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Anno: 2022

Sigur Rós @ Gran Teatro Geox

Padova, 3 Ottobre 2022

 

Sapete qual è uno dei principali benefici che si hanno andando a vedere un concerto?
La sublimazione. Esatto. Non nell’accezione scientifica, anche se non ci giurerei che a qualcuno non sia mai capitato. Quanto piuttosto in quella spirituale, metafisica. 

Sei incolonnato, dietro a qualche migliaio di auto, in una romanticissima tangenziale, in un romanticissimo lunedì sera, impieghi quaranta minuti per fare l’ultimo chilometro che ti separa dalla destinazione, il ginocchio sinistro implorante pietà per le infinite volte in cui si è adoperato per premere la frizione, ma una volta varcate le soglie della “venue”, è il buio ciò che cattura da subito l’attenzione, le pareti nere del teatro, un fumo densissimo e immobile, decine di tiranti sullo sfondo a comporre un fantasioso piano cartesiano, poche luci che faticosamente si fanno strada a disegnare contorni e le sagome, appena percettibili, di quattro islandesi che stanno procedendo a far lievitare qualche migliaio di persone grazie alla loro musica.

Così si sono presentati al Gran Teatro Geox i Sigur Rós, nella prima, iper sold out, data italiana del loro World Tour, a cinque anni dalla loro ultima visita dalle nostre parti.

Ritornati in formazione “quasi tipo”, dopo il rientro di Kjartan Sveinsson e stante la forzata assenza Orri Páll Dýrason, sostituito ormai in pianta stabile da diversi anni ormai da Ólafur Björn “Óbó” Ólafsson (ma la meraviglia dell’accentazione nella lingua islandese? Ne vogliamo parlare?), i nostri hanno messo in piedi uno show, perchè effettivamente concerto potrebbe risultare leggermente riduttivo, articolato in maniera anomala in due piuttosto lunghe parti, intervallate da un intervallo, che fortunatamente non ha inficiato il clima di autentica poesia sonora alla quale io e qualche altra migliaia di persone abbiamo avuto la fortuna di esperire.

Una scaletta che ha attinto da quasi tutti i dischi, con una decisa predilezione per il quasi ventenne (), al quale viene affidata l’apertura con Untitled 1 (“Vaka”) e la consueta, dirompente conclusione con Untitled 8 (“Popplagið”) (stavolta senza velatura a celare la scena).

Due ore e mezza di rara delicatezza, l’accoppiata Untitled 3 (“Samskeyti”) seguita da Svefn-g-englar di una potenza evocativa difficile da spiegare, gli strobi abbaglianti che accompagnano gli squarci di batteria di Ný batterí, accolta da un boato assordante appena annunciata dalla linea di basso, boato forse ancora maggiore quando parte Sæglópur.

Un capitolo a parte lo meriterebbe tuttavia Jónsi, vero fulcro attorno al quale gravita quella meraviglia chiamata Sigur Rós; una presenza continua, ora con la sua chitarra, molto spesso con una voce ed una vocalità che ha spinto ad altezze abbacinanti. La lunga magnifica coda di Svefn-g-englar, quel ripetuto all’infinito “tjù, tjù”, o l’esecuzione di Festival, solo per citare un paio tra i molti momenti, restituiscono, almeno a me personalmente, un artista che ha davvero raggiunto la piena maturità e consapevolezza del proprio sterminato bagaglio artistico.

E mentre sul fondale compare in grande la scritta Takk e i quattro raggiungono il proscenio a ricevere il giusto, interminabile applauso di ringraziamento, lentamente si alzano le luci in sala e contestualmente noi tutti completiamo la nostra brinazione (non è colpa mia se il contrario del fenomeno della sublimazione si chiama così), col cuore colmo di gioia e gratitudine per essere stati per qualche ora in uno stato differente dal solito, fuori dal nostro solito corpo. 

Probabilmente era estasi.

 

Alberto Adustini

foto di copertina (Milano, per gentile concessione di Noisyroad) Maria Laura Arturi

Tre Domande a: Gospel

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il vostro modo di fare musica o a cui vi ispirate?

