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Arctic Monkeys @ I-Days

Arctic Monkeys @ I-Days

| Maria Luisa Fasano

Milano, 15 Luglio 2023

Per essere metà luglio a Milano, non fa neppure così caldo, e all’Ippodromo Snai La Mauradi gente ce n’è, un’educata calca ammassata ma anche ammansita, forse da quella leggera malinconia che arriva e ti intorpidisce quando le cose belle stanno per finire. Alla fine, gli I-Days Coca-Cola sono un po’ il Glastonbury de noialtri, magari senza fango e mandrie di mucche dietro l’angolo, ma con lo stesso senso di spiritualità, libertà e comunità che solo la musica live, quella bella dei festival, può soffiare nell’aria perché tu lo respiri. 

Ed ecco cosa si respira in questo sabato pomeriggio: una devozione quasi animale, nel senso che nasce proprio dentro l’anima e viene fuori quando si controlla l’ora e ci si guarda intorno e ci si sente piccoli. Quando ci sentiamo piccoli, e anche un po’ adrenalinici, ci rendiamo conto che quello che ci aspettiamo sta per succedere e che intorno a noi ci sono migliaia di persone unite da una comunione di intenti, e tiriamo un sospiro di sollievo al pensiero che ogni tanto possiamo concederci di non sentirci poi così “unici”. 

Allora arrivano gli Omini, Julian, Zak e Mattia, con il loro brit rock perfettamente in tema con i protagonisti della serata che stanno introducendo. Con la musica nel sangue (quasi letteralmente: Julian e Zak sono figli del chitarrista degli Statuto mentre il padre di Mattia è il batterista Alberto Fratucelli), la band piemontese scalda il pubblico in un uragano di freschezza.

Una pausa di riflessione dopo la bomba sganciata dai giovani artisti, e subito scorgiamo Willie J Healey, from Oxfordshire with love. Chissà, forse l’umidità milanese gli ricorda casa: pacifico al limite del flemmatico e perfettamente a suo agio, il musicista britannico classe ’94 canta e suona una carrellata di pezzi dal suo ultimo album Twin Heavy. A lui piace suonare musica che lo fa sentire bene, come dice spesso nelle interviste, e si vede, e si sente, e fa sentire bene anche noi. 

Stacco netto e da un’atmosfera pacata passiamo all’adrenalina, quella massiccia un po’ sporca del punk rock. The Hives riempiono il palco (e non solo le vostre playlist preferite) e ci fanno sentire alcuni dei loro pezzi più energici. Quello della band svedese è un rock puro, adolescenziale, che ci fa tutti regredire ad uno stato quasi primitivo di sana estasi, tra un calcio volante e un lancio di microfono alla Roger Daltrey.

Il sole è da poco calato, il palco è di nuovo vuoto, il vociare più fitto che mai, a me il cuore batte forte e quasi riesco a sentirlo, il battito dei miei vicini sembra veloce quanto il mio. “They say it changes when the sun goes down”, quando il sole tramonta, cambia tutto, e infatti adesso è tutto diverso. 

Camicia bianca, occhiali da sole scuri e capelli all’indietro, marchio di fabbrica, un cenno alla folla in adorazione, e Alex Turner riempie il palco a rapide falcate. Tra giochi di luce usciti direttamente dall’Enterprise, scaglia gli accordi elettrici di Brianstorm seguita dai più grandi successi degli Arctic Monkeys di quando li conoscevamo come un gruppo di strimpellatori di Sheffield. Da Snap Out of It, Don’t Sit Down ‘Cause I’ve Moved Your Chair, a Crying Lightning, un respiro profondo e il frontman indossa la maschera della maturità con alcuni dei branipiù recenti, trascinandoci in un hotel lunare (Four Out of Five) o facendosi più meditabondo (Perfect Sense), senza tralasciare il suo lato più seducente (Why Do You Only Call Me When You’re High, Arabella). 

Potrebbe sembrare fan service ma non lo è quando interpreta i classici Fluorescent Adolescent e Cornerstone (senza lesinare sulla teatralità dei testi). 

Ci sciogliamo non solo per la temperatura estiva ma anche per ballad liriche come There’d Better Be a Mirror Ball e 505 con tanto di palla a specchi calata sul palco. 

Per il gran finale, un encore tra deliri sci-fi (Sculptures of Anything Goes) e flirt ad alto contenuto di chitarre distorte (I Bet You Look Good On The Dancefloor, R U Mine). 

Gli Arctic Monkeys hanno fatto pace con la loro discografia, presentandoci una performance matura ed onesta, con Alex Turner che sa vestire i panni del mattatore, ma sa anche quando spogliarsene per mostrarci la genuina connessione con i suoi brani. Così vicino eppure così irraggiungibile, come una rock star d’altri tempi. 

Gli I-Days Coca-Cola si chiudono con un concerto da 10 e lode.