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TOdays 2023 • Day 2

Location

sPAZIO211 (Torino)

Data

26/08/2023

Dieci gradi di meno e un sold out annunciato, questo è il sabato dei TOdays. I Verdena in cartellone hanno portato al tutto esaurito e code virtuali, e lo sPAZIO211 inizia a riempirsi fin dall’apertura dei cancelli.
Il primo live di giornata è quello dei Gilla Band, padri del post-punk irlandese, figli del fu myspace e di un mondo che non esiste più. Attivi dal 2011, noti allora come Girl Band, nati con intendo programmatico di essere “a shit version of the Strokes” per stessa ammissione del frontman Dara Kiely. La loro musica è caotica, sfiora il noise, con testi deliranti e geniali. Verso la fine dell’ esibizione una cassa dritta clamorosa annuncia la cover Why They Hide Their Bodies Under My Garage? di Blawan, pezzo che consentì ai ragazzi di Dublino di uscire da myspace e trovare un’etichetta, nel lontano 2013.
Primo momento “caldo” del sabato del TOdays. 

Tutti immobili, come statue greche, davanti allo charme di Anna Calvi e alla sua chitarra. E alla sua voce. E alla sua musica. Del resto per lei si spese, e non poco, un certo Brian Eno che sostenne gli esordi della cantautrice britannica. Poi arrivarono gli endorsement di Nick Cave e David Byrne. E ancora due candidature a BRIT Awards e Mercury Prize.
Ha scritto colonne sonore per film e serie tv (Peaky Blinders su tutte), insomma, non avrebbe bisogno di presentazioni. Ma a colpire non è solo l’eleganza del suo set, il blues declinato in sei gusti e panna montata, è la sua voce a inchiodare il pubblico e piazza note così alte che anche le nuvole si tengono alla larga e ci regalano un live tecnicamente ineccepibile. E tempo stabile almeno per un’ora.

Peaky Blinders in qualche modo collega la Calvi agli Sleaford Mods. Il cantante della band inglese infatti compare in un cameo nell’ultima stagione della serie. I collegamenti però, finiscono qui. Il duo di Nottingham è decisamente agli antipodi del live che li ha preceduti.
Al secolo sono Jason Williamson e Andrew Fearn, hanno alle spalle dodici album, un numero imprecisato di collaborazioni, Prodigy su tutti. Minimalismo radicale, sul palco c’è un laptop e un microfono. Fearn, producer, balla senza sapere che in questo paese abbiamo avuto un Repetto, anni fa. Williamson parla, urla, canta (?) con lo stesso piglio del signore del piano di sopra che, inforcate le ciabatte, scende a spiegarti l’educazione, secondo lui. Spoken-word da pianerottolo, con personaggi usciti da Lock & Stock.
Eppure quello che avviene sul palco è uno show di socialismo in musica elettronica. Perché hanno urgenza di raccontare un punto di vista, denso di significati e di riferimenti. Si parla di lavoro, di weekend da riempire, di orizzonti che non sono più tali perché rimpiccioliti anzitempo.
Detta la loro, chiudono il laptop, lo infilano in uno zaino, salutano e se ne vanno. E io sento di averne ancora bisogno, nonostante abbia consumato i loro album. 

Il prato dello sPAZIO211 è gremito in ogni ordine di posto. Il pubblico ha seguito e sostenuto le esibizioni del pomeriggio, ma è evidente che la folla che si è creata ha una grande voglia di Verdena.
Saranno diciotto canzoni, da quattro album. Sarà una piccola bolgia, sarà una grande madeleine, perché i Verdena sono legati agli anni dell’università, alla fine del decennio musicale più incredibile cui abbia assistito, sono famiglia e ricordi.
Sono fedeli al loro spleen, anche se col tempo migliora nell’arrangiamento, tanto da risultare attraente e forse un po’ autoreferenziale. Il primo caso di meta-spleen che canta sé stesso, o forse canta quello che siamo stati, caricandosi di ulteriore forza.
Perdonate la malinconia davanti al loro live.
Alla fine sono solo serate di inizio millennio e suoni che non si sono mai puliti, voci che non sono mai cambiate, anni mai superati.
Qui dal parterre è tutto, vi chiedo scusa ma mi è entrata una Luna in un occhio.

T-shirt dei Joy Division: sette.
T-shirt dei Mad Season: tre. Fenomeno tuttora al vaglio degli inquirenti. 
Token in tasca: due.

Andrea Riscossa