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Tag: tre domande

Tre Domande a: Le Zampe di Zoe

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?
La Pandemia ha tagliato le gambe a tutto il settore. Avremmo avuto veramente tanti concerti da Marzo scorso in avanti che sono saltati. Soprattutto uno, che sarebbe dovuto essere l’8 di Marzo 2020, ovvero il primo giorno di Lockdown. Avremmo dovuto suonare al Covo in apertura a La Municipal, che stimiamo e seguiamo sempre. Speriamo un giorno di poterla recuperare!
Non  ci siamo comunque persi d’animo e abbiamo impiegato il tempo in maniera alternativa: ci siamo messi a scrivere e, se non dovessimo selezionare, facendo bene i conti, oggi saremmo pronti per pubblicare altri 5 album! Scherzi a parte, abbiamo diversificato, quindi non abbiamo sprecato tempo. è un momento di pausa e come tale va trattato. Speriamo di poter tornare su un palco presto insieme ai nostri fidi destrieri Jay e Martino, ma, per ora, ci facciamo bastare il poco che i DPCM ci lasciano fare.

 

Come e quando è nato questo progetto?

Le Zampe di Zoe sono nate nel 2017 da due progetti solisti. Eravamo due ragazzi senza esperienza che si incontravano in una stanzina fiocamente illuminata e stavano ore e ore a suonare, registrare, cantare e ascoltare senza mai arrivare a un risultato. Ci siamo così decisi a farci aiutare. Siamo capitati al Turone Studio di Andrea Turone, che ci ha presi, ci ha spiegato tutti i passaggi da compiere, accompagnandoci fino al compimento della nostra demo Cinema Lumière, uscita il 3 Maggio 2019. Grazie a Cinema, siamo riusciti a farci ascoltare in più di 80 occasioni in due anni, esibendoci davanti ad un pubblico sempre diverso: dal bar di provincia allo Stupinigi Sonic Park. Ci siamo fatti un po’ di gavetta insomma: tanto busking e tanto studio. Casa è sicuramente un’opera più completa e matura, scritta da persone che sapevano quel che stavano facendo. L’unione delle forze con Trasporti Eccezionali, Antonello D’Urso, Franco Pezzoli, Daniela Galli, Cristiano Santini e tutti colo che hanno partecipato alla creazione dell’album è stata essenziale per il risultato stesso. Confidiamo molto nel nostro percorso e nell’esperienza che abbiamo accumulato. Oramai ci sentiamo pronti e speriamo che questo debutto venga considerato degno di essere ascoltato.

 

C’è un artista in particolare con cui vi piacerebbe collaborare?

In effetti si! Da tanto, troppo tempo stiamo seguendo la carriera e la poesia di Dario Brunori. Ne siamo affascinati per la semplicità, la chiarezza e la verità che riesce a trasmettere. Sarebbe un vero sogno poter scrivere una canzone a sei mani insieme a lui. Abbiamo avuto l’occasione di conoscere Matteo Zanobini, ma non c’è stata occasione di proporre niente, soprattutto perché siamo ancora ad una fase embrionale del progetto, perciò non troppo appetibili per un progetto come Brunori, però, chissà, un domani magari..

Tre Domande a: Lou Mornero

Come e quando è nato questo progetto?

“Se devo pensare a un inizio bisogna tornare indietro negli anni, molto prima che Lou Mornero avesse un nome e una forma.
2006/2007, ero in Sicilia per una vacanza in camper con amici cari e tra questi Andrea, il mio partner musicale, fece apprezzamenti alla mia voce mentre cantavamo su una canzone per farci passare il tragitto, e aggiunse che avrei dovuto mettere in piedi un progetto dove cantassi. In quel periodo iniziava l’avventura dei Male di Grace nei quali suonavo chitarra e basso. Non avevo mai considerato l’idea, mi reputavo uomo da band ma in quel momento esatto la cosa mi stuzzicò parecchio.
Passò qualche anno e nel frattempo i Male di Grace diedero alla luce l’album Tutto è come sembra, entrai poi come bassista ne I Paradisi con cui producemmo l’album Dove andrai e ad un certo punto il pensiero di un progetto solista riaffiorò dal nulla.
Tornai quindi a riabbracciare la chitarra acustica, snobbata per anni a favore dell’elettrica, e da lì partì tutto; iniziai a comporre atmosfere più lievi del solito e mi ci ritrovai con molto agio.
Con naturalezza è poi giunta l’esigenza di dare forma a quella nuova veste e proposi ad Andrea, compagno di banda ne I Paradisi, di collaborare per arrangiare e produrre questa mia idea musicale ed eccoci qui: è nato un EP, uscito qualche anno fa, e oggi GRILLI.”