A dire il vero ce ne sono molti che ci influenzano, fa tanto quello che stiamo ascoltando mentre scriviamo i pezzi per un album. Durante le produzioni del secondo disco abbiamo ascoltato (come sempre) molta musica anglofona. Mentre per il primo disco le influenze provenivano per lo più dal blues e dal vintage rock, per questo lavoro i nostri ascolti sono virati più alla scena contemporanea, tornando indietro al massimo di 30 anni. Dagli Alice In Chains ai Chastity, dai Kyuss ai Them Crooked Vultures. Un bel frullato di musica pietrosa.
Non ce lo siamo imposti, ascoltavamo e basta.
Per quanto riguarda gli italiani, oltre ai gruppi progressive che amiamo molto, i più validi sono sempre stati Verdena e Teatro degli Orrori. 

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Probabilmente sceglierei la canzone che darà il titolo all’album che sta per uscire il cui titolo non è ancora stato reso noto. Forse è quella che si lega di più al disco precedente come sonorità ma sicuramente racchiude bene la nostra anima più soul senza tralasciare quella rock venuta fuori più evidente in questo secondo album.
Verso la fine c’è una frase iconica, che racchiude un concetto sottointeso in tutta la nostra produzione: “Dichiaro guerra al genere umano” ma qui non stiamo palando della guerra adolescenziale fatta di rabbia verso tutto e tutti, siamo troppo vecchi per questo, la guerra è più profonda e il genere umano comprende anche e soprattutto noi stessi e la nostra natura, non siamo altro che belve, dopotutto.

 

Qual è la cosa che amate di più del fare musica?

In assoluto suonare dal vivo. Certo, produrre registrare e lavorare ai dischi è bello, ma vivi costantemente nell’attesa di poter far ascoltare la tua musica. Fare i live ha un riscontro immediato, nel bene e nel male. Se fai schifo lo leggi in faccia alle persone, se sei coinvolgente, il pubblico ti trascina a sua volta. Per noi è come raggiungere il livello più alto di soddisfazione nella musica. In più, siamo tutti cresciuti suonando in tante band e facendo molti concerti in giro, dai palchi più rispettosi alle peggiori bettole di provincia.
Tutto questo ci ha proiettato in una dimensione dove il live pesa tanto quanto la musica registrata (talvolta di più). Oggi sembra che la tendenza sia al contrario: tanto tempo passato dietro alla produzione e pochissimi live. Ma questo è un altro discorso.

Godspeed You! Black Emperor @ Estragon Club

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• Godspeed You! Black Emperor •

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Estragon Club (Bologna) // 01 Ottobre 2022

 

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Blindur: la musica è una chiave che apre le porte

Blindur, nome d’arte di Massimo De Vita, è un cantautore, polistrumentista e produttore della scena musicale alternativa italiana. In occasione dell’uscita di Exit, il suo terzo album, ci ha raccontato il suo percorso artistico, fatto di simboli, curiosità e condivisione.

 

Ciao, piacere! Conosciamoti meglio: cosa significa fare musica per te?

“È una cosa indispensabile. Scrivo canzoni perché ne ho bisogno, è un’urgenza comunicativa ed è una mia propensione naturale. Negli anni, la musica è diventata il mio lavoro e non solo come cantautore: sono produttore, sono stato musicista per altri. Sono riuscito a far diventare quello che era uno sfogo la mia attività principale.” 

 

Quindi, possiamo dire che ti piace fare musica a 360 gradi?

“Sì!”

 

Ti faccio una domanda che mi piace sempre, per esplorare i percorsi degli artisti: in cosa si distingue Exit, l’album che sta per uscire, dai due precedenti? E in cosa è simile?

“Allora, è molto diverso per certi versi e molto simile per altri. Molto diverso perché è il disco per cui ci è voluto più tempo, mi sono serviti due anni. Per i due precedenti, invece, ci ho messo sei mesi, sono stati fatti in tempi rapidi. È diverso perché, anche se in precedenza ho fatto delle collaborazioni, i primi due album li ho fatti perlopiù da solo. Ho anche suonato gli strumenti e prodotto da solo, è stato proprio un lavoro in solitaria. Questo disco, invece, è un lavoro corale. Ovviamente, ho fatto la mia parte, ma ho avuto tantissimi collaboratori, dalla band che mi accompagna dal 2019, ai produttori. Le cose più simili riguardano l’estetica: il primo disco è molto folk, il secondo è molto rock e nel terzo disco i due generi sono in armonia, hanno trovato un equilibrio. Ci sono state anche altre influenze, come la musica elettronica.”

