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Tag: rc waves

Tre Domande a: 99paranoie

Come e quando è nato questo progetto?

Amnistia è nato a fine 2019, poco prima della pandemia, e l’ho chiuso a Maggio 2020. È una raccolta di brani che descrive il periodo antecendete: avevo lasciato l’università, chiuso My Name is Rose (il mio primo EP), avevo cominciato a lavorare e nel frattempo ero uscito da due relazioni.
È stato un periodo per me di profondo cambiamento. Questo cambiamento si sente sia confrontando Amnistia con My Name is Rose, ma ancor di più confrontando gli stessi brani di Amnistia. Il progetto spazia da brani RandB , a brani old-school, al soul acido e distorto più moderno. Ero ancora alla ricerca della mia identità. 

 

Come ti immagini il tuo primo concerto live post-pandemia?

Grazie a Dio non lo devo immaginare. Dopo la pandemia sono riuscito a suonare parecchio per gli standard a cui ero abituato. Sono riuscito a suonare all’Edonè di Bergamo, al Dumbo, al Covo di Bologna, al Bitter di Asola. È stato splendido, mi sono divertito un sacco e ho imparato tanto, ho vinto qualche insicurezza, ho suonato e conosciuto parecchie persone. Ma soprattutto ho imparato ad amare il palco. L’ultima data al Bitter in particolare, nella mia zona, mi ha veramente acceso e spronato a fare di meglio. Quando giochi in casa la barriera artista/pubblico non esiste, la gente non è li solo a vederti. La gente è li con te. Sono due cose molto diverse.

 

Quanto punti sui social per far conoscere il tuo lavoro?

Ora punto tanto. Attualmente sono in una fase di creazione del materiale per social, ovviamente legato a progetti futuri. Oggi come oggi sono la base di partenza, soprattutto per chi è nella mia stessa situazione. Per chi parte da zero sono imprescindibili. È importante però capire che contenuto portare e come connetterlo alla propria musica, perché troppo spesso si cade nel tentare di cavalcare l’onda. Non ha senso però cavalcare l’onda se non è la nostra. I social devono diventare un’estensione della nostra musica, e della nostra figura; sono risorse, e vanno sfruttate, in maniera consona all’artista.

Tre Domande a: Vale Nicole

Come e quando è nato il tuo progetto?

L’idea di creare un album tutto mio è nata nel 2019, precisamente in una calda sera d’Agosto, quando io e RICI ci mettemmo alla produzione di un nuovo pezzo da cui poi nacque Fiori d’Agosto, che è all’interno del disco. Nota dopo nota, capivo sempre di più che era arrivato il momento di raccogliere tutto quello che a parole non ero mai riuscita ad esprimere, e di farlo creando un progetto tutto mio.
Con l’arrivo della pandemia e il conseguente lockdown, ho avuto la possibilità di entrare in una sorta di stand-by dalla mia vita di tutti i giorni, dandomi la grande opportunità di dedicare giorno e notte alla ricerca del mio sound, di riuscire a scavare dentro di me e sciogliere finalmente quei nodi stretti mettendoci un punto definitivo.
Ovviamente, tutto ciò non sarebbe stato possibile senza Natty Dub (Funk Shui Project), che fin dagli albori del progetto ha sempre creduto in me e nelle mie potenzialità, più di quanto non facessi io.
Abbiamo lavorato a distanza, ma in perfetta sinergia con tutti i produttori e i musicisti che hanno preso parte al progetto, mettendo l’anima in ogni singolo accordo.
In un periodo critico come quello che abbiamo passato, lavorare a questo progetto mi ha dato quella forza interiore che mi ha spinta ad andare avanti.

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui ti ispiri per i tuoi pezzi?

Avendo un ascolto abbastanza ampio, è difficile riferirmi a qualcuno in particolare. Posso dire però che la scena nu-soul britannica mi è di forte ispirazione. Tom Misch, Jordan Rakei, Oscar Jerome, Samm Henshaw: il loro sound è fresco e innovativo, ma si percepisce sempre il legame alle radici del soul e quel forte richiamo al jazz, ed essendo il mio lato artistico originato da questi generi, per me sono fonte da cui trarre spunto.
Per quanto riguarda i testi, sicuramente mi sento più vicina a Ghemon, Willie Peyote e Venerus perché utilizzano un linguaggio figurativo che rispecchia molto il mio modo di approcciare alla scrittura. Immaginare scenari che vanno oltre al semplice racconto, trovare delle analogie tra le proprie esperienze vissute e quelle delle altre persone, cercando di creare un unico ambiente dove ritrovarsi per non sentirsi soli, è quello che cerco di ricreare nei miei testi.
Anche le liriche sublimi degli artisti senza tempo della musica italiana, come Lucio Dalla e Ornella Vanoni, che mi accompagnano fin dall’adolescenza, hanno certamente influenzato la mia penna.

