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Tre Domande a: Bouganville

Come e quando è nato questo progetto?

I Bouganville sono nati nell’estate del 2017: io (Luciano Zirilli) e Luca Grillo ci conosciamo già da anni, entrambi villeggiamo a Salina da quando siamo nati. Ci siamo accorti presto di avere gusti musicali affini: quando ai falò finiva il momento Albachiara / Wonderwall ci mettevamo a suonare gli Strokes o i Pixies. Roba da hipster.
Da lì a formare una band il passo è stato breve: Luca G. si è trasferito a Roma e abbiamo iniziato a buttare in pasto alle piattaforme digitali i nostri primi singoli. Dopo vari avvicendamenti, abbiamo raggiunto la formazione definitiva con Gianluca Fraddosio al basso nel 2018 e Luca Taurmino alla batteria, nel 2019. Da quel momento sentivamo che eravamo completi e pronti per andare in studio.

 

Progetti futuri? 

Possiamo dirvi che uscirà il nostro album nel 2022. È un disco che ha subito molti slittamenti a causa della pandemia: per questo siamo molto contenti di pubblicarlo, l’attesa è stata a tratti snervante ma alla fine siamo molto soddisfatti del risultato. Non vediamo l’ora di suonarlo dal vivo, speriamo al più presto. Per ora ci stiamo concentrando sulla scrittura di nuovo materiale.

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Crediamo che Investigazioni Private sia la canzone manifesto della nostra musica. Abbiamo condensato in questo pezzo tutto quello che ci ha ispirato nella scrittura dell’album: la musica soul, l’indie rock, il pop degli anni ’60. Ha un linguaggio che sentiamo nostro.

Tre Domande a: Marta Arpini

C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare?

Sarebbe un sogno collaborare con Andy Shauf, un po’ in qualsiasi forma — co-scrivendo una canzone, o vedendo da vicino come registra e produce i propri album, cantando insieme… c’è qualcosa nella sua voce, e nel suo suono come artista in generale, che mi affascina enormemente, mi emoziona e a cui mi sento affine, e ovviamente amo anche moltissimo come scrive e come arrangia. Ogni volta che ascolto qualcosa scritto o registrato da lui, lo riconosco immediatamente, e mi punge il cuore. Sarebbe un’enorme fonte di ispirazione poter lavorare con lui.

 

Progetti futuri? 

Vorrei continuare a percorrere la strada che ho intrapreso con questo mio disco I Am a Gem: immaginare, scrivere e arrangiare musica per un organico ampio quanto flessibile, anche differente per ogni canzone. Più di tutto vorrei iniziare a produrre la mia musica da me; finora ho sempre collaborato con produttori, che è una cosa molto bella e intelligente, perché può dare un apporto fresco e originale al materiale. Lavorando sulle mie demo in maniera anche ossessiva, ho capito però che ho le idee molto chiare riguardo certi aspetti della produzione, e mi piacerebbe sviluppare il più possibile questo aspetto del processo creativo. Al momento sto scrivendo molte canzoni che prevedono la presenza di voce, chitarre, molti flauti e clarinetti. Vorrei raccoglierne un po’ e pubblicare presto un EP, o comunque una prima parte di un lavoro che può diventare molto più esteso. Mi è piaciuta un sacco l’idea dei Dirty Projectors, che nel 2020 hanno pubblicato 5 EP poi racchiusi in un unico, lungo album. Vorrei prendere ispirazione da questo.
Ad aprile 2022 poi uscirà il primo EP di tiigre, la mia band dream pop indie rock, e di sicuro andremo avanti a lavorare su nuove canzoni, per registrare e pubblicare il nostro primo album alla fine del 2022 / inizio 2023.

 

C’è un evento, un festival in particolare a cui ti piacerebbe partecipare?

Più che un evento o un festival in particolare, c’è una venue ad Amsterdam dove sogno di potermi esibire un giorno. Si chiama Paradiso, ed è una ex chiesa che oggi ospita concerti importanti. Lì ho visto alcuni dei miei artisti preferiti, tra cui i Big Thief nel 2020, poco prima che tutto chiudesse per la pandemia. La serata era sold out, la sala era pienissima e l’atmosfera incredibile. Il Paradiso è un’istituzione qui in Olanda, e poterci fare uno show da headliner un giorno… sarebbe bellissimo.

 

Foto di copertina: Teresa Costa

Tre Domande a: Kaufman

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

In questi tempi è complicato fare musica e lo sappiamo. La cosa peggiore è probabilmente l’incertezza e il senso di precarietà che impedisce di ragionare su progetti con un orizzonte temporale più ampio: dischi, uscite, programmazione live. Però, forse proprio da questo nasce l’idea di Parkour, un doppio a qualche tempo di distanza uno dall’altro. Una visione di insieme che questa precarietà la raccontasse davvero, fatta di collaborazioni, coscritture, lavori insieme a diversi produttori, ma anche, nei testi, di racconti di rapporti messi a dura prova, sentimenti vissuti al doppio della velocità oppure con estrema lentezza.

