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Tag: francesca di salvatore

Gli amori instabili di FUME’

Di lui si sa solo che è romano e per il resto c’è solo un grande alone di mistero dietro a questo giovane artista che ha deciso di farsi chiamare FUME’. “Mi piace perché può essere interpretato in più modi. Può ricordare le nuvole, un odore o un sapore, mantenendo comunque un’idea di fondo, che è quella dell’instabilità e del movimento.”

Abbiamo fatto due chiacchiere al telefono in occasione dell’uscita sulle piattaforme di streaming del suo primo singolo, Cosa te ne vai a fare.

Com’è nato il progetto di FUME’?

Faccio musica da una vita e ho sempre ritenuto fosse la cosa che mi riusciva meglio, al contrario ad esempio della scuola o dello sport. Ho iniziato nella mia cameretta, prima con una chitarra e poi ho deciso di accompagnarla con la voce. Ho vissuto due anni negli Stati Uniti, di conseguenza ho cominciato a scrivere i miei testi in inglese, poi l’italiano, essendo la mia lingua madre, è diventata la scelta più naturale. Il progetto FUME’ nello specifico è nato quando ho incontrato DOD (producer) e WAGO (pianista). Scrivo soprattutto d’amore e mancanza, quindi vorrei che i miei pezzi trasmettessero delle emozioni autentiche a chi li ascolta, che lasciassero qualcosa. 

È uscito il tuo primo singolo, Cosa te ne vai a fare. Cosa c’è dietro a questo pezzo? 

Anche questa è una storia d’amore, mancanza e soprattutto di perdita. È certamente molto personale, ma vuole anche arrivare a più gente possibile e in qualche modo rappresentarla. Per fare questo, spesso scrivo immaginando le vite degli altri, delle persone che incrocio per caso per strada o che scorgo dietro una finestra. Dietro al sound del pezzo, invece, ci sono sicuramente delle influenze che arrivano da ciò che ho assorbito in America, dal blues al soul, passando per artisti come John Mayer. 

Per quanto riguarda i progetti futuri?

Posso farti un piccolo spoiler del video di Cosa te ne vai a fare: sarà ambientato a Fregene, d’inverno, e sarà visto dagli occhi di un ragazzo che ha appena perso il suo amore, ma continua a vederlo ovunque vada. Poi, con i ragazzi di Artist First vorremmo far uscire diversi singoli e poi un album, sempre con l’intento di trasmettere qualcosa di profondo a chi ascolta. Poi vorrei suonare dal vivo il più possibile, che è la dimensione che preferisco.

 

Francesca Di Salvatore

 

La Scala Shepard “Bersagli” (Cubo Rosso Recording, 2019)

Canzoni d’autore distorte

 

Parole in sottofondo e poi uno scoppio improvviso di energia, tra chitarra e batteria: esordisce così Bersagli, il primo LP della band alt-rock romana La Scala Shepard, registrato presso gli studi della Cubo Rosso Recording.

L’album è stato anticipato da due singoli, Potesse Esplodere Questa Città e Camera con Vista, molto diversi nella forma – il primo caratterizzato da un ritmo quasi ossessivo mentre il secondo ricorda più una ballad – ma non nella sostanza. Sono infatti la paura e una solitudine declinata in varie forme a dominare, ma non solo in questi due brani: esse ci prendono infatti per mano e ci accompagnano lungo tutte le dieci tracce del disco.

C’è la solitudine di Paranoia, quella che usiamo come scudo quando tenere le distanze dagli altri ci sembra più sicuro che apparire vulnerabili, ma c’è anche quella di Groove 2 o Via Dupré, dove l’assenza della persona fa stare male, ma nonostante tutto non si riesce – o forse non si vuole – dimenticare, perché questi ricordi sono tanto dolorosi da tenere quanto da lasciare andare.  

Ma non solo di solitudine si nutre il disco: emergono anche un forte sentimento di smarrimento, di immobilità nei confronti di una vita che non si riesce ad affrontare. In Giro di Giostra si affaccia, inoltre, l’idea del crollo e tuttavia dover resistere, ma questa resistenza non viene esattamente apprezzata. Anzi, viene definita una sconfitta, come se lasciarsi andare, provare anche odio o comportarsi da stronzi ogni tanto sia proprio ciò che ci rende umani.

Quelli di Bersagli sono dunque testi che scavano nel profondo di ognuno di noi, ma a cui spesso e volentieri si accompagna un sound elettronico, distorto e sintetizzato a regola d’arte, anche se non mancano melodie più classiche come quella intonata alla fine di Dall’Altra Parte. Probabilmente è proprio questo mix particolare ed equilibrato di cantautorato e distorsioni, il tutto accompagnato da influenze direttamente dall’alt-rock inglese, a far distinguere La Scala Shepard sulla scena indipendente italiana.