 

Il prossimo disco chissà come sarà!

“Sono molto curioso, non ho il timore di risultare diverso da me stesso.”

 

Mi racconti qualcosa in più a proposito delle collaborazioni che hai citato? Ho subito notato la canzone Stati di agitazione con Rodrigo D’Erasmo ed è sempre bello quando la musica è fatta insieme.

“Sì, negli anni ho collaborato con tanti artisti e sono prima di tutto amici che si prestano con gioia ed entusiasmo. È successo con il famosissimo pianista Bruno Bavota, con Adriano Viterbini, chitarrista dei Bud Spencer Blues Explosion e degli I Hate My Village e con JT Bates dei Big Red Machine.
Questa volta ho contatto degli amici per creare dei brani e alcuni hanno messo del loro nella musica. È il caso di La festa della Luna, dove ho deciso di accogliere la parte di testo di Monique Honeybird Mizrahi. È successo anche con Rodrigo e con Roberto Angelini, che hanno dato una armonia diversa alle mie canzoni. E poi c’è J Mascis (Dinosaur Jr, NdR) che ha suonato nella canzone Mr. Happytime e che ha totalmente rivoluzionato il brano quando sono arrivate le sue chitarre. Quando è stato in Italia, lui mi ha scelto come apertura dei suoi concerti e abbiamo passato una serie di giorni insieme, backstage, palco ed esibizioni ed è nata un’amicizia. Non ha mai collaborato con una band italiana ed è un artista che, a suo tempo, ha suonato con i Nirvana ed è una roba che…”

 

È tanta roba!

“Eh, è proprio tanta roba!”

 

Ma continuando a parlare di “cose che si fanno insieme”: uscirà anche la versione in vinile del disco, in cui è previsto un gioco da tavolo, giusto? Com’è nata l’idea? È un bel modo per incentivare l’acquisto dell’album fisico.

“Allora, io sono un collezionista di nicchia: colleziono da una vita e sono un grande ascoltatore prima ancora di essere un musicista. Mi sono accorto che, negli anni, anche per lo spazio ridotto in casa, compro sempre meno. E compro principalmente per due motivi: o perché si tratta di dischi di artisti che reputo intoccabili, o perché sono degli oggetti speciali. Quindi, sono un grande ascoltatore di streaming, ha fatto tanto bene alla musica, ma resta il fatto che dal punto di vista economico è un po’ una croce per chi produce musica. L’acquisto fisico è in crisi perché non si può pretendere che l’ascoltatore medio acquisti un oggetto che trova anche gratis, con lo stesso contenuto. 

L’idea del gioco è nata, prima di tutto, dalla fantasia e all’inizio volevamo fare un’app, poi lo abbiamo inserito nel vinile. Il disco non è solo un contenitore di musica, mi verrebbe da dire che è la sua funzione marginale. Lo apri e ci sono dadi, pedine: è a tutti gli effetti un gioco da tavolo e l’ho inventato io, è disegnato a mano in acquerello. Chi compra il vinile acquista un oggetto unico e aiuta sia il disco, sia la stimolazione della creatività.”

 

Bisogna vendere esperienze: è una regola del marketing.

“Sono perfettamente d’accordo ed è il motivo per cui ho pensato che l’ascolto non può dipendere da un disco fisico, a meno che tu non sia un audiofilo.”

 

Passiamo ai testi: il tuo stile di scrittura è raffinato, hai una passione che si nota. Io credo che anche i testi più banali e meno ricercati abbiano la loro funzione e siano importanti, non voglio togliere nulla ad altri artisti. Raccontami qualcosa sul tuo processo creativo.

