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Tag: help media pr

Mezzosangue @ Estragon Club

Bologna, 21 Aprile 2023

 

Finalmente, dopo tanti anni di silenzio musicale, ritorna sul palco Mezzosangue, all’Estragon di Bologna. Il pubblico è esattamente come mi aspettavo. Sono fedelissimi: poco prima dell’inizio del live si scaldano e gridano in coro “Mezzo – Sangue!”, motto proveniente dalla canzone Sangue, uscita nell’album Soul of a Supertramp del 2016. L’età varia di poco, sono tutti poco più che ventenni, e vestono con felpe larghe, jeans attillati o tuta cargo e scarpe da ginnastica basse. È come se stessero aspettando un amico che è stato in trasferta, lontano, per tantissimo tempo. Hanno voglia di abbracciarlo, parlargli, vedere come sta e com’è cambiato, confidando tanto nello scorrere del tempo, quanto nell’immutevole natura umana del carattere.

Il live è quasi una performance teatrale: diviso in atti, ognuno dei quali anticipato da un piccolo monologo con una maschera dorata che approfondisce temi da sempre cari all’artista, come la decadenza sociale, la debolezza che affligge l’ego e la voglia di rinascita. Gli effetti visivi lasciano a bocca aperta: la scenografia alle spalle dell’artista viene completata, o talvolta addirittura sostituita, da proiezioni su un sipario trasparente poste fra il pubblico e il cantante, in modo da creare un effetto visivo olografico spesso tridimensionale, grazie a disegni caleidoscopici o ritratti naturali o simbolici, come l’albero del disco Tree – Roots and Crown. 

Effetti visivi a parte, la performance è resa viva anche grazie ai musicisti (oltre al rapper) che suonano dal vivo, per cui è necessario scrivere una nota di merito al batterista: folle, geniale, lancia in aria le bacchette e le riprende al volo, pesta sul rullante come se fosse un’incudine, si alza in piedi durante i cambi più impegnativi.

Alcuni brani vedono anche la collaborazione di ballerini, che attraverso la coreografia riportano, danzando, l’anima e il significato del brano.

Il pubblico è coinvoltissimo sempre: canta a squarciagola, balla quando si alzano i BPM e si ferma quando è il momento di un brano più intimo, più emotivo. L’artista è stato capace di trasportarlo in un mondo alternativo, quello dei mezzosangue, dove amore e paura si fondono, dove prevale la voglia di rivalsa nei confronti di un mondo e, spesso, di uno stato che non li ha mai riconosciuti come figli.

È grazie alla scenografia che Mezzosangue fa capire cosa intende per arte: non conta l’artista, quanto il concetto che trasmette. Anche perché, come suggerisce sia la canzone che la scena del concerto, non siamo forse nient’altro che ologrammi?

 

Riccardo Rinaldini

foto di copertina Nino Saetti

 

Grazie a Help Media Pr

Tre Domande a: Matteo Crea

Come e quando è nato questo progetto?
Il mio primo album Io non sono mai felice è nato circa un anno fa, in un momento in cui fare musica era l’ultimo degli obiettivi e dei pensieri, perché lavoravo in ufficio e avevo concluso l’università e non avevo grandi prospettive lavorative. Quindi ho scritto delle canzoni sincere che riflettessero il mio stato d’animo in un preciso momento di vita, poi il resto è venuto da sé, naturalmente.
Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il tuo modo di fare musica o a cui ti ispiri?
Sì ci sono moltissimi artisti e artiste a cui mi ispiro perché mi piace ascoltare tantissime tipologie di musica, in particolare per quanto riguarda questo disco mi sento di citare i primissimi Cure, i Beatles e un po’ il brit pop, rock, punk in generale. Sono questi i generi che più mi hanno ispirato. Artisti in particolare direi questi due.
Se dovessi riassumere la tua musica con un tre parole, quali sceglieresti e perché?
Se dovessi descrivere la mia musica direi arrabbiata, perché è grintosa, a me piace che le mie tracce abbiano un bell’impatto e che portate dal vivo facciano muovere; disullusa, non cinica, ma un po’ disillusa nei confronti del futuro; però direi anche speranzosa, perché mi piace mantenere sempre un messaggio di speranza e di positività su quello che poi è il futuro.

