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Tre Domande a: Limarra

Tre Domande a: Limarra

| Redazione

Come e quando è nato questo progetto?

Sentirmi inadeguato mi ha cambiato la vita. Schiacciato dal peso dei ricordi e delle certezze ho sentito il bisogno di ritrovare me stesso, di riconoscermi in qualcosa di estremamente nuovo ma allo stesso tempo familiare. Avevo perso l’amore per le cose, le abitudini erano diventate i miei obiettivi e le novità soltanto delle scomode paure.
Dopo 16 anni di tour e canzoni con la mia band (i BaciamoLeMani), ho sentito l’esigenza di sperimentare me stesso, provare a proporre un’altra versione di me. Credo che la musica accompagni le fasi della vita di ognuno di noi e la scelta di cosa ascoltare e, nel mio caso, cosa scrivere è dettata dal momento che attraversiamo. Ho scelto di approdare sulle sponde di nuovi generi musicali che un tempo sentivo lontani e, a dirla tutta, mi sono pure divertito. Se in un prima fase il 2020 e la pandemia mi hanno abbattuto più del dovuto (poiché vedevo l’impossibilità di suonare come qualcosa di troppo difficile da digerire), dopo aver fatto pace con me stesso e con la crisi che ogni musicista stava attraversando, mi sono reso conto che avrei invece potuto sfruttare il tempo che avevo a disposizione per indossare una nuova veste: quella del cantautore. Da un bellissimo e casuale incontro con Cesare Mac Petricich (membro storico degli aretini Negrita, il quale si è occupato della produzione artistica del progetto Limarra) sono nate otto canzoni che raccontano otto storie diverse, legate tra loro da un unico filo conduttore: la rivalsa dei vinti.

 

Se doveste riassumere la vostra musica con un tre parole, quali scegliereste e perché?

Primordiale, selvaggia e diretta.
È primordiale perché soprattutto nella stesura dei testi ho preferito veicolare messaggi che riguardano l’uomo e la sua natura, spesso, insieme alla modernità, autrice del nostro oblio. Ho dato risalto alle emozioni che le nostre paranoie di tutti i giorni ci rimandano sotto forma di ostacoli che sembrano insormontabili. Un ritorno alle origini non equivale allo spogliarsi di ciò che siamo e che abbiamo costruito, ma sicuramente potrebbe darci l’autorità di scegliere se seguire il flusso di questi tempi o virare verso orizzonti meno complessi ma più autentici.
È selvaggia perché è dettata da ritmi lenti ma allo stresso tempo incalzanti, in una danza che non ricorre a classici schemi musicali moderni e in cui, istintivamente (proprio come la nostra più profonda essenza), ogni personaggio descritto si risolleva per rimediare al suo declino. Dire di no ai condizionamenti che ci impone la società di oggi rappresenta  l’atto più selvaggio che l’uomo contemporaneo può e deve permettersi.
È diretta perché non usa mezzi termini, ogni parola è un pugno allo stomaco che vuole atterrare chi ascolta dandogli allo stesso tempo gli strumenti per rialzarsi. Ho preferito una scrittura più leggera senza rinunciare mai alla forza della sintassi. Ho cercato di scegliere bene le parole alle quali, nel mio processo di trasformazione artistica, ho dato un duplice ruolo, quello della vittima e del carnefice, proprio perché se da un lato leggere alcune cose ci spaventa dall’altro illumina la direzione.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Riconoscersi è stata la miccia che ha acceso la collaborazione con Cesare. Un canovaccio di sonorità elettronica e canti dal sapore popolare accompagnano un testo per metà in italiano e per metà in dialetto siciliano, in cui l’impossibile storia tra due donne diventa il pretesto per raccontare il dramma di chi non riesce a riconoscersi. Se davanti ad uno specchio provassimo a vedere il riflesso di ciò che veramente siamo e non di ciò che vorremmo essere, troveremmo la pace che inseguiamo per tutta la vita, quella pace con noi stessi che sta alla base della nostra effimera esistenza.
Citando la canzone: “quel giorno davanti al mare c’eravamo giurati amore, perché nei luoghi eterni tutto è lecito per gli amanti”, non importa se abbiamo tutto il mondo contro, è di fondamentale importanza  invece pensare che l’unica cosa che conta siamo noi e il nostro giudizio.
Riconoscersi, accettarsi per poi essere accettati.