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FESTIVALINO: Torna il 28 e 29 novembre a Ferrara. Live, talk e showcase con JUNI, GIULIA MEI, MARCO GIUDICI e tanti altri.

Prosegue l’esperienza della rete tra 

Ferrara Sotto le Stelle, Arti Vive Festival e Acieloaperto


SOLIDO

presenta

FESTIVALINO

V edizione

Sulle strade dei festival

venerdì 28 e sabato 29 novembre

Circolo Arci Bolognesi e Officina MECA – Ferrara

Live / talk / showcase 

GIULIA MEI | JUNI | ADELE ALTRO | 

MARCO GIUDICI | KOROBU | CITRUS CITRUS | 

CARLO PASTORE | ELISA GRACI 

Ingresso libero riservato ai soci ARCI

Prosegue la virtuosa esperienza di SOLIDO, il network tra i festival Ferrara Sotto le Stelle, Arti Vive Festival e acieloaperto, che presenta la quinta edizione del FESTIVALINO, in programma venerdì 28 e sabato 29 novembre a Ferrara.

Giulia Mei, Marco Giudici con Adele Altro, Juni, Korobu, Citrus Citrus, Carlo Pastore e Elisa Graci sono tra gli ospiti di due giorni di live, talk e showcase Sulle strade dei festival, che prenderanno vita in due luoghi importanti per l’attività sociale e culturale della città: Officina MECA e il Circolo Arci Bolognesi.

L’ingresso a tutte le attività è libero e riservato ai soci ARCI: per ottenere la tessera è possibile iscriversi tramite la piattaforma sito https://tessera-arci.it o nei luoghi dell’evento.

Con questa nuova edizione, il FESTIVALINOaggiunge un ulteriore tassello nel percorso virtuoso di SOLIDO, reso possibile dal finanziamento della legge 2/2018 della Regione Emilia-Romagna relativa allo sviluppo del settore musicale e grazie al supporto dell’Emilia-Romagna Music Commission.

Nato nel 2020 durante la pandemia come progetto spontaneo per favorire la collaborazione tra festival, SOLIDO si è trasformato in un coordinamento consolidato, capace di unire esperienza internazionale e radicamento locale. Un punto di riferimento che guida lungo un percorso di progettazione comune volto a costruire una rete sempre più stretta e capillare tra festival e operatori della musica dal vivo in Emilia-Romagna, che guarda alla cultura musicale dal vivo con una prospettiva innovativa e inclusiva, valorizzando artisti, pubblico e operatori culturali, mantenendo accesa la curiosità e la collaborazione tra chi immagina, produce, costruisce e vive la musica live.

SOLIDO si sviluppa intorno a una sensibilità, una visione condivisa del fare cultura che mette al centro l’integrazione con il digitale, l’attenzione alla sostenibilità ambientale, al gender-balance e alle nuove forme di inclusività. A questo si affianca un’attenzione alla riscoperta e valorizzazione dell’identità del territorio: lo dimostrano i luoghi che ospitano il FESTIVALINO – due spazi accoglienti e accessibili che coltivano e stimolano il panorama culturale di Ferrara –  la volontà di coinvolgere nel cartellone ospiti e realtà emiliano-romagnole.

IL PROGRAMMA DEL FESTIVALINO

La line-up del FESTIVALINO è composta da nomi, voci e storie diverse che si incontrano per raccontare la musica dal vivo nel suo presente e nel suo futuro. Concerti ma non solo: attorno ai live si sviluppano talk, showcase e tavoli di lavoro. Momenti pensati per continuare a intrecciare idee, persone e visioni, stimolando anche la costruzione di nuove collaborazioni tra gli operatori del settore.

