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Anno: 2023

Daughter “Stereo Mind Game” (4AD, 2023)

Il mio primo incontro con i Daughter è stato qualche anno fa, guardando una serie tv che al momento nemmeno ricordo, ma ricordo che, a un certo punto dell’episodio, nella colonna sonora compariva il loro singolo Youth, uno dei loro primi pezzi (correva l’anno 2013) ma che sicuramente è rimasto tra i più noti della discografia gruppo. 

Ricordo soprattutto che quella canzone mi colpì perché l’avevo percepita come una carezza, nonostante il peso delle sue parole: delicata ma allo stesso tempo malinconica e travolgente. Il merito era tutto della voce di Elena Tonra e dell’arrangiamento musicale che ancora oggi mi fanno venire qualche brivido dall’emozione. 

E anche con il loro ultimo lavoro, Stereo Mind Game, si vede come questi elementi costituiscano ancora i punti di forza della band. La voce di Tonra, a distanza di qualche anno, continua a colpire come la prima volta. Eterea, carezzevole per l’appunto, ma in grado di sposarsi benissimo con dei testi che possono invece di fare male come lame. 

Stereo Mind Game è infatti un album estremamente introspettivo, ma lo è in modo poetico e figurativo. “I’ve been trying to read your mind by stripping all the poems / I’ve been watching dandelions grow and die and grow / and it’s a shame, because I only came here for the love of you” recita Dandelion, probabilmente la traccia più struggente dell’intero disco, anche se musicalmente procede su toni meno drammatici. 

L’introspezione arriva ad assumere addirittura i toni di una lettera: Junkmail ad esempio è un pezzo che sembra essere più letto che cantato, con un ritmo concitato e un arrangiamento ripetitivo, battente e quasi ansiogeno, coerentemente con il messaggio sull’eterna lotta tra essere e apparire in pubblico. 

La costante dell’album è l’idea che sembrano quasi tutti usciti da un sogno. Saranno le chitarre in purezza, saranno gli archi dell’orchestra 12 Ensemble che fanno un’incursione qua e là, sarà la voce un po’ distante di Tonra, ma davvero la sensazione che si ha durante tutto l’ascolto è quella di un fluttuamento costante. Stereo Mind Game culla l’ascoltatore pur parlandogli di vuoti, paure, rimpianti e amori non esattamente a lieto fine.

L’unica critica che si può muovere a questo lavoro è che tutte le tracce si assomigliano tra loro e assomigliano ai loro predecessori. Manca un po’ di vena sperimentale, ma d’altronde questo è il loro modo di fare musica e di farla anche bene. 

Accompagnando testi fortemente emotivi (e non nego che alcuni brani mi abbiano commossa), la cifra stilistica di questo album – ma in realtà a questo punto dell’intera discografia dei Daughter – è proprio la delicatezza con cui la band londinese decide di raccontarti dolcemente i sentimenti più tristi.

Del resto, se si cerca un po’ di conforto, è sempre bello sapere di poter contare su un riferimento stabile, anche se parliamo di musica. 

 

Daughter
Stereo Mind Game
4AD

 

Francesca Di Salvatore

Pomme @ Santeria Toscana 31

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• Pomme •

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Santeria Toscana 31 (Milano) // 6 Aprile 2023

 

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Tre Domande a: Orlvndo

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Con Ad Maiora, il mio primo disco e il secondo capitolo del trittico Ad Hoc, Ad Maiora, Ad Astra, ho raccontato una parte della mia vita con tutta la verità possibile. Il disco è come un romanzo che racconta il cambiamento dalla fanciullezza all’età adulta, un percorso, per me, decisamente complicato. Ho avuto paura. Nelle canzoni c’era troppa vita senza filtri, e un po’ bisogna proteggersi.
Perché l’ho fatto?
La verità è l’unica entità che avvicina tutte le persone, siamo tutti concentrati a nasconderla, ma le nostre vite sono molto più simili di quanto si pensi. Il dolore è uguale per tutti, la felicità pure. Il messaggio che voglio mandare con questo disco è molto chiaro: siate irresponsabilmente voi. Questo per me significa andare verso cose più grandi.

 

Progetti futuri? 

Dopo Ad Maiora, ci sarà Ad Astra. Non riesco a spiegarvi bene come sarà il progetto e cosa arriverà, devo viverlo prima.
Ci rivedremo al prossimo capitolo.

