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Mese: Dicembre 2022

Tre Domande a: Deut

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il tuo modo di fare musica o a cui ti ispiri?

C’è un intero mondo musicale che seleziono e cerco di ampliare o confinare a seconda dei periodi, che spazia dal folk popolare alla musica elettronica, dal progressive rock al metal fino ai compositori classici contemporanei. Durante la scrittura di From the Other Hemisphere ho ascoltato musicisti lontani da me come Little Simz, Anderson.Paak e Black Thought, grazie ai quali ho ragionato molto sulla ripetizione e sul sampling. Con altri musicisti ho scoperto il click and cuts, ma non credo sia nemmeno una tecnica. Ho usato i dischi di Nick Drake come tranquillante, mangiato tutta la produzione dei War On Drugs e degli Arcade Fire perché adoro la loro scrittura. Dal folk e dalla psichedelia turca nominerei i Karagunes e gli Altin Gün con cui imparo e ripasso scale orientali, la polifonia, i controcanti e i tempi sbilenchi.
Citerei Sam Fender, The Building, Hania Rani e Model Man, tutti diversi tra loro ma capaci di suggerire atmosfere rarefatte. Ho trovato la leggerezza nel city pop di Tatsuro Yamashita e ascoltato la saggezza di Francis Bebey. Ultimamente le mie orecchie si sono poggiate su Dan Mangan e sul duo Svaneborg Kardib. In linea di massima sono attratto e ispirato da tutto ciò che mi è diverso perché aiuta ad allontanarmi dal luogo interiore da cui attingo le idee e soprattutto da me stesso.

 

Progetti futuri? 

Mi piacerebbe dedicarmi ad una nuova ricerca sonora e ad un nuovo lavoro musicale, continuare campionare suoni, lavorare su cose minimali con strumenti analogici. Anche in privato, senza velleità, senza il limite della struttura canzone… ma soprattutto dal vivo e non rinchiuso in casa con le cuffie. Mi piacerebbe avere qualche compagno/a musicale per creare insieme brani strumentali anche solo per il piacere di farlo. Sarebbe bello ricevere qualche proposta di collaborazione, giusto per uscire dal tracciato e sperimentare cose nuove.

 

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

Mi piace quando mi libero dell’urgenza. Mi è capitato non di rado di scappare verso casa con tutti gli strumenti che mi suonano in testa nello stesso momento, buttare giù le parti come appunti veloci e vedere un brano nascere. Mi piace la spontaneità con la quale arrivano le idee nella testa, il tormento che può darti una melodia. Amo le sovraincisioni, gli strati, lavorare sugli errori e sul caso… campionare suoni e inserirli nell’arrangiamento, strafare e poi magari ripulire. Dare un pizzico di senso al turbinio creativo per poi poterlo esprimere. Comunicarlo agli altri è potentissimo, quando accade è come se si suonasse insieme.

Alborosie & Shengen Clan @ Hiroshima Mon Amour

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• Alborosie & Shengen Clan •

Estragon Club (Bologna) // 10 Dicembre 2022

Hiroshima Mon Amour (Torino) // 11 Dicembre 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Non avevo idea dell’aspetto dell’ascoltatore medio di Alborosie o di che atmosfera si sarebbe creata per un concerto reggae, con chi avrei incrociato lo sguardo, come mi sarei trovato ieri sera entrando all’Estragon Club di Bologna. Appena varcata la soglia già suonavano dalle casse Bob Marley, Peter Tosh, qualcosa di registrato dello stesso Alborosie e, appena ho visto che la gente già si permetteva un piccolo balletto o scuoteva la testa sopra quelle fantastiche strumentali reggae e dancehall, mi sono sentito a casa. Non potrei descrivere meglio l’atmosfera se non con la parola mellow, che in inglese significa, in linea di massima, qualcosa di caldo, suadente, tranquillo. Ecco, sarà stata la gente incredibilmente calma, le luci che illuminavano con i tipici verde, giallo e rosso della bandiera rasta o la musica reggae che, piaccia o meno, regala sempre calma e serenità, ma l’ambiente era esattamente così: confortevole, accogliente, calmo. 

