can be, allowing the song to form naturally before moving on.”

 

What do you prefer about your latest EP?

“I think the range of styles, emotions and sounds. That’s another thing that’s very important to me — having as wide a range of feelings as possible across a project. I’d like to think there’s something in there for everyone.”

 

How does its content differ from your previous releases?

“It’s more produced I would say. The last EP Something Out of Nothing and this one She’s So Nice were both made together, so they’re very much a pair, or a body of songs. Before these two EPs though, I used to take a lot more influence from jazz. Now I take more influence from hip hop.”

 

What do you get inspired by?

“Nature has always been a massive inspiration to me. Growing up by the sea and in the countryside of England has definitely influenced me to keep things natural, and not to process the instruments or my voice too much. Other inspirations can be anything from a song, a book, a fun experience, a conversation or anything really! Just trying to have new experiences — which granted has been very difficult over the past year.”

 

You are one of the artists of the year for 2020, a great achievement given the current circumstances. How are you living these challenging times?

“I’ve been very lucky to have put together my own studio to record these EPs before the pandemic. It’s been a real life line as I can keep making music and working on projects without any cost. It’s something I’d really recommend to anyone who can do it, to try and get together some kind of set up so that you’re self sufficient as an artist. It’s been difficult to stay inspired, and the amount of content flying around everywhere has been quite exhausting. I’m certainly ready now, and looking forward to moving forward into whatever the future holds.”

 

Marta Massardo

Sam Eagle e la necessità di non ripetersi

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Sam Eagle è un’irrefrenabile forza della natura e dopo soltanto cinque mesi dall’uscita di Something Out of Nothing, è arrivato il nuovo EP She’s So Nice (Cooking Vinyl). Per l’occasione, abbiamo chiacchierato con lui, che ci ha raccontato come nascono e si formano le sue canzoni.

 

Sei appena ventunenne ma hai già all’attivo una serie di pubblicazioni solida ed eterogenea: puoi raccontarci del tuo percorso artistico?

“Certo, ebbene… Ho cominciato a fare cose da solista quando avevo sedici anni, essendo stato solo in gruppi fino ad allora. Volevo fare qualcosa di super semplice e giusto per divertimento, per provare a vedere com’era il processo produttivo. Mi è piaciuto tantissimo e non mi sono più voltato indietro. Ho una regola molto severa che ogni canzone del mio repertorio deve essere unica. In questo modo ogni canzone parla da sé e io non mi ripeto. Questo è molto importante per me come artista e se qualcosa non soddisfa questo criterio non viene pubblicato. Molti dicono che scrivere quante più canzoni puoi è l’approccio giusto, ma personalmente non sono d’accordo — preferisco di gran lunga metterci più tempo a scrivere un pezzo, e fare in modo che sia il miglior pezzo che può essere, permettendo alla canzone di formarsi da sé in modo naturale prima di andare oltre.”

 

Cosa preferisci del tuo ultimo EP (She’s So Nice, NdR)?

“Penso l’assortimento di stili, emozioni e suoni. Questa è un’altra cosa molto importante per me — avere la più ampia gamma possibile di sentimenti attraverso un progetto. Mi piacerebbe pensare che ci sia qualcosa per tutti.”

 

In che cosa il suo contenuto si distingue dalle canzoni precedenti?

“Direi che è più prodotto. L’ultimo EP Something Out of Nothing e questo She’s So Nice sono stati fatti insieme, perciò sono fondamentalmente una coppia, o un unico corpo di canzoni. Prima di questi due EPs, comunque, ero solito farmi influenzare molto dal jazz. Adesso mi faccio influenzare di più dall’hip hop.”

 

Che cos’è che ti ispira?

“La natura è sempre stata una forte fonte d’ispirazione per me. Crescere vicino al mare e nella campagna inglese mi ha decisamente influenzato a tenere le cose più naturali possibile e a non processare troppo gli strumenti o la mia voce. Altre fonti di ispirazione possono essere qualunque cosa da una canzone, un libro, un’esperienza divertente, una conversazione o veramente qualsiasi cosa! Provo solo a fare nuove esperienze — che bisogna ammettere essere stato davvero molto difficile durante lo scorso anno.”

 

Sei uno degli artisti dell’anno per il 2020, un grande traguardo dato il periodo in cui ci troviamo. Come stai vivendo questi tempi non facili?

