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Tag: pistoia blues 2002

Ariete @ Pistoia Blues

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• Ariete •

Piazza Duomo (Pistoia) // 14 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Ritrovare tutto come sembra di averlo lasciato dà sempre la sensazione che il tempo non passi così velocemente come si dice, e così, dopo aver appena chiuso gli occhi dopo un concerto, ecco che Pistoia Blues Festival 2022 li riapre per ospitare un’altra protagonista del progetto Storytellers: la giovane cantautrice Ariete. Nata ad Anzio, classe 2002, l’artista, al secolo Arianna Del Giaccio, fa parte della corrente indie pop del panorama musicale italiano di cui in poco tempo è diventata protagonista con decisione e semplicità, passando dalla partecipazione a X-Factor del 2019 dove la sua eliminazione non è stata per lei un ostacolo, bensì un’esperienza che l’ha fatta crescere fino a portarla, ora, a calcare i palchi di tutta la penisola. 

Le strade di Pistoia sono questa volta riempite da un pubblico molto più giovane rispetto a quello di serate precedenti. All’inizio, sono circondata da vari adolescenti da soli, altri accompagnati dai genitori che, come me, si avventurano all’interno della piazza. Ci sono ragazzi anche più grandi, alcuni poco più che ventenni, che mi guardano con la stessa curiosità mista a divertimento con cui anche io e i miei amici, molti anni fa, guardavano i coraggiosi “zii” che si mescolavano alla nostra generazione. Quanto ci vuole poco, giusto qualche anno, per capire che l’amore per la musica non ha età. Altri non ci fanno caso, mentre qualcuno vede il pass e mi chiede informazioni pensando che sia della sicurezza. 

La serata si apre con l’esibizione dei BNKR 44, più che un gruppo, un collettivo musicale di sette ventenni della provincia di Firenze che scaldano il pubblico con il loro rap italiano, battute, il loro occupare ogni spazio libero del palco che trasmette la loro la voglia di divertirsi ed essere protagonisti della scena per tutto il tempo che gli è concesso. Nel frattempo, piazza del Duomo si popola sempre di più, l’età degli spettatori si alza, diventa più eterogenea, e anche se ormai lo sai, ogni volta è bello vedere come la musica riesca ad unire le generazioni, quelle che un po’ si amano e si scontrano nella vita di tutti i giorni, ma che per qualche ora si scorda dei conflitti per costruire un nuovo ricordo da condividere. 

Durante la pausa tra gli opener e l’esibizione di Ariete, i ragazzi sotto il palco applaudono, chiamano a gran voce l’artista, fanno commenti fisici e sentimentali, la voglia di ascoltarla e vederla si può quasi toccare. Improvvisamente, mi trovo in un bosco di cellulari alzati in attesa di cogliere l’attimo tanto atteso in uno scatto, forse in un video da far diventare una storia, il futuro ricordo del concerto. Finalmente, Ariete sale sul palco! Sono circondata da uno scroscio di applausi, gridolini di esultazione mentre guardo quella ragazza acqua e sapone, con il corpo esile perso dentro a un jeans e una camicia extra large, gli occhi che guardano tutti sotto la tesa di un cappello che lascia sfuggire qualche ricciolo bruno: l’anti-divismo fatto persona. E con la stessa semplicità con cui è salita sul palco, abbraccia la chitarra e lascia che le note di Specchio si diffondano per la piazza, per andare oltre lo sguardo serio dei palazzi, superare le transenne e girare per le strade della città. L’impatto emotivo esplode, subito, senza se, senza ma. 