“Io sono un buon lettore, la parola scritta mi piace e mi stimola e ci tengo tanto. Mi faccio prendere molto quando devo lavorare ai testi. Quando ho scritto il primo disco avevo otto anni in meno e la scrittura era una sorta di diario, era più semplice. Questo disco aveva la necessità di una scrittura più verticale, che non fosse solo una narrazione quotidiana e volevo fornire agli ascoltatori una chiave per aprire delle porte, non solo delle finestre attraverso cui guardare fuori. Ovviamente, per dare delle chiavi e creare delle porte, le parole devono essere più simboliche, più metaforiche: deve esserci la possibilità di leggerle in più modi. Io so esattamente di cosa parlano le canzoni, so a cosa si riferiscono, ma credo che il goal di una canzone sia che ognuno ci veda qualcosa della propria vita. Deve essere sul piano dell’universalità e non credo di esserci riuscito sempre, spero qualche volta. Poi ci sono citazioni da libri, citazioni da film…è molto ricca la parola.”

 

Sono d’accordo con te, in generale l’arte è così e quando realizzi una qualsiasi opera, non dovresti mai essere troppo esplicito. Ma ti sei legato alla mia ultima domanda, perché io ho trovato dei riferimenti mitologici nel tuo album: Atlantide, gli dèi, il labirinto. Sei un appassionato?

“In realtà, più che la mitologia a me interessa la simbologia. Io sono un grande appassionato di simboli, io credo che siano importanti e penso che il simbolismo sia messo in secondo piano nella cultura occidentale. I simboli ci collegano a qualcosa di molto lontano nel tempo e ci danno la possibilità di leggere il presente in maniera più essenziale e sgrossare tutto ciò che non è necessario e andare alla radice delle cose, costruire punti di vista inediti. 

La mitologia è comunque un riferimento, fa parte delle mie letture, ma la mia è una questione legata all’ancestrale. Anche nei concerti ho una visione molto liturgica, io voglio che il concerto sia quasi un rito e per renderlo tale servono i simboli. La ‘A’ in copertina del mio vecchio disco è un cerchio incompiuto, la ‘X’ di Exit ho provato a spiegarla agli artisti che hanno realizzato le grafiche come un simbolo ancestrale, qualcosa che richiamasse l’antichità. E non per un vezzo, ma io credo davvero che i simboli aprano le porte e ne sono un esempio i dadi del gioco del vinile, che sono una consegna all’aleatorio, al fato. C’è un discorso dietro legato al cercare di contrastare le manie di controllo, che sono i padri della paura, la cifra di questa epoca. Quindi, sì: io credo molto nei simboli.”

 

Io avrei finito e ti ringrazio per il tuo tempo.

“Ahah, ho parlato troppo, sono prolisso.”

 

Mi ha fatto piacere! Possiamo anche continuare. E poi anticipavi le mie domande.

“Ahah super! Io spero che ti sia piaciuto il disco. E grazie!”

 

Certo! Grazie mille a te. 

 

Marta Massardo

Tre Domande a: Rumba de Bodas

Come e quando è nato questo progetto?

I Rumba De Bodas nascono nel 2008 tra i banchi di scuola di Bologna, quando otto amici strimpellatori decidono di mettere su una band con la voglia di fare musica e far ballare gli amici. Non a caso il primissimo concerto della band è stato il 4 aprile del 2008 in occasione della Festa delle Scuole organizzata al TPO di Bologna e per la prima volta il nome Rumba De Bodas è comparso sui manifesti! E in quel momento il destino era ormai scritto: quando per la prima volta vedi il pubblico ballare e scatenarsi sotto al palco non puoi più farne a meno, e infatti non siamo mai riusciti a smettere. E così da 14 anni a questa parte la nostra missione ad ogni concerto è sempre la stessa: far ballare e divertire la gente con la nostra musica, essere spensierati e sempre verdi!

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

A dire il vero non ci siamo mai sentiti paladini di una causa nello specifico, abbiamo sempre lasciato parlare di più la musica che noi stessi. Sicuramente ciò che ci ha sempre ispirato è stato il senso di libertà che la musica può trasmettere, sia attraverso le parole che semplicemente attraverso il suo manifestarsi, che sia in un concerto, in sala prove, in studio o nel semplice ascolto. Per noi avere la possibilità di fare musica e di condividerla con gli altri significa portare più libertà nel mondo e permettere alle persone di farne esperienza. È questo che vogliamo trasmettere, alla fine. 

