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Benson Boone: l’hit maker mondiale arriva in Italia, live il il 20 giugno a Ferrara

BENSON BOONE
IL GLOBAL HIT MAKER
Dopo aver conquistato il mondo con la sua musica
 
La sua hit “BEAUTIFUL THINGS”
AL N.1 IN USA E IN ALTRI 8 PAESI TRA CUI
UK, FRANCIA, GERMANIA, AUSTRALIA, IRLANDA E AUSTRIA
Contenuta nel primo album
FIREWORKS & ROLLERBLADES

Il suo tour mondiale
FIREWORKS AND ROLLERBLADES
È arrivato  in Europa
UNICA TAPPA ITALIANA
al FERRARA SUMMER FESTIVAL
il 20 giugno



Benson Boone è l’hit maker globale del momento. La sua canzone “Beautiful things” ha raggiunto per più settimane il n #1 in Usa, in Germania, in UK, e Irlanda, oltre ad essere in vetta della classifica Globale di Spotify e il suo primo album Fireworks & Rollerblades si conferma un successo anche nel nostro Paese dove è stato il secondo album internazionale più ascoltato, e il nuovo singolo “SLOW IT  DOWN” sta scalando le classifiche.
La sua musica ha conquistato il mondo e il suo tour mondiale è finalmente arrivato in Europa. Partito da Londra il 21 maggio arriva in Italia  con un unico esclusivo concerto il 20 giugno al Ferrara Summer Festival (Piazza Trento e Trieste – Ferrara). I biglietti sono disponibili su Vivaticket.com.


Il tour americano è partito il 3 aprile a Chicago, con tappe a Montreal, Toronto, Brooklyn,  Atlanta, Los Angeles e si è concluso a Vancouver il 4 maggio.  15  sono le date in Europa e la data finale sarà l’Italia.
A settembre concluderà il tour in Australia e Nuova Zelanda.

Fireworks & Rollerblades  prende il titolo dal verso “like two fireworks tied to a roller blade” della canzone “Hello Love”.  Non solo ha ispirato il titolo dell’album, ma è anche una metafora della vita che sta vivendo. Gli ultimi due anni sono stati incredibilmente eccitanti, poiché la sua carriera musicale è decollata a un ritmo rapido, ma allo stesso tempo sono stati caotici, mentre imparava a trovare un equilibrio nella sua nuova realtà. L’album è una montagna russa di emozioni legate alla vita personale di Boone.

La sua storia è come una favola e non è il classico tean idol ma un artista polistrumentista in grado di suonare la chitarra, la batteria e il pianoforte e di scrivere canzoni capaci di unisce melodie di forte sentimento con un potente ritornello che si intrecciano con la voce cruda ed emozionante di Boone per creare un brano accattivante che rimane subito in testa.
Incomincia pubblicando le sue prima canzoni su TikTok e i suoi numeri incominciano a farsi importanti, poi passa le selezioni del talent show “American idol” ma decide in seguito di abbandonare tutto perché non ritiene la sua musica adatta per un programma tv.
Il suo talento è innegabile e la sua musica, un mix di pop/rock melodico,  ha il potere di arrivare alle persone. Viene scoperto da Dan Reynolds, la superstar leader degli Imagine Dragons. Da allora, inizia la sua storia, firma con un’etichetta e incomincia a generare miliardi di stream globali e a raccogliere critiche molto positive da parte di tutti i media musicali.