Si comincia venerdì 28 novembre al Circolo Bolognesi: a inaugurare la prima serata è il concerto dei Citrus Citrus. La band padovana presenta dal vivo il suo nuovo album In The Belly Of Eternal Draw in arrivo il 14 novembre per l’etichetta romagnola Bronson Recordings. Il loro è un ribollente mix sonoro che viaggia tra psichedelia, funk robotico e suggestioni folk provenienti da latitudini lontane, attraversando influenze jazz-rock giapponese anni ’70, kosmische musik e minimalismo. A seguire, sul palco arrivano i bolognesi Korobu con l’ultimo lavoro K for Key, uscito per Locomotiv Records (spin-off dell’omonimo club del capoluogo emiliano). Un disco di pop estatico, un’esplosione primordiale di onde spigolose dal sapore art rock, che gioca sul contrasto con sperimentazioni elettroniche e dark-wave, tra galassie sci-fi e math-rock.

La musica dal vivo sabato 29 novembre si sposta a Officina MECA a partire dalle ore 17 con lo speciale showcase di Marco Giudici in cui il cantautore, produttore e polistrumentista, in duoinsieme a Adele Altro, presenta il suo nuovo album Trovarsi soli all’improvviso, in arrivo il 21 novembre per 42 Records. Canzoni che nascono dal cuore e arrivano dritto a quello di chi le ascolta con una delicatezza potentissima, fondendo testi intimi e cesellati a un sound etereo e raffinato.

A seguire il live di Juni, il progetto musicale solista di Ilaria Formisano, voce della band GOMMA. Un nome fluido, plurale, che assume molteplici identità ed è un esperimento, il tentativo disperato di dare una forma a tutto ciò che non ha un suono che prende corpo nel suo album d’esordio, nero, attimo, in arrivo il 21 novembre.

In chiusura, alle ore 23, il concerto di Giulia Mei. Artista rivelazione del 2024 con il brano Bandiera, che ha conquistato i giudici di X Factor 2024 e ha ricevuto più di 3 milioni di stream, presenta al FESTIVALINO il suo ultimo disco Io della musica non ci ho capito niente: un elogio alla vita semplice, il diario di una bambina che parla liberamente di tutto, creando un inno al caos e al disordine che dominano la vita quotidiana e ordinaria.

Nella mattinata e nel pomeriggio del 29 novembre, sempre a Officina MECA spazio a talk e incontri che riuniscono direttrici e direttori artistici, operatrici e operatori culturali, artiste e artisti, istituzioni, agenzie e media del settore musicale per discutere insieme su come affrontare le sfide della direzione artistica, dell’identità e della parità di genere, della comunicazione e, soprattutto, del fare rete e condividere un percorso comune.

Si comincia alle ore 11 con Sostenibilità ambientale e sociale negli eventi musicali, tra costi e opportunità per gli organizzatori e le comunità, un talk intorno alla Survey regionale Sostenemus “Fattori di sostenibilità negli eventi musicali in Emilia-Romagna” tenuto da Marco Mancini, architetto e ricercatore in Design, responsabile del MUIND – Music Industry Design Research Unit (Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara) e Giulia Mattioli, avvocato amministrativista e ricercatrice in diritto amministrativo, specialista in Studi sulla pubblica amministrazione e vicedirettrice del Master in materia di appalti pubblici, prevenzione della corruzione, sostenibilità ed innovazione organizzato dall’Università degli Studi di Ferrara e di Milano (Dipartimento di Economia e Management, Università degli Studi di Ferrara).

Nel pomeriggio è previsto un tavolo di lavoro a porte chiuse tra diverse figure che operano nei festival per discutere sul futuro della musica dal vivo, tra logiche di mercato, ostacoli strutturali e evoluzioni della comunicazione.

Alle ore 18 infine l’incontro “La circuitazione nei festival: dalle alleanze occasionali alla coprogettazione strutturale”, per parlare di quanto sia importante, soprattutto negli ultimi anni, stringere proficue collaborazioni al fine estendere anche le attive nel campo dell’organizzazione di festival. Intervengono l’Assessora alla Cultura della Regione Emilia Romagna Jessica Allegni, il giornalista, host, speaker e direttore artistico del MI AMI Festival di Milano Carlo Pastore, la cantautrice e polistrumentista Adele Altro, in arte Any Other,e l’autrice redattrice e conduttrice radiofonica (al momento di base a Radio Popolare) Elisa Graci.

Info

solidoretedifestival.it
www.ferrarasottolestelle.it
acieloaperto.it
www.artivivefestival.it

Tre Domande a: MonAmour

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il tuo modo di fare musica o a cui ti ispiri? 