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Mmh, la scelta è davvero ardua! Siamo indecisi tra due: da un lato, Into The Wild, dall’album Karnaval Fou, che è il pezzo che ci ha portato più soddisfazioni a livello di live. È ormai tradizione che il pubblico canti con noi il ritornello, che è facile da capire anche se non si ha mai sentito il brano, e ci carichiamo un botto quando siamo sul palco e sentiamo il pubblico cantare a squarcia gola!
Dall’altro il nostro brano più rappresentativo è l’omonimo pezzo Rumba De Bodas, il primo brano del primo album, Just Married. Il testo è un vero e proprio manifesto su che cosa significa essere un Rumba, un inno a cui ancora tutt’oggi siamo fedeli!

LO SHOW DEI BRIT FLOYD RITORNA IN ITALIA • WORLD TOUR 2022

LO SHOW DEI BRIT FLOYDRITORNA IN ITALIA

WORLD TOUR 2022

31/10/2022 Teatro Arcimboldi MI

01/11/2022 Teatro Colesseo TO

02/11/2022 Nuovo Teatro Verdi – Montecatini –  PT

05/11/2022 Gran Teatro Geox PD

07/11/2022 Teatro Rossetti TS

08/11/2022 Gran Teatro Morato BS

 “Uno show rock che è pura perfezione!” – LA Times

The Dark Side of the Moon, The Wall e altro ancora…. Brit Floyd, “The World’s Greatest Pink Floyd Show” torna su 3 palchi italiani per presentare la nuovissima produzione.

Compresi i momenti salienti di The Wall, The Dark Side of the Moon, Wish You Were Here, Animals e The Division Bell, e con uno spettacolo che comprende  l’esibizione “note per nota” di 23 minuti dell’iconica canzone Echoes, scritta in 50 anni fa, estratta dall’album rivoluzionario dei Pink Floyd del 1971 “Meddle”.

Lo spettacolo dei Brit Floyd è diventato un fenomeno, ampiamente considerato come il più grande spettacolo tributo rock del mondo.

Molto più che una semplice tribute band dello storico gruppo inglese, i Brit Floyd rappresentano per molti il più grande spettacolo live al mondo che porta sul palco le canzoni dei Pink Floyd, portano dal vivo “un viaggio emozionale coerente e perfetto nell’universo dei Pink Floyd. I dettagli sono minuziosi dalle musiche alle luci: tutto è più che perfetto, anche la passione che esce dal palco”.

Dal loro esordio a Liverpool nel 2011, i Brit Floyd si sono esibiti in oltre 1000 spettacoli facendo il giro del mondo con tour sold out in Europa, Nord e Sud America e Medio Oriente. I loro show sono stati ospitati in alcuni dei luoghi più iconici al mondo tra cui la prestigiosa Royal Albert Hall di Londra, lo storico Greek Theatre di Los Angeles e il Radio City Music Hall di New York.

 

PER INFORMAZIONI: Zed Live! – www.zedlive.com info@zedlive.com

Tre Domande a: Denise Battaglia

Come e quando è nato questo progetto?

Il progetto Denise Battaglia nasce nel 2018 quando durante un viaggio all’estero mi accosto per la prima volta a testi scritti in Italiano. In musica ho sempre pensato fosse l’inglese la lingua prediletta. Lo consideravo più musicale, più vicino a me, ma nel 2018 cambio drasticamente idea. Tutto ciò che scrivo nasce dall’esigenza di parlare a me stessa attraverso immagini e miti. Myriam, il mio primo singolo uscito nel 2020, ne è un chiaro esempio.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Sceglierei Padre e Madre poiché è un brano che racconta di libertà. Sono partita da me e dalla mia esperienza, da lunghe riflessioni e poi è nato questo pezzo. È essenziale ricordarci di essere diversi da ciò che abbiamo intorno e soprattutto, ricordarci che possiamo essere liberi e diversi anche dai nostri stessi genitori. Scrivo per me perché è una guida nelle scelte più difficili. Scrivo per ricordarmi che sono libera, anche di sbagliare, se necessario. Sono grata per questo, consapevole del fatto che alla fine ci misuriamo, sempre con noi stessi. Questo brano è un inno al proprio sentire più intimo. 