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

“Rallentamento, tregua, viaggio!
Mi piace pensare che chi ascolta GRILLI possa godere di una mezz’ora sospesa dalla frenesia che è la vita e non alludo solo alla parte tangibile ma soprattutto alla zona invisibile, quella fatta di pensieri e angosce, quella dei mondi interni, spesso i più subdoli e complicati da gestire.
Sarebbe un gran piacere sapere che questa musica favorisse simili sospensioni poiché penso che si presti particolarmente in quanto ad atmosfere sognanti e leggere, senza considerare che nasce da una personale esigenza di rincorrere quel tipo di oblio.
E aggiungerei che il lavoro di passione e genio che Andrea ha aggiunto alle canzoni, parlo di suoni che fluttuano e arrangiamenti che avvolgono, si sposa perfettamente con la filosofia dell’abbandono e del distanziamento, non sociale, ma da se stessi.
Sospensione quindi ma non solo; anche immersione nelle suggestioni della musica, nei suoi colori e nelle sue virtù.
Dai i testi è invece arduo aspettarsi qualcosa poiché è un campo di assoluta soggettività dal momento che scrivo di quello che vivo e di come lo vivo e non è detto che ciò corrisponda al comune sentire, ma se qualcuno si ritrovasse nelle mie parole allora significherebbe che c’è qualche essere simile a me là in giro e questo m’incuriosirebbe.”

 

Progetti futuri?

“Non mancano mai! Fanno parte del mio inconscio ottimismo. Tra questi sicuramente comporre altra musica che mi aggradi al punto da volerla condividere in un futuro.
Direzioni nuove e nuovi suoni piuttosto che qualcosa di più essenziale, nuove collaborazioni.
La parte godereccia del comporre è che potenzialmente non ci sono limiti alla creatività, gira tutto intorno al mood del momento, al coraggio, alla curiosità e in questa prospettiva progettare il futuro è assolutamente eccitante. Trattandosi più di idee che di progetti sono ancora in fase nebulosa e accennata ma ci sono e già per questo sono galvanizzanti, solo che al momento non riuscirei a dirne oltre.
Come si dice: stay tuned.”

Tre Domande a: Wabeesabee

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

Saverio: “Come molti credo, abbiamo indubbiamente tanta voglia di suonare, ma sfruttiamo questo momento per continuare a scrivere e riflettere.”
Andrea: “Il virus purtroppo ha infettato anche il mondo della musica, soprattutto a livello di industria e ha avuto ripercussioni in modo particolare su quegli artisti che avevano visto il 2020 come un anno di svolta. Ovviamente un po’ di preoccupazione c’è, ma siamo fiduciosi per il prossimo anno. Avevamo bisogno di far partire il progetto e per ora siamo davvero soddisfatti di come sta andando. L’unica cosa che ci manca è l’aspetto live; è triste il fatto di non avere la possibilità di potersi esprimere dal vivo e di poter interagire con un pubblico.”

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

Saverio: “Ad oggi Jeff Buckley, Jordan Rakei, Tom Misch, Hiatus Kayiote, Nick Hakim e D’Angelo su tutti, mentre nel percorso che ci ha portato a questo disco ho saputo amare Joni Mitchell, Patrick Watson, Lucio Dalla, Niccolo Fabi e Igor Lorenzetti (alias di Dead Poets Society). Ultimamente Kendrick Lamar, August Greene, Anderson .Paak ed Eriykah Badu sono a ruota nelle cuffie.”