Ariete canta molti dei suoi successi, che, anche se rispetto ad altri artisti più esperti possono non sembrare molti, racchiudono un percorso artistico e personale di rilievo, come Quel Bar, il suo primo singolo, che diventa parte del cuore musicale della serata con il suono morbido e fluido della sola chitarra acustica. In canzoni come Giornate noiose oppure Cicatrici, scritta a quattro mani con Madame, oppure Tatuaggi, l’artista non racconta la sua generazione come un narratore venuto da lontano, lei la rappresenta nelle sue dolcezze, nei disagi profondi e incerti, nelle certezze che sbaragliano molti quarantenni, nell’allegria e nella leggerezza dei vent’anni che non può e non deve essere condannata. La sua voce è dolce, ma non per questo non possiamo definirla decisa e consapevole di ciò che sta esprimendo, la musica arriva, ma non è aggressiva neppure quando dal semplice accompagnamento della chitarra si passa al supporto della band. I testi sono belli, c’è scrittura, voglia di comunicare parlando il linguaggio della propria età.  E poi c’è lei, che riesce a creare un legame emotivo con tutto il pubblico, quello venuto ad ascoltarla perché già la adora, ma anche quello che è lì per curiosità o perché trascinato da qualche figlio. Quella ragazza di appena vent’anni riesce a catturare l’emozione, sì.  Si muove sulla scena senza esitazione, ma non per questo scorda di essere lì, davanti a tanta gente, e ne senti tutta l’adrenalina, quella che forse abbiamo tutti a quell’età quando raggiungiamo qualcosa di bello, quella che alcuni artisti con tanti anni di esperienza alle spalle sembrano aver scordato, e che, per quanto tecnicamente bravi, hanno barattato per un qualche porto sicuro. 

Su quel palco, lei non canta e basta, parla, dialoga, scherza con chi ha davanti come un’amica, raccoglie i pupazzi e i reggiseni che le vengono lanciati, racconta del difficile periodo del Covid19 e della distanza sofferta da molti di noi, decide che quella distanza è l’ora di annullarla partendo proprio da quelle assi che la sorreggono e fa salire sulla scena tre fan, tre ragazze che con le loro storie di forza e fragilità si aprono a quella piccola parte di mondo pronta ad ascoltarle. Eccola la “generazione di imbecilli” che parla di sé, racconta abissi e superfici della gioventù, e non vedo e non sento niente che non abbia visto e sentito quando quell’età ce l’avevo anche io, e qualcuno guardava alla mia generazione col ghigno da primo della classe. Perché in fin dei conti “Essere giovani fa schifo/ e non poter decidere fa tanto male”, canta Ariete dal suo microfono, e il ritornello diventa un unisono, un canto comune, forse uno sfogo di una gioventù che ha il dito degli esperti di vita puntato addosso. I ragazzi cantano, cantano come fossero all’uscita di scuola, in attesa di un bus che li porterà chissà dove, e in fondo quello che sognano è solo la musica e un po’ di libertà. Lasciamogli vivere quei vent’anni, o quei quindici, quei venticinque, senza caricarli del peso dei quaranta, o anche oltre, delle responsabilità di un futuro che è ancora nelle nostre mani. Non condanniamoli solo perché quell’età non l’abbiamo più. 

Un commento a parte va a L’ultima notte, commissionata prima da Netflix come colonna sonora per la serie Summertime e diventata poi quella dello spot di un famoso gelato, e, ammetto, il brano con cui ho davvero conosciuto l’artista. La canzone colpisce per come rievoca l’allegria e la nostalgia di morbide sere d’estate passate tra amici, falò e sguardi innamorati, pesca tra i ricordi emotivi di un’età dove tutto sembra possibile e la vita la vivi in punta di labbra. Ariete colpisce per tutta l’emozione che riesce ad esprimere nelle sfumature della voce, nella sua interpretazione semplice e i sorrisi che senti su ogni parola. Questo ci mostra come con il famoso “sistema” musicale, quello più ampio, il mainstream, si possa collaborare rimanendo però, al tempo stesso, coerenti con le proprie scelte artistiche. Ariete lo dimostra, si può fare!

Il concerto si chiude con il rituale bis, dove l’artista canta la più recente Castelli di lenzuola e chiude con la più vecchia 18 anni, storie autobiografiche che arrivano al cuore e a qualche lacrima di chi le ascolta. Lei come sempre la interpreta l’ultima traccia con la sua naturale semplicità, ma il testo è spietato, ha in sè lo squarcio profondo in una vita adolescente che dovremmo ascoltare di più, forse conoscere un po’ meglio, e a volte chiederle anche come sta. Dicono che l’arte debba allontanare dalla banalità e scuotere, beh, Ariete lo fa, se glielo permettete e non la allontanate dalle vostre playlist solo per la sua giovane età. 