L’artista a cui mi ispiro fin dall’adolescenza è Damien Rice perchè sento una connessione d’anima con la sua musica, riportandomi alla poesia del mio vivere.
Ho iniziato a suonare la chitarra folk proprio grazie a lui e ho iniziato a seguire questo mondo di note delicate ma allo stesso tempo significative e indelebili.
Un altro artista che mi influenza profondamente è Jeff Buckley che ha ispirato il mio modo di cantare.
Il suo stile soul rock avvolgente e penetrante ha incentivato questa ricerca continua di sonorità che traspirano delicatezza e forza.

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta? 

Ciò che mi interessa di più è condividere e far vivere le emozioni nella loro profonda pienezza e lasciare qualcosa di significativo nel vissuto delle persone.
Credo che la musica nasca proprio come forma di ribellione e unione e noi musicisti abbiamo l’obbiettivo di aiutare a creare un mondo migliore.

Qual è la cosa che ami di più del fare musica? 

Ciò che amo di più nel fare musica è quella sensazione di entrare dentro ad un universo che ti porta ad uno stato di infinità e di pienezza.
La sensazione che amo di più di quando suono è il ritrovarmi a non sapere da quanto tempo il mio corpo ha smesso di esistere, è come entrare in uno stato di trans, una forte meditazione che ti distacca dall’io più profondo.

Parkway Drive @ Scandinavium

Some days you mark something off the “bucket list” and other days you kick that bucket down the road.

After attending and photographing the epic Parkway Drive London, Wembley Arena show in October I thought things could not get any better. Glad to be wrong as I not only got to shoot the final show of the European tour and also the last show of 2025 at the Scandinavium in Gothenburg, Sweden. I also got full access to shoot the entire show from the pit.

Oh, and I got to meet the band and the amazing crew and production staff running the entire gig. Suffice to say after a good old chat with the guys, the Aussie term “true blue bloody legends” more than fits. They even signed some of my prints from the London gig, so to say this night was a highlight of the year is an understatement. 

And to add a cherry on a very calorie heavy cake I got to walk with the band through the crowd to the stage. The production was a slightly scaled down version of the one that we saw at the likes of Wembley but no less potent. Carrion and my all-time fav, Prey kicked us off and with the full stage revealed it was time for Glitch and the first dose of the pyro spectacle that would singe my eyeballs all night. During Cemetery Bloom we were treated to an amazing kinetic interpretive dancing around lead singer Winston McCall. During Wishing Wells rain fell from the ceiling and it all finished up in a maelstrom of water and fire. Very elemental.

Another highlight of the night was Idols & Anchors. As agreed with Winston before the show I followed him from the stage out into the crowd. With security in front, Winston in the middle and me in the rear, we pushed our way to the center of the crowd. As Winston stood on the platform already brought out by the crew, I fought to keep position as the crowd surged inwards. As Guitarist Jeff Ling kicked off the song on stage Winston whipped up the crowd into a massive circle pit. Challenging to get a photo but so much fun and the connection Winston and the band have with their fans is phenomenal. 

Chronos brough out the string trio and Darker Still brought a moment of calm before we went into Bottom Feeder the last song before the encore, and what a hell of an encore. With dancers throwing Molotov cocktails and Ben Gordan rotating 360 degrees we went into Crushed and the fiery hellscape that accompanied it with a raising fire spewing platform centered in a stage that resembled the 7th level of Hell. 

As the band came to the front of the stage the crowd started singing the riff of Wild Eyes. The band kicked in and that was that. The last song of 2025 and a massive year for Parkway Drive. As young, old and everyone in between filed out into the night it is clear that this band has reached a level of popularity and impact that is very rare for this genre of music. Right now, the band has a break until the Australian Summer festivals.
What’s next for them? No idea, but I will be there every step of the way.