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BENSON BOONE FIREWORKS AND ROLLERBLADES WORLD TOUR:


UK/EU:
May 21 — London, UK — Heaven
May 23 — Antwerp, Belgium — Trix
May 25 — Paris, France — Elysee Montmartre
May 26 — Cologne, Germany — Kantine
May 28 — Utrecht, Netherlands — TivoliVredenburg
May 30 — Zurich, Switzerland — Mascotte
June 1 — Prague, Czech Republic — Rock Cafe
June 2 — Warsaw, Poland — Progresja
June 4 — Berlin, Germany — Metropol
June 5 — Copenhagen, Denmark — Vega
June 6 — Stockholm, Sweden — Fryshuset Arenan
June 8 — Trondheim, Norway — NEON Festival
June 9 — Oslo, Norway — Sentrum Scene
June 11 — Helsinki, Finland — House of Culture
June 20 – Ferrara, Italy – Ferrara Summer Festival, piazza Trento Trieste

AUS/NZ:
Sept 14 – Auckland, NZ – Powerstation
Sept 16 – Brisbane, QLD – The Tivoli
Sept 18 – Melbourne, VIC – Forum Theatre
Sept 19 – Sydney, NSW – Enmore Theatre

Lana Del Rey @ I-Days

Milano, 4 Giugno 2024

Circa 66 mila persone in attesa di una delle regine della musica: Lana Del Rey ha incantato il pubblico di Milano all’Ippodromo Snai San Siro in occasione degli I-Days 2024, con un concerto che per molti fan rimarrà memorabile. 

La serata è iniziata con le esibizioni di apertura di Dardust e Clara, che hanno preparato il pubblico con le loro performance energiche. 

Il palco la attendeva, con strutture ricoperte di fiori, quasi a formare terrazze dove lei e le ballerine hanno danzato, e portato la loro luce, non solo con outfit che davvero catturavano tutta la luce del palco, ma con la loro voce: Lana ci ha fatto comprendere che è tornata e che la sua voce unica e i suoi testi profondi ci mancavano tanto. 

L’artista americana ci ha regalato una performance che resterà a lungo tra le sue migliori, con una scaletta che ha aperto con Without You, per continuare con dei brani tra i più amati come West Coast, Doin’ Time, Summertime Sadness e Video Games.

La performance è stata arricchita da effetti visivi spettacolari e da un’atmosfera che ricordava qualcosa di magico: un connubio perfetto tra musica e poesia. Lana ha saputo alternare momenti di energia con passaggi più personali e riflessivi, quasi a farci entrare nel suo mondo più intimo tramite la musica, dimostrando la sua incredibile capacità di connettersi con il pubblico.

Uno dei momenti più emozionanti della serata è stato quando ha cantato Born to Die, una delle sue canzoni più ascoltate di sempre, che ha visto il pubblico emozionarsi all’unisono, creando un coro che ha riempito l’Ippodromo. Il concerto si è concluso con Young and Beautiful, lasciando i fan con un mix di forti emozioni.

Lana Del Rey ha dimostrato di essere una delle artiste più influenti del panorama musicale contemporaneo, capace di incantare e coinvolgere il pubblico con la sua arte e ha confermato ancora una volta il legame speciale tra lei e i suoi fan italiani.

Blonde Redhead @ Ferrara Sotto Le Stelle

Si è aperta ieri sera, 3 Giugno, l’edizione 2024 di Ferrara Sotto Le Stelle con il live dei Blonde Redhead, preceduti da Any Other.

A FSLS voglio un gran bene, lo frequento da più di vent’anni, c’ho visto un numero enorme di concerti memorabili, tra i quali non potrò purtroppo menzionare quello andato in scena ieri sera.

Le premesse in realtà erano più che buone: il cortile del castello Estense sold out in prevendita, una Any Other in solo che presenta un set che cresce in maniera esponenziale, a conferma della levatura e della caratura dell’artista veronese, temperatura più che gradevole, facce note, insomma, tutto bello.

Poi però, accolti da un pubblico sorprendentemente caloroso ed entusiasta, ecco i gemelli Pace seguito da Kazu Makino guadagnare il palco e già da subito si avverte, o almeno questa era stata la mia sensazione “a pelle”, che qualcosa non va. 

È quella gemma di Falling Man ad aprire, come di consuetudine, il set e a dare il là ad una serie di sfortunati eventi.