Andrea: “Nel nostro sound si possono trovare artisti che piacciono molto ad entrambi come ad esempio Jordan Rakei, Tom Misch, Hiatus Kayiote, D’Angelo, Anderson .Paak.”

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Saverio: “La possibilità di andare altrove con la mente.”
Andrea: “Personalmente vorrei far arrivare ciò che provo io mentre ascolto la musica che mi piace, quindi: generare coinvolgimento durante l’ascolto, far entrare in sintonia l’ascoltatore con l’autore, far capire che i pezzi sono stati scritti con il cuore e non a tavolino, e suscitare interesse per la produzione musicale.”

Tre Domande a: Youngest

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

“Il primo lockdown non è stato facile. All’uscita di Slow Fade, uno dei nostri nuovi singoli, a fine febbraio avremmo dovuto iniziare un mini tour in giro per l’Italia, come opener per Hundredth e Slow Crush. Ovviamente si è dovuto annullare tutto e per noi è stato un grande dispiacere, soprattutto perché avremmo potuto suonare con band che adoriamo e che ci hanno ispirato per la scrittura dei nuovi pezzi.
In ogni caso, nei mesi successivi, abbiamo continuato a comporre nuovi brani, quando possibile vedendoci, ogni tanto a distanza. È stato un nuovo modo per noi di approcciarci alla scrittura, sicuramente ci ha dato la possibilità di ragionare in modo diverso sui nuovi pezzi. Ma la verità è che non vediamo l’ora di tornare a suonare su un palco.”

 

Come e quando è nato questo progetto?

“Siamo nati a inizio 2016 come trio. In quel periodo io (Ivan), Luca e Federico ascoltavamo le stesse band ed è stato naturale iniziare a suonare insieme. Abbiamo subito iniziato a scrivere dei pezzi, che sono usciti nel nostro primo EP We’re Made of Memories, pochissimi mesi dopo. Nel 2017 Noah è entrato come batterista sostituendo Federico e qualche mese dopo Stefano si è aggiunto alla band come chitarra principale e seconde voci. A maggio 2018 è uscito Could Never Be You, il primo disco che abbiamo scritto in quattro, e nei mesi successivi abbiamo diversi mini tour in giro per l’Italia. Da allora sono usciti Ghosting, Slow Fade e Lotus, tre nuovi singoli.”

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

“Nei nostri pezzi parliamo di noi stessi, delle nostre esperienze personali. Quindi speriamo che qualcuno di chi ci ascolta possa ritrovarsi anche solo un momento nei nostri testi.”

Tre Domande a: Floridi

Come stai vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?
“Alti e bassi, sto trovando conforto nello scrivere nuove idee, produrre qualche provino, ma se ripenso a quante date sono saltate e a tutto quello che potevamo fare con l’uscita dell’album prende male… In ogni caso cerco di rimanere positivo. Sono un curioso di natura, adoro viaggiare e spesso sono proprio i viaggi a fornirmi la linfa necessaria, la giusta ispirazione per scrivere canzoni. I miei testi sono spesso l’insieme di tante immagini e dato che adesso siamo impossibilitati a viaggiare, affido alla letteratura e al cinema il compito di fornirmi la giusta dose d’ispirazione. Spero che questo incubo finisca presto e si possa ritornare a suonare dal vivo.”
Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole, quali sceglieresti e perché?
“Vera, Malinconica e Visiva.
Vera perché quando scrivo non utilizzo filtri, il mio approccio è sempre molto istintivo al foglio di carta o alle note vocali (che ultimamente stanno prendendo il sopravvento per praticità), approfitto di quei momenti di estrema concentrazione per ultimare le canzoni che poi revisiono nei giorni seguenti.
Malinconica perché le canzoni rispecchiano il mio carattere e spesso come mi definiscono i miei amici sono un “Malinconico Ottimista”.
Visiva perché attraverso le parole proietto immagini che raccontano le mie esperienze, le mie emozioni.”
C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare?
“Mi piacerebbe scrivere un album con Cesare Cremonini, analizzare il suo approccio alla scrittura, alla composizione. È un artista che stimo e seguo da sempre, ho apprezzato tantissimo la sua evoluzione artistica e sarebbe davvero un sogno poter fare un feat con lui. Voi taggatelo, magari mi risponde!”

