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POP X @ BOnsai Garden

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• POP X •

Parco delle Caserme Rosse (Bologna) // 13 Luglio 2022

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foto di Roberto Mazza Antonov

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Manuel Agnelli @ Pistoia Blues

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• Manuel Agnelli •

Piazza Duomo (Pistoia) // 12 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Pistoia è una città toscana famosa in tutto il mondo per i suoi vivai, per Piazza della Sala con i suoi locali e il cuore pulsante della vita della città, per il suo Duomo dove si incontrano l’architettura romanica e quella barocca. Una città con una buona qualità della vita dove trascorrere del tempo in modo gradevole. Eppure in piena estate, protetta dallo sguardo antico dei suoi monumenti, diventa un crogiolo di musica ed emozioni con il Pistoia Blues Festival. La manifestazione, che dal 1980 si svolge ogni anno nel mese di luglio, è un appuntamento fisso per ogni appassionato di musica che voglia ascoltare i suoi artisti preferiti o scoprirne di nuovi, e una tappa importante per molti musicisti non solo nostrani, ma provenienti da tutto il mondo. Un palco dove esperienza, novità, tradizione e sperimentazione si incontrano, per portare a tutti quel messaggio che non dovremmo mai scordare: la musica è essenza di vita che non si ferma, e sfugge a chiunque voglia trattenerla in definizioni a compartimenti stagni. E ringraziamo chi in quel palco crede ancora, nonostante tutte le difficoltà che negli ultimi tempi sembravano insormontabili, ma non ha mai rinunciato a creare e diffondere la bellezza dell’arte. 

Ieri, come ogni anno, Pistoia ha accolto il pubblico del Pistoia Blues tra palazzi storici e mercatini etnici, nell’armonia del contrasto che fa vibrare nell’aria la voglia di arte e creatività. Entrati in Piazza del Duomo, il campanile sorveglia ogni kick e ogni riff che si librano da un palco che non sembra essersene mai andato, come fosse parte essenziale della piazza stessa, un battistero di musica dove ogni nota è una bellissima benedizione. E sono gli Zagreb, band di alternative rock di Castelfranco Veneto, che aprono questa cerimonia con il loro ritmo deciso e forte, che colpisce e piace ad ogni colpo. La dimostrazione che quelli della musica sono gli unici colpi allo stomaco che non fanno male. Ad assisterli ci sono i primi ascoltatori, gli appassionati veri che amano l’underground, e i fortunati che riescono ad uscire da lavoro in tempo per godersi la serata dal suo vero inizio. Guardandoti intorno, vedi lo sguardo incuriosito e attento di chi non li conosce, ma sa di aver fatto una bella scoperta. 

Agli Zagreb, seguono poi i Bluagata, sempre gruppo alternative rock, ma della più vicina Prato. Potreste dire che giocano quasi in casa, data la vicinanza delle città, ma gli spettatori non lo sanno, e lassù, sotto le luci dei riflettori, l’unica vera identità è la musica con la passione, e loro ce ne mettono tantissima. La prima canzone è Comodità tratta dal loro ultimo progetto Di stanze e Nevrosi. Il brano parla della nevrosi del consumismo, i riff sono potenti e incalzanti, i testi tagliano i compromessi per arrivare lì dove è più scomodo farli sentire, il tutto in un loop nevrotico che scopri e non ti lascia. Proseguono poi tracce che alternano potenza e arie rarefatte, e la performance si conclude con i saluti e i ringraziamenti di rito a un pubblico sempre più partecipe, con una promessa di rivederci, speriamo presto. 

Mentre il buio scende sulla città, e le sedie attorno a me si riempiono gradualmente, l’atmosfera diventa surreale, l’aria si carica di attesa, c’è chi sussurra, c’è chi applaude per incitamento, c’è chi sbuffa dall’impazienza e chi beve birra a tutto spiano con l’avidità negli occhi puntati sul palco. A me sembra ancora tutto scuro quando si sente la voce cantare fuori dal palco. Sembra che le persone stiano per urlare ma il pubblico si blocca, incantato dalle parole “Ora lo so / Se è amore che vuoi/ No, non dipende da quel che fai”, l’effetto è quello di un sogno eppure siamo svegli o forse no. Non importa, dal buio, vestito con solo pantaloni, gilet e la sua voce, esce Manuel Agnelli e l’emozione, prima sospesa, esplode. Al semplice canto si aggiunge la chitarra elettrica e via via tutti gli strumenti. Le luci si accendono, e vediamo l’artista accompagnato da una band di eccezione dove troviamo anche Beatrice Antolini, Giacomo Rossetti dei Negrita e due componenti dei Little Pieces of Marmelade, Frankie e DD. Agnelli è il secondo grande protagonista di Storytellers del Pistoia Blues 2022, con una performance dove ha regalato al pubblico i brani che lo hanno reso celebre come leader degli Afterhours e i suoi nuovi brani da solista.