 

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

La cosa che amo fare di più della musica è la dimensione che si crea durante i concerti. Capisco che la strada è quella giusta. Ai concerti cantiamo le canzoni guardandoci dritti negli occhi, sento come se appartenessi a loro. Voglio bene ad ogni persona che mi ascolta come se fossimo fratelli. Il 26 aprile al Mosso a Milano faremo il primo concerto full band. Sarà una grande festa.

Francesca Michielin @ Teatro Nuovo

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Francesca Michielin

Teatro Nuovo (Ferrara) // 04 Aprile 2023

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foto: Luca Ortolani

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Tre Domande a: Indastria

Se doveste riassumere la vostra musica con tre parole, quali scegliereste e perché?

Audace: spesso nella nostra musica trattiamo temi che possono essere fraintesi o che possono dare fastidio a qualcuno. È il caso per esempio di Bukkake, Orso Polare Droga, La Suora Afrodisiaca, o Non Valgo Niente, per l’appunto. Noi però siamo così, aperti, sinceri. Corriamo il rischio di non essere capiti, ma preferiamo correre questo rischio, piuttosto che non esprimerci.
Goliardica: nelle nostre canzoni c’è sempre qualcosa che ti fa sorridere. La vena simpatica-divertente deve essere sempre presente anche in quei brani che a un primo ascolto sembrano arrabbiati o tristi. Inoltre dal vivo divertiamo un sacco.
Ottimista: dopo aver assistito a un nostro live torni a casa più felice di prima e più speranzoso verso il futuro. Anche canzoni come Non Valgo Niente non ti mettono depressione, ma ti fanno pensare che quando ti sveglierai domani la vita sarà un pochino più bella.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Ci piacerebbe arrivasse un po’ della nostra energia, nel bene e/o nel male.
Vogliamo che chi ci ascolta in macchina, si ritrovi a 10 km/h in più senza accorgersi. Oppure vogliamo che chi ci ascolta dalla parrucchiera il sabato pomeriggio si ritrovi a muovere il culo o fare head-banging senza volerlo.
Spesso la nostra è un’energia di rassegnazione, sia chiaro, ma è pur sempre energia, e anche se recepisci questa ti senti più vicino a noi.

 

C’è un evento, un festival – italiano o internazionale – in particolare a cui vi piacerebbe partecipare?

Beh se dobbiamo sognare ti direi il Coachella, se invece dobbiamo stare con i piedi un po’ più vicini al suolo ti direi il Firenze Rocks, forse il festival rock più importante attualmente in Italia.

Thurston Moore @ Monk

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• Thurston Moore •

+

Seafoam Walls

Monk (Roma) // 02 Aprile 2023

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Foto di Francesca Romana Abbonato
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Seafoam Walls

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Roger Waters @ Mediolanum Forum

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• Roger Waters •

 

