Ed arriva, come di consueto, il momento di fermarsi e guardarsi indietro; non troppo, fino a gennaio. Inizia infatti il sempre più difficile lavoro di ripercorrere a ritroso questi quasi dodici mesi in musica, dove cercare di far saltar fuori quella manciata di dischi che credi abbiano dimostrato di avere quel qualcosa in più degli altri, un quid, una scintilla, un motivo per il quale chiunque stia leggendo dovrebbe prendersi la briga di premere play. Dischi che sono usciti a febbraio e che ti sembrano vecchi di anni, dischi che avevi rimosso totalmente nonostante al primo ascolto, il giorno dell’uscita, ti avevano fatto esclamare “ah questo sicuro disco dell’anno per me”, dischi che con gli ascolti sono cresciuti, dischi che andrebbero menzionati solamente per meriti-acquisiti-sul-campo-negli-anni da parte dell’autore. Tra scelte obbligate e rinunce dolorose, ecco (almeno) cinque motivi per i quali anche il 2025 non ha tradito le attese.
Jeff TweedyTwilight Override
Semplicemente il disco migliore degli ultimi anni, perché nessuno scrive come Jeff Tweedy al giorno d’oggi. Un triplo (ispirato, nella forma, a Sandinista) nell’era di spotify, degli skip facili e degli spezzoni di canzoni. Dedicato ai folli e ai sognatori.
Canzone da non perdere: Caught Up In The Past
AA. VV.You’re No Big Deal: Grunge, The U.S. Underground and Beyond 1984-1994
Non è un disco, è una bibbia mal rilegata del grunge (e generi limitrofi), è una dichiarazione di nostalgia. Una fotografia, mossa come quelle di Charles Peterson, di quegli anni irripetibili in cui i perdenti hanno dato un calcio nel culo all’industria musicale e ribaltato il mondo.
Canzone da non perdere: Love BatteryBetween The Eyes
The ReplacementsLet It Be (Deluxe edition)
Riedizione celebrativa uscita in occasione del trentunesimo (?) compleanno del disco con il quale Paul Westerberg e soci non solo fecero incazzare il loro produttore fanatico dei Beatles (totalmenteprivo di senso dell’umorismo e poco incline ad accettare questo tipo di citazione dissacrante) ma trovarono anche un equilibrio, perfetto e precario, tra il punk sgangherato dei primi due dischi e le ballad che strizzavano l’occhio al mainstream di quelli successivi. Crocevia.
Canzone da non perdere: Favorite Thing
Guided By VoicesThick, Rich and Delicious
Si può affermare che, in un momento storico in cui va tutto per il verso sbagliato e i gruppi pubblicano in media un disco ogni quattro anni, i Guided By Voices, che invece pubblicano quattro dischi in un anno, continuano ad andare nella direzione giusta.
Canzone da non perdere: A Tribute To Beatle Bob
Bruce SpringsteenNebraska ’82: Expanded Edition
A volte le pose vengono scambiate per personalità e si incappa nel più tragico degli errori: definire i Sum 41 un gruppo punk. Oppure è punk accantonare la E-Street Band all’apice del successo, chiudersi in camera e cantare storie di disgraziati? Una finestra sull’anima insospettabilmente in frantumi dell’intrattenitore di folle per eccellenza, un disco autentico che non necessita di recensioni e che inserisco nella mia Top5 per il valore rimasto inalterato negli ultimi quarant’anni e perché “la musica contemporanea mi butta giù”.
Ed arriva, come di consueto, il momento di fermarsi e guardarsi indietro; non troppo, fino a gennaio. Inizia infatti il sempre più difficile lavoro di ripercorrere a ritroso questi quasi dodici mesi in musica, dove cercare di far saltar fuori quella manciata di dischi che credi abbiano dimostrato di avere quel qualcosa in più degli altri, un quid, una scintilla, un motivo per il quale chiunque stia leggendo dovrebbe prendersi la briga di premere play. Dischi che sono usciti a febbraio e che ti sembrano vecchi di anni, dischi che avevi rimosso totalmente nonostante al primo ascolto, il giorno dell’uscita, ti avevano fatto esclamare “ah questo sicuro disco dell’anno per me”, dischi che con gli ascolti sono cresciuti, dischi che andrebbero menzionati solamente per meriti-acquisiti-sul-campo-negli-anni da parte dell’autore. Tra scelte obbligate e rinunce dolorose, ecco (almeno) cinque motivi per i quali anche il 2025 non ha tradito le attese.