 

Come ti immagini il tuo primo concerto live post-pandemia?

Una bomba atomica. Sarà sicuramente un’esplosione di emozioni riuscire a ritornare su un palco e condividere le sensazioni uniche che solo un concerto dal vivo ti può dare. Penso che questo valga sia per lo spettatore, sia per i cantanti/musicisti e per tutti coloro che lavorano dietro il sipario.
La connessione tra pubblico e artista genera un feedback molto importante perché è lo spettatore a rendere unico un live creando energia e potenza.
Lavorare ad un disco, senza riuscire a suonarlo in giro, è come lasciarlo a metà.
Mi metto anche nei panni di un ascoltatore, ed essendolo anch’io, capisco ci sia la foga di vedere gli artisti esibirsi, cantare con loro e commuoversi.
Io questa volta ho una grande emozione in più: portare finalmente il mio progetto su un palco.
Che bomba atomica!

Tre Domande a: Luzee

Come e quando è nato questo progetto?

Il progetto nasce nel 2016 e si ufficializza poi nel 2017 con la pubblicazione del primo album Waterdrops.
La mia è una formazione da musicista, inizio a suonare il basso elettrico nel 2000 e da allora ho sempre suonato nelle band ma a un certo punto ho sentito l’esigenza di uscire dal ruolo di bassista e cercare di esprimermi attraverso composizioni che fossero realizzate da me. La spinta a fare questo passo me l’ha data la scoperta del campionamento che mi ha letteralmente risucchiato nel mondo del beatmaking. A questo sommaci il fatto che mi è sempre piaciuto molto anche l’aspetto legato alla tecnica del suono ed al mixaggio, quindi la produzione è diventata subito una bella sfida che metteva insieme tante parti di me.
Ho poi iniziato a sviluppare un suono che cercasse di rappresentarmi e rappresentare ciò che provavo.
È stato uno dei periodi più belli della mia vita, una sorta di rinascita in cui scoprivo continuamente cose nuove che mi entusiasmavano e questa energia positiva mi ha portato anche a incontrare tante persone stimolanti durante questo percorso.

 

Progetti futuri?

Parlando di futuro prossimo spero di poter suonare dal vivo questo disco e poi se dovessi proiettarmi in avanti sento l’esigenza di alzare i bpm e far ballare di più, soprattutto ai live, perché dopo questo periodo infame credo che avremo tutti voglia di sfogarci e di ballare, io per primo. Sul fronte della produzione invece sto lavorando insieme a Subconscio alla realizzazione del suo secondo disco. Chiaramente con tutti i rallentamenti dovuti al COVID, ma siamo molto contenti del sound che sta venendo fuori.

 

Come ti immagini il tuo primo concerto live post-pandemia?

Con la gente appiccicata sotto al palco che si prende bene, balla, beve, si abbraccia e si bacia. Almeno questo è quello che spero perché è difficile immaginarsi come saranno le cose post-pandemia ma me la voglio immaginare così.

Tre Domande a: Lumache Rosse

Come stai vivendo questi momenti così difficili per il mondo della musica?

Sinceramente male. Momento difficilissimo per il mondo in sé e di conseguenza per la musica che è una delle sue diramazioni più dirette. Io come tutti coloro che si esprimono in questo modo, vivo un periodo incerto. Noi tutti viviamo di emozioni, ed è difficile provarle in questo momento.
Sono sincero nel dire che le prime giornate in cui obbligatoriamente dovevamo stare rinchiusi, mi hanno fatto bene. Venivo da un periodo di forte repentinità in cui raramente riuscivo a trovare del tempo per me. La prima esperienza è stata positiva, necessitavo di tempo per riflettere; desideravo quella condizione momentanea per ristabilire l’ordine interno e dedicarmi a quello che dovevo fare. Certo che appena quella momentanea sosta si è tramutata in mesi, ad oggi in più di un anno, non è più stata e non è una condizione piacevole.
Penso di viverla male come tutti. Guardo molti film e mi fa strano vedere le scene per strada, dove la gente si abbraccia; quello che era la normalità ora pare inusuale.
Oggi è dura, con continui spiragli di apparente quiete per poi ritornare nuovamente rinchiusi; è un continuo sbalzo altalenante che fa perdere la fiducia e fa scendere il morale. Vivo di tisane che mi scaldano e mi tengono quieto, con sottofondi ambientali e pacati per sovrastare i caotici rumori di città.
Il mondo si è fermato e noi con lui; molti locali storici hanno chiuso e il sipario dello spettacolo si è inginocchiato. A volte penso ai vari tour interrotti e spero di veder presto la luce alla fine di questo tunnel.