Molti penseranno che è facile avere una presa emotiva sul pubblico con Non si esce vivi degli anni ’80 oppure Male di miele, eppure le nuove collaborazioni e l’energia vocale dell’artista le rendono un’emozione nuova. Ascoltarle pensando di sapere già cosa succederà in ogni parola e rimanere spiazzati perché ci sono sfumature che ti prendono ancora di più è una sensazione bellissima. A quel punto non si può stare seduti, alcune persone si alzano dalla platea, si mettono ai lati e vivono il concerto con tutto il corpo, muovendosi, a volte a tempo, a volte no, ma non importa, la gioia che vedi sui loro volti rende tutto armonioso. Quello che però capisci è che Manuel Agnelli non lo puoi catalogare tra gli artisti da gusto di mezzo. Piace o non piace. Non è gradevole con riserva, né sgradevole ma potrebbe migliorare. Lui è ciò che è e non vuole mostrare niente di diverso, e sì è un artista divisivo perché c’è chi lo vede ormai omologato al sistema. Ma non è il sistema ad essere sbagliato in sé, è il modo in cui ti ci approcci che conta, e dopo aver cavalcato per anni la scena indie, Agnelli è riuscito ad entrare in una più ampia scena musicale dimostrando che se ne può fare parte rimanendo fedeli a sé stessi e proponendo i propri progetti curati e ben pensati; la sua capacità di scrittura non lascia niente al caso e non si è adeguato al modo semplice e veloce che impera in molte produzioni attuali. Profondità degli abissi, dalla colonna sonora del film Diabolik, è una dimostrazione di tutto questo. Agnelli ne racconta prima la genesi, le critiche che gli sono state mosse, mostra al pubblico il cuore con cui ha composto quella canzone, si mette a nudo ritenendoci persone a cui può fare quella confidenza. La sua interpretazione è da brividi, la canzone è bella, spietata, anche dolce se le permettiamo di raggiungerci. La voce di Agnelli è ferma ma vibra al tempo stesso di ogni emozione che ha messo in quel brano, e lì te ne freghi dei premi che ha vinto, ma non perché non abbiano valore, solo perché è un’emozione che va oltre la ragione, abbatte la logica, e anche dove fa male, ti rende felice. 

Pistoia Blues 2022 ha dato al suo pubblico la possibilità di vivere qualcosa di magico, fuori dalle dinamiche di chi critica solo per il gusto di farlo. Se Agnelli non volete ascoltarlo non ascoltatelo, non fatevi paladini di non si sa cosa facendo la morale su cosa debba fare o non fare, perché la sua onestà intellettuale sta nella musica ben fatta e nella capacità di trasmettere la passione per ciò che fa, in testi e composizioni che sfuggono alla banalità senza per questo ingozzarsi di parole ricercate che alcuni artisti prendono dal dizionario del desueto solo per fare colpo. Decidete se volete essere la piccola iena di cui canta o se volete una pelle splendida. Ma vivetelo, in ogni suo concerto, perché è lì che me capirete la forza e il messaggio. Smettete di picconare solo per il gusto o la moda di farlo e lasciate che l’emozione faccia il resto.

Il concerto si chiude con il bis di rito, che, ammetto, un po’ odio, ma forse anche l’artista condivide il mio pensiero, o così sembra, perché tutti si assentano giusto il tempo di bere un bicchiere d’acqua, e ritornano sul palco con la consapevolezza di dover chiudere, ma senza la voglia di farlo. Rimane nell’aria la loro musica, la voce del mio passato ancora presente, persone felici che escono e popolano di nuovo le strade della città piene di luci. Il silenzio è dietro l’angolo, l’adrenalina lotta con il sonno, gli scuri delle finestre accolgono l’emozione ancora viva. Non puoi fare altro che aspettare, con la promessa di un altro concerto, e la ritrovata spensieratezza delle sensazioni dei vent’anni. 