 

Alma Marlia

foto di Aurora Ziani

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Willie Peyote @ Pistoia Blues

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• Willie Peyote •

Piazza Duomo (Pistoia) // 13 Luglio 2022

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foto di Aurora Ziani

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Manuel Agnelli @ Pistoia Blues

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• Manuel Agnelli •

Piazza Duomo (Pistoia) // 12 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Pistoia è una città toscana famosa in tutto il mondo per i suoi vivai, per Piazza della Sala con i suoi locali e il cuore pulsante della vita della città, per il suo Duomo dove si incontrano l’architettura romanica e quella barocca. Una città con una buona qualità della vita dove trascorrere del tempo in modo gradevole. Eppure in piena estate, protetta dallo sguardo antico dei suoi monumenti, diventa un crogiolo di musica ed emozioni con il Pistoia Blues Festival. La manifestazione, che dal 1980 si svolge ogni anno nel mese di luglio, è un appuntamento fisso per ogni appassionato di musica che voglia ascoltare i suoi artisti preferiti o scoprirne di nuovi, e una tappa importante per molti musicisti non solo nostrani, ma provenienti da tutto il mondo. Un palco dove esperienza, novità, tradizione e sperimentazione si incontrano, per portare a tutti quel messaggio che non dovremmo mai scordare: la musica è essenza di vita che non si ferma, e sfugge a chiunque voglia trattenerla in definizioni a compartimenti stagni. E ringraziamo chi in quel palco crede ancora, nonostante tutte le difficoltà che negli ultimi tempi sembravano insormontabili, ma non ha mai rinunciato a creare e diffondere la bellezza dell’arte. 

Ieri, come ogni anno, Pistoia ha accolto il pubblico del Pistoia Blues tra palazzi storici e mercatini etnici, nell’armonia del contrasto che fa vibrare nell’aria la voglia di arte e creatività. Entrati in Piazza del Duomo, il campanile sorveglia ogni kick e ogni riff che si librano da un palco che non sembra essersene mai andato, come fosse parte essenziale della piazza stessa, un battistero di musica dove ogni nota è una bellissima benedizione. E sono gli Zagreb, band di alternative rock di Castelfranco Veneto, che aprono questa cerimonia con il loro ritmo deciso e forte, che colpisce e piace ad ogni colpo. La dimostrazione che quelli della musica sono gli unici colpi allo stomaco che non fanno male. Ad assisterli ci sono i primi ascoltatori, gli appassionati veri che amano l’underground, e i fortunati che riescono ad uscire da lavoro in tempo per godersi la serata dal suo vero inizio. Guardandoti intorno, vedi lo sguardo incuriosito e attento di chi non li conosce, ma sa di aver fatto una bella scoperta. 

Agli Zagreb, seguono poi i Bluagata, sempre gruppo alternative rock, ma della più vicina Prato. Potreste dire che giocano quasi in casa, data la vicinanza delle città, ma gli spettatori non lo sanno, e lassù, sotto le luci dei riflettori, l’unica vera identità è la musica con la passione, e loro ce ne mettono tantissima. La prima canzone è Comodità tratta dal loro ultimo progetto Di stanze e Nevrosi. Il brano parla della nevrosi del consumismo, i riff sono potenti e incalzanti, i testi tagliano i compromessi per arrivare lì dove è più scomodo farli sentire, il tutto in un loop nevrotico che scopri e non ti lascia. Proseguono poi tracce che alternano potenza e arie rarefatte, e la performance si conclude con i saluti e i ringraziamenti di rito a un pubblico sempre più partecipe, con una promessa di rivederci, speriamo presto. 

Mentre il buio scende sulla città, e le sedie attorno a me si riempiono gradualmente, l’atmosfera diventa surreale, l’aria si carica di attesa, c’è chi sussurra, c’è chi applaude per incitamento, c’è chi sbuffa dall’impazienza e chi beve birra a tutto spiano con l’avidità negli occhi puntati sul palco. A me sembra ancora tutto scuro quando si sente la voce cantare fuori dal palco. Sembra che le persone stiano per urlare ma il pubblico si blocca, incantato dalle parole “Ora lo so / Se è amore che vuoi/ No, non dipende da quel che fai”, l’effetto è quello di un sogno eppure siamo svegli o forse no. Non importa, dal buio, vestito con solo pantaloni, gilet e la sua voce, esce Manuel Agnelli e l’emozione, prima sospesa, esplode. Al semplice canto si aggiunge la chitarra elettrica e via via tutti gli strumenti. Le luci si accendono, e vediamo l’artista accompagnato da una band di eccezione dove troviamo anche Beatrice Antolini, Giacomo Rossetti dei Negrita e due componenti dei Little Pieces of Marmelade, Frankie e DD. Agnelli è il secondo grande protagonista di Storytellers del Pistoia Blues 2022, con una performance dove ha regalato al pubblico i brani che lo hanno reso celebre come leader degli Afterhours e i suoi nuovi brani da solista.