Sharon Van Etten & The Attachment Theory Sharon Van Etten & The Attachment Theory
La Sharon è un mio guilty pleasure, quindi nella top5 ha un posto d’ufficio, senza che debba spiegare troppi perché e senza andare a lavorare su metafore e aneddotica varia. È nel consiglio permanente della classifica di fine anno, per meriti su campo. Qui poi i meriti sono doppi, avendo la nostra condiviso la parte creativa con la band che l’accompagna. Fate così, imboccate un’autostrada a caso, mettete su l’ultimo album e ditemi come è andata.
Traccia da non perdere: Idiot Box
Horsegirl Phonetics on and on
Mi gioco qui e adesso la quota indie. Un indie primigenio, mi si passi l’ardire. Semplice, come la cucina della nonna. Nessuno però dice mai che le nonne avevano bilance nelle mani, termometri sulla lingua e cronometri in testa. Per fare un piatto semplice serve comunque disciplina, classe, esperienza, buon gusto. Può far innamorare una torta di mele? Avete presente Ratatouille? Ecco, l’album delle Horsegirl è la mia ratatouille, resetta tutto, si torna indietro di anni, chitarre che fanno magie, ed è tutto, veramente, buonissimo.
Traccia da non perdere: Switch Over
Rosalìa Lux
E io che, negli ultimi anni, vivevo di post-punk e vecchi vinili. Pensi, signora, dove siamo finiti. Siamo finiti a perderci negli scorci melodici e nelle sterzate improvvise, nelle liriche e nelle melodie, tra archi e le Björk ex-machina, featuring che qui suonano come gli dei che calano sul campo di battaglia nell’Iliade. E lei altissima, poi bassissima, sacra e profana, al centro di un progetto veramente incredibile. Divisivo? De gustibus, ma sa di classico fin dal primo ascolto.
Traccia da non perdere: Berghain
Blood Orange Essex Honey
È un disco quasi perfetto, uscito in un momento perfetto, sul finire dell’estate, quando hai bisogno fisiologico di qualcosa che ti accolga, ti avvolga, ti accompagni verso l’autunno. Un disco caldo, malinconico, ma che ti porta ricordi che finiscono col sorriso. Un piccolo gioiello di vinile e cashmere, da ascoltare mentre togli la sabbia dal fondo della valigia.
Traccia da non perdere: Mind Loaded
Geese Getting Killed
Scoperti grazie a un podcast, sono stati il vero colpo di fulmine del 2025. Ho ripercorso la loro discografia contromano per poter tracciarne i lineamenti, e avere un ritratto chiaro di cosa avevo nelle orecchie. E alla fine hai in testa un pastiche musicale con un numero di ingredienti sconfinato, così come sono sconfinati i loro orizzonti. Siamo oltre al post-qualcosa, i Geese sono il prodotto il rigurgito di un algoritmo molto ben educato, e infatti mettono d’accordo i ventenni e i loro padri. Ossessioni transgenerazionali, e, per me, disco dell’anno.
Ed arriva, come di consueto, il momento di fermarsi e guardarsi indietro; non troppo, fino a gennaio. Inizia infatti il sempre più difficile lavoro di ripercorrere a ritroso questi quasi dodici mesi in musica, dove cercare di far saltar fuori quella manciata di dischi che credi abbiano dimostrato di avere quel qualcosa in più degli altri, un quid, una scintilla, un motivo per il quale chiunque stia leggendo dovrebbe prendersi la briga di premere play. Dischi che sono usciti a febbraio e che ti sembrano vecchi di anni, dischi che avevi rimosso totalmente nonostante al primo ascolto, il giorno dell’uscita, ti avevano fatto esclamare “ah questo sicuro disco dell’anno per me”, dischi che con gli ascolti sono cresciuti, dischi che andrebbero menzionati solamente per meriti-acquisiti-sul-campo-negli-anni da parte dell’autore. Tra scelte obbligate e rinunce dolorose, ecco (almeno) cinque motivi per i quali anche il 2025 non ha tradito le attese.
Il mago del gelato Chi è Nicola Felpieri?
