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Tag: tre domande

Tre Domande a: UVA

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

Ho la fortuna di avere un altro lavoro, però è stato un momento super difficile, e penso che rimarrà così ancora per un pò. In questo periodo è importante andare ai live per supportare la musica e gli artisti.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Un’emozione, vorrei che gli ricordasse qualcosa, qualche esperienza della sua vita qualche momento. Che gli facesse un po’ da colonna sonora del momento.

 

C’è un artista in particolare con cui vi piacerebbe collaborare?

Ce ne sarebbero tantissimi. Non ho un idolo in particolare, non seguo le orme di una persona, o cose del genere. Mi piacciono tanti artisti diversi, per altrettanti diversi motivi. Dipende da cosa si vuole comunicare, ogni artista ha la propria chiave di lettura.

Tre Domande a: Andr3

Come e quando è nato questo progetto?

Andr3 è un progetto nato da poco, ho scritto Portovenere 254 quasi un anno fa ma il primo singolo l’ho pubblicato solo da qualche mese; è il mio progetto solista e che mi rappresenta totalmente, soprattutto perché è il mio primo progetto musicale in italiano e questo mi da la possibilità di esprimere al 100% quello che voglio dire.

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui ti ispiri per i tuoi pezzi? 

Mi ispiro a tantissima roba, soprattutto perché sono cresciuto con il punk rock californiano dei primi anni 2000, con l’alternative rock inglese degli ultimi anni e ho avuto una grande fonte di ispirazione anche dai grandi producer e DJ EDM. Quindi le mie influenze vanno dai Bink 182, ai Bring Me The Horizon e i Linkin Park, per poi finire a Martin Garrix, Avicii e The Chainsmokers
Con il genere pop italiano è sicuramente difficile inserire certe sonorità ma quella è la musica che ascolto di più.

 

Progetti futuri? 

Ho finito da poco la registrazione di tre nuove canzoni, spero di far uscire un EP a Ottobre che comprenda appunto i tre pezzi già usciti e i tre inediti.
Spero di riuscire anche a fare dei concerti il prima possibile ma ora sono concentrato sulla promozione del nuovo singolo e portare a termine il mio primo disco.

Tre Domande a: platìni

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

Nonostante l’assurdità di questo ultimo periodo, per tutto e per tutti, paradossalmente credo sia stato fondamentale per la mia musica. Poco più di una settimana prima della chiusura totale di Marzo 2020, quando ancora non si sapeva quello che sarebbe successo da lì a poco, ho chiuso il primo pezzo del progetto platìni.
Dopo una serie infinita di tentativi finiti nel cestino del mio Mac ero arrivato ad una quadra musicale che forse mi soddisfaceva e che mi ha fatto dire “OK, forse questa roba mi piace per davvero, da qui posso partire”. E così è stato. Ho sfruttato tutto il tempo libero che avevo chiuso in casa a produrre i pezzi che poi sono diventati i primi pezzi di questa avventura e che adesso stanno iniziando ad uscire.
Quindi a livello artistico, per mettere a fuoco davvero il tipo di sonorità che volevo dare ai pezzi che avevo scritto, è stato importantissimo questo tempo di sospensione che abbiamo vissuto a causa della pandemia. E probabilmente è stato d’aiuto anche per farmi smettere di rimandare il momento in cui prendere la decisione di lanciarmi poi con il progetto solista. In un momento di totale incertezza, dove davvero si faticava e si fatica tutt’ora a capire cosa succederà mi sono detto “Vado, io da adesso cerco di esistere, va come deve andare e vediamo che succede”.

 

C’è un evento, un festival in particolare a cui ti piacerebbe partecipare? 

Milano è una città che, abitandoci piuttosto vicino, ho frequentato spesso per diversi motivi ma in particolare modo per la musica e per tutta l’offerta di concerti che offre. Un festival iconico per Milano, e forse per l’Italia in generale, che negli anni si è fatto sempre più grande ed importante, a cui ho partecipato diverse volte come spettatore (ma una volta mi ci sono ritrovato pure a spillare le birre) è il MiAmi. Quindi forse forse, se dovessi scegliere un festival a cui terrei in modo particolare a partecipare, potrebbe essere proprio questo. Anche solo per il gusto di poter dire al me sedicenne e ventenne e venticinquenne e così via, che più volte si è trovato sotto quei palchi, “Toh, guarda, a sto giro ci sei sopra tu, bravo!”.
E poi va beh dai, anche un capatina al Festival di Sanremo non sarebbe mica male.