 

Alma Marlia

foto di Letizia Mugri

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The Tallest Man On Earth @ Pistoia Blues

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• The Tallest Man On Earth •

Fortezza Santa Barbara (Pistoia) // 07 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]foto di Letizia Mugri

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Fast Animals And Slow Kids @ BOnsai Garden

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• Fast Animals And Slow Kids •

Parco delle Caserme Rosse (Bologna) // 06 Luglio 2022
Arena del Mare (Genova) // 07 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]L’ultima volta che ho ascoltato dal vivo i Fast Animals and Slow Kids – che vengono da Perugia – era luglio del 2019 e, anche in quell’occasione, ero nella suggestiva Arena del Mare, di fronte a un palco incorniciato dalle onde del porto e dalla lanterna. Era caldo e umido, come in ogni estate ligure, ero stanca e avevo tanti pensieri per la testa, ma l’idea di cantare con Aimone Romizi, Alessandro Guercini, Jacopo Gigliotti e Alessio Mingoli mi rendeva felice. Tre anni dopo, nello stesso luogo, con lo stesso caldo, la stessa stanchezza e i pensieri per la testa, mi sono lasciata trasportare dai FASK nella loro data genovese del tour È già domani ora.

L’Arena si stava popolando sotto il sole arancione e calante, avvolta dalla voce di Giorgieness che faceva gli onori di casa: lei è stata ed è pazzesca. Vedere un’artista giovane, punk e femminista esibirsi su un palco urlando “E non ho chiesto io di essere/Dura e così fragile” in un vestitino rosa è poesia. Giorgieness è dolce, energica e allegra e porta con sé un discorso politico e sociale che va oltre la sua musica e spero che possa tornare presto a Genova da artista principale della serata, prendendosi lo spazio che merita.

Le luci artificiali e naturali sono calate. “Buonasera, noi siamo i Fast Animals and Slow Kids e veniamo da Perugia”: quanto ci era mancato sentirlo dire. Aimone riesce a instaurare un legame emotivo con il suo pubblico che è raro, è l’amico che ti vuole bene e te lo dimostra, si lascia trasportare e trasporta: si è commosso, ha abbracciato i compagni della band e le persone in piedi nelle prime file e la sua voce ha travolto chiunque. 

Adesso, però, devo fare una confessione necessaria a voi per continuare la lettura e a me per scrivere liberamente: è troppo difficile recensire un concerto dei Fast Animals and Slow Kids. Potrei fare l’intellettuale raffinata e dirvi che ho il blocco della scrittrice, ma la verità è che ogni canzone della band mi ricorda qualcosa o qualcuno. Non riesco a trovare un ordine cronologico per raccontare la serata, perché, anche a costo di sembrare banale, io riesco a ricostruire il live solo ricordando le mie emozioni.

Vita Sperduta, Cosa ci direbbe e Come un animale sono alcune delle canzoni che hanno confuso il mio smartwatch che, vibrando, mi ha avvisato: “A quanto pare, ti stai allenando.” Devo ricordarmi di zittirlo quando sono impegnata a piangere e sudare mentre canto e ballo di fronte a un palco. 

Tornando a noi persone serie ed estremamente malinconiche, i Fast Animals and Slow Kids hanno ricordato chi sono già nei primi minuti: dalle sonorità degli ultimi due album Animali notturni ed È già domani, all’invito a fare un po’ di rock and roll con la canzone Annabelle. A me, personalmente, i ragazzi di Perugia hanno ricordato quanto la musica sia meravigliosa e dolorosa a partire da Demoni. “Se questo è un demone che hai sempre accanto/Gli darò la caccia e te lo porterò via/Se sei da sola e lui ti sta parlando/Correrò più forte non ti lascerò più/Se questo demone sta divorando/Il corpo che per anni ho avuto fra le mie mani/Combatterò perché non possa averti/Sono ancora qua devi fidarti di me.” È una delle canzoni del gruppo più belle e difficili da ascoltare e penso che sia impossibile non sentirla propria. 

Nel 2019 amavo l’album Animali notturni ed era la colonna sonora di un anno importante nella mia vita che, tra alti e bassi, mi ha fatto crescere e prendere decisioni cruciali. Aimone ha annunciato la mia canzone preferita del disco invitando il pubblico a gridare che una volta si può sbagliare. Dritto al cuore parte piano, ma le sue prime parole sono già un pugno allo stomaco e poi esplode verso la fine. “Ti chiedo solo di restare a sentire/Darmi un minuto per capire che ho sbagliato ad andare/Tornare indietro non significa sempre fallire/Vorrei riuscire a non pensare più a te/Tutti i tuoi amici dicono di scappare/Di non voltarti neanche per farmi male/Ma sono pronto a questa crocifissione/Sfogati adesso e non andare più via.”

