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Tag: musica

Il nostro 8 marzo in musica

Marzo è il mese dell’anno in cui si celebrano (non festeggiano) le donne: anche noi di VEZ vogliamo onorare questa ricorrenza a modo nostro. Per farlo, proponiamo un elenco di donne, una lista per omaggiare l’impegno di tutte le cantanti, musiciste, compositrici e artiste che nei secoli hanno cambiato la storia della musica.

 

Ildegarda di Bingen (Bermersheim vor der Höhe, 1098 – Bingen am Rhein, 17 settembre 1179)

Andiamo indietro nel tempo, a quell’epoca buia che era il Medioevo europeo, e incontriamo la prima delle nostre prescelte. Siamo a cavallo dell’anno 1100, nell’Assia tedesca, appena un anno prima che i crociati facciano cadere Gerusalemme: nasce qui e ora Ildegarda di Binden, una figura che fin da bambina si contraddistingue per le visioni e il mistero che la accompagnano.

Di nobile stirpe, la ragazza prende presto i voti e si consacra alla vita monastica, scegliendo un percorso di sacrificio ma anche di studio. Monaca, priora e infine badessa, Ildegarda trova il tempo anche per la poesia, la composizione, la medicina e la politica: la immaginiamo come una donna forte, imperiosa, nonostante la sua salute cagionevole e le visioni, sempre più frequenti con l’avanzare dell’età.

Ildegarda è davvero un pozzo di scienza: inventa una lingua in codice (La lingua ignota), scrive trattati di filosofia e profezie. Non solo: fonda un monastero, è prima amica poi oppositrice dell’imperatore Federico Barbarossa.

Questa donna piena di risorse è stata una delle prime conosciute a essersi occupata di musica con la sua Symphonia harmoniae celestium revelationum, divisa in due parti: i Carmina (Canti) e l’Ordo Virtutum (La schiera delle virtù, opera drammatica musicata). Non abbiamo molte informazioni al riguardo, ma sappiamo che suonava più o meno così.

 

Nadia Boulanger (Parigi, 16 settembre 1887Parigi, 22 ottobre 1979)

A Parigi, negli anni della Belle Époque che hanno visto il fiorire della società sia dal punto di vista storico che socio-culturale, nasce Nadia Boulanger. Nadia nasce figlia d’arte, in una famiglia che già da quattro generazioni fa della passione per la musica il proprio lavoro.

Già dall’età di nove anni inizia a studiare organo e composizione assieme al padre e alla sorella, studi che la accompagneranno verso il proprio primato, consacrandola come la prima donna ad avere il ruolo di Direttore d’Orchestra.

Spezzata nel cuore e nello spirito dalla morte della sorella avvenuta nel 1918, Nadia decide di non comporre mai più e dedica la propria energia all’insegnamento, attività che non abbandonerà fino al giorno della morte, avvenuta all’età di novantatrè anni. Tra i suoi allievi ricordiamo Astor Piazzolla, George Gershwin e Leonard Bernstein.

Fa inoltre il suo ingresso tra “i grandi” della musica classica nel 1936 quando dirige un concerto con la London Philharmonic, entrando di diritto nella storia della musica classica.

 

Elvira de Hidalgo (Valderrobres, 27 dicembre 1892 – Milano, 21 gennaio 1980)

Elvira de Hidalgo è ricordata principalmente per essere stata maestra di Maria Callas, ma quando si dedica all’insegnamento ha già alle spalle una brillante carriera da soprano.

Entra presto al Conservatorio di Barcellona con una borsa di studio per continuare il suo percorso a Milano, e debutta precocemente all’età di 16 anni, nel 1908, al San Carlo di Napoli con quello che sarebbe stato il suo ruolo più acclamato: Rosina, da Il barbiere di Siviglia. La sua voce incanta il pubblico e lei prosegue la sua carriera musicale cantando nei più importanti teatri di tutto il mondo, a fianco di star come Caruso, Miguel Fleta o Titta Ruffo.

Sono gli anni ‘30 del XX secolo quando Elvira si stabilisce in Grecia e incomincia a insegnare al Conservatorio di Atene. Quando si incontrano, la piccola Anna Maria appare bassina, grassoccia e ruvida, ma sembra avere una bella voce.

L’insegnante accoglie sotto la sua ala protettrice questa giovane promessa, la plasma e trasforma Anna Maria Cecilia Sophia Kalos in Maria Callas. Elvira ha il grande merito di comprendere immediatamente la potenzialità di quella voce così particolare, e fa lavorare sodo la sua allieva per ottenere risultati sempre migliori.