La band e il cantante hanno iniziato senza presentazione, qualcuno sventolava una bandiera della Giamaica. Il gruppo, composto da due chitarristi, un bassista, batterista e due voci di supporto, presenta un’ottima capacità tecnica e riesce ad incanalare tutta la spiritualità della musica reggae attraverso le note emesse dagli strumenti. Alborosie, sul palco, rappresenta l’essenza di un vero rastaman: si muove, salta, fa ballare i lunghi dreadlocks assieme a lui. Purtroppo il pubblico era un po’ spento, in pochi cantavano o rispondevano all’artista, ma sono stato piacevolmente colpito nel notare come nessuno riuscisse a rimanere fermo: la maggior parte delle persone stava ballando o si scuoteva a ritmo del basso e della batteria. Non sono mancate sorprese o piccole chicche, come qualche assolo del bassista e l’entrata sul palco del giovane rapper Laioung, che ha cantanto anche il ritornello della sua canzone Giovane Giovane. Alborosie durante il concerto non ha parlato molto, poiché, per sua stessa ammissione, preferisce lasciar parlare le canzoni, ma durante un piccolo stacco fra una canzone e l’altra ha preso qualche minuto per dire che abbiamo bisogno, oggi più che mai, di musica reggae informativa, politica e positiva. A suo dire siamo schiacciati dalla situazione politica e sociale a tal punto da diventare dei filtri. Notevole anche un secondo piccolo discorso dove elogia le donne, definendole più importanti in quanto punto cardine della società e figura più emotivamente forte e tollerante.

Finito il concerto avevo voglia di fare un salto a Kingston Town, perché è questo che lasciano Alborosie e la sua band quando suonano: il profumo di Giamaica, il profumo di libertà e amore che lascia sulla pelle la cultura rasta.

Riccardo Rinaldini (Bologna)

 

Foto di Diego Bianchi (Torino)[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27295″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27303″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27302″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27301″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27300″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27294″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27297″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27299″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27293″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27298″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row content_text_aligment=”center” css=”.vc_custom_1551661546735{padding-top: 10px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27304″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Grazie a BPM Concerti e Astarte Agency
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VEZ5_2022: Alma Marlia

A dicembre scorso, mentre pubblicavamo per il secondo anno di fila le personali top 5 della redazione e degli amici di VEZ, ci eravamo augurati come buon proposito per l’anno nuovo di tornare il prima possibile e in modo più normale possibile ad ascoltare la musica nel suo habitat naturale: sotto palco.
Nel 2022 tutto sommato possiamo dire di esserci riusciti, tra palazzetti di nuovo pieni e festival estivi senza né sedie né distanziamenti. Però ormai ci siamo affezionati a questo format-resoconto per tirare le somme, quindi ecco anche quest’anno le VEZ5 per i dischi del 2022.

 

Benjamin Clementine And I Have Been

Un pianoforte per negare le proprie radici, una voce per ricordare le proprie origini. Vivere una relazione di amore-odio con noi stessi, perché ciò che siamo diventati porterà sempre le tracce di ciò che siamo stati. Trasformare questa sensazione in arte, farne musica è un destino inevitabile.

Traccia da non perdere: Genesis

 

Auge In Purgatorio

Il rock italiano esiste e può essere spietato. Nove brani per parlare di profondità dell’anima, una musica che non rimargina, ma apre ferite. Una chitarra elettrica che taglia le pieghe della pelle, un basso potente che scava in profondità e una voce che ha il coraggio di guardare dentro l’abisso e da gemito di dolore si trasforma in grido di liberazione.

Traccia da non perdere: Tu Sei Me

 

The White Buffalo Year of the Dark Horse

Come il cavallo del titolo, il progetto si muove libero sfuggendo a interpretazioni e definizioni muovendosi tra stili e atmosfere diverse, per soffermarsi, poi, su note intime e paesaggi musicali dolci e familiari. Un piccolo necessario stato di grazia.

Traccia da non perdere: C’mon Come Up Come Out

 

Fantastic Negrito White Jesus Black Problems

Il quarto disco in studio per Xavier Amin Dphrepaulezz con il soprannome Fantastic Negrito dove il rock contemporaneo lascia prevalere le tradizioni ritmiche della black music unita a quel q.b. di psichedelia per parlare di razzismo, disuguaglianza sociale, violenza, ma anche amori struggenti viaggiando tra passato e presente come una macchina del tempo. 

Traccia da non perdere: You Better Have a Gun

 

Florence + the Machine Dance Fever

Dal passato arrivano i demoni esistenziali che prima non si riuscivano a capire, e che ora, invece, vengono affrontati con maggiore maturità e consapevolezza. L’esperienza della pandemia fatta di ansie e aspettative diventano testi che oscillano tra l’introspezione e l’audacia per esorcizzare fantasmi e paura a ritmi di ballate oppure sfumature pop più moderne e synth brillanti. Il tutto abbracciato dall’accattivante voce di Florence Welch.