Setlist

Carrion
Prey
Glitch
Sacred
Vice Grip
Horizons
Cemetery Bloom
The Void
Wishing Wells
Gimme a D / Anasasis (Xenophontis) / Mutiny / It’s Hard to Speak Without a Tongue / Smoke ‘Em If Ya Got ‘Em / Romance Is Dead
Idols and Anchors
Chronos
Darker Still
Bottom Feeder

Drum Solo
Crushed
Wild Eyes

Spiritualized @ Barezzi Festival

Parte prima o “della ricorsività”

Torno a distanza di un anno al Barezzi Festival, un nome se c’è n’è uno di festival (forse più adatto il termine rassegna ma vabbè) virtuoso, vuoi per l’idea alla base, vuoi per la proposta musicale che è anche culturale (il che è tutto fuorchè scontato al giorno d’oggi). Ci torno di sabato come lo scorso anno. Allora furono i Lankum, oggi gli Spiritualized. Diluvia, come la volta scorsa, col Teatro delle Celebrazioniallagato, stavolta per fortuna il Regiosarebbe stato risparmiato. Oggi come allora sarebbe però stata una serata “one for the ages”. 

Parte seconda o “one for the ages”

Gli Spiritualizednon si possono spiegare, non si possono rinchiudere in una definizione, non si possono inquadrare. Una cosa ti concedono, ovvero lasciarti trasportare, travolgere, cullare, stordire, incantare. Che la serata fosse da circolino rosso nel calendario lo si capisce presto: Teatro Regiopraticamente sold out, pubblico delle grandi occasioni, età media effettivamente alta rispetto agli standard ai quali ultimamente sono stato abituato (praticamente a ‘sto giro non ero tra i più vecchi dei presenti insomma), location che mette i brividi solamente a guardarla, quando provi ad alzare lo sguardo verso l’enorme lampadario che pende dal soffitto, circondato da magnifici affreschi. Ah, il lampadario ha un nome, si chiama Astrolampo ed ha più di 150 anni, così giusto per.

Ancora a sipario chiuso, sono da poco passate le 21, si avvertono le prime note. Cop Shoot Cop… 

Parte terza o “dell’abbandono”

Si apre lentamente il sipario. Gli Spiritualizedin formazione “standard” a nove elementi con Jason Pierce all’estrema destra e a semicerchio le tre coriste, al centro basso e batteria a formare una delle sezioni ritmiche più clamorose che a memoria abbia mai avuto il piacere di vedere ed ascoltare, a seguire tastiera e le due chitarre. 

Si va.

Cop Shoot Cop ad aprire dicevamo, unico brano in scaletta che pescherà da Ladies And Gentleman, un quarto d’ora, forse più, nei quali il bianco/nero delle parti cantate si alternano alla sequenza blu/rosso delle parti più rumorose ed improvvisate, un effetto talmente alienante che mi pare di essere attirato verso il palco ed inglobato da quel caos così educato e controllato. Non c’è materialmente il tempo per realizzare o applaudire che sono travolto nuovamente, stavolta da una furiosa She Kissed Me. Penso che quelle chitarre così ipnotiche che non ricordavo nella versione su disco non le dimenticherò facilmente. 

Parte quarta o del “tanto con poco”

Shine a Light e poi Let It Flow, il palco che si fa rosso, Piercea duettare con le tre coriste, il gospel che si sposa alla psichedelia, i ritmi che tornano a salire con These Blues, Born, Never Asked, Electric Mainline e All Of My Tears, a chiudere un poker interamente proveniente da Pure Phase, disco che ha da poco compiuto trent’anni e che gli Spiritualizedhanno portato in tour per alcune date. In uno stato di beatitudine e quasi straniamento con gli occhi insisto con ostinazione su basso e batteria, basso e batteria, mentre fatico a realizzare e ad accettare come i due possano tenere in piedi un tale complesso e articolato scenario sonoro con una pulizia ed una semplicità sbalorditive. Deve essere così che suonano quelli bravi davvero, ah?