 

Quanto punti sui social per far conoscere il tuo lavoro? 

È ovvio e forse anche un po’ banale ricordare e ricordarsi quanto i social siano in questo momento uno strumento importante, importantissimo, probabilmente fondamentale e quasi indispensabile per un artista emergente. Non sono mai stato un grande frequentatore dei social, o quanto meno non in modo attivo. Da quando è partita questa avventura come platìni però mi ci sono lanciato, con un certo entusiasmo e senza fatiche.
Sono un gran coglione, mi piace proprio fare il deficiente nella vita, e se nelle canzoni mi prendo sul serio, a volte forse fin troppo, con i social mi piace lasciar passare la mia parte più cazzona. Per dire “Oh, guardate che se nei miei pezzi cerco di dire solo cose più o meno serie, nella vita in realtà sono anche questo gran pistola che vedete nelle storie di Instagram”.
Ah tra l’altro, momento marchetta, su Instagram sono platini.wav

Tre Domande a: Disarmo

Come e quando è nato questo progetto?

All’atto pratico il primo singolo firmato Disarmo è uscito a inizio 2020, ma in un certo senso questo progetto nasce con me; considerando che attingo da un bagaglio di esperienze personali e musicali riempito nel corso di una vita e che sommate danno il risultato di quello che sono “artisticamente” oggi.

 

Progetti futuri?

Mi piacerebbe vedere posti che non ho ancora visto, confrontarmi con una cultura nuova, dimenticarmi per un po’ chi sono stato prima. Ho appena chiuso un album e non sento il bisogno di scrivere nulla; non credo nella scrittura come una forma di esercizio, il progetto più bello per il mio futuro è trovare ispirazione.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Macerie, la traccia nr. 1 del mio album. Trovo sia un racconto inquieto e profondo nonché manifesto di tutto il disco. Un pezzo lento, che mescola atmosfere jazz dolci e notturne a un ritornello che esplode struggente.

Tre Domande a: Zoelle

Come e quando è nato questo progetto?

Il progetto Zoelle nasce in piena quarantena, durante il primo lockdown. La solitudine di quel momento mi ha spinto a tirare fuori i pensieri più profondi e metterli in rima, sfruttando quell’irreale silenzio per dare voce a tutte le sensazioni negative che mi divoravano dentro. Un vecchio pianoforte e una chitarra sgangherata mi hanno permesso poi di trasformare tutto questo in musica e in seguito, grazia alla collaborazione con Joestar e Akiyame, i miei attuali produttori, ho confezionato le mie prime canzoni.

 

C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare? 

Nel futuro immediato mi piacerebbe collaborare con Etmo, un giovane rapper di Torino che fa parte del roster RKH e registra nell’omonimo studio a cui mi appoggio per i miei brani. Mi sono innamorata del suo stile e della sua musicalità e credo che con la produzione giusta potremmo tirare fuori qualcosa di speciale.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perchè? 

Se dovessi scegliere una sola canzone sarebbe senza dubbio Fanfara Dark, il mio brano d’esordio. Comporla è stato come fare un salto nel buio. Mi ha portato in una dimensione nascosta, in cui mi sono svestita dei panni di Martina per indossare quelli di Zoelle. Probabilmente avevo solamente bisogno di dimostrare a me stessa di potercela fare e quel brano rappresenta in pieno l’iniezione di fiducia di cui avevo bisogno per andare avanti e inseguire i miei sogni.

Tre Domande a: GENTE

Come stai vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica? 

“Con grande energia e voglia di non buttarsi giù. Qui a Bologna si riesce a palpare l’energia fortissima che sta tornando dai musicisti e le persone che amano la musica, quindi sto cercando di cavalcare quest’onda ed essere mega produttivo, per ritornare sempre più spesso live e respirare musica fino alla nausea.”