 

Come è quando è nato questo progetto?

In realtà questa storia non penso di averla mai raccontata fino in fondo: questo progetto è nato nel 2015, quando conobbi per caso un certo Ciga, un amico di amici; entrammo subito in sintonia, vivevamo esperienze folli e bevevamo vino ascoltando la stessa musica.
Un giorno ero solo in camera mia con un ukulele, acquistato qualche giorno prima, ad un certo punto suonando le prime quattro note che impari è uscita una canzone, che ho subito registrato con un messaggio vocale, mandandola a lui; mi chiese di chi fosse, io gli risposi mia. Mi ha chiamato immediatamente dicendomi che era una delle cose migliori che avesse mai sentito. Da allora ci trovammo spesso dopo i pomeriggi delle superiori a casa mia, a casa sua, nei prati, nelle case di altri. Io suonavo e insieme davamo voce a quelle parole scritte dalla mia penna.
Registravamo in cantina con un computer vecchissimo, con una ventola che surclassava il volume della nostra voce, fuori tempo, stonati, ma quello che usciva era speciale, per noi e per i nostri amici.
Lumache Rosse era il nostro nome, nato da un disegno di Domer (un altro nostro socio). Scrivevo principalmente io, ma eravamo un duo e la sua presenza era tanto essenziale quanto la mia. Forse non avrei mai scelto questa via senza il suo supporto e nel suo apparente silenzio, mi dava la forza per urlare. Le prime nostre canzoni le abbiamo pubblicate su YouTube.
Come spesso accade, ad un certo punto le nostre strade si sono divise; Ciga sarebbe partito per l’Australia e alla festa per il suo addio abbiamo litigato per vari motivi.
Ho deciso di continuare, prendendo atto di tutte quelle piccole sfumature che mi avevano portato fino a lì. Ero solo, ma tenni il nome plurale, perché le persone possono anche allontanarsi, ma si insediano dentro a dei solchi profondi nella nostra vita, senza mai andarsene davvero.
Ho deciso di registrare nuovamente tutti brani e racchiuderli in un EP, titolato Via Cavour’, uscito nel 2018; Via Cavour è una delle parole contenute nella canzone che anni prima gli mandai in quel messaggio vocale.
Io e Ciga ci siamo riappacificati e ancora oggi mi supporta.

 

Progetti futuri?

Sto lavorando a un album da più di due anni ormai; la pandemia ha notevolmente rallentato la produzione e la possibile uscita, ma siamo a un buon punto. Quando sarò pronto, lo farò uscire.
È una tappa importante e vorrei che fosse valorizzata al meglio; racchiuderà i quattro singoli già editi, Rondine / Polvere / Ragnatela / Pale Eoliche, con altri brani di questo stampo che parlano dello stesso periodo di stesura. Mattia Tavani, il risolutore dei miei problemi, è il produttore che sta curando queste uscite ed è un onore lavorare con un artista che stimo moltissimo, così come i miei soci Riccardo e Alberto, hanno contribuito a rendere tutto questo reale, ma soprattutto speciale.
Lo ritengo una tappa essenziale, solo quando potrò condividerlo con tutti passerò al livello successivo.

Tre Domande a: Wabeesabee

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

Saverio: “Come molti credo, abbiamo indubbiamente tanta voglia di suonare, ma sfruttiamo questo momento per continuare a scrivere e riflettere.”
Andrea: “Il virus purtroppo ha infettato anche il mondo della musica, soprattutto a livello di industria e ha avuto ripercussioni in modo particolare su quegli artisti che avevano visto il 2020 come un anno di svolta. Ovviamente un po’ di preoccupazione c’è, ma siamo fiduciosi per il prossimo anno. Avevamo bisogno di far partire il progetto e per ora siamo davvero soddisfatti di come sta andando. L’unica cosa che ci manca è l’aspetto live; è triste il fatto di non avere la possibilità di potersi esprimere dal vivo e di poter interagire con un pubblico.”

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

Saverio: “Ad oggi Jeff Buckley, Jordan Rakei, Tom Misch, Hiatus Kayiote, Nick Hakim e D’Angelo su tutti, mentre nel percorso che ci ha portato a questo disco ho saputo amare Joni Mitchell, Patrick Watson, Lucio Dalla, Niccolo Fabi e Igor Lorenzetti (alias di Dead Poets Society). Ultimamente Kendrick Lamar, August Greene, Anderson .Paak ed Eriykah Badu sono a ruota nelle cuffie.”

Andrea: “Nel nostro sound si possono trovare artisti che piacciono molto ad entrambi come ad esempio Jordan Rakei, Tom Misch, Hiatus Kayiote, D’Angelo, Anderson .Paak.”