Tre Domande a: Viadellironia

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

“Tutto quello che abbiamo sempre dato per scontato è stato messo in discussione: la certezza di poter fare delle prove, di poter registrare in studio. Ciò che ci sgomenta di più è questo stato di incertezza sul momento in cui potremo suonare live, in un vero live. Pensiamo inoltre che le condizioni di questa sospensione, ovvero lo stato di svilimento in cui versa la cultura, rendano molto difficile impostare una progettualità. È molto difficile provare entusiasmo e scrivere, studiare o proiettarsi in un futuro. Un artista non dovrebbe trovarsi ad operare in queste condizioni, perché sono cieche e claustrofobiche.”

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

“Vogliamo che l’ascoltatore comprenda innanzitutto la narrazione della nostra musica, insieme ai suoi modelli; intendiamo quindi il suo contenuto esplicito. Ma ci preme molto che chi ascolta comprenda gli aspetti più impliciti di quello che facciamo. Infine, quello che davvero preferiamo constatare è quel feedback vivo, live, meno ordinato e apollineo, che risponde quando ci esibiamo. Il live è davvero un soffio vitale su una materia preordinata, e ci manca moltissimo. Fa di una statua un corpo.”

 

Progetti futuri?

“Abbiamo scritto un po’ di cose nuove e cominceremo a lavorarci. Ma non vediamo l’ora di suonare dal vivo il nostro disco d’esordio, quindi la nostra aspettativa è riposta soprattuto nell’esperienza del live e in una condizione creativa più serena.”

Tre Domande a: Vanbasten

Come stai vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

“Non amo le polemiche, cerco si sfruttare questo momento per migliorare, colmare le lacune che mi porto dietro avendo iniziato a suonare tardissimo e poi aspetto, mi preparo in silenzio, sperando che chi occupa le prime linee non pecchi di egocentrismo dando l’esempio ad una società completamente spaesata.” 

 

Come e quando è nato questo progetto?

Vanbasten prima era il nome della mia band, quella fondata con i fratelli di quartiere, fatta di urgenza di esprimersi e rabbia. Adesso invece Vanbasten sono io e mi sento come se portassi un’eredità importante, sono ancora la voce di chi ha creduto in me e la paura di deluderli mi dà tanta forza. Questo progetto, Canzoni che sarebbero dovute uscire tot anni fa il mio disco d’esordio, è un po’ come un film, sono cambiati tanti personaggi, ma la trama centrale non ha mai perso coerenza.”

 

Se doveste riassumere la vostra musica in tre parole, quali scegliereste e perché?

“Popolare: nel senso che sono un uomo del popolo e scrivo solo per lui.
Diretta: Odio le frasi subordinate, mi piacere mettere al centro solo quello che conta, senza orpelli lirici.
Reale: Scrivo solo quello che vedo, solo quello che posso dire di aver vissuto e consumato. Poi in modo onomatopeico vengono le melodie e gli arrangiamenti.”

Tre Domande a: The Pheromone Syndicate

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

Giada: “È un periodo difficile non solo per la musica ma per la maggior parte delle attività e per i rapporti umani in generale. Questo 2020 ha cambiato tantissime abitudini perdendo quella “normalità” a cui tutti si era abituati. Noi ci reputiamo fortunati perché abbiamo saputo reagire al lockdown di Primavera invece di farci prendere dallo sconforto: ci siamo messi d’impegno sulla nostra musica e sul progetto The Pheromone Syndicate. Abbiamo scritto e pubblicato molti nuovi singoli e anche alcuni video, ovviamente fatti in casa con i mezzi a disposizione. Attendiamo con ansia che si possa tornare a suonare dal vivo ma nel frattempo rendiamo prezioso questo tempo creando ed imparando cose nuove.” 