 

Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole, quali sceglieresti e perché?

“Sole, Amore e Anima: Sole perchè ogni mia canzone parte da una cosa negativa che provo a trasformare in luce e calore, Amore perchè ogni mia canzone trasuda devozione verso questo mondo musicale e Anima perchè ci mettiamo sempre tutta l’energia che abbiamo in corpo per ogni cosa che facciamo, io e il mio team!”

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta? 

“Io faccio musica come terapia d’urto personale, il mio sogno sarebbe quello di far diventare le mie canzoni dei piccoli trattamenti per la presa bene: 2 canzoni a stomaco pieno dopo ogni pasto, tranne la sera. La sera a stomaco vuoto mischiato ad alcol per goderci la vita!”

Tre Domande a: Durmast

Come e quando è nato questo progetto?

“Ho sempre suonato la batteria in varie band punk/rock dal 2004 ad oggi, ma nel 2008 in seguito ad un incidente che mi ha impossibilitato a suonare per diversi mesi ho cominciato a scoprire il mondo della musica elettronica continuando la cosa parallelamente alla batteria anche dopo essermi rimesso, dal 2017/2018 ho voluto dare l’ufficialità a questo progetto dandogli il nome Durmast e facendo uscire il mio primo album Village.”

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

“L’obiettivo non è trasmettere, ma piuttosto, far scaturire qualcosa in chi ascolta i miei brani.
Credo che sia il bello di non avere testi, il testo condiziona l’ascoltatore, invece nel mio caso è la musica che agisce su chi ascolta suscitando qualcosa in maniera molto libera senza vincoli e senza un giusto/sbagliato. Vorrei che la mia musica potesse essere indossata come un abito su misura, io presento il modello e l’ascoltatore decide il colore, i dettagli e in che occasione indossarlo. Può essere un abito da festa, da viaggio, da tenere dentro l’armadio e indossarlo guardandosi allo specchio, in seguito riporlo per poi vedere come calza qualche anno più tardi.”

 

Progetti futuri?

“In testa tantissimi, tra i più fattibili adesso sicuramente creare altri brani, altri remix (di artisti conosciuti e non) e introdurre la batteria acustica in live e brani in studio così da poter dare un tocco umano ad una cosa programmata.
Mi piacerebbe dopo l’esperienza che ho avuto in Mappe Criminali, dove hanno utilizzato dei miei brani per la colonna sonora, creare qualcosa ad hoc per serie tv e/o film per il piccolo e grande schermo, insomma vorrei mettere i piedi in più staffe così da creare un bagaglio di esperienze più ampio, perchè credo che un’artista debba costantemente mettersi in gioco e affrontare nuove sfide per alimentare l’immaginazione e definirsi tale, fame senza mai sentirsi sazi.”

Tre Domande a: Brunacci

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Vorrei che chi mi segue, una volta ascoltata la canzone, sentisse un po’ di conoscermi, come se avesse parlato con me. Vorrei che le mie canzoni facessero sentire meno soli e che dessero la forza per affrontare al meglio le difficoltà.

 

Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole quali sceglieresti e perchè? 

Vera: perchè nelle mie canzoni non c’è nulla di inventato, ogni pezzo è una piccola parte di me.

Semplice: amo cantare degli aspetti semplici della vita e racchiuderli in una canzone. Nella musica anche la cosa più semplice, e non banale, prende un grande significato.

Profonda: per quanto io parli di aspetti semplici cerco sempre di ricavarne uno spunto di riflessione più profondo. Le cose semplici mi aiutano a concentrarmi meglio su ciò che conta.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perchè? 

Ogni mia canzone racconta qualcosa di me. Non è facile scegliere fra una di loro, in questo momento probabilmente sarebbe Quel che è, l’ultimo pezzo uscito, perchè rappresenta quanto il mio pensare a volte sia nocivo e mi impedisca di godermi le cose belle della vita.

Tre Domande a: Vale Nicole

Come e quando è nato il tuo progetto?