Dr. Strangeluv iniziata due volte perché non si sentiva il microfono, lo stesso dicasi per Elephant Woman (sic, uno dei brani che più attendevo), stesso problema si presenta anche con il primo encore, Before

In questo quadro un po’ sconfortante il terzetto neworkese inoltre fa molto poco per sollevare la situazione, complici dei cambi strumento davvero lunghi tra un brano e l’altro da parte di Kazu, che non permettono di entrare in sintonia con la musica, è un procedere per strappi, singhiozzi, momenti di grande musica a rovinose cadute.

La scaletta, come prevedibile, pesca in prevalenza dall’ultimo Sit Down For Dinner e da Misery is a Butterfly e 23, evidenziando apparentemente un netto taglio col passato, Touch and Go – era e precedenti, ma che non priva la platea di momenti di grande magia (bellissima Maddening Cloud). Ora, mi preme precisare una cosa, che non vorrei passasse un messaggio sbagliato, ma sia messo agli atti che i Blonde Redhead rimangono una delle migliori band uscite da New York negli ultimi trent’anni, non si discute nemmeno, una band che ho amato e che amo tutt’ora, ed è per questo che rimango un attimo interdetto quando vedo eseguire un finale di concerto come su 23, con Kazu indecisa se lasciare il palco o meno, così come Rest Of Her Life, probabilmente non il miglior brano per chiudere un live, sia detto con tutto il rispetto possibile.

Il fatto poi che poi i brani siano stati eseguiti in maniera così distinta, senza provare ad unirne un paio, a stravolgere un minimo la cadenza, probabilmente limitati anche dall’utilizzo non indifferente di parti preregistrate, rimava più con compitino svolto che con esibizione appassionata, e il “mi dispiace” pronunciato da Kazu alla fine è soprattutto il dispiacere nostro, mio di sicuro, nel non aver potuto godere di tanta bellezza in tutto il suo potenziale.

Oggi però è un altro giorno, FSLS continua con i Dry Cleaning, prima di loro Daniela Pes, insomma il cartellone è di quelli belli belli.

E viva Ferrara Sotto Le Stelle. Soprattutto in sere così. 

Alberto Adustini

Tre Domande a: Ami

Come e quando è nato questo progetto?

Ami è nata nel 2020, ma la musica è stata la mia compagna fin dalla più tenera età, infatti da bambina, i miei genitori mi iscrissero a un rinomato coro della città, alimentando così la mia passione per il canto. Parallelamente, ho intrapreso lezioni di pianoforte, consolidando il mio legame con la musica. Nonostante le mie passioni iniziali, crescendo ho momentaneamente accantonato questi interessi. Tuttavia, nel 2016, in un periodo di transizione personale, ho deciso di riprendere le lezioni di canto, affrontando le mie paure e riscoprendo la musica come parte integrante di me stessa. Il vero cambiamento, di questo progetto è avvenuto nell’estate del 2021, quando ho preso una decisione coraggiosa: ho lasciato il mio lavoro a tempo indeterminato per seguire il mio sogno di fare musica a tempo pieno. Il mio debutto come Ami è stato con il singolo La Maschera, uscito nello stesso anno.

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta? 

Vorrei essere in grado di emozionare, ispirare e far sentire meno soli coloro che si immergono nelle mie opere. Spero di riuscire a trasmettere quelle stesse emozioni e sensazioni che ho provato io ascoltando o guardando i miei artisti preferiti. E se riuscirò a fare anche solo una piccola differenza nella vita di qualcuno, allora avrò raggiunto il mio obiettivo come artista.

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché? 

Mi Resisti, uscita lo scorso 5 Aprile. È un viaggio intimo attraverso i ricordi e i luoghi che hanno plasmato la mia infanzia e continuano a definire chi sono oggi. Infatti a 29 anni mi ritrovo ancora a rifugiarmi in quei posti. L’obbiettivo è quello di esplorare l’amore senza limiti per un luogo, ciò che potrebbe sembrare strano diventa una verità universale: i luoghi, così come le persone, hanno il potere di influenzare e plasmare le nostre vite in modi che spesso non comprendiamo fino in fondo.
Le sonorità, le parole, il modo di comunicare mi rispecchia molto.

