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Afterhours @ Sequoie Music Park

Location

Parco Delle Caserme Rosse (Bologna)

Data

26/06/2025

Foto di

Sara Tonioni

Certe cose invecchiano bene. Altre benissimo. Poi ci sono gli Afterhours, che vent’anni dopo Ballate per Piccole Iene tornano sul palco con la formazione storica e un tour celebrativo per ricordarci che sì, il rock italiano può ancora mordere. E far male, se vuole.

Bologna, Sequoie Music Park: scelta non casuale per inaugurare questo ritorno alle origini. Ma più che un semplice concerto, è un rito collettivo, una messa laica con chitarre distorte al posto dell’incenso. Il pubblico? Trasversale come solo i dischi giusti sanno essere: fan irriducibili con le magliette logore del tour 2005 accanto a ragazzi troppo giovani per sapere cos’è un lettore CD. Tutti con lo stesso sguardo adorante e la voce pronta a scorticarsi sulle parole.

Manuel Agnelli, smagliante e magnetico, guida la band con l’autorità di un comandante tornato da una lunga battaglia – e forse anche da un talent show, ma qui non se ne parla. Sul palco con lui: Andrea Viti al basso, Giorgio Prette alla batteria e Dario Ciffo che tira fuori il violino come se fosse ieri. Spoiler: sono passati vent’anni. Ma non si sente. Nessuna scorciatoia nostalgica, nessun trucco da “revival tour”: Ballate per Piccole Iene viene suonato per intero, in ordine, come si faceva nei tempi eroici. Un gesto coraggioso e perfettamente riuscito. Nessun ammiccamento al pop, zero compromessi: solo distorsioni, violini elettrici, urla soffocate, e una malinconia che sa ancora dove colpire.I brani scorrono come un pugno che non hai il tempo di evitare: La Sottile Linea Bianca, Ballata per la Mia Piccola Iena… fino alla chiusura straziante de Il Compleanno di Andrea. Applausi. Pausa. Poi arriva il colpo di scena.Il primo encore si apre con una cover rispettosa ma viva de La Canzone di Marinella di De André , seguita da una versione sorprendentemente emotiva di Strategie, pescata dall’oscuro e adorato Germi. E poi via, dritti nella leggenda con Male di Miele e Quello Che Non C’è: catarsi pura, rabbia e tenerezza a braccetto sotto il cielo di Bologna.

Il bis è lungo, generoso, tirato ma non logoro. I suoni si fanno più dilatati, ma la tensione emotiva resta alta come un amplificatore a palla alle prove del liceo. Agnelli scherza col pubblico, si prende in giro, mantiene quel suo tono tra lo snob intellettuale e il fratello maggiore incazzato – ma il pubblico lo ama. Anzi, lo venera. Perché quando le chitarre si spengono e il palco si svuota, resta solo una certezza: certe cose non invecchiano. Evolvono. E le piccole iene mordono ancora.

Alessandra D’aloise