Skip to main content

Peter Hook @ Goa Boa 2023

Per il venticinquesimo anniversario del festival, la location è l’Arena del Mare di Genova, ormai la stessa da qualche anno e sempre suggestiva in questo periodo dell’anno, tra palco vista mare, tramonti sull’acqua e traghetti che passano accanto a cantanti e musicisti.

La seconda serata di questa edizione 2023 ha un headliner decisamente di tutto rispetto: Peter Hook & The Light, ossia il progetto con cui il bassista dei fu Joy Division e New Order porta in giro per il mondo i successi delle due band britanniche che hanno fatto la storia del post-punk e non solo.

La serata si apre con Visconti, che insieme alla sua band “provano a fare post-punk” (citazione sua), e lo fanno abbastanza da far muovere a tempo di musica ginocchia, piedi e teste della platea presente in attesa di Peter Hook. O, meglio, come l’ha definito Visconti stesso, “il capo del post-punk”

Seguono poi i Planet Opal, che virano su un elettronico dalle sonorità ricercate (alcuni pezzi davano l’impressione di stare sott’acqua), e un breve ma intenso reading di Irvine Welsh in occasione del trentennale del romanzo Trainspotting

Insomma, una serata niente male per chi era giovane negli anni ’90 o per chi sogna di esserlo.

Di fronte a una platea quanto mai variegata, arriva poi Peter Hook. 

E lì comincia l’incantesimo. 

Sono in pochi a cantare, ma tutti ondeggiano e ballano. Qualche più coraggioso nelle prime file si sbraccia, specie durante i momenti strumentali e quando la batteria spinge. L’impressione è quella di avere davanti un incantatore di serpenti: impossibile distogliere lo sguardo mentre canta. Non si può non rimanere rapiti di fronte a quest’uomo di 67 anni che probabilmente ha un quadro in soffitta le cui corde vocali e capacità polmonare invecchiano al posto suo.

Per un’ora intera, la band si è esibita senza mai fermarsi, tanto da rendere quasi difficile capire quando finiva un pezzo e ne cominciava un altro. Solo un “grazie” e un “buonanotte” che forse voleva essere un “buonasera” all’inizio. Una breve pausa dopo la prima ora, sempre senza dire una parola, e si sono ripresi il palco per la seconda – pressoché ininterrotta – tranche.

Però, poco dopo mezzanotte, succede qualcosa.

Siamo alle battute finali. La band è di nuovo uscita e ritornata sul palco per gli ultimi pezzi.

E lì Peter Hook ci parla. 

Dedica il concerto non solo a Ian Curtis, ma anche a Andy Rourke, bassista dei The Smiths recentemente scomparso. Poi, comincia a intonare Atmosphere.

In quel momento si rompe la quarta parete tra pubblico e palco, che era rimasta praticamente intonsa fino a quel momento, suscitando forse un certo straniamento. Pezzo dopo pezzo la parete si sgretola sempre di più fino ad arrivare a Love Will Tear Us Apart, dove senza paura il pubblico canta con lui. 

L’incantesimo si è spezzato. La parete è crollata. 

Applausi a scena aperta.

Francesca Di Salvatore

FAKE FEST • 13 luglio 2023 sulle spiagge di Bellaria Igea Marina (RN) • IDLES + The Murder Capital

All Things Live Italy presenta la prima edizione di FAKE FEST, il nuovo boutique festival dedicato alla scena alternativa mondiale che si terrà il 13 luglio 2023 sulle spiagge di Bellaria Igea Marina (Rimini). Uniche date estive per IDLES, The Murder Capital ed il dj set di Fabio Nitra, per riunire il meglio della scena indipendente che domina il panorama internazionale.

La location scelta per il festival sulla riviera romagnola è il Beky Bay: un’arena unica nel suo genere, uno spazio di oltre 3500mq che al tramonto si trasforma in un suggestivo teatro a cielo aperto, con un imponente palco che si affaccia direttamente sul mare, per l’evento alt rock dell’estate italiana.

I biglietti per il FAKE FEST sono disponibili solo sulla piattaforma di ticketing e discovery DICE.