Emidio Clementi, letteratura musicata o musica letteraria?

Uno dei più grandi artisti italiani degli ultimi trent’anni, Emidio Clementi dai Massimo Volume in avanti è stato un riferimento per generazioni di musicisti, capace come pochi di unire e contaminare musica e letteratura. Lo abbiamo raggiunto in occasione della sua ultima fatica artistica, ovvero la messa in scena di un’opera di Andrea Pazienza, Pompeo.

Ciao Emidio, innanzitutto grazie di aver accettato il nostro invito e intanto, come stai?

“Bene, devo dire. Sto scrivendo, sto insegnando, direi che tutto procede per il meglio.”

Allora passiamo alle domande più difficili… Pochi come te hanno subito la fascinazione tra musica e letteratura, ovviamente coi Massimo Volume ma poi anche coi Motel Chronicle, o in solo, per cui volevo chiederti qual è l’aspetto che più ti affascina, che più ti stimola in questo tuo processo di commistione tra queste due forme d’espressione?

“Allora, se parliamo dei lavori miei forse il fatto che nel parlato c’è maggiore libertà nella scrittura pertanto lo spazio che essa può prendersi è più ampio che nella canzone tradizionale. Un tempo poi, quando già mi erano arrivate delle proposte di lavorare su testi degli altri, avevo sempre rifiutato, per timore di non farcela principalmente. Poi con Carnevali, che è un autore che sento molto vicino, ho superato questo blocco e forse adesso sto anche esagerando. Però ecco mi sono sempre confrontato con voci che sentivo comunque vicine.”

E tra queste c’è sicuramente Andrea Pazienza. Come nasce tecnicamente ma anche concettualmente l’allestimento di un lavoro simile? E generalmente poi come decidi di orientarti verso un’opera rispetto ad un’altra.

“Beh nel caso di Pompeo si è trattato di un lavoro nato su commissione per il festival del fumetto della Coconino. Quando me lo hanno proposto mi sono preso un po’ di tempo perché ero un po’ spaventato, soprattutto perché c’era un fumetto di mezzo, quindi un altro linguaggio rispetto al mio e alla fine mi sono un po’ buttato. Alla prima assoluta ero solo sul palco, io e le tavole. Successivamente ho voluto coinvolgere anche Corrado Nuccini per una data doppia a Bologna, e devo dire che Corrado ha fatto un grande lavoro, ha trovato le atmosfere che erano giuste per illustrare il fumetto. Poi comunque abbiamo lasciato le tavole sullo sfondo perché il pubblico potesse comunque raccapezzarsi ma è stato comunque una bellissima esperienza.”

In relazione a questa ipotetica trilogia sulla quale avete lavorato tu e Corrado, formata da Carnevali, Shepard e Eliot, tre autori di lingua inglese ma in luoghi e tempi differenti…

“Sì scusa ti interrompo perché è vero, sono autori americani quando poi l’unico americano è Shepard…”

Esatto, questo mi aveva colpito e incuriosito, ovvero come ti orienti in questo mare magnum? Per dire, già in fase di lettura o di studio di un autore poi ti immagini già come potrebbe poi essere un’eventuale trasposizione sul palco?

“Diciamo che la molla è sempre la musicalità della loro parola. Quella di Carnevali è evidente, con Eliot siamo di fronte alla poesia vera e propria, Shepard è vero che si muove in un territorio tra prosa, poesia e frammenti, ma a suo modo assomiglia un po’ ad una canzone, come me la posso immaginare io ovviamente. E quindi anche nella scelta dei brani per i Motel Chronicle, oltre a scegliere quelli che mi piacevano di più, puntavo anche a quelli che potenzialmente si sarebbero prestati meglio ad essere musicati.”

E Paul Auster, che purtroppo è recentemente scomparso, potrebbe essere un potenziale autore che potresti affrontare?

