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John Murry @ Villa Angaran San Giuseppe

John Murry @ Villa Angaran San Giuseppe

| Gianluca Maggi

Bassano del Grappa, 11 Novembre 2023

Lo ammetto: ho comprato un biglietto per il concerto di John Murry soltanto perché qualcuno lo ha paragonato a Mark Lanegan e sebbene la somiglianza tra i due si riduca, a mio avviso, ad un paio di coincidenze biografiche, sono contento di averlo fatto. 

Autore poco prolifico e splendidamente indipendente, Murry ha portato il suo alternative folk a tinte fosche a Bassano del Grappa per la quarta e penultima data della leg italiana di questo tour novembrino regalando ai circa centocinquanta, fortunati astanti uno spettacolo nel suo stile poco convenzionale. 

Che non sarebbe stata una serata qualunque lo si è capito immediatamente. Il concerto si infatti è tenuto in una villa che, oltre ad offrire un piacevole riparo dal caos di una città costantemente affollata di turisti, ha dato la possibilità di imbattersi nell’artista al bar e nel dedalo di corridoi (dove fino ad un minuto prima di questo incontro fortuito si sentivano echi del soundcheck) in cerca della propria stanza. Ho poi continuato a raccogliere indizi dello scarso conformismo dell’esperienza: arrivato al banchetto del merchandising mi è stato detto che l’ultimo disco di John, ossia quello che in teoria starebbe promuovendo, The Stars Are God Bullets’ Holes, non era disponibile e che del suo più grande successo discografico – The Graceless Age, che nel 2012 venne acclamato dalla critica – era presente soltanto una copia, una musicassetta, per la precisione. A questo punto, quando ero già rimasto positivamente colpito dall’atmosfera familiare e anomala dell’evento, l’ospite d’onore ha fatto il suo ingresso in sala; è entrato dal fondo come noi del pubblico impugnando una scaletta manoscritta al ristorante e, dopo aver svuotato le infinte tasche, ha dato vita ad uno spettacolo intimo e sentito di un’ora e mezza circa.  

John attinge a tutti e tre gli LP pubblicati finora e propone sia canzoni acustiche che canzoni elettriche che alterna conferendo circolarità ad un concerto che inizia e finisce con alcune ballate per lasciare spazio, al centro, alla parte più tipicamente rock and roll del set. I brani lenti, come Wrong Man e Come Five & Twenty, ricordano Alexi Murdoch, Ben Harper ed il primo Tom Waits e sono, nel complesso, da preferire a quelli che tendono al grunge rievocando le sonorità di Ragged Glory e Mirror Ball di Neil Young (come il rocker canadese, peraltro, John passa il tempo a pestare i piedi sul pavimento).

Un concerto contraddistinto dunque da sonorità diverse ma affrontato dal cantautore americano con un’immutabile partecipazione emotiva. John passa infatti il concerto ad occhi chiusi, ad improvvisare e sembra gradire quello che fa. Sembra essere sincero quando si allontana dal microfono per cantare senza amplificazione parole che lo toccano da vicino facendolo emozionare, quando si perde nelle sue improvvisazioni segnate da cascate di blue note, quando si abbandona ai suoi feedback. In tutto questo, John, pregevolmente supportato dal batterista Raoul Terzi, che si muove in modo imprevedibile sulle pelli creando pattern ritmici mai banali, fa scelte curiose: esclude dalla setlist Little Colored Balloons (per allontanarsi dal suo passato tormentato, verrebbe da pensare), ovvero il suo pezzo più famoso, straziante cronaca di un’overdose che gli è quasi stata fatale e suona una canzone inedita, dedicata alla compagna, che rappresenta l’apice emozionale della serata (ed il mio personale incubo perché è da quel momento che la cerco online, per ora invano).  

Dopodiché, rimette tutto in tasca, se ne va attraversando la navata centrale da cui è arrivato e torna a mescolarsi al pubblico firmando autografi e facendo chiacchiere al bar dove io prendo appunti per scrivere questo articolo. 

La canzone della serata: Come Five & Twenty