Traccia da non perdere: Anti-Hero 

 

Honorable mentions 

Cris Pinzauti Moonatica – Musica per raccontare l’essere umano nella sua fragilità di vittima e carnefice, destinato alla follia per rimanere se stesso. 

Pixies Doggerel Un basso pulito e sonorità eleganti per una band che onora la propria storia musicale senza rimanerne intrappolati.

Ivan Francecsco Ballerini Racconti di Mare. La via delle spezie. – Essere cantautori è un mestiere difficile oggi, ma, come i navigatori di un tempo, l’artista affronta i pericoli e le meraviglie dei mari misteriosi della musica.

Harry Styles Harry’s House – L’accattivante voce di Harry Styles si muove tra melodie piacevoli e in apparenza leggere, per svelare momenti di intimità, la malinconia, ma anche la gioia di vivere ogni momento. 

Ariete Specchio Ariete è forza delicata, un simbolo di opposti dove la giovane età abbraccia la profondità di un animo più maturo di molti artisti della vecchia guardia. 

 

Alma Marlia

Divagazioni su musica raggae e spiritualità con Alborosie

Se dovessi pensare ai nomi più importanti del panorama reggae odierno, sicuramente uno dei primi sarebbe Alborosie. All’anagrafe Alberto D’Ascola, nasce a Marsala il 4 luglio 1977. Si avvicina al reggae nel 1993, quando fonda il gruppo Reggae National Tickets, ancora conosciuto come Stena. Nel 2000 si trasferisce in Giamaica, dove rinnova il nome d’arte in Alborosie (inizialmente Al Borosie) e inizia la sua significativa carriera da solista. Attualmente conta all’attivo ben ventitré album in studio, di cui cinque con il gruppo Reggae National Tickets.
Noi di Vez abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.

 

Ciao Alberto, benvenuto su Vez Magazine!
Sei un’istituzione riconosciuta a livello globale del reggae moderno. Cosa significa essere una voce importante della religione rasta nel 2022?

“Dopo aver vissuto una rivoluzione spirituale e aver studiato a lungo e a fondo la storia dell’Etiopia – vessata per anni dagli italiani – per me è un onore essere oggi portavoce di questa importante cultura. Quella rasta non è una religione, è spiritualismo, la parola religione implica anche una componente politica da cui io mi sento lontano.”

 

Gli anni caratterizzati dal virus hanno influito sulla tua creatività e sul modo di vedere il mondo? 

“Ho sempre fatto concerti, circa 200 date l’anno, e per la prima volta, non c’è stata alcuna interruzione nella lavorazione del disco. Avevo ritmi così estenuanti che stare fermo un anno e mezzo ha avuto sicuramente i suoi risvolti positivi, anche in fatto di creatività. Durante il periodo della pandemia infatti ho lavorato a casa, avendo la fortuna di avere uno studio a disposizione.”

 

Sei un artista molto seguito sia a livello italiano che internazionale. Qual è il tuo rapporto con i fan, sia nostrani che esteri?

“Ho un rapporto stupendo, e sento che con il tempo mi sto avvicinando a loro sempre di più. Sono contento perché sia dall’Italia che dall’estero, noto sempre una grande attenzione e partecipazione da parte loro rispetto alla mia evoluzione musicale.”

 

Il reggae è in buona parte critica verso il sistema occidentale. Qual è il tuo pensiero sulla situazione politica italiana odierna?

“Reputo la classe politica italiana un po’ tutta uguale, ma non vorrei entrare nel merito in questo contesto, preferisco lasciar parlare le mie canzoni.”

 

Quali sono gli artisti reggae che ti hanno formato di più? E quelli di altri generi?

Bob Marley, Peter Tosh fra gli artisti reggae internazionali che mi hanno formato di più. Fra gli italiani invece, sicuramente gli Africa Unite. Mentre per quanto riguarda gli altri generi, i Doors.”

 

Secondo te quale sarà l’evoluzione del genere reggae in vista di gusti sempre più omologati e mainstream? Evolverà in altri stili sporcandosi anche di generi diversi o rimarrà fedele a sé stesso?

“Sarò io a fare in modo che molto presto il genere si evolva, in questo periodo mi sto dedicando a studiare proprio questo.”

 

C’è qualcosa in cui credi fortemente al di là della musica e del rastafarianesimo che vorresti condividere con i lettori?