“Per quanto Paul Auster sia un autore che ho amato molto, specialmente con L’Invenzione Della Solitudine, lui è molto più legato alla prosa, non ce lo vedo tanto in un lavoro di questo tipo.”

Quest’anno invece ricorrono in vent’anni della pubblicazione di Stanza 218, realizzato con gli El Muniria, un disco che mi è sempre piaciuto moltissimo nonostante, impressione mia sia chiaro, sembra essere considerato un lavoro minore nella tua discografia. Come ricordi quel periodo e come si formò quel terzetto inedito con Massimo Carozzi e Dario Parisini?

“Guarda, io ricordo quel periodo con grande emozione, ancora di più dalla morte di Dario. Tutto il processo di quel disco fu molto faticoso, a cominciare dal viaggio, dalla realizzazione del disco e non nego, anche il live. Il disco ha una componente direi quasi naïf, visto che ha questa elettronica che al tempo non era evoluta e settata come l’attuale e ricordo che ad esempio spesso il computer si piantava. Però al contempo è stato uno dei dischi più appassionati che ho fatto. È vero che quando uscì rimanemmo delusi da un critica molto tiepida. Quello che dici tu è vero però forse è un disco che è stato ascoltato più di quanto sia stato recensito, credo.”

Come lo hai trovato il tributo che vi hanno fatto mi pare lo scorso anno con quel disco, Stagioni, dove trovano spazio sia nuove leve che artisti più “cresciuti”? E che effetto ti ha fatto sentirti risuonato in un certo senso?

“Mi sembra un grande gesto d’affetto naturalmente, il disco mi è piaciuto, qualche pezzo di più, qualche pezzo di meno. Soprattutto però mi ha dato l’idea della fragilità della nostra proposta, non so come dire… perché è un po’ difficile spostarla dal posto preciso in cui si colloca, cioè faccio un esempio, le meravigliose melodie di Cohen, di Dylan, chiunque le prenda in mano mantengono un po’ la cifra dell’autore, noi invece ci siamo sempre nutriti di quella fragilità, per cui se sposti di poco gli elementi, ecco io credo che diventi qualcosa d’altro.”

Di recente avevo fatto una bella chiacchierata con Jonathan Clancy riguardo al suo ultimo bellissimo lavoro e alla sua etichetta, la Maple Death. Tu c’hai avuto spesso a che fare con loro ma non hai mai pubblicato con l’etichetta…

“Beh Jonathan, come anche Francesca (Bono, NdA) e Laura (Agnusdei), sono miei cari amici, ho ascolto molto i loro lavori e soprattutto quello che sta facendo Jonathan con la Maple è proprio un lavoro culturale, molto esteso e molto efficace. Avevamo iniziato un lavoro insieme che poi, come spesso accade, non è andato in porto ma magari succederà in futuro. Se posso mi è piaciuto molto anche il disco di Krano, bello davvero, una bella personalità, non l’ho mai visto dal vivo ma capiterà. Senza volerla buttare nel politico però ormai trovare spazi al di fuori delle grandi etichette, delle grandi firme, sta diventando sempre più difficile. Una volta era sexy e seducente la scena indipendente, l’impressione mia è che ora anche quella sia stata inglobata nel mainstream.”

Coi Motel state preparando o lavorando a qualcosa di nuovo? Le date dello scorso anno sembra siano andate davvero bene.

“Sì, molto. Prima accennavi all’idea di trilogia ed infatti, quello che vorremmo fare ora è proprio quello di portare in scena, di creare una traccia narrativa che tenga insieme questi tre autori. Il tema probabilmente è quello della fuga, Carnevali che da Bologna va in America, Eliot dagli Stati Uniti all’Inghilterra, Shepard che è comunque un uomo della strada. Se vogliamo metterci anche il mio romanzo su Carnevali, L’Ultimo Dio, quindi sì, lo spettacolo dovrebbe debuttare il prossimo 6 dicembre qui a Bologna e speriamo di riuscire a portalo un po’ in giro e soprattutto di creare un qualcosa di un po’ più teatrale e un po’ più lontano dal reading.”

