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Verdena @ Estragon Club

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• Verdena •

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CACAO

 

Estragon Club (Bologna) // 29 Ottobre 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1667087266650{margin-bottom: 10px !important;}”][vc_column][vc_column_text]Finalmente. Finalmente abbiamo potuto assistere al ritorno dei Verdena, all’Estragon Club di Bologna.
Scendiamo dall’auto, avvertiamo subito una sensazione parecchio suggestiva.
Sembra il minuto che precede l’apocalisse.
La gente all’esterno parla sottovoce, mangiucchia qualcosa, beve birre da sessantasei. La staticità dell’aria si contrappone al costante e rumoroso passare delle auto nella tangenziale, a qualche metro da noi.
Il palco, già allestito e illuminato, fa da sfondo alla sensazione suggestiva che aleggia nell’aria, riempiendo una fotografia già carica di significato. Persino i vestiti del pubblico lasciano poco spazio all’immaginazione: fra calze, jeans, vans e felpe dei Nirvana e Pink Floyd si respira aria rock alternativo a tonnellate.

I Cacao, la band di apertura, sono accolti con caldissimo affetto. Tempo qualche secondo per accordare gli strumenti e partono immediatamente a suonare. Le distorsioni del basso e della chitarra aprono subito le porte di un mondo al di fuori dal nostro. Guardarsi attorno significa vedere persone che picchiettano il piede a tempo, con lo sguardo sgranato verso il chitarrista, completamente persi. Mentre l’Estragon inizia a riempirsi, la gente sotto palco è già in sintonia con gli strumenti dei due musicisti. Non hanno suonato: hanno lasciato che chitarra e basso parlassero la loro lingua d’amore. Nonostante una performance particolarmente statica, limitandosi a suonare ma rimanendo fondamentalmente immobili sul palco, gli artisti escono di scena ringraziando il pubblico e sorseggiando una Beck’s. Ci hanno regalato uno spettacolo unico nel suo genere.

C’è da dire che la musica d’intermezzo ha spezzato un po’ l’atmosfera; probabilmente i battiti trap ci hanno agevolato a distrarci da quell’universo che la band aveva creato all’interno dell’Estragon.

Attaccano i Verdena, è subito magia.
La band viene accolta da un lunghissimo fischio generale. La lunga attesa per il loro ritorno è stata ripagata attraverso i suoni e la carica che da sempre li contraddistinguono.
Attorno a me, gli ascoltatori sono molto posati. Battono la testa a tempo, ma nessuno si scompone più di tanto. Sotto palco, invece, le persone diventano quasi le onde del mare. Saranno state le luci a strobo, la distorsione della chitarra o le loro voci, calde e accoglienti sebbene graffianti, io non lo so; so soltanto che al quarto brano ci siamo lasciati tutti trasportare dalla musica.
È stato come vedere un treno partire: calmo, lento, ma sicuro di sé, per poi raggiungere una velocità folle, rimanendo coerente e costante. A qualche metro da me due amici iniziano a pogare, ma smettono quasi subito per poi concentrarsi completamente sulla musica. A questo punto non c’è più una singola persona ferma all’interno del club.
Alberto Ferrari (chitarra e voce) riesce a interpretare le canzoni in modo teatrale: le corde vocali stanno vivisezionando le canzoni, per aprirle e porgerne l’anima al pubblico. Il gruppo è una potenza: impattano come onde d’urto mentre si scatenano sopra il palco. La bassista, Roberta Sammarelli, si interrompe spesso per l’headbanging mentre fa urlare il basso con impeto dirompente. 

Mentre gli assoli di chitarra proseguono verso un climax che pare non aver più limite, le luci si fanno via via sempre più psichedeliche. Ormai è appurato: i Verdena ci hanno trasportato in una realtà a sé stante.

Il cambio di chitarra da elettrica ad acustica, con la canzone Certi Magazine, è riuscita a svoltare un concerto che all’apparenza sembrava correre senza fermarsi. Sono riusciti a lasciar spazio a sentimenti più dolci, teneri, malinconici. A questo punto, abbiamo avvertito una sorta di decompressione, come se avessimo finalmente espulso tutta la carica emotiva che avidamente ci eravamo tenuti dentro, rilasciandola in aria. 

Alberto Ferrari cambia di nuovo strumenti, tornando alla chitarra elettrica, per poi finire alla tastiera. Attraverso la moltitudine di sonorità che caratterizza il gruppo, i Verdena sono riusciti a porre un punto fermo in un concerto già consolidato a livello di tecnica, riportandoci verso suoni più distorti. Tutti ballano, probabilmente con molta più foga di prima.

Le ultime canzoni sono servite da collante, coronando perfettamente l’atmosfera che aveva tenuto fede fino a quel momento. La voce del chitarrista, la potenza del basso e i battiti estremi della batteria ci hanno tenuti incollati al palco fino all’ultimo secondo.

Una volta concluso, non siamo più riusciti ad uscire da quel mondo parallelo. Non volevamo più magia, i Verdena sono riusciti ad instillarcela, a tatuarla sulla nostra pelle, come un tatuaggio.

 

Riccardo Rinaldini

Foto di Luca Ortolani
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CACAO

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