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Saverio: “La possibilità di andare altrove con la mente.”
Andrea: “Personalmente vorrei far arrivare ciò che provo io mentre ascolto la musica che mi piace, quindi: generare coinvolgimento durante l’ascolto, far entrare in sintonia l’ascoltatore con l’autore, far capire che i pezzi sono stati scritti con il cuore e non a tavolino, e suscitare interesse per la produzione musicale.”

Tre Domande a: Floridi

Come stai vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?
“Alti e bassi, sto trovando conforto nello scrivere nuove idee, produrre qualche provino, ma se ripenso a quante date sono saltate e a tutto quello che potevamo fare con l’uscita dell’album prende male… In ogni caso cerco di rimanere positivo. Sono un curioso di natura, adoro viaggiare e spesso sono proprio i viaggi a fornirmi la linfa necessaria, la giusta ispirazione per scrivere canzoni. I miei testi sono spesso l’insieme di tante immagini e dato che adesso siamo impossibilitati a viaggiare, affido alla letteratura e al cinema il compito di fornirmi la giusta dose d’ispirazione. Spero che questo incubo finisca presto e si possa ritornare a suonare dal vivo.”
Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole, quali sceglieresti e perché?
“Vera, Malinconica e Visiva.
Vera perché quando scrivo non utilizzo filtri, il mio approccio è sempre molto istintivo al foglio di carta o alle note vocali (che ultimamente stanno prendendo il sopravvento per praticità), approfitto di quei momenti di estrema concentrazione per ultimare le canzoni che poi revisiono nei giorni seguenti.
Malinconica perché le canzoni rispecchiano il mio carattere e spesso come mi definiscono i miei amici sono un “Malinconico Ottimista”.
Visiva perché attraverso le parole proietto immagini che raccontano le mie esperienze, le mie emozioni.”
C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare?
“Mi piacerebbe scrivere un album con Cesare Cremonini, analizzare il suo approccio alla scrittura, alla composizione. È un artista che stimo e seguo da sempre, ho apprezzato tantissimo la sua evoluzione artistica e sarebbe davvero un sogno poter fare un feat con lui. Voi taggatelo, magari mi risponde!”

Tre Domande a: Cirri

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

“Sicuramente qualsiasi canzone o band ascoltata nella nostra vita ci ha influenzato. Le band più importanti sono state Verdena, Afterhours, Marta sui Tubi, Massimo Volume e C.S.I. per quanto riguarda l’Italia. All’estero sicuramente Bon Iver, RY X, Chet Faker, Hiatus Kayote, Alt-J. Potremmo continuare a elencare artisti per ore, tutti loro rientrano nelle nostre influenze.”

Se doveste riassumere la vostra musica in tre parole, quali scegliereste e perché?

“SPERIMENTAZIONE, perché uno dei nostri obbiettivi è quello di non porci nessun limite. Capita spesso di entrare in studio e “scambiarsi” i ruoli solo per vedere cosa esce fuori. Provare sempre qualcosa che non abbiamo mai suonato e cercare di renderlo “nostro” è qualcosa che ci piace da morire.
PSICHEDELIA, che significa “allargamento della coscienza”. Per noi la musica è anche un momento di introspezione. Succede spesso che si scriva un testo e ci si accorga in un secondo momento di quale fosse il suo significato profondo, quali aspetti rivelasse del nostro modo di pensare e anche quali messaggi per migliorare il nostro approccio agli eventi della vita. La speranza è che possa innescare questo processo anche nell’ascoltatore.
AMICIZIA, che potrà sembrare banale, ma è la parola che descrive perfettamente il rapporto tra noi tre. Suonare è, oltre che una passione incontenibile, un modo per passare del tempo con persone importanti, senza maschere, sinceramente, connettendosi attraverso la scrittura di canzoni. Non è una fortuna che capita a tutti, quindi merita di rientrare nei vocaboli scelti!”

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

“Ci piacerebbe che la nostra musica riuscisse a toccare le corde inconsce dell’ascoltatore. Nelle nostre canzoni mettiamo oltre al nostro vivere quotidiano, ricordi e riflessioni su delle storie molto strane che abbiamo avuto la fortuna di vivere. Penso che molto di quello che inseriamo nei testi e nelle musiche sia qualcosa che ogni essere umano sperimenta durante la sua esistenza e che quindi per questo ci si possa ritrovare. Nella speranza, perché no, che possa aiutare a sciogliere alcuni blocchi, a slegare dagli schemi. Senza, ovviamente, voler essere dei maestri o dei guru. Siamo persone comuni che scrivono di vite comuni che, in quanto tali, sono condivise un po’ da tutti.”

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