Stai anche pensando ad altri autori?

“In realtà al momento sento forte il bisogno di concentrarmi sulla parola mia, di tornare ad essere anche un autore di testi, a portare in scena parole mie.

Sto lavorando ad un nuovo romanzo che spererei fosse un po’ più corale de La Notte Del Pratello. Non so quando lo finirò perché comunque sono molto lento nel comporre…”

E novità sul fronte Massimo Volume o per il momento lo teniamo lì?

“No, teniamolo lì. Poi ovviamente nulla è finito. Vittoria sta lavorando al nuovo disco con Francesca Bono, io idem, poi ogni tanto ci sentiamo ovviamente. Se sentiremo la necessità e la voglia di fare qualcosa assieme lo faremo… perché quella è casa.” 

Foto in copertina da archivio

Tre Domande a: La Municipàl

Come e quando è nato questo progetto?

Dopo Tutto Questo Tempo è nato dopo un lungo periodo in cui sono stato impegnato con altri progetti di generi molto diversi da La Municipàl, in primis con Mundial, con cui abbiamo fatto centinaia di concerti in Italia e all’estero e due dischi. L’essere immerso in un altro genere, prettamente strumentale, ha creato la condizione giusta perché le canzoni de La Municipàl mi arrivassero per un’esigenza reale, come un pugno al momento giusto, senza pressioni o lavoro “di mestiere” in studio, per questo sono molto contento di come l’album suoni “sincero”.
Alcuni eventi personali poi mi hanno dato l’ispirazione giusta per alcuni brani, come Giacomo, scritto dopo la nascita del mio primo nipote, o Le Antenne scritto di getto in un giorno in cui ero particolarmente giù per la malattia di mio padre. È il primo album inoltre in cui mi sono aperto alla collaborazione con altri produttori in qualche canzone, ho sempre prodotto io tutti gli album ed avere una prospettiva sonora esterna su alcuni brani è stato molto stimolante.

C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare/condividere il palco?

Non c’è un artista in particolare con cui mi piacerebbe condividere il palco, anche perché alcune mie canzoni sono molto intime e non si prestano a collaborazioni, ed in genere non mi piace il feat. fine a sé stesso, dove ci butti dentro dei nomi solo a scopo commerciale, credo ci debba essere una sintonia artistica ed umana di fondo per poter creare qualcosa di bello.
Ma di sicuro uno degli artisti che stimo ed ascolto di più è Yann Tiersen, musicista super eclettico con una discografia enorme e variegata, metto i suoi dischi quando sono a casa perchè mi fanno viaggiare molto con il pensiero e sarebbe interessante il poter far mie alcune delle atmosfere che crea, che non mi lasciano mai indifferente, una sua produzione su un mio brano sarebbe un regalo enorme perché riesce a toccare alcune corde emotive difficilmente raggiungibili.

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

Quello che amo di più del fare musica è la libertà totale che hai nell’esprimerti, a prescindere dai generi musicali c’è un mondo enorme, da esplorare ed in cui sperimentare, il poterlo fare ed il farlo diventare un lavoro è sicuramente una fortuna e lo considero personalmente un dono enorme che mi è stato fatto da qualcuno, non so chi, ma lo ringrazio. ☺
Inoltre l’avere a disposizione un proprio studio è importantissimo, perché ti permette di lavorare h24 e di dare sfogo a qualsiasi impulso creativo, bello o brutto che possa essere, e questo ti fa diventare oggettivo sulle tue produzioni. Il produrre tanto personalmente mi ha portato a provare un’enormità di strumentazione, e di capire il suono preciso di ogni singolo microfono, amplificatore, strumento o plug-in, e questo ti permette di avere una tavolozza di colori sonori da poter mischiare meglio quando vesti le canzoni.