L’idea di creare un album tutto mio è nata nel 2019, precisamente in una calda sera d’Agosto, quando io e RICI ci mettemmo alla produzione di un nuovo pezzo da cui poi nacque Fiori d’Agosto, che è all’interno del disco. Nota dopo nota, capivo sempre di più che era arrivato il momento di raccogliere tutto quello che a parole non ero mai riuscita ad esprimere, e di farlo creando un progetto tutto mio.
Con l’arrivo della pandemia e il conseguente lockdown, ho avuto la possibilità di entrare in una sorta di stand-by dalla mia vita di tutti i giorni, dandomi la grande opportunità di dedicare giorno e notte alla ricerca del mio sound, di riuscire a scavare dentro di me e sciogliere finalmente quei nodi stretti mettendoci un punto definitivo.
Ovviamente, tutto ciò non sarebbe stato possibile senza Natty Dub (Funk Shui Project), che fin dagli albori del progetto ha sempre creduto in me e nelle mie potenzialità, più di quanto non facessi io.
Abbiamo lavorato a distanza, ma in perfetta sinergia con tutti i produttori e i musicisti che hanno preso parte al progetto, mettendo l’anima in ogni singolo accordo.
In un periodo critico come quello che abbiamo passato, lavorare a questo progetto mi ha dato quella forza interiore che mi ha spinta ad andare avanti.

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui ti ispiri per i tuoi pezzi?

Avendo un ascolto abbastanza ampio, è difficile riferirmi a qualcuno in particolare. Posso dire però che la scena nu-soul britannica mi è di forte ispirazione. Tom Misch, Jordan Rakei, Oscar Jerome, Samm Henshaw: il loro sound è fresco e innovativo, ma si percepisce sempre il legame alle radici del soul e quel forte richiamo al jazz, ed essendo il mio lato artistico originato da questi generi, per me sono fonte da cui trarre spunto.
Per quanto riguarda i testi, sicuramente mi sento più vicina a Ghemon, Willie Peyote e Venerus perché utilizzano un linguaggio figurativo che rispecchia molto il mio modo di approcciare alla scrittura. Immaginare scenari che vanno oltre al semplice racconto, trovare delle analogie tra le proprie esperienze vissute e quelle delle altre persone, cercando di creare un unico ambiente dove ritrovarsi per non sentirsi soli, è quello che cerco di ricreare nei miei testi.
Anche le liriche sublimi degli artisti senza tempo della musica italiana, come Lucio Dalla e Ornella Vanoni, che mi accompagnano fin dall’adolescenza, hanno certamente influenzato la mia penna.

 

Come ti immagini il tuo primo concerto live post-pandemia?

Una bomba atomica. Sarà sicuramente un’esplosione di emozioni riuscire a ritornare su un palco e condividere le sensazioni uniche che solo un concerto dal vivo ti può dare. Penso che questo valga sia per lo spettatore, sia per i cantanti/musicisti e per tutti coloro che lavorano dietro il sipario.
La connessione tra pubblico e artista genera un feedback molto importante perché è lo spettatore a rendere unico un live creando energia e potenza.
Lavorare ad un disco, senza riuscire a suonarlo in giro, è come lasciarlo a metà.
Mi metto anche nei panni di un ascoltatore, ed essendolo anch’io, capisco ci sia la foga di vedere gli artisti esibirsi, cantare con loro e commuoversi.
Io questa volta ho una grande emozione in più: portare finalmente il mio progetto su un palco.
Che bomba atomica!

Tre Domande a: Guidobaldi

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Sono molto legato a tutte le canzoni di Scusate il ritardo, il mio primo album, ma sceglierei Cartolina Portuense, non solo perché è stato il primo singolo, ma anche perché è il brano con cui si apre il disco: è il primo di sei capitoli di una storia d’amore in cui l’ascoltatore si può immedesimare.

 

Come ti immagini il tuo primo concerto live post-pandemia?

Nell’immediato? Mi immagino un concerto in acustico, molto intimo, col pubblico distanziato, ma entusiasta di ritrovarsi ad ascoltare della musica dal vivo. Sarà potente e sicuramente molto emozionante per tutti noi. Quando invece avremo davvero sconfitto il virus, allora il concerto sarà una festa dalle chitarre distorte e dai piedi pestati. In ogni caso, non vedo l’ora di girare l’Italia con la mia chitarra.

