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Tre Domande a: Regione Trucco

Tre Domande a: Regione Trucco

| Redazione

Come e quando è nato questo progetto?

Mi Sono Perso è un disco che nasce in sala prove, dove Umberto arriva con il chitarra-voce delle canzoni. Lì, sotto il comando generale di Andrea, arrangiamo i pezzi in una prima veste. Poi li suoniamo dal vivo nelle occasioni più intime, come ad esempio nei pub. A quel punto abbiamo il primo e per noi più importante riscontro: la reazione della gente. Scegliamo quindi i pezzi che ci sembrano emozionare di più le persone e passiamo alla seconda fase che è quella delle pre-produzioni, che facciamo principalmente in home recording. Da qui in avanti, i pezzi passano nelle mani di Enrico Caruso (sound engineer con sede a Vercelli) nel cui studio registriamo voci e tutto quanto non è possibile fare in home recording: lui ci aiuta con piccoli grandi suggerimenti di adding production, oltre a mixare i brani.
Oltre a questo processo artistico, sono subentrate etichette discografiche, un manager nuovo (Federico Borruso), nel mezzo una pandemia e tanto altro…

 

Se doveste riassumere la vostra musica con un tre parole, quali scegliereste e perché?

Country: non per il genere, ma perché veniamo dalla campagna, i cui elementi rientrano spesso nelle nostre canzoni, che in definitiva nascono nei nostri luoghi, fatti appunto di verde, di laghi, di trattorie. Un mondo semplice che viaggia ancora a una velocità accettabile, umana, senza troppo auto tune.
Ironica: l’ironia salverà il mondo. Cerchiamo di far sì che l’ironia non manchi mai nelle nostre canzoni, anche quando magari trattano temi sociali o sentimenti. Ad esempio, il singolo Lady Hawk che fa parte del disco Mi Sono Perso tratta del disagio di una coppia che fatica a trovare il tempo per stare insieme e non si vede mai; però a un certo punto nel testo c’è la frase “fossi ricco staresti a casa a fare incazzare le femministe”, che alleggerisce e fa sorridere. Tranne le femministe. E chi si prende troppo sul serio.
Sperimentale: sperimentale non perché pensiamo di fare una musica incredibilmente innovativa o strana, ma nel senso letterale del termine. Impieghiamo davvero tanto tempo a fare, appunto, esperimenti, prima di raggiungere la versione finale di un brano così come la sente il pubblico sul disco, sia da un punto di vista dell’arrangiamento, sia da un punto di vista dei suoni e della produzione. Per esempio, c’è un brano nel nostro ultimo disco Mi Sono Perso che si intitola Giuliano e che ci ha dato davvero del filo da torcere prima che potessimo ritenerci soddisfatti del risultato raggiunto.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Emozioni. Questo deve fare la musica: far arrivare emozioni. Non ci importa che ai nostri concerti dicano che siamo bravi musicisti o meno (o che lo pensi chi ascolta i nostri dischi). Ovviamente il riconoscimento del nostro lavoro da parte di addetti ai lavori e musicisti ci lusinga e ci fa piacere, ma la vera cosa importante, ciò a cui più di tutto teniamo, è che il pubblico si diverta, si emozioni, che abbia voglia di rimanere fino alla fine di un concerto e poi magari si fermi per bere una birra o un gin tonic in compagnia. Abbiamo fatto dei concerti dove magari abbiamo suonato in maniera impeccabile, ma durante i quali, per qualche motivo,  non siamo stati capaci di trasmettere l’energia giusta al pubblico e siamo sicuri che il pubblico ha preferito altri nostri live, dove ci è scappato l’errore o il gin tonic di troppo sul palco, ma l’energia era quella giusta. L’emozione alla fine vince sulla tecnica.