 

Progetti futuri?

Per quanto riguarda i progetti futuri, il prossimo 4 Ottobre uscirà il videoclip di Giungla, singolo pubblicato lo scorso 23 settembre. Posso dire che è un video molto divertente (a tratti imbarazzante), grazie al quale ho in parte realizzato uno dei miei sogni più bizzarri, quello di mangiare una piadina nello spazio. Il 18 novembre invece uscirà il mio primo EP Ventitré, ma sto già lavorando al  secondo album.

TAMINO annuncia il ritorno in Italia il 16 marzo a pochi giorni dall’uscita del secondo album “Sahar”!

Barley Arts

presenta

TAMINO

A POCHI GIORNI DALL’USCITA DI SAHAR

ANNUNCIA UN’UNICA TAPPA ITALIANA A MARZO

A fine 2019 aveva toccato l’Italia con due concerti a Roma e Milano, quest’ultimo sold out in prevendita. Ora l’apprezzatissimo cantautore belga di origine egiziana Tamino annuncia una nuova serie di date europee, inclusa un’unica tappa italiana programmata per giovedì 16 marzo 2023 all’Alcatraz di Milano. I bigliettiper lo spettacolo saranno disponibili in presaleper gli iscritti alla community dell’artista dalle 10 di mercoledì 28 settembre, e per tutto il pubblico dalle 10 di venerdì 30 settembre sui circuiti Ticketone, Ticketmaster e Vivaticket.

L’annuncio arriva a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione del suo secondo album Sahar(Communion Records), che arriva a quattro anni di distanza dal clamoroso successo internazionale Amir (Communion Records). Nato nell’appartamento di Tamino ad Anversa e sostenuto da collaboratori tra i quali il bassista dei Radiohead Colin Greenwood, il producer PJ Maertens e il batterista Ruben Vanhoutte, Sahar è un album potente che miscela folk arabo e indie rock sperimentale con arrangiamenti orchestrali. In Sahar Taminorivisita l’oud arabo – lo strumento prediletto di suo nonno Muharram Fouad, uno dei più famosi cantanti e attori egiziani – per farlo diventare uno strumento adatto all’indie rock. Il modo in cui l’oud si fonde con la sua voce dà vita a un paesaggio sonoro ricco, stratificato e inquietante. Sahar diventa il posto in cui il romanticismo tragico di Jeff Buckley incontra una sensibilità estetica cosmopolita e universalista, una mescolanza di influenze europee, americane e mediorientali.

 TaminoMusic.com

TAMINO

European Tour 2023

Giovedì 16 Marzo 2023

Milano, Alcatraz – via Valtellina , 25

Inizio concerti h. 20:30

Biglietti disponibili su Ticketone, Ticketmaster e Vivaticket.

Posto unico in piedi: € 25,00 + prev.

Editors “EBM” (PIAS, 2022)

Il confine sottile tra malinconia e piacere

Completamente immobile su una panchina, assisto alla danza malinconica delle gialle foglie. Si tratta di un duetto, il vento le sospinge, le accompagna in questo loro ultimo viaggio che è unico, non esistono due foglie che ballano allo stesso modo.
E la loro fine non è solitaria, anzi, entrano a far parte di un collettivo, un infinito tappeto dalle sfumature cromatiche eccezionali. Ogni tappeto emette un suono, una musica tutta particolare. Ci sono tappeti secchi, che scricchiolano come vecchie porte arruginite; vi sono tappeti morbidi e accoglienti, come l’abbraccio di un’amica cara, oppure ci sono tappeti umidi, di foglie bagnate, scivolosi e precari.
Sto lì, persa in questo infinito danzare di colori che mi circonda. Il sapore agrodolce della nostalgia estiva, di occasioni perse e vacanze terminate rende l’autunno una stagione che tutti percepiscono come transitoria e malinconica.
Il grigio velo del ritorno alla vecchia e stantia routine cala inesorabile, accompagnato dalle prime battenti piogge dà la percezione alle persone che non possa esistere gioia, che tutto sia fermo.
Eppure il mondo si sta preparando.

In attesa dell’inverno tutto si trasforma e mi assale la voglia di fare anche io parte di questo mutamento, un’insolita voglia di alzarmi e ballare.