“L’unica altra cosa in cui credo fortemente insieme alla musica e al rastafarianesimo è la vita.”

 

Riccardo Rinaldini

Heilung @ Alcatraz

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• Heilung •

Alcatraz (Milano) // 09 Dicembre 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Foto di Claudia Bianco
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Loren “Uniti” (Garrincha Dischi, 2022)

Siamo a dicembre, ma possiamo sempre cantare e ballare sulla spiaggia. E non mi riferisco all’atto concreto di andare al mare in inverno, che per chi vive in Liguria come me è normale: parlo di vivere emozioni estive, ma fuori stagione.

I Loren (Francesco Mucè, Richard Cocciarelli, Gabriele Burroni, Marco Ventrice e Dario Fischi) sono una band fiorentina, hanno esordito con il primo album nel 2018 e sono tornati sulle scene con Uniti, un disco perfettamente riassunto nel suo titolo. Per quanto io abbia un debole per il fascino dell’enigmatico (momento di auto-denuncia che potrebbe costarmi caro), sento la necessità di ascoltare anche musica trasparente, che racconta con semplicità la mia esistenza ordinaria e che sappia farmi sentire al posto giusto. 

Uniti è pieno di vita e ha la capacità di sbrogliare molti nodi, riconnettendosi a un concetto quasi primordiale: la musica serve per ritrovarsi insieme. Il disco esplora diversi generi e ospita numerose collaborazioni artistiche, come Nicola Manzan, i Vocal Blue Trains e la Galantara Marching Band, rafforzando ancora di più la coesione tra gli individui, il filo rosso di tutte le canzoni.

Partiamo con il singolo più esplicativo di tutto l’album: Viva La Paura. “Ma siamo qui e siamo vivi / E non importa se non ci hanno capiti / Fanculo gli schemi / Le corsie preferenziali / Evviva la paura / Di essere ordinari”. Contiene uno dei miei messaggi preferiti in assoluto: basta performatività a ogni costo, basta gare, basta dimostrazioni, basta avere paura di non distinguersi. Non è necessario essere eccezionali per essere amati e ricordati e noi moriamo se non mettiamo radici; i Loren ce lo ricordano con il coro gospel potente dei Vocal Blue Trains. 

E se l’unione è la forza da cercare, la competizione esasperata e l’odio sono la nostra debolezza. Buio è un brano che scardina i principi secondo cui dovremmo dimostrarci forti e racconta la bellezza di avere dei lati oscuri, attraverso i quali possiamo trovare la luce. Ci carichiamo con i nostri successi, proviamo soddisfazione quando chi non credeva in noi e ci ostacolava si ricrede: ma non è forse un vortice “tossico” inutile? Il bello della musica è cantare le nostre prospettive utopiche. “Vorrei che questa volta / Tu ci fossi davvero / E avessimo la forza / Di non dimostrare niente a nessuno / Vorrei che questa volta / Tu ci fossi davvero / E avessimo la forza / Di mostrare il nostro lato oscuro / Non dirmi che hai paura del buio / Non dirmi che hai paura se è tutto nero / Lo sai che è solo nel buio che puoi illuminarti e brillare davvero.”

La titletrack Uniti raccoglie un messaggio quasi politico e, con un ritmo indie rock inglese che ricorda una melodia dei Vaccines, ci racconta che la nostra resistenza sta nella capacità di stare insieme e amare gli affetti che ci circondano. Ci vogliono soli, ma noi siamo “uniti per resistere”.

Adesso, immaginatevi di essere seduti a gambe incrociate su una spiaggia e indossare una felpa con il cappuccio tirato su per ripararvi dal leggero vento che solleva qualche granello di sabbia. State cantando canzoni per tutti i gusti insieme alle persone che vi piacciono, immersi in un’emozione corale. Vi alzate in piedi per ballare e siete consapevoli che il mondo intorno a voi privilegia la competitività e che le sue idee di solidarietà, amicizia e famiglia sono solo maschere che celano l’individualismo. Voi lo sapete, ma nel vostro piccolo state cambiando e lo raccontate davanti al mare con la musica. 

Ecco i Loren.

 

Loren
Uniti
Garrincha Dischi

 

Marta Massardo

Gazebo Penguins @ Locomotiv Club

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• Gazebo Penguins •

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Locomotiv Club (Bologna) // 08 Dicembre 2022

 

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1552435940801{margin-bottom: 20px !important;}”][vc_column][vc_empty_space][vc_column_text]Mi pare ci sia una certa qual ricorsività in questo festivo giovedì dicembrino, e che sia quella del numero 4. 

