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Tre Domande a: Caron Dimonio

Tre Domande a: Caron Dimonio

| Redazione

Come e quando è nato questo progetto?

Giuseppe: Alla fine del 2012 mi ero ritrovato con una decina di canzoni, preparate in “dimensione casalinga”: voce/testi, chitarra ed electribe Korg, niente software, avevo chiuso da più di un anno con il mio primo progetto musicale, mi serviva quindi un bassista per svilupparle, così ho chiesto a Filippo di aiutarmi. Ci eravamo conosciuti suonando in un gruppo nato in quel periodo, che però ebbe breve vita. Lorenzo è entrato come turnista alla batteria a inizi 2018, in tour si è intensificato il nostro rapporto, non solo personale, ma anche a livello artistico, così gli abbiamo proposto di entrare in pianta stabile nel progetto, che adesso quindi è un trio. Ci segue come produttore fin dagli inizi Gianluca Lo Presti.

Filippo: Sono stato coinvolto da Giuseppe nel 2013, suonavamo insieme in un’altra band. Lui aveva già pronti dei brani e gli serviva un bassista. Sono rimasto piacevolmente intrigato dall’idea di suonare in una band che unisce sonorità post punk ed elettronica con cantato in italiano. Da quel momento abbiamo stipulato questo matrimonio (o questa condanna direbbero alcuni ahaha) che è diventato a tre con il piacevole inserimento di Lorenzo, e macinato date e chilometri.

Lorenzo: Il mio viaggio con Caron Dimonio è iniziato in autostrada durante un tour nel 2018. In quella occasione ero semplicemente un accompagnatore. I miei amici mi proposero di fare qualche live assieme in futuro,allestendo una sezione ritmica non convenzionale che si aggiungesse a basso e chitarra nella parte di scaletta più rumorosa. Poco dopo siamo partiti per l’Inverno slovacco e al ritorno dal grande freddo facevo parte anche io del gruppo.

 

Se doveste riassumere la vostra musica in tre parole, quali scegliereste e perché?

Giuseppe: Drammatica, potente, eterea. Perchè lo è 🙂

Filippo: E come si fa a in tre parole? È complicatissimo, me ne vengono in mente almeno un decina. Direi che la nostra musica è ossessiva, come ogni rituale che si rispetti la preghiera deve entrare in testa. Cinematografica, se chiudo gli occhi la trovo estremamente evocativa. Crying on the dancefloor, ok non è una parola sola ma passatemi il temrine. È quella canzone che ti fa ballare perché danzereccia, però nello stesso tempo ha un che di stretta al cuore.

Lorenzo: FANTASMI – Durante i numerosi lockdown, anche se lo sospettavo da tempo, ho infine avuto la certezza che nel mio vecchio appartamento convivessero con me alcuni fantasmi. Presone atto, nel momento in cui stavo partendo con gli strumenti per la prima sessione di registrazione, appena prima di chiudere la porta di casa, li ho invitati a venire con me in studio. Mi hanno sussurrato ottimi consigli e spero potrai apprezzare il loro contributo, specialmente in alcune parti di synth.
MONTAGNE – Sempre durante un lockdown ho lasciato il mio appartamento a Bologna per trasferirmi in un piccolo paese dell’Appennino, popolato da poche anime. L’attenuarsi del perpetuo drone cittadino mi ha permesso di creare alcuni buoni paesaggi col sintetizzatore.
DISCOTECA – Pubblicando questo album il nostro sogno sarebbe farti piangere con qualche accordo melanconico di dolce euforia cupa, ma se riusciremo subito dopo a farti anche ballare con la lacrima non ancora asciugata sulla tua guancia, sarebbe proprio il top.

 

Quanto puntate sui social per far conoscere il vostro lavoro?

Giuseppe: Mi occupo io dei social, gli altri li guardano a malapena (e fanno bene 🙂 ). Li uso (credo) nella giusta misura, principalmente per promuovere nuove uscite, recensioni, interviste o date tour.

Filippo: Ultimamente più di prima. Per anni ho ignorato cose come le storie su Instagram, o altre dinamiche social, per manifesta incapacità informatica più che per spocchia. Col tempo mi sono reso conto che sono fondamentali per arrivare ad una quantità di pubblico maggiore, li trovo persino divertenti. Chissà che per me non sia l’inizio di una lunga carriera da boomer.

Lorenzo: Probabilmente i social puntano su di noi per tamponare l’emorragia di iscritti che si cancellano sempre più numerosi perché sempre più soli.