 

Come e quando è nato questo progetto?

Sandro: “Il progetto The Pheromone Syndicate nacque nel 2017 come solista. Volevo staccarmi dal genere che per avevo suonato per una vita (l’heavy metal) per dedicarmi a quelle che per me erano nuove sonorità. I primi brani ed uscite furono delle sperimentazioni piuttosto lontane da quello che oggi è il nostro vero sound. Sul finire del 2018 conobbi Giada sul set di un videoclip musicale e decidemmo di far uscire un singolo in collaborazione. Ci trovammo molto bene a fare musica assieme e così nell’autunno del 2019 rilanciammo il progetto The Pheromone Syndicate come un duo vero e proprio. Possiamo quindi dire che gli attuali The Pheromone Syndicate ufficialmente siano “neonati” nella scena musicale.”

 

Se doveste riassumere la vostra musica in tre parole, quali scegliereste e perché?

Electro-Pop-Rock: così abbiamo definito il nostro stile musicale. Il massiccio uso di samples e synth e il ritmo dei brani è riconducibile soprattutto alla musica elettronica; le melodie di voce e l’approccio alle lyrics richiama di più la Pop Music (soprattutto di stampo americano) mentre l’attitudine, l’uso della chitarra elettrica e la struttura dei brani sono di stampo Rock. Ci rendiamo conto che in Italia questo genere è qualcosa che ancora mai sentito. Si allontana molto dai canoni del mainstream (a partire dal cantato in inglese). Per quanto ci riguarda questo è per noi un punto di forza e ci rende a nostro modo unici.

Tre Domande a: Cirri

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

“Sicuramente qualsiasi canzone o band ascoltata nella nostra vita ci ha influenzato. Le band più importanti sono state Verdena, Afterhours, Marta sui Tubi, Massimo Volume e C.S.I. per quanto riguarda l’Italia. All’estero sicuramente Bon Iver, RY X, Chet Faker, Hiatus Kayote, Alt-J. Potremmo continuare a elencare artisti per ore, tutti loro rientrano nelle nostre influenze.”

Se doveste riassumere la vostra musica in tre parole, quali scegliereste e perché?

“SPERIMENTAZIONE, perché uno dei nostri obbiettivi è quello di non porci nessun limite. Capita spesso di entrare in studio e “scambiarsi” i ruoli solo per vedere cosa esce fuori. Provare sempre qualcosa che non abbiamo mai suonato e cercare di renderlo “nostro” è qualcosa che ci piace da morire.
PSICHEDELIA, che significa “allargamento della coscienza”. Per noi la musica è anche un momento di introspezione. Succede spesso che si scriva un testo e ci si accorga in un secondo momento di quale fosse il suo significato profondo, quali aspetti rivelasse del nostro modo di pensare e anche quali messaggi per migliorare il nostro approccio agli eventi della vita. La speranza è che possa innescare questo processo anche nell’ascoltatore.
AMICIZIA, che potrà sembrare banale, ma è la parola che descrive perfettamente il rapporto tra noi tre. Suonare è, oltre che una passione incontenibile, un modo per passare del tempo con persone importanti, senza maschere, sinceramente, connettendosi attraverso la scrittura di canzoni. Non è una fortuna che capita a tutti, quindi merita di rientrare nei vocaboli scelti!”

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

“Ci piacerebbe che la nostra musica riuscisse a toccare le corde inconsce dell’ascoltatore. Nelle nostre canzoni mettiamo oltre al nostro vivere quotidiano, ricordi e riflessioni su delle storie molto strane che abbiamo avuto la fortuna di vivere. Penso che molto di quello che inseriamo nei testi e nelle musiche sia qualcosa che ogni essere umano sperimenta durante la sua esistenza e che quindi per questo ci si possa ritrovare. Nella speranza, perché no, che possa aiutare a sciogliere alcuni blocchi, a slegare dagli schemi. Senza, ovviamente, voler essere dei maestri o dei guru. Siamo persone comuni che scrivono di vite comuni che, in quanto tali, sono condivise un po’ da tutti.”