Parte quinta o dell’ “alzo le mani”

Non letteralmente, però insomma già sono psicologicamente incapace di reagire, le difese azzerate, in totale balia di quello che accade sul palco a pochi metri da me che il colpo di grazia arriva con The A Song (Laid In Your Arms). Devastante. Un’orgia di suoni, dieci minuti clamorosi a metà dei quali c’è spazio per una digressione rumoristica prima di riprendere da dove si era lasciato. Mi abbandono alla mia poltrona mentre a puntino arriva Damaged, che se fossi una persona capace di esprimere senza filtri i propri sentimenti credo scoppierei a piangere, “I wanna just close my eyes, feel like I’m floating”, invece mi limito a sentirmi una delle persone più fortunate al mondo, almeno in quale preciso istante. 

Parte sesta o “sipario”

Capoverso che avrebbe potuto anche tranquillamente intitolarsi “ballate pure sul mio cadavere già che ci siete”.

Sail On Through, che aveva chiuso la maggior parte delle date della band di Pierce, questa volta fa da ponte verso il finale, So Long You Pretty Thing. Che altro dire se non di andare ad ascoltarvela, su disco o dove preferite e quando superate il quarto minuto e inizia in loop So Long You Pretty Thing, God Save Your Little Soul, chiudete gli occhi, volume alto mi raccomando, e figuratevi la bellezza che vi state godendo elevata a potenza, suonata dal vivo, in uno dei teatri più belli del mondo, in un momento che vorreste potesse non finire mai.

Poi succede che invece il concerto finisce, il sipario si chiude, il pubblico si spella le mani, chiede un bis, si accendono le luci, niente bis, niente “Grazie Parma, we’re happy to be here e blah blah”, fuori ha smesso di piovere e io sto ancora fluttuando nello spazio.

Alberto Adustini

Soap&Skin @ Barezzi Festival

Un sabato pomeriggio, di novembre, a Parma, piove ed i 1200 posti del Teatro Regiosono in gran parte occupati per il concerto di Soap & Skin al Barezzi Festival. Mi accomodo col mio bel biglietto “da poveri” nel loggione, altresì noto come “piccionaia”, così chiamata per via della rumorosità del pubblico che vi si trovava, a differenza della più nobile ed educata aristocrazia dei palchi e della platea.

Ed invece dalle 18 precise orario di inizio concerto alle 19:30 passate, quando si spengono le ultime note di Boat Turns Towards the Port, il silenzio estasiato del pubblico risulta essere il più chiaro e lampante giudizio sull’esibizione dell’artista austriaca.

Dopo la data di Milanoero uscito con qualche perplessità, a dire il vero, in quanto il live, pur di altissimo livello e ovviamente incentrato per lunga parte sull’ultimo lavoro di sole cover (Torso, NdA), specie nella seconda parte aveva fatto ricorso in misura un po’ troppo invadente di basi, di “non suonato live”, il che mi strideva soprattutto per la presenza sul palco di un quartetto composto da due archi e due ottoni che per il resto del tempo avevano creato vera magia.

Il concerto di ieri invece, nonostante ricalchi quasi fedelmente la scaletta dell’ultima volta, fatta eccezione per l’ordine di alcuni brani e l’assenza di Goodbye, ha dissipato dubbi e perplessità, mi ha mostrato come Anja sia genuinamente se stessa sia quando ti dilania interiormente al piano, come in The Sun (ahimè l’unico brano in scaletta tratto da quel capolavoro che è Lovetune For Vacuum), sia quando fa vorticare nell’aria quelle lunghe braccia, ballando in maniera così sincera e libera Girl Loves Me. Di momenti alti ce ne sono davvero molti, dalla delicatezza di Mystery Of Love, alla poesia di God Yu Tekem Laef Blong Mi, che poi la sua capacità di saltare con assolutamente nessuna fatica dal Tom Waits più puro di Johnsburg, Illinois alla ribaltata Mawal Jamar di Omar Souleyman è una caratteristica che me la fa apprezzare ancora di più, se possibile.

Come se il nostro cuore non fosse già colmo di tanta bellezza sul finire del live la mia austriaca preferita piazza una Pale Blue Eyes molto distante da come era stata realizzata da Reed e compagni, ma alla quale dona un arrangiamento spettacolare, con un crescendo mozzafiato che accompagna l’ormai classica discesa in platea di Anjaa donare fiori a pochi fortunati presenti. Il secondo encore invece parte con Stars, pescato dal repertorio (oltremodo sottovalutato) di Janis Ian e si conclude con l’immancabile Boat Turns Toward The Port, brano di struggente bellezza, sulla cui coda strumentale, eseguita dal resto della band, Anjasi accomoda, schiena poggiata al piano, seduta a terra, a godere di un momento di estatica meraviglia.