Mediolanum Forum (Milano) // 01 Aprile 2023

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Lost Pigs


È la prima volta che a fine concerto non trovo un giudizio. Non lo sento, non arriva, sono intorpidito. Comfortably Numb, o, semplicemente, ho accusato il colpo.
C’è una lotta interna tra quello che ho visto e quello che ho ascoltato. C’è uno scontro tra la musica dei Pink Floyd, consumata in decenni di vita, e l’uso fatto dal suo padre e padrone, Roger Waters. E l’effetto ha il gusto dell’assurdo, perché tutto mi aspettavo, tranne il non aver assistito a un concerto di musica eccezionale. No, quello visto questa sera non è solo un concerto. Lungi da me usare qualcosa che suoni come experience-qualcosa, però, insomma, avete capito. C’è musica e ci sono immagini, messaggi, proclami, sentenze. È simile a una bevuta con un vecchio amico, il tutto intervallato da momenti di monumentale esplosioni d’ego. Come se i ricordi evocati, le idee proposte, le storie raccontate venissero plasticamente rappresentate sopra la testa di Mr. Waters. Ed è esattamente quello che ho visto, quello che tutti i presenti hanno avuto. Come un ciclopico fumetto a forma di croce, come un ipercubo che viaggia tra canzoni, nello spazio, attraverso il tempo.
Waters avvisa i presenti: se siete venuti solo ad ascoltare canzoni dei Pink Floyd e non condividete la visione del mondo che viene proposta, potete, letteralmente, andare a fare in culo.
Ascolto, sorrido, mi sovviene un noto paradosso che prevede l’uso dell’intolleranza per placare gli animi intolleranti, ma siamo già oltre. Forse andava scritto prima, sul biglietto. Disclaimer: Waters è una retta, non si piega, non curva, non si spezza, non ha dubbi né vacilla, grazie ai mancorrenti presenti sul palco ma soprattutto a una sua innata incapacità a mediare. L’anziano signore che senza grande sforzo tiene il palco per due ore ha più spigoli del suo maxischermo, ma è cosa arcinota, non vale storcere il naso dopo aver varcato l’ingresso del Forum.
Lo show si apre con immagini di una città semidistrutta. Tutto è nero e blu, come un film di Nolan, le note di Comfortably Numb accompagnano l’ingresso di Waters, le immagini però slegano il pezzo da The Wall, lo rendono universale, lo trasformano in un dialogo tra chi canta e la gente venuta lì per lui. O tra ognuno di noi e il suo vicino. Pink siamo noi, ora e adesso, il che è suggestivo ed evocativo ma porta in nuce una visione pessimistica che sarà il vero filo conduttore della serata. Non c’è un chiaroscuro, tutto è perso. I maiali volano alti nel cielo, sopra le rovine, mentre gli assoli di Gilmour sono spariti, sostituiti da un coro da pelle d’oca.
Segue The Happiest Day of Our Lives, seguita a sua volta dalla suite di Another Brick in the Wall.
Benvenuti nel mondo di Waters, quasi ottantenne. Se cercavate salvezza avete sbagliato luogo, se pensavate che grazie alla veneranda età si fosse giunti a una qualche verità, beh, non è andata proprio così. I maiali hanno vinto, fatevene una ragione. 

 

Welcome to the Bar

Le prime parole arrivano per presentare un brano inedito, che chiuderà poi il concerto, come fosse una chiave di lettura, o un punto di vista. Il Bar pensato da Waters è un luogo di confronto e di scambio, ma puzza di stoico ritiro dal mondo, di un otium dove rifugiarsi, perché là fuori i maiali volano alti, dal ’77, per giunta. Tutto lo show è animato dal maxischermo, vero protagonista del concerto, che racconta di politici, di storie, di ricordi, di violenza, di sfruttamento, di futuri distopici e di presenti impresentabili. C’è una damnatio memoriae tutta dedicata a Gilmour, che sparisce dalle fotografie e dagli assoli, mentre l’amico Syd Barrett viene evocato in momenti diversi. Moltissimi i brani da The Wall, molto presenti anche le canzoni di The Dark Side of the Moon, ma il filo conduttore della serata è politico e sociologico, e sembra quasi una lezione su come la musica dei Pink Floyd e i messaggi che portava fossero moniti che non sono stati ascoltati.
È una pantagruelica festa di un fallimento. Tra pecore volanti, maiali guidati da droni, laser e un maxischermo che sembra un’astronave, viene comunque enunciato il paradigma di un epocale e sordo tonfo.
È uno spettacolo senza catarsi. Un pugno nello stomaco, suonato divinamente, un invito alla riflessione, ma senza istruzioni e senza fine, come un libro bellissimo, cui hanno però strappato le ultime venti pagine.
Benvenuti allora anche nel Bar di Waters, avrete una vista privilegiata sulla fine del mondo, mentre l’orologio del Doomsday viaggia verso la mezzanotte, al suono delle più belle canzoni dei Pink Floyd.

 

Il Medium è il messaggio

Waters è un signore ormai anziano. Le sue lunghe braccia perdono gli anni solo imbracciando uno strumento. Beve mezcal, sbuffa e arranca. Non fa nulla per mascherare gli anni e tutto quello da cui è stato attraversato.
Waters è il medium, Waters è il messaggio, perché quello che ha raccontato, cantando, negli ultimi decenni, ha un suono diverso, ora che la sua voce è diversa. Il messaggio cambia, le prospettive anche, il tempo che rimane si esaurisce. Waters è una visione del mondo, è un’intolleranza a volte ingenua a volte genuina. Figlio senza padre per colpa dello sbarco ad Anzio degli alleati, ha speso una vita a indicare i maiali avidi di potere. Possiamo accogliere il monito, magari mediarlo, il problema è che tutta la meravigliosa musica dei Pink Floyd stride con quello che il pubblico vede sul maxischermo e con quello che Waters ha deciso di mostrare.
Ho avuto la sensazione che il ‘900 fosse salito, lunedì, un’ultima volta sul palco. Per un commiato epocale, per lasciarci nel mondo del post-qualcosa, senza bussola né mappa. Ecco, mi sento un po’ perso a fine show. Mi sento un po’ solo, Roger. Facciamoci ancora un bicchiere nel tuo Bar, perché stare fuori dalla storia, a questo punto, è un grande privilegio e ne ho molto, molto bisogno. 