Molti penseranno che è facile avere una presa emotiva sul pubblico con Non si esce vivi degli anni ’80 oppure Male di miele, eppure le nuove collaborazioni e l’energia vocale dell’artista le rendono un’emozione nuova. Ascoltarle pensando di sapere già cosa succederà in ogni parola e rimanere spiazzati perché ci sono sfumature che ti prendono ancora di più è una sensazione bellissima. A quel punto non si può stare seduti, alcune persone si alzano dalla platea, si mettono ai lati e vivono il concerto con tutto il corpo, muovendosi, a volte a tempo, a volte no, ma non importa, la gioia che vedi sui loro volti rende tutto armonioso. Quello che però capisci è che Manuel Agnelli non lo puoi catalogare tra gli artisti da gusto di mezzo. Piace o non piace. Non è gradevole con riserva, né sgradevole ma potrebbe migliorare. Lui è ciò che è e non vuole mostrare niente di diverso, e sì è un artista divisivo perché c’è chi lo vede ormai omologato al sistema. Ma non è il sistema ad essere sbagliato in sé, è il modo in cui ti ci approcci che conta, e dopo aver cavalcato per anni la scena indie, Agnelli è riuscito ad entrare in una più ampia scena musicale dimostrando che se ne può fare parte rimanendo fedeli a sé stessi e proponendo i propri progetti curati e ben pensati; la sua capacità di scrittura non lascia niente al caso e non si è adeguato al modo semplice e veloce che impera in molte produzioni attuali. Profondità degli abissi, dalla colonna sonora del film Diabolik, è una dimostrazione di tutto questo. Agnelli ne racconta prima la genesi, le critiche che gli sono state mosse, mostra al pubblico il cuore con cui ha composto quella canzone, si mette a nudo ritenendoci persone a cui può fare quella confidenza. La sua interpretazione è da brividi, la canzone è bella, spietata, anche dolce se le permettiamo di raggiungerci. La voce di Agnelli è ferma ma vibra al tempo stesso di ogni emozione che ha messo in quel brano, e lì te ne freghi dei premi che ha vinto, ma non perché non abbiano valore, solo perché è un’emozione che va oltre la ragione, abbatte la logica, e anche dove fa male, ti rende felice. 

Pistoia Blues 2022 ha dato al suo pubblico la possibilità di vivere qualcosa di magico, fuori dalle dinamiche di chi critica solo per il gusto di farlo. Se Agnelli non volete ascoltarlo non ascoltatelo, non fatevi paladini di non si sa cosa facendo la morale su cosa debba fare o non fare, perché la sua onestà intellettuale sta nella musica ben fatta e nella capacità di trasmettere la passione per ciò che fa, in testi e composizioni che sfuggono alla banalità senza per questo ingozzarsi di parole ricercate che alcuni artisti prendono dal dizionario del desueto solo per fare colpo. Decidete se volete essere la piccola iena di cui canta o se volete una pelle splendida. Ma vivetelo, in ogni suo concerto, perché è lì che me capirete la forza e il messaggio. Smettete di picconare solo per il gusto o la moda di farlo e lasciate che l’emozione faccia il resto.

Il concerto si chiude con il bis di rito, che, ammetto, un po’ odio, ma forse anche l’artista condivide il mio pensiero, o così sembra, perché tutti si assentano giusto il tempo di bere un bicchiere d’acqua, e ritornano sul palco con la consapevolezza di dover chiudere, ma senza la voglia di farlo. Rimane nell’aria la loro musica, la voce del mio passato ancora presente, persone felici che escono e popolano di nuovo le strade della città piene di luci. Il silenzio è dietro l’angolo, l’adrenalina lotta con il sonno, gli scuri delle finestre accolgono l’emozione ancora viva. Non puoi fare altro che aspettare, con la promessa di un altro concerto, e la ritrovata spensieratezza delle sensazioni dei vent’anni. 

 

Alma Marlia

foto di Letizia Mugri

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The Tallest Man On Earth @ Pistoia Blues

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• The Tallest Man On Earth •

Fortezza Santa Barbara (Pistoia) // 07 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]foto di Letizia Mugri

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