Maria Callas, da parte sua, si impegna a fondo nello studio ed è un’allieva modello, rigorosa e intelligente. Al debutto della sua pupilla, Elvira non sente paura, è tranquilla. Da quel momento, il legame tra le due donne si fa sempre più intenso: l’influenza stilistica di Elvira è fondamentale per la formazione della Callas, che d’altro canto si rivolge a lei ogni volta che trova difficoltà o vuole provare un ruolo.

Elvira sarà sempre presente per Maria, assumendo il ruolo talvolta di maestra e altre di amica, provando le parti, cantando al telefono e ricevendo le sue confidenze.

 

Melba Doretta Liston (Kansas City, January 13, 1926 – Los Angeles, April 23, 1999)

Un altro primato va a Melba Doretta Liston, la prima trombonista donna della storia.

Nata negli Stati Uniti nel 1926, già all’età di sette anni riceve in regalo dalla madre il suo primo trombone, incoraggiata dall’intera famiglia ad imparare tutti i segreti della musica.

Melba era molto dotata. A otto anni si esibiva come solista in una radio locale e i genitori iniziarono a credere che forse Kansas City nel Missouri, sua città d’origine, non sarebbe più stata un trampolino di lancio adeguato alla carriera della figlia.

Nel 1936 si trasferiscono verso la più felice California e le opportunità non tardano ad arrivare: già a vent’anni ecco l’occasione di una vita, un tour con Billie Holiday. Melba però non ama particolarmente essere al centro dell’attenzione, preferendo collaborazioni all’attività da solista.

I tour inoltre non fanno per lei: troppo stancanti e talvolta stressanti a tal punto da farle perdere addirittura la voglia di continuare a fare musica. Tra i tanti artisti con i quali Melba collabora ricordiamo Ray Charles e Stevie Wonder.

 

Miriam Makeba (Johannesburg, 1932Castel Volturno, 2008)

Quella di Miriam Makeba è forse è la figura più conosciuta della nostra lista. Nota anche come Mama Afrika, l’artista si forma negli anni ‘50 cominciando a suonare con la band sudafricana Manhattan Brothers. Fin dagli esordi, la sua musica è caratterizzata dall’unione di elementi della musica tradizionale africana alle tonalità del jazz.

Raggiunge rapidamente il successo e inizia a girare il mondo con i suoi concerti, ma viene esiliata dal suo Paese perchè ritenuta un simbolo di lotta per un popolo oppresso. Miriam partecipa infatti attivamente alla lotta per contrastare l’apartheid sudafricano, inserendo anche nei suoi album canzoni che denunciano le condizioni di vita dei neri sotto il regime.

La sua militanza politica le costa l’allontanamento dalla sua amata terra di origine, ma continua la sua carriera proseguendo nella sperimentazione e nella produzione di grandi successi che contribuiscono a renderla un’icona mondiale.

Solo nel 1990 grazie all’intercessione di Nelson Mandela, Miriam Makeba rientra in Africa e continua la sua attività artistica recitando in un film e un documentario, per poi dedicarsi negli ultimi anni della sua vita a un intenso tour di addio che tocca tutte i Paesi visitati durante la sua carriera.

La sua famosissima Pata pata… Il ritmo è tanto coinvolgente che è davvero impossibile star fermi!

 

Sonita Alizadeh (Herat, 1997 – )

La giovanissima artista è nata nel 1997 ad Herat, è una rapper che canta in arabo e in inglese. Cresciuta insieme alle rime di Eminem e della rapper iraniana Yas, ha attirato l’attenzione della critica internazionale grazie al suo singolo Brides for sale, in cui denuncia la compravendita delle spose bambine.

La sua è un’esperienza diretta: la sua famiglia ha cercato più volte di “venderla” come sposa, ma è riuscita a fuggire negli Stati Uniti dove oggi studia e continua la sua attività di cantautrice. La sua storia è solo all’inizio, e speriamo di continuare a sentir parlare presto di lei… Qui il suo video più famoso.

 

Concludiamo la nostra parabola delle “prime volte” con due menzioni molto importanti, la Anacaona Band e il caso della Queen’s Hall Orchestra di Londra.

 

Anacaona, prima band composta interamente da donne, le undici sorelle Castro, si impone sullo scenario cubano durante il periodo prebellico ed estremamente rigido e chiuso del Generale e Presidente Gerardo Machado.