L’aspetto – a volte – negativo degli album che piacciono tanto e hanno successo è che creano delle aspettative alte e si può restare delusi dai brani successivi. È già domani è la perfetta continuazione di Animali notturni e le canzoni dei due dischi si intrecciavano in piena armonia durante il concerto. Lago ad alta quota è uno dei pezzi più emozionanti per Aimone, che ne ha raccontato le origini: durante una passeggiata in montagna, si è incantato a osservare un lago e dalle sue sensazioni è nato un testo che è una poesia universale. Con una mano impegnata a registrare un video per una mia amica assente, ho capito quanto siano inevitabili certe sensazioni. Dobbiamo goderci quello che abbiamo prima che arrivino l’oscurità e il freddo, perché l’agonia dell’inverno è una metafora che ci spaventa, un’ombra che a volte ci segue anche quando va tutto bene. Le parole di alcune canzoni sono importanti per le persone che amiamo, per noi e per il resto del mondo.

Il 2017 era l’anno dell’album Forse Non È La Felicità, che contiene le tracce di un periodo difficile per i FASK. Infatti, il cantante ha introdotto il brano che dà il nome al disco spiegando che nei momenti negativi ci si concentra sugli obiettivi perché pensiamo che raggiungergli significhi diventare felici, ma spesso sono lontani e bisognerebbe focalizzarsi di più sul presente, che è il percorso che ci separa dai nostri scopi. Forse Non È La Felicità e Come reagire al presente (dall’album Alaska, 2014) sono due perfetti esempi di quanto la band ami rendere il pubblico protagonista, interagire e coinvolgerlo in cori emozionanti.

La fine del concerto è stata malinconica, ma era anche un momento atteso perché sapevamo che sarebbe arrivata la canzone iconica, il brano intramontabile che dai tempi di Hybris (2013) ci fa scatenare come delle rockstar devastate da un amore finito: A Cosa Ci Serve, la perfetta colonna sonora per sfogare la rabbia post-rottura. “Tanto lo so che muoio/Dammi più tempo/Ma in fondo è meglio il niente/Dammi più tempo/Ora che aspetto il treno/Dammi più tempo/Mi merito di peggio/E lo so che è meglio se esplodo.”

Poi è arrivato il momento di interrompere la magia, raccogliere le ultime energie rimaste per abbandonare l’Arena del Mare in un’estate piena di concerti e normalità. Eravamo stanchi, sudati, felici e con un’unica certezza: i ragazzi che hanno suonato sono i Fast Animals and Slow Kids e vengono da Perugia. 

 

Marta Massardo (Genova)

foto (Bologna) di Lucia Adele Nanni 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”24892″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”24893″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”24896″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”24895″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”24901″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”24900″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”24894″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”24898″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”24897″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”24899″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row]

Leon Faun @ BOnsai Garden

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• Leon Faun •

Parco delle Caserme Rosse (Bologna) // 03 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Il pubblico tende al giovanissimo alle Caserme Rosse. C’è anche qualche ragazzo accompagnato dai genitori. Stavo respirando gli anni adolescenziali, gli anni più belli. Avevano tutti il viso ancora innocente e gli occhi grandi. Anche Leon Faun quando entra sul palco ha gli occhi spalancati, ma indossa il viso di un pazzo. Appena sale urla “Come stai Bologna? Minchia, raga, siete bellissimi, a parte gli scherzi mi sto innamorando. La situazione è abbastanza folle, voi che dite?” e inizia subito la performance con C’era una Volta.