 

Quanto punti sui social per far conoscere il vostro lavoro?

Non sono mai stato molto attivo sui social, anzi sono fermamente convinto del fatto che la miglior promozione possibile per noi artisti siano i concerti. Ma la pandemia ci ha insegnato che il flusso digitale è l’unica cosa inarrestabile, perciò ho iniziato a dedicar loro più tempo, per cercare di rimanere in contatto con il mio pubblico e anche per cercare di ampliarlo, ma non sono e non sarò mai un influencer, il mio posto è sul palco e non dietro a un telefono.

Tre Domande a: 43.NOVE

Come vi immaginate il vostro primo concerto live post-pandemia?

Ricco di emozioni, come giusto che sia, un po’ di tremolio alla gambe miscelata ad una sana dose di batticuore, e il tic (il batterista) che conta one, two, three… E poi giù a lasciarsi abbandonare nella corrente, nella musica, fare quello che sappiamo fare, cercare con lo sguardo gli occhi delle persone, guardare le mani in aria che si muovono, guardarsi negli occhi con gli amici sul palco per caricarsi. Ma soprattutto Ascoltare.

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Sceglieremo Storia di Uomo probabilmente, quel pezzo è la miscela perfetta tra me ed Eli, siamo molto affezionati a quel pezzo, quindi romanticamente parlando scegliamo quello.

 

C’è un evento, un festival in particolare a cui vi piacerebbe partecipare?

Bella domanda, conoscevamo pochi eventi fino a poco tempo fa, per cui ti direi un MIAMI a Milano, per la risonanza che ha, e poi molti altri ancora… dai noti festival di Prato, Pistoia, Roma e al nostro vicino di casa Lucca Summer Festival, sarebbe un sogno. Magari un giorno…

Tre Domande a: The Lost ABC

Come e quando è nato questo progetto?

Questo progetto nasce alcuni anni fa, nel 2014. The Lost ABC siamo io (Gianluca Mancini, NdR) e Massimiliano (Fraticelli, NdR), due musicisti e non solo, che un bel giorno decidono di fare la musica come avrebbero sempre voluto fare, fondamentalmente senza alcuna fretta, per il piacere di farlo. Volevamo costruire un racconto di melodie di piano incrociate a chitarre e registrazioni ambientali e poi stratificare il tutto con archi e noise, chiaramente ispirati alla musica per film.  Come musicisti abbiamo iniziato negli anni ’90, poi le vite si sono specializzate e diversificate in ambienti lavorativi corollari alla musica e per un motivo o per l’altro avevamo smesso di comporre per noi ed abbiamo ciascuno a suo modo iniziato a farlo per gli altri. Quindi nel tempo libero, trovando gli strumenti musicali nelle case di amici, di famiglia, nei tour per altri progetti, è venuto fuori questo album, lasciato maturare lentamene. Poi la pandemia e le sue conseguenze ci hanno costretti  a lasciare tutto in un cassetto. Ed ora grazie alla Memory Recordings di Fabrizio Paterlini, che ha creduto nel progetto, finalmente pubblichiamo.

 

Progetti futuri? 

Abbiamo il grande desiderio di tornare a suonare live, ma anche di continuare a comporre musica. Attraverso il Field Recording, che è una tecnica di registrazione di ambienti sonori per film, e svela sempre nuovi spunti su cui costruire melodie. E continueremo a cercare vecchi pianoforti che suonino bene, che restituiscano immaginazione e contemplazione. Incrociare le nostre esperienze e creare musica con continuità. Anche attraverso il percorso dei live show, non bloccare mai il flusso creativo. Questo è il progetto più ambizioso.

 

Come vi immaginate il vostro primo concerto live post-pandemia?

Ci immaginiamo un live molto minimale, ma tecnologico, come può esserlo un concerto oggi, grazie anche al progredire delle tecnologie digitali nell’arte. Computer che pilotano immagini girate in pellicola, strumenti acustici ed elettronici ben bilanciati, un concetto di live moderno, basato sulla magia del suono acustico e le possibilità di interagire con il digitale. Siamo molto ottimisti sul futuro dei live shows se si imbocca la strada giusta.