Questo mio sfrenato bisogno è soddisfatto dalla nuova uscita degli Editors, con EBM.

Il gruppo che fu additato come gli Interpol Inglesi, che dai primi anni 2000 calca la scena new wave, dalle sonorità fortemente influenzate dai Joy Division, sforna un disco autentico, decisamente in linea con il loro stile, ma con sferzate pop e elettroniche. Le tonalità dark dei primi anni vengono riscontrate anche in EBM, la loro vena drammatica è sempre presente, anche se ravvivata da sound innovativi per il loro genere.

La loro natura londinese, fumosa e malinconica, contribuisce alla particolarità del loro stile; una personale rielaborazione di gruppi inglesi (e non solo) come i sopracitati Joy Division (anche se il gruppo nega somiglianze), gli U2, Snow Patrol e Radiohead.

L’ottava meraviglia degli Editors ci viene presentata con l’uscita del signolo Heart Attack, in cui realmente il nostro cuore viene messo a dura prova dall’intro elettronica e con sonorità anni ‘80. La voce di Tom Smith ci conduce in un universo di ossessione, in un amore tossico e morboso.

Il secondo singolo sparato sul mercato è Karma Climb, dal testo disperato che si scontra con il suono ritmato del pezzo.

Con l’ingresso ufficiale di Benjamin John Power (Blanck Mass) si dà il via ad una nuova era per il gruppo, e tutto l’album è incentrato sul creare un rapporto fisico con il pubblico, servendosi di un sound elettronico anni ‘80 che divampa nei nostri cuori portandoci a chiudere gli occhi e a smarrirci nella tristezza dei testi.

L’epicità data dai synth è qualcosa che ci riporta indietro nel tempo come in Kiss, quarto brano dell’album. In Silence i toni si abbassano, e la voce profonda di Tom si trasforma in un’emergenza emotiva, una ballad romantica e memorabile, piena di malinconia. Strawberry Lemonade, Vibe ed Educate sono i pezzi che più rappresentano il concept del disco, ossia la voglia di instaurare un collegamento emozionale e fisico con i fans. 

EBM è sconcertante proprio per questo motivo: hanno architettato un album che è in grado di farti ballare grazie al sound molto anni ‘80, ma nel momento in cui ti soffermi sul significato di ogni singola parola puoi assaporare la disperazione e la malinconia tipica degli Editors. 

Come l’autunno, sono qualcosa che sembra immutabile, statico, ma in realtà in continua evoluzione. Nostalgici e sognatori, depressi ma con una sfrenata voglia di passionalità.

 

Editors
EBM
PIAS

 

Marta Annesi

Barley Arts / Il concerto di TOM ODELL del 6 ottobre a Milano è SOLD OUT!!!

Barley Arts

comunica

TOM ODELL

L’UNICA DATA ITALIANA È SOLD OUT 

 

L’unica tappa italiana del tour di Tom Odellprevista per giovedì 6 ottobre 2022all’Alcatraz di Milano è ufficialmente sold out. Come sempre, si invita il pubblico a non rivolgersi ai siti di secondary ticketing.

La sua ultima volta in Italia è stata nel 2018, per portare in scena il suo album Jubilee Road. Il suo singolo Another Love (2013) ha di recente tagliato il traguardo di un miliardo di stream su Spotify, e l’artista si prepara a lanciare il nuovo album Best Day of My Life, la cui uscita è prevista per il prossimo 28 ottobre.

tomodell.com

TOM ODELL

Support: OSKA e Cartwright

Giovedì 6 Ottobre 2022

Milano, Alcatraz – via Valtellina, 25

SOLD OUT!!!