 

Andrea Riscossa

Foto di Oriano Previato
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Punkreas @ Alcatraz

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• Punkreas •

Alcatraz (Milano) // 01 Aprile 2023

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Foto di Chiara Pozzi
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Punkreas “Electric Déjà-Vu” (Virgin Music LAS Italia / Universal Music, 2023)

“Se tra la vita e la morte l’indifferenza è letale
di chi si fissa le scarpe perché non vuole guardare
e proprio come a un concerto quando sei pronto a saltare
capisci con uno sguardo che quella è la gente su cui puoi contare”

La vera famiglia è quella che ti scegli, persone che ti capiscono e per le quali vale la pena lottare, questo è il significato del secondo verso di Mani in Alto, primo singolo del nuovo album dei (grandissimi) Punkreas.

Storica band punk rock e ska milanese nel 2021 ha festeggiato i primi trent’anni di carriera con Funny Goes Acoustic, album impregnato del loro solito sarcasmo e irriverenza ma con un sound nettamente più acustico.

Quest’anno tornano con un lavoro back to the roots, tipicamente ska punk, sia per sonorità che per testi, dimostrando che l’età è solo un numero, la ribellione è per sempre.

La ritrovata spinta punk è palese in DAI DAI DAI (DIE DIE DIE), in collaborazione con Giancane (cantautore romano che dal 2013 calca la scena punk rock, diventato virale nel 2017 grazie al brano Ipocondria il cui video è realizzato con i disegni di ZeroCalcare, e sempre per lo stesso artista romano nel 2021 ha creato la colonna sonora per Strappare Lungo I Bordi, la rinomata serie). Il brano è un’aperta critica ska punk contro il lavoro precario dei riders, moderni Alice nel Paese delle Meraviglie, con la differenza che il loro Bianconiglio è rappresentato da clienti insensibili, automobilisti fatali e capi la cui unica priorità è il guadagno. 

Non potevano esimersi dallo sputare veleno su I Signori Della Guerra, settimo brano dell’album, in cui criticano i Potenti giocatori di questa folle e scorretta partita, raccontando come, pur di riuscire a mettere sotto scacco socio-economico l’avversario, siano disposti a sacrificare ogni insignificante pedone della propria scacchiera con la bocca piena di parole a favore della pace nel mondo.

Per combattere questo clima dominato dal disprezzo i Punkreas inneggiano alla rivoluzione citando vari personaggi storici che hanno contribuito a cambiare il mondo portando avanti le loro Battaglie Perse, fregandosene dell’opinione degli altri. Ci trasmettono il coraggio di alzare la testa, di credere nelle nostre idee, di aver fede nella scienza e nella medicina, come baluardi dell’evoluzione, scagliandosi sarcasticamente contro terrapiattisti e no vax.

Dispiegano l’armata reggae, con a capo Raphael, una delle voci reggae più importanti in Italia, in Disagio, manifesto ska punk del sentimento più confortante della nostra generazione, il disagio per l’appunto. La personalità unica dei Punkreas si fonde alla perfezione con lo stile reggae, creando un universo parallelo dove facciamo schifo, ma con stile.

Al grido di “We are unstoppable, another world is possible”, si conclude il brano Non c’è più tempo.

Era il 4 dicembre 2018, e questo slogan di una ragazzina svedese quindicenne, dall’aspetto innocente di nome Greta Thunberg, durante la conferenza COP 24 inaspriva i toni sull’inquinamento e sull’ambiente. Il messaggio che ne derivò (e le critiche) resero virale il suo intervento, risvegliando l’intera comunità internazionale su un argomento così delicato come la salvaguardia della Terra. La band affronta il problema del cambiamento climatico di una terra che sanguina.

La vita, sul globo terracqueo, è in decadenza e questo si riflette sulle nostre vite: la sofferenza e la depressione giornaliera che ne scaturisce è il caposaldo di Giorno Perfetto, nel brano ci spingono ad essere noi stessi gli artefici del nostro futuro, di non aspettare il giorno perfetto ma di crearcelo, in un difficile e doloroso processo di autoaffermazione di sé.