Le sorelle Castro si trovano costrette da un giorno all’altro ad abbandonare l’Università a causa della loro repentina chiusura essendo siti deputati al disordine pubblico secondo la visione del Presidente cubano. Dopo lavori saltuari e di fortuna, le sorelle decidono di dedicarsi ad un’attività totalmente differente: la musica.

Nel 1932 fondano la band Anacaona con l’intento di frantumare i pregiudizi e dimostrare che non solo gli uomini erano in grado di comporre e suonare la musica SON cubana, genere che è un mix tra ritmi africani e sonorità spagnole.

 

La Queen’s Hall Orchestra passerà alla storia invece come prima orchestra ad aver ammesso un membro femminile tra le proprie fila. Correva l’anno 1913 e il direttore Sir Henry Wood decise di superare le convenzioni fino ad allora esistenti nel mondo della musica. Nel 1918 Sir Wood aveva assunto ben 14 donne nella propria orchestra.

 

La musica è solo un altro ring sul quale le donne hanno dovuto disputare più di una battaglia per la parificazione all’uomo, forse non sanguionosa come su altri fronti ma pur sempre tormentata e disseminata di ostacoli e preconcetti.

Chissà quali altri primati da questo momento in poi le donne riusciranno a conquistare nel mondo della musica?

 

Irene Lodi

Sara Alice Ceccarelli

 

Per approfondimenti 

  1. Castro Alicia, Queens of Havana: The Amazing Adventures of Anacaona, Cuba’s Legendary All-Girl Dance Band, New York, Grove Press, 2002
  2. Flanagan SilviaIldegarda di Bingen, vita di una profetessa, Firenze, Le lettere, 1991
  3. Modigliani Ettore, A Londra durante la Guerra, Milano, Treves, 1915
  4. Monsaingeon Bruno, Incontro con Nadia Boulanger, Palermo, RueBallu, 2007
  5. Saviano RobertoMiriam Makeba: la rabbia della fratellanza, in La bellezza e l’inferno, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2009
  6. Intervista registrata con Melba Doretta Liston

Un anno di VEZ musica

Ogni anno mi trovo nei giorni che precedono il Natale a pensare alla classifica delle migliori canzoni che ho ascoltato nell’anno che sta volgendo al termine.

Mi rendo conto che, soprattutto recentemente, è molto difficile come operazione perché escono sempre meno dischi leggendari, cosa che porta di conseguenza alla malinconia degli anni passati.

Una malinconia che non è solo tale dal punto di vista musicale, a mio avviso.

Ma la musica, così come la vita va avanti.

La musica come procede, però?

La musica, attraverso nuove forme di espressione e mediazione rimane sempre la compagna della nostra vita e così come la tecnologia, cambia anche la modalità di fruizione.

 

Si dice poi che si comprano sempre meno dischi e si ascolta molta meno musica nuova. Tutto questo nonostante la musica sia gratis e facilmente raggiungibile per tutti.

Ma è proprio vero?

Vorrei con questo articolo, smentire il luogo comune ormai diffuso che vede additare la musica attuale come una produzione di scarsa qualità, perché penso che di buona musica ne esca ancora. Basta cercarla.

C’è chi per voi qualcosina ne ha scovata, perché se una volta si andava dal negoziante di musica per chiedere dei consigli, oggi il vostro “genius” si chiama VEZ Magazine.

Quando ho pensato a questo articolo mi sono chiesto: “ma faccio la solita classifica o cerco di coinvolgere tutti i collaboratori di VEZ?”

Lo sport e la vita mi hanno insegnato che è sempre meglio condividere le proprie emozioni per cercare di poter migliorare me stesso e chi mi sta a fianco.

Tutto questo ha portato ad un articolo che sembra banale ma che alla fine reputo un grosso lavoro di squadra.

Il bello di lavorare per una rivista come VEZ è quello di vivere tra tante teste pensanti con diversi gusti dal punto di vista musicale.

Il mio lavoro è stato solo quello di unire tutte le forze del gruppo per estrapolare una compilation molto varia in modo da esprimere in musica l’anno che è stato per VEZ .

Non ci sono spiegazioni per l’inserimento di una canzone rispetto ad un’altra, la musica parla da se.

Ogni canzone di questa playlist rappresenta un momento ben preciso del 2018 per tutti noi.

Questo è il nostro modo di dirvi grazie per tutto il sostegno che ci date e che ci permette di crescere e migliorare.

In questo periodo di festa spero possiate trovare un momento per ascoltare questa Playlist, da soli o in compagnia, magari in viaggio.

Vi propongo un estratto da un film che spiega in pieno il mio pensiero su cosa deve essere una playlist perfetta.