In un Locomotiv abbondantemente e da settimane ormai sold out, i Gazebo Penguins, già terzetto ma ormai da un pezzo diventato quartetto con l’innesto consolidato della chitarra di Riccardo Rossi, si stanno per esibire nella quarta (di quattro) “date evento” per presentare il nuovo disco, di imminente uscita (il 16/12), Quanto. Che non sarà di certo il loro quarto disco, ma si tratta incontrovertibilmente del quarto disco il cui titolo è composto di una sola parola, dopo Legna, Raudo e Nebbia. E non sono certo l’unico ad aver notato che la copertina dello stesso consta di 4 cerchi.

Ciò detto quanto andato in scena in quel di Bologna è qualcosa che molto si avvicina alla definizione di serata trionfale.

La prima parte del live è ovviamente incentrata sulla riproposizione integrale dell’ultimo lavoro, e pronti via con l’attacco di Nubifragio, con sommo sbigottimento realizzo che tutti sanno già tutto il testo a memoria, e accompagnano con trasporto e irrefrenabile entusiasmo le voci di Capra e Sollo, a parer mio non ancora perfettamente in sintonia, e ci mancherebbe, in alcuni passaggi. Sia chiaro, l’impressione netta è che almeno la metà di questi brani possa diventare un instant classic nei live della band come del resto accade da una quindicina d’anni abbondante ad ogni nuovo lavoro in studio, ma che ovviamente siano pezzi che hanno bisogno di un minimo di rodaggio e di acquisire un’alchimia che evidentemente al momento non può essere quella ideale.

Musicalmente il livello è spaziale, travolgente ed una menzione speciale la meritano le due incursioni del sax: davvero riuscite e funzionali al tutto, anzi, a mio modesto avviso è un’intuizione che andrebbe approfondita e perchè no, aumentata ed estesa.

Il resto ce lo mette il pubblico ed il suo entusiasmo incontenibile. Si poga senza sosta, crowd surfing, mosh pit, il sotto palco è davvero uno spettacolo nello spettacolo, complice anche un ritmo forsennato che rende difficile tirare il fiato: provateci voi con una sequenza come Finito il caffèIl tram delle 6Nebbia. 

E poi i bis, con la mia preferita, Bismantova, la chiusura quasi obbligata affidata a Senza di Te, cantata da qualche centinaia di persone felici. Alcune più sudate, altre meno. Tutti comunque testimoni di come i Gazebo Penguins siano una delle migliori live band italiane. 

 

Alberto Adustini

Foto di Ilenia Arangiaro

 

Setlist  

Nubifragio
Se Non Esiste Il Vuoto
Feyerabend
Erwin
Cpr14
Cosa Fai Domani
Uscire
Finito il caffè
Il tram delle 6
Nebbia
Atlantide
Scomparire
Difetto
Nevica

Encore
Bismantova
Cinghiale
Correggio
Senza di te

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1560685645808{margin-top: 10px !important;margin-bottom: 10px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27284″ img_size=”full”][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1560685686606{margin-top: 10px !important;margin-bottom: 10px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27281″ img_size=”full”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27275″ img_size=”full”][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1560685645808{margin-top: 10px !important;margin-bottom: 10px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27279″ img_size=”full”][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1560685686606{margin-top: 10px !important;margin-bottom: 10px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27277″ img_size=”full”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27274″ img_size=”full”][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1560685686606{margin-top: 10px !important;margin-bottom: 10px !important;}”][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27282″ img_size=”full”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_single_image image=”27283″ img_size=”full”][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1560685686606{margin-top: 10px !important;margin-bottom: 10px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27276″ img_size=”full”][/vc_column][/vc_row][vc_row css=”.vc_custom_1560685686606{margin-top: 10px !important;margin-bottom: 10px !important;}”][vc_column][vc_single_image image=”27278″ img_size=”full”][/vc_column][/vc_row]

Bryan Adams @ Nelson Mandela Forum

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Bryan Adams

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Nelson Mandela Forum (Firenze) // 08 Dicembre 2022

 

