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Pentatonix @ Palasport

Pentatonix @ Palasport

| Angelica Corà

Vigevano, 25 Maggio 2023

Ci vuole talento a fare musica suonando e cantando.
Ci vuole ancor più talento a fare musica usando solo la propria voce.

Un dono, una benedizione, un incantesimo: chiamatelo come volete, ma quello che i Pentatonix riescono a fare non si può forse declinare ad una sola definizione. Il modo in cui armonizzano tra loro, si ascoltano e si supportano con le rispettive intonazioni infatti, è pura magia: ed è ancora più mistico osservare dal vivo le loro interazioni ed emozioni prendere vita sul palco.

Dopo tre anni di rinvio, i Pentatonix salgono finalmente sul palco del Palasport di Vigevano per l’unica data italiana del loro tour: fuori piove, il parcheggio è pieno di macchine. Per non rimanere imbottigliata nel traffico, decido di parcheggiare un po’ più fuori, in una via residenziale. “Chi c’è stasera?” Mi chiede il signore che entra nella casa davanti alla quale lascio la macchina. “I Pentatonix, fanno musica a cappella”. Il signore mi guarda confuso, ma mi augura comunque buona serata. Corro verso l’ingresso con un pensiero in testa: come faccio a spiegare a qualcuno l’arte dell’esibirsi a cappella, senza usare quindi strumenti vocali a rinforzo della voce? Come faccio a ridurre l’incredibile carriera dei Pentatonix, gruppo nato nel 2011 dall’unione tra la bravura e la passione per questa particolare forma musicale di Scott Richard Hoying, Kirstin Taylor Maldonado e Mitchell Coby Michael Grassi, completata poi dall’unione al gruppo di Kevin Olusola e Matt Sallee?

Forse non si può, perché anche qui, ogni definizione sarebbe riduttiva. Penso ai loro tre Grammy Awards, alle loro molteplici cover a cappella di successo. Penso a come li ho scoperti su Youtube ormai sei anni fa proprio grazie ad un titolo in particolare. Penso a tutte queste cose, ma poi non penso più a nulla, perché le luci si abbassano, e i Pentatonix entrano in scena. Non hanno bisogno di nulla se non di loro stessi per regalare al pubblico una serata indimenticabile: in un palco praticamente spoglio, illuminati da giochi di luci che vanno a ritmo con le canzoni, indossano dei look casual sulle tinte del rosa/viola, ed è chiaro fin da subito che sono lì per divertirti, e per far divertire tutti i presenti con loro.

Cinque voci le loro che, come il canto delle sirene, ci trasportano in atmosfere diverse: qualche passo di danza ritmato, l’interludio per farci imparare i versi di una canzone e realizzare così uno dei loro famosi TikTok in cui coinvolgono il pubblico ogni sera in modo diverso, tanta interazione con i presenti e niente altro. Perchè non c’è bisogno di altro: siamo stregati fin dall’inizio, quando intonano Sing e Na Na Na. Scott salta da una parte all’altra del palco, Mitchelll con la sua compostezza raggiunge note celestiali, Kirstin ha una naturalezza incredibile nel destrassi tra generi diversi, Matt fa vibrare l’anima con i suoi bassi e Kevin è “semplicemente” Kevin, che suona il violoncello mentre fa beatboxing (in tutto questo, è pure laureato in medicina a Yale).

La scaletta che propongono è varia: dalle loro canzoni originali (come Love Me When I Don’t) si passa a The Sound of Silence (da pelle d’oca, grazie alle cinque tonalità diverse delle loro voci che confluiscono in maniera magistrale creando un flow unico), Creep e Shallow. Sono cover per la maggior parte, ma sempre interpretate in modo molto personale, creativo e sentimentale: c’è tutta la loro anima in quelle note che si alternano, incontrano e fondono. In tutto ciò, ricordiamo, non c’è mai uno strumento (se non per quei due brani che Kevin ci regala con il violoncello). Ma non se ne sente l’assenza, tutt’altro.

Come possono mancare poi i loro iconici medley? Da quelli rock (con Kevin e Matt a incitare il pubblico a seguirli mentre propongono un mashup tra, ad esempio, Sweet Caroline, I Want It That Way, The Fresh Prince of Bel-Air e We Will Rock You) ai dance anni ’90 (e sì, Boom, Boom, Boom, Boom!!, Every Time We Touch, Blue (Da Ba Dee) stanno benissimo insieme), sembra che una playlist casuale abbia preso vita, dove c’è spazio per tutto e dove tutto ti travolge.

Nel momento in cui intonano Hallelujah, la cover del celebre brando di Leonard Choen con oltre 710 milioni di visualizzazioni su Youtube, quella con cui li ho conosciuti e che mi fa realizzare che sono davvero lì, ad ascoltarla da vivo, condividendo quei rari brividi di emozione con la folla, comprendo che la serata non è un concerto, ma un’esperienza collettiva: tra loro sul palco e noi del pubblico per terra o sugli spalti, è un unico, indimenticabile momento di pura energia, di pura vita. 

“Waited a hundred years to see your face and I would wait a hundred more, If only to be near you, to have you and to hear you, isn’t that what time is for?” Cantano utilizzando solo tre microfoni centrali e circondati da un silenzio rispettoso. “Sì”, vorrei rispondere, “This is what time is for”. Ci lasciano con questa riflessione, prima di travolgerci un’ultima volta con Bohemian Rhapsody.

“Is this the real life? Is this just fantasy?” Non si può esserne veramente sicuri quando si parla del talento dei Pentatonix. Una volta uscita dal Palasport, e mentre sono in macchina per rientrare a Milano, realizzo che forse, in realtà, non voglio nemmeno sapere la risposta. Che siano veri o fantasia, i Pentatonix sono una forza della natura, una forza della musica, da custodire nel cuore e farne tesoro.