La chiusura dell’album è affidata alla traccia che fa anche da titolo, Bersagli. 

Ma cosa sono, alla fine, questi bersagli?

Siamo noi quando decidiamo di non mostrare i nostri veri sentimenti, quando piuttosto che mostrarci vulnerabili creiamo una corazza di orgoglio che ci sembra inscalfibile ma in realtà fa solo danni. 

In dei conti, “sbattere il cuore in faccia” a chi ci ferisce può soltanto che aiutarci a guarire.

 

La Scala Shepard

Bersagli

Cubo Rosso Recording, 2019

 

Francesca Di Salvatore

I Boschi Bruciano “Ci Pesava” (Bianca Dischi/Artist First, 2019)

Le paure di una generazione urlate al microfono

Ci Pesava: un titolo programmatico per dodici tracce che trasudano energia ed intensità.

Ci sono anima e cuore nel primo lavoro in studio della band alt-rock cuneese I Boschi Bruciano, uscito per Bianca Dischi/Artist First e destinato a seguire il solco già tracciato dai Fast Animals and Slow Kids oppure dai Ministri nella scena rock italiana.

Il perché del titolo ce lo spiega la stessa band su Instagram: tutte le canzoni parlano di cose che, in un modo o nell’altro, a loro pesavano. Da qui nasce l’esigenza di raccontarsi, finendo però, in qualche modo, a raccontare anche un’intera generazione disillusa e spaventata da un futuro sempre più incerto.  

Gli onori di casa fatti li hanno fatti i singoli Odio e Pretese, pubblicati tra il 2018 e il 2019 e che già ci avevano presentato il mood intenso del disco. Tuttavia, Ci Pesava esordisce con Grigio, traccia piuttosto malinconica dove gli strumenti entrano in scena uno alla volta e poi si fondono. Una sola frase viene ripetuta come un mantra e ci interroga: cosa resterà di noi, ora che il passato già sta sbiadendo? 

Si continua poi con altri pezzi dove la perdita di illusioni, le ansie per l’inizio della vita adulta e l’incertezza fanno quasi da padrone e tutte queste sensazioni vengono perfettamente sintetizzate nel ritornello di Mi Spegnerò, che recita “vivere è un po’ come lavorare di domenica”. Non c’è solo pessimismo, ma anche tanta voglia di reagire, come quella che viene urlata verso la fine di Jet Lag oppure in Università, perché in fin dei conti, questo vivere disincantati, non si riesce proprio ad accettarlo del tutto.

Ci Pesava quindi presenta agli ascoltatori due anime contrastanti. Una è governata dalla disillusione, condita con un po’ di rimpianto, ed è lei che serve ad imparare a perdere e smettere di credere alle favole – come la vita adulta ci richiederebbe. L’altra, invece, risulta più decisa e in grado prendere posizione, perché, visto che questa vita non è poi così difficile, tanto vale affrontarla di petto.

Infine, dopo quarantaquattro minuti, I Boschi Bruciano fanno un bilancio delle loro esperienze (ma sono davvero così diverse dalle nostre?) con L’ultimo Istante, canzone meno rock in senso stretto ma sicuramente una degna chiusura per un disco che scava a fondo e mette a nudo. 

Le voci dominano la musica per lasciare un ultimo messaggio.

Affrontare tutto, sempre, fino all’ultimo istante.

 

I Boschi Bruciano

Ci Pesava

Bianca Dischi/Artist First, 2019

 

Francesca Di Salvatore

La nuova vita del Rock made in Italy

Cinque band che provano come il rock italiano non sia morto, ma si nasconda solo molto bene

 

Nonostante non sia tanto popolare quanto quella indie o rap, la scena rock italiana è tutt’altro che silenziosa. Accanto a gruppi che calcano i palchi da anni come i Fast Animals and Slow Kids – reduci da un tour per promuovere il loro ultimo album Animali Notturni – i Ministri, i Fine Before You Came oppure gli Zen Circus, freschi di festeggiamento dei primi vent’anni di carriera tra la partecipazione all’ultimo festival di Sanremo con L’amore è una dittatura e varie tappe in festival estivi, esiste un mondo di band emergenti e che decisamente meriterebbero più visibilità. Complice anche la playlist su Spotify Pezzi che Bruciano realizzata dai membri de I Boschi Bruciano, che unisce brani di gruppi già affermati a novità più di nicchia, ecco qualche band a cui vale la pena dare un’occhiata. 