IDLES
Nei 5 anni trascorsi dal rilascio di “Brutalism”, gli IDLES hanno collezionato traguardi eccezionali: un album alla numero uno in classifica, molteplici tour sold out e partecipazioni come headliners ai più importanti festival internazionali. Il secondo disco, “Joy as an Act of Resistance”, ha ulteriormente solidificato il nome della band nella scena musicale inglese e mondiale, spianando la strada per l’enorme successo di “Ultra Mono”, il loro primo album alla numero 1 nel Regno Unito. “CRAWLER”, uscito nel novembre 2021, è riuscito ancora una volta a soddisfare le aspettative dell’intera fanbase internazionale, elevando il sound della band a un nuovo livello attraverso brani più melodici e introspettivi. Durante la loro vertiginosa ascesa, gli IDLES sono riusciti a guadagnare un’ampia gamma di fan accaniti a partire dai loro primi successi con il supporto di Steve Lamacq e BBC 6 Music, del circuito indipendente di musica dal vivo e la comunità di AFGang, con i quali hanno successivamente realizzato il film “Don’t Go Gentle: A Film About IDLES”, rilasciato in tutto il mondo e presentato a diversi festival del cinema internazionali.

THE MURDER CAPITAL
I The Murder Capital hanno appena rilasciato il loro nuovo brano “Only Good Things”, una canzone d’amore che fa da anteprima alla nuova musica in arrivo. Il singolo, prodotto da John Congleton, è la prima uscita dopo l’acclamato debutto della band irlandese, When I Have Fears, che ha raggiunto la top 20 nella classifica inglese, la posizione numero #2 in Irlanda, e che è stato incluso nelle classifiche di fine anno di diverse testate internazionali, tra cui il The Guardian.
I The Murder Capital hanno anche fatto il loro ritorno sul palco quest’anno, esibendosi su palchi importanti come quelli del Primavera Sound, VYV Festival e Solidays, e aprendo i concerti dei Pearl Jam al British Summer Time. Queste performance seguono un tour sold-out in Europa e Inghilterra, che li ha portati a suonare il loro concerto più grande finora durante la data all’Electric Ballroom di Londra. La band suonerà a diversi festival in giro per l’Europa e l’Inghilterra durante l’estate

Biglietti solo su DICE
https://link.dice.fm/pe39a1a5d1e1 

IG FAKE FEST: https://www.instagram.com/fakefest_it/
 

RADAR Concerti è All Things Live Italy, segui tutti gli aggiornamenti 
https://www.instagram.com/allthingsliveit/
https://allthingslive.it/

Chaos for the Fly

Ci sono viaggi che vuoi fare in compagnia, altri che prevedono la solitudine. Servono a far maturare pensieri e a fare fiorire idee. Servono a crescere e a esplorare.
Grian Chatten, frontman dei Fontaines D.C., stava passeggiando a nord di Dublino, sul lungomare di Stoney Beach. Racconta che l’album è arrivato lì, tra la spiaggia e il vecchio casinò decadente. Arrangiamento, testi, crescendo di archi, tutto si è palesato, come se arrivasse dal mare.
Una delle conseguenze è stata anche la decisione di non portare tutto il materiale ai ragazzi della band. Chatten ha deciso di non giocare a fare il Waters di turno e di rispettare il metodo di scrittura collettiva dei Fontaines. Ha protetto la sua creatura, che, di fatto, è un qualcosa di molto, molto, molto lontano da quello che abbiamo finora visto dall’artista irlandese.
Non c’è più la furia né l’urgenza, non c’è sincope né urla. Rimane quella matrice folk che nei lavori di gruppo era marcata soprattutto all’esordio, anche se nel suo disco prende una piega vagamente lo-fi.
I brani sono più morbidi, sospesi in una dialettica tra analogico ed elettronico, con netta predominanza della prima componente. Sono chitarre, archi e pianoforte a farla da padrone. Ma sono soprattutto le parole a dominare in questo primo lavoro di Mr. Chatten.
Che ha sempre qualcosa di interessante da dire. Coi Fontaines tende a urlarlo, solista vanta più calma, anche se il messaggio è comunque di un notevole peso specifico.