Leon riesce a saltare da tutte le parti e a muoversi continuamente senza intaccare l’esecuzione delle canzoni. È uno dei live più belli che abbia mai visto. È energico, sta offrendo la vita al microfono. L’impostazione è folle, ma si dimostra un ragazzo incredibilmente sensibile, dedito all’arte in maniera disumana: è il filo sottile il bisogno di urlare che sfoga nelle canzoni e il bagliore che ha negli occhi quando canta. Il pubblico incita “Leon”, e Leon sorride. “Situazioni come questa, dopo due anni, cioè mi sembrano ancora… Veramente, prima di scrivere, una cosa che volevo era fare live. L’arte, meno male sta tornando. Piano piano ce la stiamo riprendendo, no?”. Salta con la gamba destra in alto. Occhi lucidi parte con un piccolo intermezzo di Leon a cappella. Si alza, cammina sul palco, incita il pubblico. Se il filo sottile tra follia e amore per l’arte prima era a malapena visibile, ora è palpabilissimo. Riesce a cambiare galassia fra strofa e ritornello: nel ritornello è matto, pazzo, folle, occhi spalancati come fanali, è il fauno. Nella strofa smette e inizia a fissare il pubblico e cantare al cuore della gente. Con Pioggia viene accompagnato dal pubblico. A livello artistico è un momento altissimo. “L’ispirazione è la cosa più importante che abbiamo. Per un regista, uno scrittore. Tenetela sempre qua, sfruttatela tutti perché abbiamo la stessa energia e solo con quella si realizzano i sogni”. È un uragano di malinconia mischiato a follia. Quando parte Flop fa accovacciare il pubblico, per poi farli tutti saltare al drop. Il concerto sta per finire. Si siede sul pit. Ringrazia una fan per essere stata tanto presente. “Arrivati all’ultimo brano dobbiamo fare il casino che abbiamo fatto fin’ora, moltiplicato per sette”. Il live si conclude con Oh Cacchio.

 

Riccardo Rinaldini

 

Scaletta

C’era una Volta
Follia
Gaia
Alla Luna
Occhi Lucidi
Come
Pioggia
Sogni Matti
Camelot
OMG Titan
Flop
Poi poi
Oh Cacchio

 

foto di Luca Ortolani

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Ernia @ BOnsai Garden

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• Ernia •

Parco delle Caserme Rosse (Bologna) // 03 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Se c’è una cosa che mi ha fatto illuminare gli occhi al live di Ernia è stata la sua capacità di portare pezzi old school, pezzi vecchi, pezzi tendenti al pop piuttosto che al rap, canzoni più emotive e canzoni da spocchia, utilizzando lo stesso filo conduttore, senza perdersi mai, intrattenendo il pubblico con una naturalezza disarmante.

Ernia entra con tutta la disinvoltura che lo contraddistingue da sempre. Da quando è entrato si respira aria pulita. Entra con Vivo, attacca direttamente senza salutare il pubblico.

Il pubblico chiama “Ernia, Ernia, Ernia!” mentre professa le prime barre di Bolo by Night di Inoki, per poi ringraziare il pubblico. Dopo due anni riesce a festeggiare il suo ultimo disco, Gemelli attraverso Gemelli Tour. Indica il pubblico, li guarda negli occhi, riesce a trasmettere l’amore per la musica e l’eleganza che lo trasporta dai suoi inizi. Ernia tiene gli occhi spalancati, ha le sopracciglia alte, ha fame di musica, ha ancora ispirazione e voglia di soddisfare il pubblico. A Phi stanno cantando tutti. Ernia si trasforma. Diventa esattamente come nella canzone: non sta performando, sta dando dei consigli.

Sa intrattenere tantissimo. Fa urlare il pubblico. Parte Simba, sul palco arriva un peluche del famoso leoncino. Lo schermo dietro rappresenta i titoli delle canzoni. Attacca dicendo “Sarei un ipocrita se dicessi che Gemelli non ha avuto successo con singoli come Fermo a Guardare e Superclassico. Però, sono convinto che i veri pezzi siano i filler. Quei pezzi permettono di costruire una carriera”. Dopo Fuori Luogo, Cigni e Lei No, c’è un altro intermezzo. “Mi ha scritto un ragazzo di Bologna, che si firma come Matteo Benessere”. Ernia prende la lettera e inizia a leggere: “C’è un nuovo rapper in città”. Chiaramente, parte Lewandowski VIII e il pubblico, avendo intuito già dalle prime barre della lettera, impazzisce. Polka 2 e U2 sono tutta una tirata, Apri è molto old school, mani in aria e gente a gridare “Oh, oh!”. Il concerto si chiude con Neve e Superclassico, pilastri della carriera passata e presente di Ernia e, probabilmente, i pezzi più apprezzati dagli affezionatissimi. Cambiano le vibrazioni, infatti, gli ascoltatori rimangono ammutoliti, perdendosi nelle ultime canzoni.