Finalmente riesco a mettere in VEZ5 i miei giovani beniamini del jazz-funk-afrobeat. Sonorità alla Napoli segreta, condite con avvolgenti tappeti ritmici bossa d’oltre oceano, virtuosismi fusion alla Herbie Hancock e basi solide narrative dell’immaginario cinematografico del poliziottesco, mentre sfrecciano all’impazzata in Brianza per dare la caccia al protagonista immaginario, Nicola Felpieri. Tra un Depistaggio nella giungla urbana di Milano e un Segreto, le tracce scorrono godibilissime e danno prova della crescita di questi musicisti pazzeschi che mi mandano in brodo ad ogni concerto e che ho amato dal primo ascolto del primissimo EP Maledetta quella notte. Ogni volta live è una vera festa dove canta anche il corpo e non puoi proprio stare fermo.
Traccia da non perdere: Segreto
Mac Miller Balloonerism
La sua musica mi ha catturato con Swimming, che era già troppo tardi. Che effetto fa mettere in una VEZ5 un album postumo? Lo scopri solo ascoltando questo disco, ricco, intenso, raffinato e attualissimo, anche se fatto di produzioni di almeno 10 anni fa. Un talento, quello di Mac Miller, che permea ogni nota, ogni beat, ogni rima. Sperimentazione neo-soul-jazz-psichedeliche, bassi del -sempre sia lodato- Thundercat, liturgie della mente e ballate quasi premonitorie del suo tragico destino. Un’altalena di botta e risposta tra stati d’animo in conflitto, specchio della sua famosa lotta con il mostro depressivo. Ringrazio la Mac Miller Estate che ha dato forma a questo gomitolo di emozioni e me lo godo tutto, senza bisogno di districarlo, che è meraviglioso così com’è. Oh quanto ci manchi, Malcom.
Traccia da non perdere: Stoned
Studio Murena Notturno
“E’ uno di quei… dischi che ti prende la malinconia e fino a sera non ti lascia più…”citando un verso di quel gioiello di Donna di Ornella Vanoni, preso in prestito in chiave minore come leitmotiv in Nostalgia (pezzo della madonna), accompagnato dal tappeto di trombe di un Fabrizio Bosso in stato di grazia.Un disco profondo, malinconico, maturo… notturno. Collaborazioni importanti e ricercate, tra Rodrigo d’Erasmo e Willie Peyote, Jack the Smoker, Mezzosangue e Francesca Michielin, che consacrano i nostri sei nell’empireo di chi ce la sta facendo a uscire dalla nicchia… con un mix di jazz e di rap da far girare la testa e con un gusto musicale da lacrime. Chiusura calda e avvolgente di Massimo Oldani (Radio Capital) che presta la sua iconica voce per raccontare un brano che potrebbe essere caro ad Eraclito e a chi ha una crisi esistenziale ogni volta che cambia il vento (chi? io?!?!). Divenire. Grazie ancora una volta, oh miei Jazzhiglanders.
Traccia da non perdere: Nostalgia
Funk Shui Project Polvere (Director’s cut)
Un granello di sabbia (e di Polvere?) dopo l’altro, abbiamo percorso tanti km e vissuto tanti tramonti, insieme. Con la frenesia della città e della quotidianità da una parte e la quieta dirompenza del mio mare dall’altra. Una di quelle compagnie schive, ma necessarie, dove il soul ti accarezza l’anima, i sample ti accompagnano in luoghi magici e il rap ti riporta al presente. Disco uscito ufficialmente a fine 2024, ma rielaborato con aggiunte e riedito nel 2025, non potevo non metterlo nella mia VEZ5. Tra un beat di Natty Dub e una linea di Jeremy al basso, il pensiero corre via veloce, elabora, rielabora, riarrangia e riparte dal nuovo. La musica cura, sempre. Preziosissime le linee vocali di Johnny Marsiglia, Davide Shorty e Ensi. Ancora più prezioso averli potuti vedere dal vivo, tutti sullo stesso palco. Solo se non guardi giù non ti sentirai in bilico.
Quota rosa della presobene music che tanto amo, esce questo EP a inizio dicembre e finisce direttamente in classifica, sulla fiducia. Perchè Adi Oasis è un vulcano di estetica in ogni sua forma. Che meraviglia aver finalmente assistito a un suo concerto quest’estate! Indiscutibile dea che sul suo tacco 12 mangia il palco mentre fa l’amore col suo basso. Diva moderna del soul e dell’r’n’b, fraseggia come Prince, graffia com Grace Jones e carica come Chaka Khan e Aretha Franklin. Le linee suadenti di Lotus Glow lasciano spazio all’energia funkadelica dei grandi classici della discomusic degli anni ’70 e all’r’n’b più caldo degli anni ’90.