“Sono stati molto fortunato ad aver messo in piedi il mio studio per registrare questi EPs prima della pandemia. È veramente stata un’ancora di salvezza in quanto posso continuare a fare musica e a lavorare su progetti senza alcun costo. È qualcosa che davvero raccomando a tutti quelli che possono permetterselo, di provare e mettere insieme un qualche cosa in modo da essere autosufficienti come artisti. È stato difficile rimanere ispirato e la quantità di contenuti che giravano ovunque è stata davvero sfiancante. Adesso sono decisamente pronto e non vedo l’ora di andare avanti verso qualsiasi cosa il futuro riservi.”

 

Marta Massardo

La Rappresentante di Lista “My Mamma” (Woodworm, 2021)

Quando penso a La Rappresentante di Lista, immagino un abbraccio tra l’arte e la politica e quando ascolto My Mamma, il quarto album del duo composto da Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina, mi immagino come una donna resistente.

My Mamma è un disco che ha deciso da che parte stare, che si schiera. È un disco libero, fluido, accogliente e pieno di spigoli” ha scritto La Rappresentante di Lista sul suo account ufficiale di Instagram, ponendo nuovamente l’accento sul tema della fluidità. Il gruppo ha dichiarato più volte di non voler essere definito con un genere specifico e quindi Lucchesi, Mangiaracina e la loro band hanno preso in prestito dalle rivendicazioni sull’identità sessuale il termine “queer”, che indica una non conformità alla cultura predominante e che descrive la loro musica. 

L’album mette al centro la figura femminile e lo annuncia con una copertina esplosiva che ritrae un nudo che gravita intorno alla vulva in primo piano: un’opera dell’artista palermitana Manuela Di Pisa, che si è ispirata a L’origine del mondo di Gustave Courbet. L’immagine richiama la vicinanza del gruppo alle lotte femministe attuali. Nel formato fisico sono previste tredici tracce, tra cui tre brani strumentali (Preludio, Lavinia e Invasione) che, invece, non sono presenti nel formato digitale. 

Alieno, uscito il 12 febbraio, è il primo singolo di My Mamma e con tutta la potenza della voce di Veronica Lucchesi, racconta la voglia di sconfiggere il dolore e provare amore. La Rappresentante di Lista su Instagram ha affermato che “Alieno è una canzone fuori posto, racconta di quando ci si sente a pezzi, avvilite, presi a botte dalla vita, spaesate”. Con il ritmo incalzante e il ritornello “Sono più forte del piacere, sono l’amore/Sono più forte dell’amore, sono il dolore/Sono più forte dеl piacere, sono l’amore/Sono più fortе dell’amore”, è difficile restare fermi. Si conferma, quindi, quella che per molti ormai è una certezza: La Rappresentante di Lista fa riflettere, ma fa anche ballare. Certezza che, peraltro, è arrivata anche sul palco del Festival di Sanremo con Amare e con la presenza scenica grintosa di Veronica Lucchesi, ben nota a chi ha assistito ai concerti del gruppo. 

Se si vuole fare una riflessione sull’attualità, non può mancare il tema dell’ambiente. Sarà è una canzone che parla della fragilità del pianeta che si riflette inevitabilmente nella dimensione individuale dei suoi abitanti e nella collettività. Il brano si apre con i drammatici versi “Sarà che la mia terra lentamente/Smette di respirare.”

Ma arriviamo ora alla canzone forse più emotiva di tutto l’album: Resistere. Le prime note accompagnano l’ascoltatore verso una strofa parlata che poi si apre nell’armonia del canto “Voglio provare ad esistere/La mia natura è resistere/E non mi importa di perdere/Quello che mi serve adesso è vivere.” A un certo punto, la voce di Veronica Lucchesi sovrasta la musica con quello che si potrebbe definire un monologo recitato, una riflessione carica di dolore e speranza. “Cosa vuoi che ti dica?/Sono a pezzi ma vado avanti.”

My Mamma è un viaggio introspettivo, un album che racconta il dolore, la fragilità e la voglia di andare avanti e amare, aiutandoci a conservare la voglia di ballare, che di questi tempi è tutt’altro che scontata. La Rappresentante di Lista ha scritto una storia travolgente che abbraccia l’attualità e la politica e noi dovremmo ascoltarla nell’attesa del primo concerto possibile. 

 

La Rappresentante di Lista

My Mamma

Woodworm

 

Marta Massardo

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