 

Non mi dire che non hai mai fatto un viaggio da solo in macchina! Ma dai, tutti quanti dovrebbero fare un viaggio da soli almeno una volta nella vita! Solo tu e un po’ di musica!”

 

Carlo Vergani

 

 

Andy Warhol e la musica al Complesso del Vittoriano

Vez Magazine è diventato grande.

Siamo partiti come un magazine musicale ma adesso, dopo aver festeggiato il nostro primo compleanno, abbiamo deciso che era arrivata l’ora di ampliare i nostri orizzonti. Non più solo musica quindi ma anche altre tematiche sono arrivate ad arricchire la nostra schermata.

Oggi inauguriamo la sezione dedicata all’arte e ho pensato di farlo con un’artista che ha influenzato pesantemente, il cinema, la cultura e, ovviamente, la musica.

Sto parlando di Andy Wharol, il papà della pop-art, che fino al 3 febbraio 2019 sarà il protagonista di una mostra al complesso del Vittoriano. L’esposizione, che conta 170 opere, ripercorre la sua carriera dagli esordi fino alle opere più mature.

Con oltre 170 opere, l’esposizione vuole riassumere l’incredibile vita di un personaggio che ha cambiato per sempre i connotati non solo del mondo dell’arte ma anche della musica, del cinema e della moda, tracciando un percorso nuovo e originale che ha stravolto in maniera radicale qualunque definizione estetica precedente.

Il percorso espositivo inizia con le principali icone che hanno condizionato il divenire dell’artista: la celebre Campbell’s Soup del 1969 e Ladies and Gentlemen (1975); i ritratti di grandi personaggi – alcuni dei quali mai incontrati – che da figure storiche ha trasformato in icone pop, come Marilyn (1967), Mao (1972) e gli stessi Self portrait.

Si prosegue evidenziando e affrontando il tema dei legami con la moda, anche in ambito italiano grazie ai ritratti di i Giorgio Armani (1981) e Regina Schrecker (1983).

Ma quali sono stai i rapporti di Wharol con la musica?

Forse non tutti sanno che la vita dell’artista di Pittsburgh si è intrecciata più volte con quella di grandi musicisti che amiamo e conosciamo bene.

A lui dobbiamo opere iconiche come la copertina di Sticky Fingers dei Rolling Stones, ma ha anche messo la sua firma su alcuni album di Aretha Franklin e John Lennon, per citare un paio di nomi.

 

 

wharol 1 bassaAndy Warhol

Mick Jagger, 1975

Serigrafia su carta, 110,5×73,7 cm

Collezione Jonathan Fabio, Agliana (PT)

© The Andy Warhol Foundation for the Visual

Arts Inc. by SIAE 2018 per A. Warhol

 

 

Ma nonostante queste collaborazioni il mondo della musica gli è grato, sopratutto, per il ruolo che ha rivestito nel portare al successo una delle band più famose ed iconiche che ha cambiato la faccia del rock negli anni ’60: I Velvet Underground.

L’incontro avvenuto nel 1966 segnò l’inizio della fortuna della band newyorkese e permise loro di fare il salto di qualità: da illustri
sconosciuti a rock-star.

Fu grazie a Warhol, che nel frattempo era diventato manager della band, che il gruppo si arricchì della presenza di Nico, modella e ragazza di Bryan Jones dei Rolling Stones.

 

wharol 2 bassaAndy Warhol

The Velvet Underground & Nico, 1967

Original LP

Collezione privata, Monaco (MC)

© The Andy Warhol Foundation for the Visual

Arts Inc. by SIAE 2018 per A. Warhol

 

 

Ma la sua influenza sul mondo della musica non si è fermata qui. Numerosi artisti hanno tratto ispirazione dal sua figura o dalla sua arte omaggiandolo nei loro testi; possiamo ricordare Andy Warhol di David Bowie, o Like a Rolling Stone di Bob Dylan che pare trarre spunto (ma potrebbe essere solo una legenda metropolita) da un triangolo amoroso tra Dylan, Warhol e Edie Sedgwick.

Se questo intricato rapporto tra arte e musica vi incuriosisce la mostra è pane per i vostri denti.

Attraverso le opere esposte, potrete tra le altre cose ammirare i ritratti di alcuni musicisti, avrete la possibilità di immergervi nel mondo colorato e fuori dagli schemi di questo artista a 360 gradi.

Warhol è stato un artista a tutto tondo che si è cimentato in tutti i campi dell’arte e questo è un po’ quello che vogliamo fare noi di Vez: perché arte, musica e vita sono tutte facce diverse della stessa medaglia.