Traccia da non perdere: Stuck in my head
Honorable mentions
Loyle Carner Hopefully! Il primo grande escluso dalla mia VEZ5, non perchè ami meno Loyle, che mantiene sempre un posto speciale nel mio cuore musicale, ma solo perchè è un po’ meno incisivo di quel capolavoro che ho consumato e che è stato Hugo.
Casino Royale Fumo pt 1 Introspettivo, intenso, moderno ma con richiami al glorioso passato di CRX, accompagnato dalla dolce voce di Marta del Grandi. Bravi, cuori miei.
Calibro 35 Exploration La Musica con la M maiuscola al servizio di un album di riletture di grandi classici della cultura jazz-funk (perchè chiamarle cover sarebbe decisamente riduttivo), con qualche nuova chicca. Esplorazioni sonore.
Friz & Natty Dub Ventiquattro Produzioni di Natty Dub (Funk Shui Project)e rime di Friz, giovane rapper Bologna-based che promette grandi cose. La sua ode a Bologna Parlami di te (città che ricopre un posto speciale nel mio cuore) in duetto col mio adorato Nico Arezzo,mi emoziona.
De La Soul Cabin in the sky Fresco fresco appena sfornato, non faccio in tempo a inserirlo in VEZ5 perchè devo ancora ascoltarmelo tutto per bene ma, questi mostri sacri di una old school senza troppi gangster o cliché, promettono sempre grandi cose.
Ed arriva, come di consueto, il momento di fermarsi e guardarsi indietro; non troppo, fino a gennaio. Inizia infatti il sempre più difficile lavoro di ripercorrere a ritroso questi quasi dodici mesi in musica, dove cercare di far saltar fuori quella manciata di dischi che credi abbiano dimostrato di avere quel qualcosa in più degli altri, un quid, una scintilla, un motivo per il quale chiunque stia leggendo dovrebbe prendersi la briga di premere play. Dischi che sono usciti a febbraio e che ti sembrano vecchi di anni, dischi che avevi rimosso totalmente nonostante al primo ascolto, il giorno dell’uscita, ti avevano fatto esclamare “ah questo sicuro disco dell’anno per me”, dischi che con gli ascolti sono cresciuti, dischi che andrebbero menzionati solamente per meriti-acquisiti-sul-campo-negli-anni da parte dell’autore. Tra scelte obbligate e rinunce dolorose, ecco (almeno) cinque motivi per i quali anche il 2025 non ha tradito le attese.
The Antlers Blight
Blight è una sofferta richiesta di serenità e grazia. Sempre eleganti, raramente graffianti, gli Antlers scuotono dolcemente l’anima con melodie lievi e crepuscolari.
Canzone da non perdere: Carnage
Squid Cowards
La musica degli Squid, nel suo “mettere ordine nel disordine” è per definizione inattesa, disarmante ma risolutiva: affascinante psichedelia disciplinata.
Canzone da non perdere: Crispy Skin
Horse Lords & Arnold Dreyblatt FRKWYS Vol. 18: Extended Field
FRKWYS 18 è un lavoro in quattro movimenti che intreccia sospensioni, droni e geometrie sonore tra ritmiche cangianti e poliritmie. Un incontro generazionale che conferma un’eccellenza.
Canzone da non perdere: Advance
Caroline Caroline 2
Un suono elaborato minuziosamente, intrecciato a frammenti lirici indefiniti, permette ai Carolinedi realizzare una composizione dall’impatto emotivo travolgente.
Canzone da non perdere: Tell me I never knew that
Panda Bear Sinister Grift
Lennox realizza un’opera psichedelica e nebulosa con atmosfere rarefatte che lo rendono fiabesco e morbido all’ascolto: Sinister Grift è dunque un disco di grande pregio.