Alberto Adustini

Ministri @ Estragon Club

Che bello questo autunno pieno di live interessanti così ravvicinati! Che benessere il programma di sabato sera: io e la mia amica, sushi + Ministri all’Estragon.
Chi potrebbe realizzare un sold-out all’Estragon nella stessa sera della seconda data italiana (di ben quattro) all’Unipol Arena dei Radiohead?

Appena saliti sul palco, Federico Dragogna ci strappa subito una risata dichiarando “Qua le birre intanto vengono la metà di quelle che avreste preso dai Radiohead!”
Voglio tanto bene a Davide “Divi” Autelitano, Federico Dragogna e Michele Esposito. È grazie ai Ministri se ho iniziato a scrivere report di concerti, per una serie intricata di coincidenze che non mi dilungo a descrivere. Li avevo già visti in posto più intimo e rustico come il Rock Planet di Pinarella di Cervia ed aspettavo di vederli in un club più capiente. 

L’occasione si presenta con il tour dedicato alla promozione di Aurora Popolare, loro ultima fatica. Uscito su tutte le piattaforme il 19 settembre, tre anni dopo Giuramenti, Aurora Popolare non si presenta come un album di svolta, la band non cambia registro, rimane coerente al tono e ai temi tipici della loro produzione ormai ventennale.
Si fanno, come da consuetudine, portatori di un messaggio sociopolitico che scomoda la vita quotidiana di tutti noi: il lavoro (precario), i soldi (sempre meno) e i tempi (più bui). L’accento questa volta pare ricadere sulla reazione richiesta davanti a simili condizioni, una chiamata a non arrendersi, un risveglio collettivo. 

A questo riguardo calza a pennello l’intervento di Dragogna (penna, chitarra e seconda voce), il quale, introducendo l’iconica Comunque, commenta: “Nonostante il fatto che davvero non abbiamo più una lira bucata e gli stipendi sono fermi al 2001, nonostante questo, voi siete usciti di casa questa sera, invece che stare a scrollare. Questa è una cosa incredibile e questo soltanto perché vale sempre la pena di provarci comunque”. Forse, per me, emotivamente il concerto è iniziato in quel momento. 

Musicalmente si riconfermano una certezza. L’esperienza Ministri, oltre a far riflettere sulla vita, prima di ogni cosa è sempre stata una potente iniezione di adrenalina.
Ci siamo stupite, nella prima parte del concerto, poiché sembrava che ogni brano fosse una buona scusa per pogare, per fino la title track-inno Aurora Popolare.

Sono sembrati tutti in forma come al solito, a sudare sotto le nuove giacche napoleoniche immaginate e realizzate dallo stylist Nicolò “Nick” Cerioni; tranne Michelino che si presenta in canottiera, comodo per assestare le sue pacche sul rullante. Fede partecipa alla performance con il corpo, con le espressioni del volto, con tutto sé stesso (compreso tutto il suo sudore) e quando mi regala l’assolo di Palude, sono davvero una persona felice. Divi rimane una delle migliori voci del rock italiano attuale: incisiva, vigorosa, in qualche modo ruvida e limpida allo stesso tempo. Non smette di concedersi – giustamente – le sue buone abitudini da rockstar: indìce i poghi, raggiunge il pubblico e si siede (fino a stendersi) tra di noi, cantando una versione acustica di Vestirsi Male, sventola la bandiera con il sol levante di Aurora Popolale e surfa sulla folla. In un’intervista recente ho sentito Michele Esposito definire il più grande pregio di Divi essere “una persona di grande cuore” e ce ne accorgiamo dalla generosità con cui parla degli altri, dagli interventi rivolti al pubblico, al fervente orgoglio con cui presenta i suoi compagni di band, fino alla chiusa in cui spende più di una buona parola nei confronti, non solo della squadra tecnici del tour, ma anche dei Circus Punk in apertura, commentando quanto sia importante per lui fare luce sulle nuove leve, sui tanti promettenti talenti della nuova generazione. 