 

COVO CLUB • Programma SETTEMBRE – OTTOBRE 2022

Programma SETTEMBRE – OTTOBRE 2022

COVO CLUB

(Viale Zagabria 1, Bologna)

ven 23 settembre – opening party! | TESS PARKS (CAN – psych folk) + Liverpool Alligator Park

ven 30 settembre – DUMBO GETS MAD (ITA – psych pop)

sab 1 ottobre – GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR @ Estragon Club (CAN – post-rock)

gio 6 ottobre – MUDHONEY @ Tpo (data unica italiana | USA – grunge)

ven 7 ottobre – HER SKIN (ITA – folk rock)

sab 8 ottobre – THE SOFT MOON (USA – post punk) + Fatamorgana (SPA – synth pop)

ven 14 ottobre – NOSTROMO + Mancha (ITA – pop songwriting)

sab 15 ottobre – GIUDA (ITA – rock’n’roll)

ven 21 ottobre – DEATH BELLS (AUS – garage rock) + Fearing (USA – post punk)

sab 22 ottobre – I BOTANICI + Il Corpo Docenti (ITA – alt rock)

ven 28 ottobre – PM WARSON (UK – northern soul)

sab 29 ottobre – LEATHERETTE (ITA – punk jazz)

31 ottobre – halloween party! | HICKEYS (SPA – post punk)

 

Tre Domande a: Sena

Se dovessi riassumere la tua musica con un tre parole, quali sceglieresti e perché?

Le prime due parole che sceglierei sarebbero la coppia anagrammatica ironica/onirica. Trovo che siano molto appropriate perché la mia musica è ironica e onirica al tempo stesso, così come lo sono io. Toni Servillo, il mio singolo d’esordio in uscita il 20 settembre, è un brano onirico già a partire dal sound, morbido, sospeso e letteralmente anacronistico, nel senso di fuori dal tempo; le immagini cantate nelle strofe sono in qualche modo dei flash onirici, al limite fra sogno e realtà. Ma il verso iniziale del ritornello, quello che dà il titolo al brano, non può che essere preso con ironia. “E allora dillo… come farebbe Sorrentino senza Toni Servillo?” è la frase che spezza l’atmosfera onirica del brano e, all’interno di una canzone fondamentalmente malinconica, può strappare un sorriso, pur racchiudendo in sé tutto il senso del brano; una metafora che lì per lì fa ridere, ma fa anche riflettere. Ecco, penso che questa definizione di ironica/onirica si adatti bene anche ad altri brani (che usciranno prossimamente!) e alla mia musica in generale.
Una terza parola che sceglierei, su due piedi, sarebbe pop. Un aggettivo semplice che oggi forse non vuol dire più nulla, ma al quale penso che la mia musica possa essere collegata, sia come genere musicale (se è mai esistito il genere pop), sia per il significato etimologico, quindi popolare, ma non tanto nel senso di mainstream (in quel senso è solo una definizione numerica ed è il pubblico che sceglie cosa sia pop e cosa no), piuttosto nel senso di vicina alla mia quotidianità e quindi alla quotidianità delle persone; le mie in fondo sono canzoni semplici e quotidiane, quindi, in questo senso, pop.

 

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

La cosa che amo di più del fare musica è la possibilità di esprimermi, e di farlo senza alcun tipo di limite o regola. Scrivere una canzone è dare forma concreta ad una sensazione, un concetto, un pensiero, un sogno inesprimibile altrimenti, non basterebbe la sola parola, non basterebbe la sola melodia; è un po’ come costruire qualcosa che non c’era prima, ma di cui in qualche modo ho sempre percepito o intuito la presenza. Diciamo che, in generale, la musica è il modo che per ora trovo più efficace, fra quelli che avevo a disposizione, per esprimere quello che sono e che sento; credo sia semplicemente un modo per auto-affermarmi per dire qualcosa che magari non interesserà a nessuno, ma speriamo che a qualcuno sì. Se quello che scrivo toccherà anche solo una persona avrò raggiunto il mio obiettivo.

 

Progetti futuri? 

Visto che il pezzo in uscita il 20 settembre si intitola Toni Servillo e parla della coppia artistica Sorrentino – Servillo non posso che citare una frase di un film che li vede protagonisti “Progetti per il futuro: non sottovalutare le conseguenze dell’amore”. Scherzi a parte, ho tantissimi pezzi scritti in questi anni, alcuni anche già prodotti dal maestro Taketo Gohara e suonati con musicisti d’eccezione (Alessandro Asso Stefana, Niccolò Fornabaio, Francesco Colonnelli) non vedo l’ora che escano così che il mio progetto prenda finalmente forma anche all’esterno. I brani confluiranno in un album o EP e ci sarà anche un tour.