Ed arriva, come di consueto, il momento di fermarsi e guardarsi indietro; non troppo, fino a gennaio. Inizia infatti il sempre più difficile lavoro di ripercorrere a ritroso questi quasi dodici mesi in musica, dove cercare di far saltar fuori quella manciata di dischi che credi abbiano dimostrato di avere quel qualcosa in più degli altri, un quid, una scintilla, un motivo per il quale chiunque stia leggendo dovrebbe prendersi la briga di premere play. Dischi che sono usciti a febbraio e che ti sembrano vecchi di anni, dischi che avevi rimosso totalmente nonostante al primo ascolto, il giorno dell’uscita, ti avevano fatto esclamare “ah questo sicuro disco dell’anno per me”, dischi che con gli ascolti sono cresciuti, dischi che andrebbero menzionati solamente per meriti-acquisiti-sul-campo-negli-anni da parte dell’autore. Tra scelte obbligate e rinunce dolorose, ecco (almeno) cinque motivi per i quali anche il 2025 non ha tradito le attese.
Bon IverSABLE fABLE
Era ottobre 2024 quando Speyside si è insinuata per sempre nel mio cuore, giusto in tempo per potermici avvolgere con l’inverno alle porte. Poi arriva aprile 2025 e i Bon Iver regalano un nuovo racconto, una favola con un inizio e una fine, forse meno folk di quanto atteso, ma a questo punto per fortuna, perché il soul che c’era ad aspettarmi è stata una sorpresa gradita. Pieno di intenzioni, respiri, uno per ogni stato mentale, ogni umore. Non poteva che piazzarsi in testa.
Traccia da non perdere: Speyside
YungbludIdols
Un trionfo, un’opera…un rischio (nel 2025). In un mondo in cui le canzoni per diventare virali devono ormai aggirarsi sui due minuti di durata, Dominic pubblica un album con un’overture di 9 minuti. E TikTok muto! È stato proprio questo pezzo a catturarmi per primo, tre canzoni fuse in una sola, in un crescendo che fa sentire invincibili, anche alle 7:00 del mattino, quando con la nebbia, si va ligi al lavoro. Non solo Yungblud azzarda sul tempo, ma anche sul genere: dopo circa dieci anni in cui la compagnia discografica gli preclude il rock, quello vero, per riuscire a tutti i costi a comparire nelle classifiche, Dominic se lo va a prendere e lo impone alla compagnia stessa. Questa forse non si aspettava l’avrebbe fatto con una credibilità degna di Mercury o dell’amico Osbourne.
Traccia da non perdere: Hello Heaven, Hello
I Cani Post Mortem
La mia unica quota italiana in questa VEZ5. Doverosa, aggiungerei. È facile destare clamore quando si ritorna dopo una lunga assenza. Se poi ti chiami Niccolò Contessa e torni con un lavoro come Post Mortem, c’è caso che alla tua festa di bentornato si unisca molta più gente del previsto.
L’ho capito dalla prima traccia, Io, che questo album aveva molto da dirmi. Non pensavo sarebbe stato quello che avrei ascoltato di più di tutto il 2025. Sì è cupo, sì è lontano dal post-punk brioso degli esordi, ma matcha perfettamente con la sensibilità di chi scrive.
Traccia da non perdere: Un’altra onda
Hayley Williams Ego Death at a Bachelorette Party
Il titolo parla per me. E l’artista pure. L’album è candidato ai Grammy Awards come Best Alternative Music Albume la tracklist è stata stabilita in seguito ad un sondaggio sottoposto alla community. In ciò che scrive la mia cantante preferita trovo sempre il chorus che non mi tolgo dalla testa: questo è il caso di Glum (nominata anche questa ai Grammy Awards come Best Rock Song), ma anche Love Me Different e Hard ce le ho sempre in loop. Non siamo davanti a un “no-skip” album, del resto è lunghissimo, 20 tracce. Ma il punto è un altro: Hayley Williams, mattoncino su mattoncino – registrando e suonando da sola quasi tutto – costruisce un’opera coraggiosa, camaleontica ed estremamente personale. Afferma la sua identità, di cui ci canta le sfumature parlando alle donne, alle trentenni, incoraggiando a non perdere sé stesse, anche davanti a decisioni cruciali e aspettative disattese. È dalla pandemia che Hayley prova a dirci altro, al di là dei Paramore. Forse ora è il caso di ascoltarla.