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Tre Domande a: Matteo Crea

Come e quando è nato questo progetto?
Il mio primo album Io non sono mai felice è nato circa un anno fa, in un momento in cui fare musica era l’ultimo degli obiettivi e dei pensieri, perché lavoravo in ufficio e avevo concluso l’università e non avevo grandi prospettive lavorative. Quindi ho scritto delle canzoni sincere che riflettessero il mio stato d’animo in un preciso momento di vita, poi il resto è venuto da sé, naturalmente.
Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il tuo modo di fare musica o a cui ti ispiri?
Sì ci sono moltissimi artisti e artiste a cui mi ispiro perché mi piace ascoltare tantissime tipologie di musica, in particolare per quanto riguarda questo disco mi sento di citare i primissimi Cure, i Beatles e un po’ il brit pop, rock, punk in generale. Sono questi i generi che più mi hanno ispirato. Artisti in particolare direi questi due.
Se dovessi riassumere la tua musica con un tre parole, quali sceglieresti e perché?
Se dovessi descrivere la mia musica direi arrabbiata, perché è grintosa, a me piace che le mie tracce abbiano un bell’impatto e che portate dal vivo facciano muovere; disullusa, non cinica, ma un po’ disillusa nei confronti del futuro; però direi anche speranzosa, perché mi piace mantenere sempre un messaggio di speranza e di positività su quello che poi è il futuro.

Bryan Adams @ Palazzo Dello Sport

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Bryan Adams

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Palazzo Dello Sport (Roma) // 06 Dicembre 2022

 

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Jack Savoretti @ Teatro Carlo Felice

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• Jack Savoretti •

Teatro Carlo Felice (Genova) // 06 Dicembre 2022

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foto di Ingrid Zambrano

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Tre Domande a: Fosco17

Come e quando è nato questo progetto?

10 Anni, il mio nuovo brano, è il primo estratto del mio secondo disco, che a dirla tutta è il terzo. A fine 2020 avevo terminato la produzione del mio secondo lavoro discografico, si sarebbe dovuto chiamare La Musica Italiana ed era un lavoro di ricerca temporale sulle influenze che l’Italia aveva assorbito dalla bossa nova, contaminato dal cantautore e dalla musica elettronica e inquinato dalla mia penna. Per motivi principalmente legati alla pandemia, tuttavia, questo disco non ha mai visto la luce e alla fine del 2022 ne avevo scritto un altro. Il racconto che avevo involontariamente deciso di fare, questa volta, era un’altra ricerca, nello spazio e non nel tempo però. Una ricerca di fantasia. Ho deciso dunque di riprendere e riarrangiare alcuni brani ancora inediti del precedente lavoro, e di commistionarli con altri, estendendo il viaggio nel tempo a nuove influenze, e raccontando lo spazio in maniera visiva.
Le canzoni raccontano qualcosa che le immagini amplificano e distorcono. Due rette parallele (all’asse y) traslate fra loro di 100 anni. L’estetica visiva si appoggia a quella sonora, creando illustrazioni démodé, il tessuto lirico, invece, non trova corrispettivo nell’illustrazione.
La produzione sonora e la scrittura armonica del disco compiono, contemporaneamente, come dicevo, un viaggio nel tempo. Le tappe musicali che vengono percorse sono un omaggio all’irrazionale follia della musica italiana che ha rubato e assorbito le influenze dell’estero in maniera differente nel corso degli anni.

 

Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole, quali sceglieresti e perché?

Biologica, ecosostenibile e circolare.
La musica di questo nuovo progetto è nata assieme a persone per cui provo stima e affetto, ha saputo rivivere della leggerezza con cui si scrive e si producono canzoni durante l’adolescenza ed ora non ha più un’appartenenza individuale ma collettiva. Non nutre frustrate aspettative verso se stessa perché è stata coltivata e annaffiata con moderazione e ha già generato i frutti per la sua auto-sostenibilità.
Credo nell’economia circolare, e l’arte è come un campo di pomodori, se li annaffi troppo marciscono.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Nonostante non sia mai stato amante dei concept album (sono sempre stato più interessato alle canzoni che alla storia del disco), faccio molta fatica a concepire un lavoro discografico senza un nitido fil rouge, senza un concetto che avvolga tutto.
È molto difficile riuscire anche solo a raccontare una storia dentro una canzone, figurarsi in un intero disco. Per questo spero che di 10 Anni arrivi, innanzitutto, quello che il testo sta raccontando, il sogno di un risveglio dal coma, ed in secondo luogo la narrativa fantascientifica e distopica, che trasporta i fatti nel futuro e ne modifica le forme e i contenuti.
E poi, sì, tutto quello che faccio è sincero e appassionato, e spero che questo si senta.