Prodotto con Dan Carey, l’album spiazza fin dalla prima traccia, The Score: iniziamo con relazione e distanza, col tema del mare, dell’affondare, dell’amore come guerra di posizione.

Last Time Every Time Forever:
Without a chance I’m king
Of every single thing
And it’s the cheapest spend
To make a dead heart sing

Qui “si spalano nuvole”, un flusso di coscienza con un paio di etti di chiavi di lettura, tutte buone, tutte valide, tutte equamente contorte. Pirandelliano, financo nel titolo.
Il tema del re, del re del nulla, torna più volte nell’album, così come la presenza del mare, che dell’album è fonte ispiratrice e funziona da sfondo, o da rumore di fondo.
Segue Fairlies che è un po’ skiffle e un po’ lirico, o semplicemente è una ballata che sembra un fotogramma di un film di Wes Anderson popolata dai Monty Python.
Assurdo, intelligente, ironico, caustico, spietato, il tutto rigorosamente in tono pastello. 
È un disco decadente come certe città costiere, come se i Beach Boys a fine corsa fossero in realtà vissuti sulle sponde opposte dell’Atlantico. C’è un’aria marina, densa e carica, che rovina la vernice delle cose, che segna il tempo, che induce alla malinconia. Come Bob’s Casino, dove si sfiora lo swing, e sono gli ottoni a trasportarci in un altroquando musicale. Si celebra il non-compiuto, è un brindisi alle occasioni perdute, tutte figlie di decisioni sbagliate o dell’accidia che si lega all’aria iodata.
All The People analizza il rapporto artista/pubblico, in una elegia di tristezza per violino e pianoforte. Un po’ cliché, un po’, forse, è un sentimento che chi vive sul palco deve esorcizzare davvero. L’onda malinconica continua in East Coast Bed, un testo contorto su un amore passato, qualcosa che sa di mare e di quei groppi in gola che solo settembre sa portar con sé.
Per fortuna arriva Salt Throwers off a Truck, dove la pedal steel accompagna il racconto di un piccolo mondo, un quartiere di città, personaggi usciti dalla penna di Auster. Roba da buskers, robe da Dubliners.
Visioni d’amore tutt’altro che poetiche si affacciano nelle liriche di I Am So Far, ironicamente cantata con la compagna Georgie Jesson. Siamo nel buio-dell’oscurità-della-notte-della-fine-di-un-rapporto, una canzone dedicata a quel gusto un po’ ferroso che il nulla porta con sé. Amore? No, tutte bugie. A volte, sul lungo mare, il vento porta anche ricordi pesi.
E pioggia, e dolore, e noi stiamo lì, con la faccia di chi guarda partire il traghetto (cit.) nell’ultima traccia del disco, Season for Pain, che dichiara gli intenti con tre sole parole nel titolo. Non c’è redenzione, non c’è salvezza, il gusto è amaro, come le vite non vissute (parole di Chatten).
Insomma, l’album si chiude con un durissimo “If you have nowhere to go / Get used to the rain / I doubt you find what you’re looking for / I doubt the feeling remains / This is no season for loving / This is the season for pain”.
La buona notizia è che le stagioni passano, segnatevelo.

Che sia il Nebraska di Chatten o che sia semplicemente un esperimento, questo è un album onesto, forse troppo. Una confessione a fine estate, quando rimetti una felpa dopo mesi e senti che il groppo alla gola preme forte.
Non esistono solo dischi fatti di sentimenti o che raccontano storie. Esistono album che cantano il genio del luogo, in tutte le sue declinazioni. Pensate a dove avete passato le vostre vacanze, da bambini, attraverso l’adolescenza e fino a quando non vi siete stufati e l’avete abbandonato. Quel luogo conterrà per sempre storie, magari felici, altre tristi. Avrà le sue canzoni, i suoi angoli intrisi di ricordi. E allora questo album è uno spazio, un luogo, un’architettura che contiene emozioni. Che è giusto cantare, anche se fa male.

Sì, forse è il suo Nebraska, solo che questo profuma di mare.