Traccia da non perdere: Glum
CMAT Euro-Country
La ascolto da un paio di mesi, scoperta completamente a caso nei suggeriti di Spotify, non ne posso più fare a meno. È quel boost di femminilità che metterei come soundtrack se Bridget Jones fosse girato nel 2025. Non fatevi ingannare dal titolo dell’album, CMAT ha solo la vibe country, il suo è un pop irresistibile. Mi ricorda i dischi che metteva mia madre in macchina per caricarsi quando ero piccola. Questa energia decisa, ironica, che sa un po’ di rivalsa mi è molto familiare. In più è irlandese, per me già ottima premessa.
Ed arriva, come di consueto, il momento di fermarsi e guardarsi indietro; non troppo, fino a gennaio. Inizia infatti il sempre più difficile lavoro di ripercorrere a ritroso questi quasi dodici mesi in musica, dove cercare di far saltar fuori quella manciata di dischi che credi abbiano dimostrato di avere quel qualcosa in più degli altri, un quid, una scintilla, un motivo per il quale chiunque stia leggendo dovrebbe prendersi la briga di premere play. Dischi che sono usciti a febbraio e che ti sembrano vecchi di anni, dischi che avevi rimosso totalmente nonostante al primo ascolto, il giorno dell’uscita, ti avevano fatto esclamare “ah questo sicuro disco dell’anno per me”, dischi che con gli ascolti sono cresciuti, dischi che andrebbero menzionati solamente per meriti-acquisiti-sul-campo-negli-anni da parte dell’autore. Tra scelte obbligate e rinunce dolorose, ecco (almeno) cinque motivi per i quali anche il 2025 non ha tradito le attese.
I Cani Post mortem
Perché questo è il disco dell’anno? Innanzitutto perché aspettavo da quasi dieci anni un nuovo lavoro de I Cani; ma soprattutto perché Contessa riesce a raccontare le gioie e le ansie di noi millennial meglio di chiunque altro. Post Mortem è un manuale di istruzioni sentimentali per chi è cresciuto a ironia e precarietà.
Traccia da non perdere: Buco Nero
Turnstile Never Enough
Devo ammettere che non sono una grande fan della band, li trovo alquanto derivativi, ma questo è un super disco, che in qualche modo è riuscito a rendere mainstream un genere solitamente snobbato dalle grandi masse: il post hardcore.
Traccia da non perdere: Never Enough
Lambrini Girls Who Let The Dogs Out
Duo femminile inglese che parla di cose serissime senza mai prendersi troppo sul serio: un equilibrio che di solito riesce solo ai grandi o ai deliranti. Esordio notevolissimo, rumoroso al punto giusto e con una lucidità politica che picchia più delle distorsioni.
Traccia da non perdere: Cuntology 101
Mclusky The World is still here and so are we
Anno dei grandi ritorni il 2025, e sono tornati anche loro: i Mclusky. Il trio gallese ha deciso di ricordarci come il noise rock non muore: al massimo va in letargo. Ed effettivamente suonano come se non avessero mai lasciato il palco, sfornando un disco incazzato e abrasivo.
Traccia da non perdere: People person
Bee Bee Sea Stanzini Can Be Allright
Che dire, io ho un debole per i Bee Bee Sea, ma lo ha anche Iggy Pop che li passa continuamente nel suo programma radio, quindi mi sento nel giusto. Disco fresco fresco, uscito a novembre, sempre con piglio garage rock ma forse più introverso. La musica come soluzione alla noia della grigia pianura padana.
Ho trovato il mio cognome, De Relitti, su un taccuino del 2021, una storpiatura del nome d’arte di mio nonno. Il nome che avevo scelto in precedenza non dialogava bene con la musica che stavo facendo, me lo fecero notare senza troppi giri di parole i due co-produttori mentre mixavamo una delle prime canzoni del mio disco d’esordio, AHAHAH (2023, Pioggia Rossa Dischi). Così – mentre il mix prendeva forma – io mettevo insieme una lista di alternative, sperando di trovare qualcosa di più adatto: a fine giornata, la canzone era chiusa e l’occhio continuava a cadere su quel cognome un po’ altisonante, ma anche strano, praticamente un gioco di parole. Finito d’ascoltare la canzone completa, mi sono alzato e ho detto una roba del tipo “mi sono trovato”; e i miei co-produttori mi hanno dato ragione, forse perché era decisamente l’ora di andare a casa. Ad ogni modo, è il caso di dire che sono state le canzoni a fare De Relitti, non il contrario.