 

Se doveste riassumere la vostra musica in tre parole, quali scegliereste e perché?

Pioggia, cuore e amore? Per parafrasare una vecchia canzone. Probabilmente potremmo dire che facciamo un pop malinconico, orecchiabile ed emotivo. Però autodefinirsi lo trovo sempre un po’ presuntuoso, in fondo le ragioni di chi scrive sono spesso molto diverse dalle ragioni di chi ascolta. Ed è molto bello che sia così, tra l’altro. Però “pioggia, cuore e amore” mi piace molto in realtà.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Vorremmo fare arrivare delle immagini, a prescindere dal soggetto, che ovviamente varia da canzone a canzone. Delle polaroid, delle fotografie che riescano a fissare nel tempo un momento emotivo. La poesia c’è già in ogni angolo delle nostre vite, basta catturarla quando la si scorge. Un po’ come fare un quadro impressionista, prestando più attenzione alla scena e meno al dettaglio.

Tre Domande a: Chris Lavoro

Come e quando è nato questo progetto?

Ho sempre alimentato questa scintilla, mi è sempre piaciuta l’idea di uscire con un altro disco dopo Fai Tu come MOKA, appena rientrato dal tour mi ci sono messo con tutta la passione e la concentrazione, in totale indipendenza, son contento che il disco nuovo In Giro finalmente sia fuori.

 

Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole, quali sceglieresti e perché? 

Se mi ascoltassi senza conoscermi probabilmente direi eclettica, organica e romantica. Credo che affiori questa sensazione che è un misto di coraggio e vulnerabilità, molta onestà e freschezza, nonostante non mi dimeni a inseguire il sound del momento.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Al momento sceglierei Last Goodbye perché è un bel mix di mondi che mi piacciono: ha questo cantato un po’ malinconico anni ’60, un bel beat surf, le chitarre e il piano elettrico anni ’70, i synth anni ’80 e soprattutto la voglia di ricominciare, molto 2021.

Tre Domande a: Disarmo

Come e quando è nato questo progetto?

All’atto pratico il primo singolo firmato Disarmo è uscito a inizio 2020, ma in un certo senso questo progetto nasce con me; considerando che attingo da un bagaglio di esperienze personali e musicali riempito nel corso di una vita e che sommate danno il risultato di quello che sono “artisticamente” oggi.

 

Progetti futuri?

Mi piacerebbe vedere posti che non ho ancora visto, confrontarmi con una cultura nuova, dimenticarmi per un po’ chi sono stato prima. Ho appena chiuso un album e non sento il bisogno di scrivere nulla; non credo nella scrittura come una forma di esercizio, il progetto più bello per il mio futuro è trovare ispirazione.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Macerie, la traccia nr. 1 del mio album. Trovo sia un racconto inquieto e profondo nonché manifesto di tutto il disco. Un pezzo lento, che mescola atmosfere jazz dolci e notturne a un ritornello che esplode struggente.

Tre Domande a: GENTE

Come stai vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica? 

“Con grande energia e voglia di non buttarsi giù. Qui a Bologna si riesce a palpare l’energia fortissima che sta tornando dai musicisti e le persone che amano la musica, quindi sto cercando di cavalcare quest’onda ed essere mega produttivo, per ritornare sempre più spesso live e respirare musica fino alla nausea.”

 

Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole, quali sceglieresti e perché?

“Sole, Amore e Anima: Sole perchè ogni mia canzone parte da una cosa negativa che provo a trasformare in luce e calore, Amore perchè ogni mia canzone trasuda devozione verso questo mondo musicale e Anima perchè ci mettiamo sempre tutta l’energia che abbiamo in corpo per ogni cosa che facciamo, io e il mio team!”

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta? 

“Io faccio musica come terapia d’urto personale, il mio sogno sarebbe quello di far diventare le mie canzoni dei piccoli trattamenti per la presa bene: 2 canzoni a stomaco pieno dopo ogni pasto, tranne la sera. La sera a stomaco vuoto mischiato ad alcol per goderci la vita!”

About how Mighty Oaks reflect their emotional state into music

Leggi questo articolo in Italiano qui

Mighty Oaks did plan to spend their 2020 touring the globe, but it wasn’t possible: they have therefore conveyed their energies in recording their forth album Mexico (Howl Records), planned for release on May 7. Due to the occasion, we had a chat with Claudio Donzelli, who told us the emotions and the experiences that brings their music to life.

 

Back in February 2020 you released All Things Go and after a bit more than a year you are here again with your new work Mexico. What does it mean to you to bring something new to life while the whole world is on hold?