Tre Domande a: Filippo Cattaneo Ponzoni

Come e quando è nato questo progetto? 

“Mi chiamo Filippo Cattaneo Ponzoni, ho vent’anni e sono un cantante, chitarrista e cantautore di Bergamo. Dal 2018 sono il chitarrista di Ghemon e nel 2019 ho intrapreso in parallelo il mio progetto da solista. Ho iniziato a scrivere canzoni poco più di un anno fa e il processo è avvenuto in maniera molto naturale. Sicuramente i miei concerti, quelli insieme a Ghemon e l’attività in studio con lui hanno favorito e stimolato l’esigenza di scrivere. Ho lavorato al mio primo EP per circa un anno e il lavoro è arrivato a compimento durante il periodo di quarantena. La Tua Alternativa, il mio primo EP,  è stato prodotto da me e da Fabio Brignone, registrato da Marco Ravelli, fonico dei Pinguini Tattici Nucleari. Le copertine dei singoli e dell’EP sono state curate da Paolo De Francesco, noto grafico italiano che negli anni ha collaborato con Mika, Zucchero, Tiziano Ferro, Samuele Bersani, Diodato e molti altri.”

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

“Quando scrivo le mie canzoni cerco di esprimere il mio punto di vista riguardo tematiche e sensazioni che provo in prima persona e che sono comuni. Mi piace l’idea di lasciarmi influenzare e sperimentare senza mettere confini. Il sound che ne deriva è frutto di queste contaminazioni che vanno dal cantautorato italiano al Pop-Rock e al Blues dove la chitarra è protagonista ma sempre al servizio delle canzoni. Spesso è proprio questo strumento il punto di partenza della mia scrittura. Quello che vorrei far arrivare alle persone che ascoltano la mia musica è di immedesimarsi in quello che vivo. Nei miei testi penso ci siano spunti di riflessione che l’ascoltatore può fare propri e in cui si può identificare. Mi piacerebbe che la mia musica potesse emozionare le persone che la ascoltano.”

 

Progetti futuri?

“Attualmente sto lavorando a nuove canzoni e pensando ad un disco. Chiaramente c’è la speranza di poter tornare a suonare dal vivo. Tengo particolarmente all’aspetto live perché dal mio punto di vista è un’esperienza totalizzante in cui chi è sul palco può comunicare senza filtri e barriere con le persone.”

Tre Domande a: Lucio Leoni

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

“Altalenando momenti di calma a momenti di disperazione. Siamo in bilico e con prospettive decisamente ridotte ma non ci piace lamentarci. Riguarda tutti dunque proviamo a immaginare modi nuovi per continuare a raccontare storie. Questo, crediamo, è il nostro compito. Siamo davanti una tabula rasa, e paradossalmente potrebbe essere più facile. C’è da immaginare il futuro nuovo per modelli di spettacolo e ridistribuzione delle ricchezze economiche e culturali. Noi siamo quelli che sanno usare la penna per scrivere, per disegnare, per immaginare e noi siamo chiamati a dare la spinta propulsiva necessaria, altrimenti si muore.”

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

“Abbiamo ascoltato molta musica per realizzare questo disco (Dove Sei lavoro pubblicato in due parti distinte nel corso del 2020, la parte 1 a Maggio e la parte 2 a Ottobre) e artisti anche molto distanti tra di loro. Ne abbiamo fatto una sintesi, la nostra sintesi. Negli ultimi tempi ci stiamo avvicinando sempre di più alle forme dello spoken word in cui i confini della forma canzone si dilatano e si trasformano. Artisti come Kae Tempest, Joyner Lucas, George the Poet, e mondi distanti che invece lavorano sull’assenza e sui vuoti come ad esempio Son Lux ci hanno fatto da faro. Dove sei è un progetto complesso, diviso in due parti è un lavoro che parte dal pensiero e dalla parola, poi diventa suono. Abbiamo invertito il metodo lavorativo e ragionato su come costruire sfondi sonori alle storie che volevamo raccontare provando a mantenere un immaginario coerente in entrambe le parti. Quello che ci interessava, più che una forma riconoscibile dal “mercato” era ottenere un lavoro organico che potesse anche allontanarsi dall’idea della canzone (nel particolare) e di disco (nel generale); abbiamo lavorato su forme diverse, più simili alla letteratura che non al classico approccio discografico.”