 

 

• Elephant Brain •

 

elephantbrain leonardozen

 

Gli Elephant Brain nascono a Perugia nel 2015 e nonostante il nome possa trarre in inganno, scrivono e cantano in italiano. Nello stesso anno pubblicano anche il loro primo EP omonimo, contenente quattro canzoni dalle sonorità graffianti (loro stessi si definiscono nella bio di Instagram “amanti delle chitarre distorte”) e i cui testi spaziano tra cambiamenti, relazioni concluse e qualche rimpianto. L’estate scorsa suonarono in apertura agli Zen Circus ad Umbria che Spacca – festival musicale nella loro Perugia – e contemporaneamente è uscito il singolo Ci Ucciderà, un brano su tutti quei dolori che vale la pena raccontare e che funzionano come benzina per la musica, nonché apripista per il loro primo album, in arrivo quest’anno. 

 

 

• I Botanici •

 

ibotanici

 

I Botanici sono un gruppo nato a Benevento nel 2015. Quando suonano dicono di fare “poche chiacchiere e tanto rumore” e nel loro primo album Solstizio si sente eccome: otto brani dai testi essenziali e diretti, con un grande spazio riservato alla parte strumentale, alla musica nuda e cruda, senza però togliere profondità ai loro pezzi, come si percepisce nei due singoli recenti Mattone e Nottata. Quest’ultima in particolare è una canzone che sa di confessione, esprimendo attraverso la musica quella paura di non realizzarsi e rimanere indietro rispetto agli altri – tanto in amore quanto nella carriera – che a volte non ci lascia dormire la notte. Menzione d’obbligo anche al videoclip della canzone, girato in una Napoli vivace e vissuta tra i locali dei vicoli, il lungomare e la metropolitana. Rilasciati rispettivamente a maggio e a giugno, Mattone e Nottata anticipano il loro secondo album in studio che uscirà col titolo di Solstizio per Garrincha Dischi.

 

 

• I Boschi Bruciano •

 

 

iboschibruciano

 

Con I Boschi Bruciano ci spostiamo al nord e più precisamente a Cuneo, dove qualche anno fa iniziano la propria attività sotto il nome di Qwercia. Come Qwercia si fanno conoscere tra pezzi originali e aperture ai live di band già affermate come i Fine Before You Came e i Gazebo Penguins e nel giro di due anni ed un cambio di nome, hanno pubblicato tre singoli: Australia, Odio e Pretese. I temi portanti sono un mix di rabbia, paura e cambiamenti che forse arrivano o forse no, il tutto accompagnato da basi grintose e decisamente in linea coi testi. La band ha recentemente finito di registrare con l’etichetta sarda Bianca Dischi il suo primo album, la cui uscita è prevista ad ottobre.

 

 

• SAAM •

 

saam

 

“Tristi come un siciliano fuorisede al Nord”, così si definiscono i SAAM, giovane trio genovese, emocore sulla carta ma dalle sonorità così particolari da risultare difficili da inquadrare in uno schema preciso. Le cinque canzoni del loro EP d’esordio È facile consumarsi le unghie, uscito l’anno scorso con Pioggia Rossa Dischi, esprimono senza mezze misure una tristezza violenta, gridandola a squarciagola al microfono. Com’è naturale che sia, da lì partono per un anno intero a suonare su diversi palchi del nord Italia, tra cui anche quello della scorsa edizione del Goa Boa – festival genovese da sempre molto attento a promuovere e supportare la scena emergente locale – mentre a marzo aprono, sempre nella loro città, uno dei concerti di addio dei Cabrera, band che tra l’altro ricordano molto nello stile. 

 

 

• Cara Calma •

 

Caracalma valentinacipriani

 

A dispetto del nome, i Cara Calma hanno rabbia e grinta da vendere. Il gruppo nasce a Brescia nel 2016 e già conta due album all’attivo. Il primo, Sulle punte per sembrare grandi, ha tutte le carte in regola per diventare l’inno di una generazione a cui, crescendo, vengono pian piano meno tutte le sicurezze e alterna pezzi dall’animo profondamente rock ad altri più tranquilli – come Buoni Propositi – che esprimono quasi più rassegnazione che rabbia. Anche Souvenir, loro secondo lavoro in studio, continua su questa strada: 10 pezzi energici e a tratti violenti, che non si fanno problemi a gridare in faccia a chi ascolta di ansie, inadeguatezza e relazioni finite non troppo bene, sensazioni con cui tutti siamo familiari. Il disco, che vanta anche collaborazioni con Luca Romagnoli dei Management e Ivo Bucci dei Voina, è stato portato per tutta l’estate in giro per l’Italia, con una delle tappe finali al Filagosto Festival, in apertura ai Ministri.

 

Francesca Di Salvatore

 

 

Photo Credits:

Foto Copertina © Luca Ortolani

Elephant Brain © Leonardo Zen

Cara Calma © Valentina Cipriani