“The pandemic changed everything, including the typical lifecycle of an album. When the lockdown started in March 2020, we had an incredible plan for the rest of the year, tons of great shows in Europe and US. We were looking forward to touring our third album All Things Go but it soon became clear that such restrictions were going to have a huge impact on our tour schedule. In the impossibility to play any shows at all, we thought that we would best invest the time in writing new material. Nobody knew what was coming but we knew that once this nightmare would be over, we would have been ready with new music to release and perform live. It’s been our way to cope with the lockdown and besides that, it kept us sane and focused during times of uncertainty.”

 

The trait I prefer out of Mexico is its particular intimacy. What do you like the most of your album? And what is, in your opinion, its uniqueness, that special something that differentiates it from your previous releases?

“I love when an album is a snapshot of where we are individually and as a band at the time of making it. When I know that we managed to reflect our emotional state in the music we make. I think this is the case for Mexico. We lived through unprecedented times, with climate change, racial issues and broken politics. You’ll find some of that in the album, but you’ll also find represented universal traits of the human experience like love, friendship and death. I love the juxtaposition between the two. At the end of the day each of us has to confront his interior world with the exterior world we live in. I think its uniqueness is in the process. We recorded almost everything ourselves in Ian’s home studio. The result is more raw, direct and unfiltered than ever before.” 

 

Ian Hooper said that recording at home felt like going back at the beginning of your career. Is it an experience worth making again?

”Absolutely, and it feels right and very natural to go back to that way of working at this stage of our career. After three albums out and as many EPs it was time to reshuffle the cards and bring some fresh energy in the studio. The same fresh energy that Ian and I were immersed into as we were recording music the first tracks, laying the foundation of the band, in 2010.”

 

You all come from different Countries and the band was born in Germany: how your different origins influence and/or enrich your music?

“First of all, it enriches our experience of working together. Second our music, but it’s really hard for me to say exactly how our cultural background reflects in the music we make and even if we grew up in different places, the music we heard growing up with was not so crazy different. For example, I grew up listening to mostly brit pop and US indie bands in the 90s/00s.
In general, internationality is really part of our nature, even beyond the band: in our team we have professionals from France, Switzerland, Austria, Germany of course and people with Hungarian and Turkish backgrounds. It’s quite common in Berlin as the city became a huge international hub in the past 10 to 20 years.”

 

If I ask you to sum up your artistic journey up to now, what will you tell me?

“Wow, that’s a really hard question! I’ll give it a try! (smiles)
I think we’ve always been interested in finding powerful ways to tell stories that resonate with people. We do that through Ian’s lyrics that are often inspired by autobiographical events. We do that with the music which serves and supports the story. Our artistic journey unfolds in developing, perfecting and experimenting with the craft of songwriting.” 

 

Last but not least, a piece of advice to our readers: which album recently released would you absolutely recommend to listen to?

Earth by EOB (Ed O’Brien, guitarist of Radiohead) has been the best album I’ve heard in while. It really raptured me. It came out during the pandemic last year and it really made me travel without moving when traveling wasn’t allowed. It’s a wonderful multifaceted record with contaminations of different genres and musical flavors.”

 

Marta Massardo

Di come i Mighty Oaks riflettono il loro stato emotivo nella musica

Read this article in English here

I Mighty Oaks si aspettavano di vivere il 2020 in tour ma non è stato possibile: hanno quindi convogliato le energie nella realizzazione del quarto album Mexico, in uscita il 7 Maggio per Howl Records. Per l’occasione, abbiamo chiacchierato con Claudio Donzelli, che ci ha raccontato le emozioni e le esperienze che danno vita alla loro musica.

 

A febbraio del 2020 avete pubblicato All Things Go e dopo poco più di un anno tornate con Mexico. Cosa ha significato per voi far nascere qualcosa di nuovo mentre il mondo sembrava fermo?

“La pandemia ha cambiato tutto, incluso il tipico ciclo vitale di un album. Quando il lockdown è iniziato a Marzo 2020, avevamo un piano incredibile per il resto dell’anno, tonnellate di grandi show in Europa e negli Stati Uniti. Non vedevamo l’ora di portare in tour il nostro terzo album All Things Go ma presto diventò chiaro che le restrizioni avrebbero avuto un impatto enorme sul nostro programma. Nell’impossibilità di non poter suonare per niente i nostri concerti, abbiamo pensato che fosse meglio investire il tempo nello scrivere del nuovo materiale. Nessuno sapeva cosa sarebbe successo ma sapevamo che quando l’incubo sarebbe passato, saremmo stati pronti con della nuova musica da pubblicare e da suonare dal vivo. È stato il nostro modo di affrontare il lockdown, ci ha tenuti sani di mente e concentrati durante tempi di incertezza.”