 

Riccardo Rinaldini

 

Scaletta

Vivo
Morto Dentro
Phi
Simba
Non me ne Frega un Cazzo
Pensavo di Ucciderti
Ci Riuscirò Davvero
Fuori Luogo
Cigni
Lei No
Lewandowski VIII
MeryXSempre
Futura Ex
Polka 2
U2
Certi Giorni
Scegliere Bene
Lewandowski 6
68
Apri
Madonna
Acqua Calda e Limone
10 Ragazze
Puro Sinaloa
Bella
Di Notte
Ferma a Guardare
Neve
Superclassico

 

foto di Luca Ortolani

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Guè Pequeno @ BOnsai Garden

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• Guè Pequeno •

Parco delle Caserme Rosse (Bologna) // 02 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1552435921124{margin-top: 20px !important;margin-bottom: 20px !important;}”][vc_column][vc_empty_space][vc_column_text]L’atmosfera è stranissima alle Caserme Rosse. Capisco chiaramente chi segue Guè dai tempi dei Dogo e chi lo segue dallo scioglimento. La discrepanza è evidente, ma sono tutti uniti sotto un minimo comune multiplo: godersi la vita al massimo fra le rime sprezzanti di Guè e lo stile zarro che, da sempre, lo caratterizzano. L’atmosfera preavvisa una pioggia di Moët. Il pubblico freme, urla “G-U-E” e “Guè Pequeno portaci a puttane” poco prima che salga sul palco. È arrivato, assieme al suo bassista e al suo batterista: urla “Com’è Bologna?”. La voce di Guè si sposa benissimo con l’abilità artistica di chi suona basso e batteria. Inizia e non si ferma più, è una macchina da guerra. L’abilità di Guè di intrattenere il pubblico non ha paragoni. Riesce a trasportarlo e a farlo cantare in ogni situazione. Sembra quasi il pifferaio magico. Lo seguono tutti, cantano a squarciagola mentre Guè alza la mano stile old school, è preso bene sul palco. Non ha intermezzi fra le canzoni, usa i pre-hook per tenere il pubblico attivo. Non si ferma. Performa da seduto. Non sta cantando, racconta una storia. Mette il mantello, e dice “era un mantello da batman”. Per il bis si cambia, torna in canotta e cappello new era. Alterna momenti in cui è più emotivo ad altri in cui posa come il Cristo di Rio. Una cosa non è mancata in questo live, ed è sicuramente la tecnica. Fra Guè che rappa in extrabeat e a cappella, per poi riprendere con la strumentale sotto, all’assolo di basso ipnotizzante, eseguito in slap, di Christian Capasso. Per il pezzo Lamborghini Guè parte con “Mi sono rotto il cazzo, sei anni sto pezzo e ancora dobbiamo comprarla sta macchina” mentre introduce Love con “È un onore essere qua, ‘sta città ci ha dato tanto, noi dobbiamo darle un sacco di ammore”. Il concerto sta per terminare, Guè si ferma, dice che il live, come tutte le cose belle, ha una fine. Saluta Bologna, ma torna con una Beck’s in mano. Performa il brano Ultimi Giorni, poi Brivido, concludendo con Eravamo Re. Si spengono le luci, resta illuminato soltanto dal flash dei telefoni. Dal secondo bis si è trasformato. La parte gangsta di Guè viene accantonata, diventa quello che riesce a parlarti al cuore attraverso le rime, è sicuramente molto più intimo. L’atmosfera subisce una metamorfosi impressionante. In mezzo al pubblico sono tutti emozionati, quasi con le lacrime, cantano a squarciagola. Attraverso gli ultimi pezzi è riuscito a trasmettere l’empatia di chi, nonostante l’essere duro e figlio delle strade di Milano, sa soffrire e, soprattutto, sa raccontare come si soffre.

 

Riccardo Rinaldini

Scaletta

La G La U La E
Le Bimbe Piangono
Vita Veloce Freestyle
Lifestyle
Wagyu
Blitz
Champagne 4 the Pain
Babysitter
Gangster of Love
Nessuno
Maledetto
Oro (Bling Bling)
2%
Venezuela
Ti Lego le Collane
Giù il Soffitto
Il Ragazzo d’Oro
Tik Tok
Lamborghini
∞ Love
Veleno
Piango sulla Lambo
Chico
Domai
Fuori Orario
Ultimi Giorni
Brivido
Eravamo Re

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