Verdena @ Estragon Club

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• Verdena •

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CACAO

 

Estragon Club (Bologna) // 29 Ottobre 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1667087266650{margin-bottom: 10px !important;}”][vc_column][vc_column_text]Finalmente. Finalmente abbiamo potuto assistere al ritorno dei Verdena, all’Estragon Club di Bologna.
Scendiamo dall’auto, avvertiamo subito una sensazione parecchio suggestiva.
Sembra il minuto che precede l’apocalisse.
La gente all’esterno parla sottovoce, mangiucchia qualcosa, beve birre da sessantasei. La staticità dell’aria si contrappone al costante e rumoroso passare delle auto nella tangenziale, a qualche metro da noi.
Il palco, già allestito e illuminato, fa da sfondo alla sensazione suggestiva che aleggia nell’aria, riempiendo una fotografia già carica di significato. Persino i vestiti del pubblico lasciano poco spazio all’immaginazione: fra calze, jeans, vans e felpe dei Nirvana e Pink Floyd si respira aria rock alternativo a tonnellate.

I Cacao, la band di apertura, sono accolti con caldissimo affetto. Tempo qualche secondo per accordare gli strumenti e partono immediatamente a suonare. Le distorsioni del basso e della chitarra aprono subito le porte di un mondo al di fuori dal nostro. Guardarsi attorno significa vedere persone che picchiettano il piede a tempo, con lo sguardo sgranato verso il chitarrista, completamente persi. Mentre l’Estragon inizia a riempirsi, la gente sotto palco è già in sintonia con gli strumenti dei due musicisti. Non hanno suonato: hanno lasciato che chitarra e basso parlassero la loro lingua d’amore. Nonostante una performance particolarmente statica, limitandosi a suonare ma rimanendo fondamentalmente immobili sul palco, gli artisti escono di scena ringraziando il pubblico e sorseggiando una Beck’s. Ci hanno regalato uno spettacolo unico nel suo genere.

C’è da dire che la musica d’intermezzo ha spezzato un po’ l’atmosfera; probabilmente i battiti trap ci hanno agevolato a distrarci da quell’universo che la band aveva creato all’interno dell’Estragon.

Attaccano i Verdena, è subito magia.
La band viene accolta da un lunghissimo fischio generale. La lunga attesa per il loro ritorno è stata ripagata attraverso i suoni e la carica che da sempre li contraddistinguono.
Attorno a me, gli ascoltatori sono molto posati. Battono la testa a tempo, ma nessuno si scompone più di tanto. Sotto palco, invece, le persone diventano quasi le onde del mare. Saranno state le luci a strobo, la distorsione della chitarra o le loro voci, calde e accoglienti sebbene graffianti, io non lo so; so soltanto che al quarto brano ci siamo lasciati tutti trasportare dalla musica.
È stato come vedere un treno partire: calmo, lento, ma sicuro di sé, per poi raggiungere una velocità folle, rimanendo coerente e costante. A qualche metro da me due amici iniziano a pogare, ma smettono quasi subito per poi concentrarsi completamente sulla musica. A questo punto non c’è più una singola persona ferma all’interno del club.
Alberto Ferrari (chitarra e voce) riesce a interpretare le canzoni in modo teatrale: le corde vocali stanno vivisezionando le canzoni, per aprirle e porgerne l’anima al pubblico. Il gruppo è una potenza: impattano come onde d’urto mentre si scatenano sopra il palco. La bassista, Roberta Sammarelli, si interrompe spesso per l’headbanging mentre fa urlare il basso con impeto dirompente. 

Mentre gli assoli di chitarra proseguono verso un climax che pare non aver più limite, le luci si fanno via via sempre più psichedeliche. Ormai è appurato: i Verdena ci hanno trasportato in una realtà a sé stante.

Il cambio di chitarra da elettrica ad acustica, con la canzone Certi Magazine, è riuscita a svoltare un concerto che all’apparenza sembrava correre senza fermarsi. Sono riusciti a lasciar spazio a sentimenti più dolci, teneri, malinconici. A questo punto, abbiamo avvertito una sorta di decompressione, come se avessimo finalmente espulso tutta la carica emotiva che avidamente ci eravamo tenuti dentro, rilasciandola in aria. 

Alberto Ferrari cambia di nuovo strumenti, tornando alla chitarra elettrica, per poi finire alla tastiera. Attraverso la moltitudine di sonorità che caratterizza il gruppo, i Verdena sono riusciti a porre un punto fermo in un concerto già consolidato a livello di tecnica, riportandoci verso suoni più distorti. Tutti ballano, probabilmente con molta più foga di prima.

Le ultime canzoni sono servite da collante, coronando perfettamente l’atmosfera che aveva tenuto fede fino a quel momento. La voce del chitarrista, la potenza del basso e i battiti estremi della batteria ci hanno tenuti incollati al palco fino all’ultimo secondo.

Una volta concluso, non siamo più riusciti ad uscire da quel mondo parallelo. Non volevamo più magia, i Verdena sono riusciti ad instillarcela, a tatuarla sulla nostra pelle, come un tatuaggio.

 

Riccardo Rinaldini

Foto di Luca Ortolani
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CACAO

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