 

Progetti futuri? 

“Trovare alternative performative. La situazione ce lo impone e la condivisione del momento live non può fermarsi; deve modificarsi in armonia con quanto sta succedendo a livello globale. Stiamo immaginando trasformazioni e produzioni diverse che possano intersecarsi con intelligenza a questo momento. Come dicevo prima, c’è da immaginare il futuro. E’ completamente saltato il banco e chissà chi ritroveremo sopra e sotto il palco; le generazioni cambiano con una velocità impressionante ormai e ci sarà da confrontarsi con quella che verrà generata da questo momento di trasformazione gigante che stiamo attraversando. Inutile adesso far previsioni o lavorare sul presente, il presente è immobile e non possiamo ancora interpretarlo perché ci siamo dentro. Quello che possiamo fare è gettare il cuore oltre l’ostacolo e cominciare ad identificare i contorni del domani.”

Three Questions to: Dig Two Graves

How and when was this project born?

“We started in 2017 by Josh and Kenny – who have been friends for years – and quickly found Mike, who was very interested in the project. We hit up Jesse over Instagram and the rest is history! Josh had one song written when we first started which we practiced and worked on to start out. After working on it for a while, it ended up changing pretty drastically and we finally decided on a certain version of the song. This then became our first single Wick. The earliest demos of the song are almost completely unrecognizable to what it ended up being.”

 

If you had to sum up your music in three words, what would you choose and why?

“Nice, fresh and organic. We believe that our music stands out from the metalcore/djent type of genre which was one of our goals from the start. We wanted to create a project that had the heaviness of that style of metal but with some more of our own sauce. We ultimately ended up going in a more melodic direction and tried to utilize a variety of song structures to keep things fresh.” 

 

What about your future projects?

“We are currently working on our debut full length album and we’re very super stoked on how it’s turning out. Two songs are very close to completion, which will most likely be released as singles before the album. Nothing is definite, of course, but that is the current plan. We are working to have at least one single out in the near future, hopefully.”

 

 

Come e quando è nato questo progetto?

Abbiamo cominciato nel 2017. Josh e Kenny erano amici già amici da anni, poi abbiamo subito trovato Mike, che era molto interessato al progetto. Abbiamo contattato Jesse su Instagram e il resto è storia! Josh aveva già scritto una canzone quando abbiamo iniziato e abbiamo provato e lavorato su quella per cominciare. Dopo averci lavorato su per un po’, la canzone era cambiata in modo abbastanza drastico e alla fine ci siamo decisi per una certa versione. Questa poi è diventata il nostro primo singolo Wick. I primi demo della canzone sono quasi completamente irriconoscibili dalla versione che poi è diventata. 

 

Se dovessi riassumere la vostra musica in tre parole, quali sarebbero e perché?

Bella, fresca e naturale. Crediamo che la nostra musica si distingua dal genere metalcore/djent, che era il nostro obiettivo iniziale. Vogliamo creare un progetto che abbia lo stile “heavy” del metal ma aggiungerci qualcosa di più nostro. Alla fine abbiamo preso una strada più melodica e cercato di usare arrangiamenti diversi per mantenere un’idea di novità.

 

I vostri progetti futuri?

Al momento stiamo lavorando sul nostro primo album e siamo molto emozionati per come sta venendo fuori. Due canzoni sono quasi finite e molto probabilmente verranno rilasciate come singoli prima dell’uscita dell’album. Ovviamente non c’è niente di definitivo, ma questo è il piano attuale. Stiamo lavorando per far uscire almeno un singolo nell’immediato futuro, si spera. 

 

Francesca Di Salvatore