Dopo il finale di Palude, che mi ha aperto e ricucito il cuoricino, abbiamo potuto tutti salutare la band milanese con un’infilata di brani che mia madre definirebbe “ignorante”, solo puro rock’n’roll: Bevo, Spingere e Abituarsi Alla Fine.
Ce ne andiamo con il sorriso, come dopo aver rivisto una vecchia compagnia di amici dopo anni di distanza. Non importa se non c’è ancora stata alcuna rivoluzione, non importa se i nostri stipendi non aumenteranno, ci sarà sempre un concerto dei Ministri a cui andare per sfogarsi tutti insieme e sentirsi un po’ meglio.

Setlist

Avvicinarsi Alle Casse
Aurora Popolare
Il Sole (È Importante Che Non Ci Sia)
Poveri Noi
La Nostra Buona Stella
Buuum
Comunque
Piangere Al Lavoro
Mangio La Terra
Gli Alberi
Squali Nella Bibbia
La Mia Giornata Che Tace
Tempi Bui
Sabotaggi
Spaventi
Vestirsi male

Diritto Al Tetto
Una Palude
Bevo
Spingere
Abituarsi Alla Fine

Lucia Rosso

Tre Domande a: LupoFiumeLeggenda

Come, quando e perchè è nato il tuo progetto?

La mia è una “storia diversa per gente normale”, per citare Faber.
Come tanti ho suonato nelle band da ragazzo, poi le band si sciolgono, la vita corre e tu ti affanni starle dietro. Ecco, io mi sono trovato in mezzo alla pandemia che avevo quasi 30 anni e una gran paura di vedere i miei sogni diventare rimpianti.
Quindi ho scritto un disco ispirato al libro di Eduardo Galeano Le vene aperte dell’America latina.
Il disco poi l’ho cestinato, però da lì è ripartito tutto!
Ho conosciuto Santona e da allora siamo in pista… In pista o balli o lasci ballare.

Quale messaggio vuoi far arrivare a chi ti ascolta?

Francamente se potessi scegliere preferirei mandare qualche emozione, magari un pianto liberatorio o un sospiro di sollievo, perché è quello che chiedo alla musica da fruitore.
Io faccio musica perché mi diverte farlo, perché non credo ci sia un’età giusta per farlo e perché tiene la mia mente occupata dandomi un senso e un obiettivo. Quindi, forse, il messaggio è questo: “Prenditi tempo per ascoltarti e quando hai sentito bene tutto quello che avevi da dirti prendi la tua strada e pedala”.

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Dai lasciamene almeno due ti prego! Già con due faccio la mia porca fatica a scegliere.
Fra le vecchie ti dico AXL, perché secondo me è una chicchetta: in questa canzone penso di aver trovato la giusta sintesi di parole per dare voce all’emozione che mi prendeva il collo in quel periodo. Era estate, ero solo in città, faceva caldo e stavo in casa il pomeriggio a suonare con le “tapparelle tutte giù”; mi sentivo solo e in colpa senza essere solo ne in colpa, però la mia lei era lontana e io realizzavo quanto bisogno avessi di sentirla vicina: “Per fortuna che ora ci sei tu”. All’inizio volevo chiamarla Pomeriggio Zenzero, poi mi sono ricordato che l’aveva già fatta Paolo Conte quella.
Fra i nuovi brani invece ti direi L’età dell’oro che forse è un po’ un B-Side del disco, ma ci sono molto affezionato. L’ho scritta pensando a mio padre mentre mi preparavo a diventare padre, ha tanto valore per me, è la canzone della maturità. Poi “chissenefrega se il fumo ci ucciderà, chissà, però per l’ansia funziona ed oggi l’ansia è qua” e “che fregatura che è la nostalgia, c’ha un prezzo ma, serve a combattere con l’apatia, con la realtà” secondo me son due delle mie migliori frasi.
Scusate la spocchia.