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Sun Kil Moon @ Monk

Sun Kil Moon @ Monk

| Marta Musincanta

Roma, 18 Novembre 2024

È terminata a Roma la serie di date nella nostra penisola di Sun Kil Moon ovvero di Mark Kozelek, dopo una lunga assenza, in solitaria, lui con la chitarra acustica. Il suo cantautorato  fingerstyle ha attraversato diverse direzioni nel corso della prolifica vita artistica di oltre 35 anni, partita in elettrico con la band Red House Painters. Eppure, è facilmente dimostrabile di quanto Kozelek non sia molto noto a casa nostra, neanche per il suo cameo come attore nel film Youth di Paolo Sorrentino e per la sua partecipazione nella stessa colonna sonora. Chi non conosce Kozelek non sa quanto sia talmente diretto e poco politically correct, quanto sia appassionato di pugilato (il suo nome omaggia il boxer sudcoreano Moon Sung-Kil) e allo stesso tempo, quanto sia poeta, autore di ballate intimistiche e nere.

Stasera avevo timore di combattere contro la sindrome, da me definita, “lost in translation”: il problema della barriera della lingua nella comprensione. Come farò a comprendere istantaneamente, dall’inglese all’italiano, i testi dei brani così meravigliosi, quei passaggi come da  Admiral Fell Promises

“Esci dalla farfalla di fuoco ardente
Lascia che ti chiuda nella mia stanza e ti tenga per un po’
Potresti essere la risposta a ogni mia preghiera?
Potresti essere quella per cui mi importa?
Vieni tra le mie braccia e lascia che le tue preoccupazioni muoiano
Esci dalla rete di tutti i tuoi grovigli di bugie”

L’ostacolo però è stato ben più pervasivo. Molti colpi di boxe a parole in scena, stasera Kozelek sul palco-ring, lancia ganci al pubblico a suon di commenti, racconti, aneddoti e battute comprensibili da pochi, in slang stretto americano, lungamente tra un brano e l’altro.

Buona parte del pubblico si diverte. Chi, da Glasgow, gli dice un qualcosa che vorrebbe dire “parla inglese che non ti capisco”. Se non lo capisce lui. E Kozelek, in tutta risposta, lo percula imitandone l’accento. Ad un certo punto, si sente: “Stop! Music!!!” – pausa – “Eventually!”. La voce del popolo, ho il mio rappresentante.

E io che temevo per la comprensione delle lyrics. Quando comprendo una parola o una frase, mi auto-promuovo da livello B1 a B2 fino a C, per miseramente sprofondare a livello A-zero per il 90% della serata.

La sua magica musica e la sua voce avvolgente, la preziosità degli arrangiamenti a moltiplicare il suono acustico della chitarra, in alternanza con momenti estranianti da stand-up comedy. In tutto questo, i suoi divieti sulle riprese video o scatti di foto, fino ad un veloce istante in cui permette un solo scatto, forse. Non so se ho capito bene.

Considerando che il pubblico in piedi ha assistito a più di tre ore di performance (anche superiore alla due ore e mezza cinicamente annunciate in forma di minaccia a inizio live da Kozelek), è stata un’ottima prova di resistenza fisica e immunologica alla suddetta sindrome.

La prossima volta, però, mi farò accompagnare da Olga Fernando. Cercate su web.