In Il Prossimo Show violini birichini all’irlandese e la collaborazione con Franco D’Aniello e Francesco “Fry” Moneti dei Modena City Rambles trasforma il brano in un autentico inno all’uguaglianza: “Perché lo sai che non è facile esser quello che sei, quando tutto intorno è più fragile e capisci davvero quello che vuoi”.

Electric Déjà-Vu è la fedele rappresentazione dell’arretratezza sociale e culturale di questi tempi progressisti, espressa a pennello nelle parole del brano Uomo Medioevo, un’aperta critica verso l’uomo medio moderno, fortemente attaccato alle tradizioni e alla paura che sfocia in omofobia e al razzismo. 

Sei un genio del male o sei solo scemo”, urlano i Punkreas, stanchi di questo mondo becero e improntato solo all’odio verso chi è discriminato come diverso. Necessitiamo un cambiamento per combattere la ristrettezza emotiva e per non sprofondare nella “banalità del male”, questo può essere attuato solo insorgendo contro tutto ciò che consideriamo falso e scorretto.

 

Punkreas
Electric Déjà-Vu
Virgin Music LAS Italia / Universal Music

 

Marta Annesi

Nick Oliveri @ Red Velvet Corazon

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• Nick Oliveri •

Red Velvet Corazon (Cervia)  // 30 Marzo 2023

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]foto di Emanuel Giordani

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Tre Domande a: I Boschi Bruciano

Come e quando è nato questo progetto?

Spiegare come e quando nascono I Boschi Bruciano è una domanda più difficile di quel che può sembrare. Sostanzialmente questa band è nata tre volte ed è morta due. Noi fratelli Brero abbiamo sempre voluto suonare in un gruppo rock e cantare in italiano. Da ragazzini affascinati dai Ministri e i Fask, dai loro live all Hiroshima di Torino e dal pogo selvaggio decidiamo di provarci. Nel 2016 conosciamo Giulio Morra che diventerà la nostra chitarra solista. Facciamo la prima prova la vigilia di Natale dello stesso anno. Nel 2017 incontriamo Luca Mauro e fondiamo la band ma allora decidiamo di chiamarci Qwercia. Dopo un annetto di concerti nel Nord Italia Luca abbandona il progetto e al suo posto al basso e le tastiere subentra Maurizio Audisio ed è con lui che nel 2018 cambiamo il nome in I Boschi Bruciano. Con questa formazione incidiamo il nostro primo disco Ci Pesava che esce nell’autunno 2019 ma a causa dell’emergenza pandemica del 2020 la maggior parte del nostro tour viene annullato. Scoraggiati dalla situazione Maurizio e Giulio lasciano la band per dedicarsi ai loro studi e nell’estate 2020 decidiamo di continuare da soli in formazione power duo.

 

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il vostro modo di fare musica o a cui vi ispirate?

Ce ne sono tanti, tutti ci hanno ispirato in un modo o nell’altro nella creazione del nostro nuovo album Riserve, ascoltiamo una media di quattro ore di musica al giorno! Ma i nostri maestri negli ultimi tempi sono stati: Nothing But Thieves, Cleopatrick, Death From Above 1979, Japandroids, Two Feet, Reignwolf, Royal Blood e Grandson.

 

Qual è la cosa che amate di più del fare musica?

Forse la cosa che amiamo di più del far musica è il far musica! È un’esperienza completa fatta di tanti aspetti, di gioie e soprattutto di sfide collegate tra loro.
È uno stile di vita, una filosofia, una costante lotta tra te, la tua mente e il mondo.
È incredibile come riesca ad unire la passione per il “nerdismo”, l’isolamento ed il lavoro di introspezione tipico dei momenti in cui si scrivono e registrano canzoni alla condivisione del live e all’avventura di un tour. Suonare ti fa conoscere un numero spropositato di persone, ti fa provare tutta una serie di emozioni di cui nella vita di tutti i giorni difficilmente potresti fare esperienza, ti mette nelle situazioni più assurde, ti fa sorridere, piangere, ti stanca da morire e ti da un motivo per alzarti al mattino.

Gaia @ Santeria Toscana 31

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• Gaia •

Santeria Toscana 31 (Milano) // 29 Marzo 2023

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]foto di Oriano Previato

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