 

L’aspetto che preferisco di Mexico è la sua particolare intimità. Cosa preferite invece voi del vostro album? E qual è il suo tratto distintivo rispetto ai vostri lavori precedenti?

“Mi piace quando un album è un’istantanea di dove siamo individualmente e come gruppo al momento di farlo. Quando so che siamo riusciti a riflettere il nostro stato emotivo nella musica che facciamo. Penso che questo sia il caso per Mexico. Abbiamo vissuto attraverso tempi che non hanno avuto precedenti, il cambiamento climatico, i problemi razziali e una politica disastrata. Troverete qualcosa di tutto questo nell’album, ma troverete anche rappresentati tratti universali dell’esperienza umana come amore, amicizia e morte. Mi piace la giustapposizione tra i due (aspetti, NdR). Alla fine del giorno ognuno di noi deve confrontare il proprio mondo interiore con il mondo esterno in cui viviamo. Penso che la sua unicità sia nel processo. Abbiamo registrato quasi tutto da soli nello studio casalingo di Ian. Il risultato è più grezzo, diretto e non filtrato che mai.”

 

Ian Hooper ha dichiarato che registrare in casa è stato come tornare agli inizi del vostro percorso. È un’esperienza da rifare?

“Assolutamente, ed è sembrato giusto così e molto naturale tornare a quel modo di lavorare in questa fase della nostra carriera. Dopo tre album e altrettanti EP era giunto il momento di mischiare le carte in tavola e portare un po’ di energia fresca in studio. La stessa energia fresca in cui Ian ed io eravamo immersi quando registravamo le prime tracce, gettando le fondamenta per il gruppo, nel 2010.”

 

Voi provenite da paesi diversi e la band è nata in Germania. In che modo le vostre origini influenzano o arricchiscono la vostra musica?

“Innanzi tutto, arricchiscono la nostra esperienza di lavorare insieme. In secondo luogo, la nostra musica, ma è davvero difficile per me dire esattamente come i nostri background culturali si riflettono nella musica che facciamo e anche se siamo cresciuti in posti diversi, la musica che abbiamo ascoltato crescendo non era poi così tanto diversa. Per esempio, io sono cresciuto ascoltando principalmente Brit Pop e gruppi indie americani negli anni ’90/’00.
In generale, l’internazionalità è veramente parte della nostra natura, anche oltre il gruppo: nel nostro team abbiamo professionisti da Francia, Svizzera, Austria, Germania ovviamente e persone con background ungheresi e turchi. È molto comune a Berlino in quanto la città è diventato un enorme hub internazionale negli ultimi 10-20 anni.”

 

Se vi chiedessi di tirare le somme di tutto il vostro percorso artistico fino a oggi?

“Wow, questa è una domanda davvero difficile! Ci provo” (sorride, NdA)
Penso che siamo sempre stati interessati a trovare modi potenti di raccontare storie che risuonano con le persone. Lo facciamo attraverso i testi di Ian che sono spesso ispirati da eventi autobiografici. Lo facciamo con la musica che si mette a servizio e supporta la storia. Il nostro percorso artistico si rivela nello sviluppare, perfezionare e sperimentare con l’arte del songwriting.”

 

Infine, qual è secondo voi un altro album uscito di recente che dobbiamo assolutamente ascoltare?

Earth di EOB (Ed O’Brien, chitarrista dei Radiohead) è stato il miglior album che ho sentito da un pezzo a questa parte. Mi ha letteralmente rapito. È uscito durante la pandemia lo scorso anno e mi ha veramente fatto viaggiare senza muovermi quando viaggiare non era permesso. È un meraviglioso album pieno di sfaccettature con contaminazioni di diversi generi e gusti musicali.”

 

Marta Massardo

Years & Years @ Fabrique

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• Years & Years •

 

Fabrique (Milano) // 04 Febbraio 2019

 

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L’electro pop band britannica capitanata dal carismatico Olly Alexander, ha presentato nell’unica data italiana al Fabrique di Milano, PALO SANTO il nuovo album uscito il 6 luglio per Polydor e anticipato dai singoli Sanctify e If You’re Over Me.
Gli Years & Years sono una delle band più rappresentative della nuova ondata electro pop britannica: il giusto equilibrio tra influenze 80’s e dance, beat elettronici e reminiscenze indie pop hanno portato il gruppo a dominare le più prestigiose classifiche oltremanica diventando un fenomeno worldwide.
SETLIST:
SANCTIFY
SHINE
KARMA
METEORITE
EYES SHUT
LUCKY ESCAPE
GOLD
DESIRE
PALO SANTO
TIES
PREACHER
HALLELUJAH
NO TEARS LEFT TO CRY
LIKE A PRAYER
WORSHIP
RENDEZVOUS
IF YOU’RE OVER ME
ALL FOR YOU
PLAY
KING
Grazie a Radar Concerti e Astarte

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Foto: Luca Ortolani

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