Se dovessi riassumere la tua musica con tre parole, quali sceglieresti e perché?
Non userei tre parole separate, ma le tre che compongono il titolo di una delle canzoni del mio nuovo disco, BLUFF (2025, Grancasino Records/Pioggia Rossa Dischi). La canzone in questione è Niente di serio e il suo titolo può essere interpretato su diversi livelli: si comincia con una chiave di lettura più universale, quella che rimanda alla leggerezza di un’etica musicale “no strings attached”, niente obblighi e costrizioni: faccio la musica che mi pare, come mi pare. E poi c’è il senso particolare del brano stesso, ma questo lo lascio chiarire alla canzone: spiega decisamente meglio di me.
Se dovessi scegliere uno solo dei tuoi brani per presentarti, quale sarebbe e perché?
Se non dovessi mantenere un atteggiamento minimamente consono ad un’intervista, I risponderei Il prossimo. Però non siamo qui a berci un gin tonic, quindi mi tocca prendermi sul serio e risponderti Au revoir, il primo singolo estratto dal disco nuovo. Lo trovo particolarmente rappresentativo perché è un brano chiaro-scuro, come me è denso di contrasti; una sorta di pre-breakup song che nelle strofe si imbriglia in un corto circuito emotivo, per poi esplodere in ritornelli che promettono liberazione e leggerezza anche in luogo di un tristissimo addio. Io mi sento così: un attimo sono lì a discutere del colpo di stato in Myanmar e l’attimo dopo sono a cantare Smooth di Santana al karaoke. Non ci sono mezzi termini, che cazzo!
Link al video su YouTube: https://youtu.be/aCNR2f8guAQ Online da venerdì 21 novembre, il video di SOPRA I MURI, primo singolo dei BULL BRIGADE pubblicato lo scorso 14 novembre estratto da Perché Non Si Sa Mai, il nuovo album in arrivo il 13 febbraio 2026. Una release, quella del disco, che sarà accompagnata dal “Perché Non Si Sa Mai Tour 2026”, prodotto da Barley Arts: il ritorno della band sui palchi di tutta Italia, con prevendite già disponibili.
Sopra i Muri è una dichiarazione d’intenti: un brano che racchiude l’essenza dei Bull Brigade, capaci come pochi di fondere l’urgenza del punk-rock con una scrittura autentica, diretta e profondamente attuale. Il sound intreccia l’energia ruvida del punk londinese dei primi anni ’80 con una sensibilità più intima e cantautorale, trovando un equilibrio perfetto tra impatto e introspezione. Nel testo, sorretto da un muro di suono compatto e trascinante, la band riflette sul significato della libertà e sull’importanza di restare fedeli a sé stessi, rivendicando con forza la propria assoluta indipendenza.
Raccontano i Bull Brigade: “Alla fine il punk dovrebbe essere libertà. Ma oggi, per essere considerati tali, si finisce intrappolati negli stessi schemi che a 20 anni pensavamo di combattere. Dunque, sì, ora siamo davvero liberi di fare ciò che vogliamo.”
Attivi dal 2006, i Bull Brigade rappresentano una delle realtà più solide e riconosciute della scena punk rock italiana. In quasi vent’anni di attività, la band ha costruito un percorso coerente e appassionato, fatto di dischi, tour e collaborazioni, mantenendo sempre viva la propria identità e il legame con il pubblico.
Il loro sound unisce street punk, punk rock e hardcore in un equilibrio unico, sorretto da una voce ruvida ma capace di grande espressività melodica. A renderli riconoscibili è anche la forza autentica dei testi, che intrecciano poesia e realismo per raccontare la vita di strada, le periferie urbane, la classe operaia, il mondo della tifoseria e le tensioni sociali che attraversano il presente.
Dal suono diretto e abrasivo di Strade Smarrite (2008) alla scrittura più matura e articolata di Vita Libertà (2016), fino alla profondità emotiva e solidità sonora de Il Fuoco Non Si è Spento (2021), i Bull Brigade hanno intrapreso un percorso di costante crescita artistica.
Con Sopra i Muri, la storica band torinese inaugura ufficialmente il cammino che porterà alla pubblicazione del nuovo album, Perché Non Si Sa Mai, in uscita il prossimo 13 febbraio.
Ebbene sì, sono riuscita finalmente a vedere dal vivo Ella, in tutta la sua forza, sensualità e vulnerabilità.