E noi, nel nostro piccolo, ci siamo ripromessi di mostrarvene il più possibile.

 

Laura Losi

Dalla Parte degli ultimi per sentirmi primo

C’è un ragazzo nato nel 1996, di nome Niccolò, in arte Ultimo, che scrive canzoni.

Mi lego alle sue parole sin dal suo esordio. Nasce una sorta di chimica tra il mio mondo ed il suo. Un mondo fatto di parole, un mondo di sognatori cronici che credono, appunto, nei propri Sogni appesi.

E così le parole di questo giovane ragazzo diventano mie, poiché ogni testo potrebbe essere un capitolo di un mio libro. Come se potessi finalmente posare la penna o magari lasciare a qualcuno il compito di scrivere per me e di me.

Perché è questo che fa: descrive perfettamente le mie sensazioni. Mi tocca l’anima. Lui canta e io mi perdo in quelle frasi.

Un ragazzo fuori dagli schemi in questi anni così poveri di cuore, di una sensibilità che tocca corde troppo profonde per non rimanerne folgorati.

Un ragazzo umile che ringrazia il proprio pubblico in continuazione, ora come tempo fa, quando in totale erano dieci o venti persone al massimo. Ma non ieri.

Ieri a Roseto degli Abruzzi presso il Pala Maggetti c’è stato il suo primo concerto in un Palazzetto (sono 227 chilometri da Rimini, ma sono dettagli. Tanto ormai conosco a memoria tutte le aree di servizio della A14).

Previste inoltre altre due tappe, entrambe sold out, a Roma e a Milano che fungono da anticipo a quello che sarà poi il tour del 2019. Tour che prenderà il nome del suo prossimo album Tutta colpa delle favole.

Comunque ci siamo, è il 30 ottobre e mi metto in macchina, attivo la modalità me, myself and I e mi sparo due ore di viaggio, per un concerto che aspettavo da mesi.

Fazzolettini in borsa (con me non ne ho mai) pronti per l’occasione unica. Io e la mia consapevolezza, due best friend come sempre.

Arrivo un quarto d’ora prima e parcheggio nell’unico posto libero che riesco a trovare, uno con una cicogna disegnata a terra. Ne deduco non sia per me, ma procedo ugualmente.

Ci siamo. Ci sono. Sono da sola solamente in apparenza.

C’è un’atmosfera difficile da spiegare, perché spiegare la magia credo sia impossibile e quindi non resta che viverla, perché l’unica cosa possibile con la magia è una: respirarla.

Inizia il mio centosessantesimo concerto in trentun anni di vita. So tutte le canzoni a memoria e oggi ho poca voce.

Quasi tre ore di musica, tre ore intense, come ogni singola parola venuta fuori da quel microfono. Una scaletta ricca di tutti i suoi successi fatti di paure, sogni, speranze e amore.

Da Il ballo delle incertezze a Ti dedico il silenzio e ad una delle mie preferita Stasera. Cazzo quanto amore c’era! E quanto ne trasmette!

Ultimo non è solo un cantante e i suoi concerti non sono solo concerti. Le sue canzoni hanno un’anima come tutte le persone presenti.

Anime rare, probabilmente, che hanno il coraggio di credere in cose impossibili e nei sentimenti come base della propria vita. Disgraziati come me, insomma.

Tanta emozione da parte mia, e anche lacrime, perché di fronte a canzoni come L’eleganza delle stelle, Farfalla bianca o Cascare nei tuoi occhi la commozione è inevitabile.

I suoi testi sono poesie che non si limitano a parlare d’amore, perché Ultimo con le parole, l’amore lo fa. Lo crea. Lo scolpisce. Lo infligge. Tipo lezioni che non puoi dimenticare.

Quando si siede al pianoforte, si spegne il mondo e si accende solo lui. E nasce la magia nella magia.

Pieno di vita, ecco come definirei Niccolò, che ha cantato ma anche lasciato e lanciato messaggi di speranza su quanto a volte sia fondamentale lottare con le unghie e con i denti per ottenere ciò che si desidera.

E su come la felicità costi anche dei sacrifici ma che non è giusto mollare solo per la paura di farli.

Ne è valsa la pena tornare a casa a notte fonda, non solo per quello che mi ha lasciato dentro e addosso, ma soprattutto perché mentre tornavo a casa ho visto anche una stella cadente.

E forse era quella La stella più fragile dell’universo e ho espresso un desiderio.

Non venitemi a dire che la meraviglia non esiste.

Io la vedo ovunque.

Claudia Venuti