Ella Marija Lani Yelich-O’Connor, in arte Lorde, è semplicemente una delle più precoci e talentuose pop star internazionali degli anni 2010. Di origine neozelandese, mia coetanea e mio idolo indiscusso, non aveva ancora compiuto 17 anni quando pubblicò Royals nel lontano 2013, brano che le valse due Grammy Award.
Raggiungo il parterre con un paio di amici e veniamo accolti da TheJapanese House, secondo opener della serata dopo Fabiana Palladino. Le note eteree della cantante britannica invadono il parterre, già considerevolmente gremito da un pubblico eterogeneo: tantissimi stranieri, ragazzine ventenni vestite con i top argentei – colore simbolo dell’ultimo album Virgin e del tour Ultrasound – e noi immancabili millennials. Lorde fa il suo ingresso sulle note di Hammer, addosso una maglietta e pantaloni da ragazza di tutti i giorni, semplice come si pone nel quotidiano, e un sorriso dolcissimo che solo Ella sa rivolgere ai suoi fan.
La setlist tenta di incastrare a pettine le 11 tracce dell’ultimo disco Virgin, uscito lo scorso 27 giugno, con alcune pietre miliari dei tre album precedenti, pubblicati ognuno a quattro anni di distanza: Pure Heroine (2013), quel capolavoro che è Melodrama (2017) e Solar Power (2021). Con mia grande delusione, a quest’ultimo è stato dedicato un minimo spazio, solo due brani Oceanic Feeling, definita dalla stessa Ella la sua preferita dell’album,e Big Star che riempie l’Arena di luci per uno dei momenti più toccanti del concerto. Ciò rispecchia un po’ quello che si avverte da tempo sulle pagine social della community e dalle stesse interviste di Ella: sembra sia un capitolo in cui non si rispecchia a pieno e che non ha molto a che fare con il tipo di energia che le interessa portare sul palco al momento. Un piccolo lutto per la sottoscritta che invece deve a quell’album tanti ricordi, momenti di conforto e intima gioia.
Laserata procede cantando e ballando le colonne sonore della mia adolescenza, Team, e dei miei vent’anni, Perfect Places. È però su Liability che il tempo si ferma: gli accordi al pianoforte creano un tappeto per un discorso che si rivela una confessione ai fan. Ella dice: “La nostra è come una relazione che dura da tanto tempo, è sempre bellissimo incontrarvi, ma a volte non è facile, a volte mettermi a nudo mi spaventa, mi sento vulnerabile”. Poi Ella cede il passo a Lorde, che infligge con la sua voce il momento emotivamente più alto della serata.
Oltre alle vecchie hit, il concerto vuole celebrare principalmente il ritorno di Lorde al synth pop e a sonorità quasi più tendenzialmente techno come in What Was That, singolo d’esordio dell’ultimo album, diventato subito virale, che, seguito in setlist da Green Light rappresenta uno dei momenti più euforici della serata. Green Light è iniziata due volte: qualcuno nelle prime file ha bisogno di aiutoedElla, senza esitare, si ferma e aspetta la conferma che sia tutto risolto per ricominciare.
Gli ultimi brani prevedono un setting diverso: Ella intona David mentre scende tra la folla fino al B-stage, per una condivisione più intima in mezzo al pubblico. Sopra di lei l’accompagna una sorta di corridoio di luce sospeso a mezz’aria, in cui sembrano generarsi continue nuvole. Lorde ci gioca con le dita e comincia il brano successivo. Per la prima volta in tutto il tour, Lorde esegue Hard Feelings: dal B-stage riusciamo a vederla meglio, col il suo bomber blu, si muove magnetica e decisa. Ribs chiude la notte con una un’ultimissima esplosione di felicità prima del buio finale.
Quando le luci si riaccendono, ci guardiamo un po’ spaesati cercando di tornare nel mondo reale, ma senza troppa fretta. Forse non vogliamo lasciare andare subito tutte le emozioni che abbiamo vissuto. Un concerto così non passa. Rimane. E continua a vibrare.
Setlist
Hammer Royals Broken Glass Buzzcut Season Favourite Daughter Perfect Places Shapeshifter Current Affairs Supercut GRWM 400 Lux The Louvre Oceanic Feeling Big Star Liability Clearblue Man of the Year If She Could See Me Now Team What Was That Green Light David